BASTA RIMANDARE!

USARE BENE IL TEMPO E LE RISORSE

Se ti è capitato di pensare “Prima di mettermi al lavoro faccio un’ultima cosa…”, allora sai cosa significa rimandare. È giunto il momento di smetterla e rimboccarti le maniche.
Ecco come fare.

Perché lo facciamo? 
In Psicologia si chiama “insuccesso autoregolatorio”, cioè quando non siamo in grado di controllare il nostro comportamento pur sapendo che dovremmo. Per capire l’origine di questo atteggiamento ci viene in soccorso il latino, da cui provengono la parola pro, “avanti”, e crastinus, “domani”. 
Le sue cause sono complesse e in fase di studio, ma alcuni fattori che lo alimentano sono ormai noti: 
■ È innato. Uno studio del 2003 ha scoperto che per circa il 22% è genetico. 
■ L’attrattiva di una mansione gioca un ruolo determinante. Si definisce “avversione al compito”: meno ti piace più tenderai a posticiparlo. 
■ Le persone nevrotiche o molto coscienziose (vedi “I Big Five” alle pp. 18-19) tendono a temporeggiare di più. 
■ La tendenza al perfezionismo, la paura del fallimento e l’ansia del giudizio altrui si ripercuotono sulla procrastinazione. Ciò significa che lo stress derivato dal non aver svolto un compito è inferiore a quello per averlo svolto male. 
■ L’impulsività va a braccetto con la procrastinazione. Se fai fatica a controllare i tuoi desideri effimeri vuol dire che sarai portato a fare ciò che ti piace e non ciò che devi. 
■ Autosabotaggio. Chi crede di non avere il potere di cambiare le cose tenderà a gestire ciò che prova invece di mettersi all’opera. 
■ Proprio perché può portare alla depressione, le persone depresse temporeggiano di più - in parte perché questo risucchia le loro energie.

IL CIRCOLO VIZIOSO DELLA PROCRASTINAZIONE

Quando diciamo “Lo faccio dopo”, speriamo di trovare la motivazione più tardi. Il punto è che lo stress generato dal non aver svolto un compito dà origine a un circolo vizioso. Se pensi che domani avrai più voglia di farlo, ti sbagli. Meglio mettersi subito al lavoro.


Hai un compito da svolgere.

Il pensiero ti mette a disagio.

Lo rimandi a quando ti sentirai più “in vena” di farlo.

Ti senti sotto pressione e in colpa per non aver ancora iniziato.

Ti senti ancora peggio.

Cosa puoi fare? 
Il primo passo è capire che ruolo gioca la logica nella procrastinazione. Secondo lo psicologo americano Joseph Ferrari siamo soggetti a due supposizioni: 
1 Temporeggiamo perché non siamo dell’umore giusto. 
2 Pensiamo che la voglia di fare ci verrà all’improvviso. In realtà più posticipiamo meno voglia avremo di svolgere il compito (vedi sopra “Il circolo vizioso della procrastinazione”), poiché il senso di colpa tende a renderci meno produttivi. 
Ecco quindi alcuni espedienti per uscirne: 
Stabilisci una scadenza. Uno studio condotto dallo psicologo Dan Ariely ha fatto emergere che, data una tesina da consegnare, gli studenti con una scadenza precisa erano più inclini a rispettarla, in confronto a quelli che avevano la libertà di gestire le tempistiche. Fissa quindi una deadline e condividila con qualcuno in modo da essere costretto a mantenerla. 
Ingannati. Uno studio di Ferrari (vedi p. 157) ha scoperto che basta dire agli studenti che il test di valutazione cognitiva che devono svolgere è un gioco, perché lo facciano subito senza esitazione. Anche tu puoi replicare l’esperimento con la tecnica della “fusione”, cioè integrando il compito che devi fare con qualcosa di divertente che attira la tua attenzione. Per esempio, se invece di studiare preferisci stare con i tuoi amici, organizza un gruppo di studio, così farai entrambe le cose. 
Limita le distrazioni. Se invece di fare la dichiarazione dei redditi navighi su Internet, stacca temporaneamente la connessione. Se invece di prepararti per l’esame, finisci sempre a fare le faccende in casa, vai a studiare in biblioteca. 
Mettiti alla prova. Uno studio americano del 1995 ha notato che la difficoltà di un compito non ha alcun effetto deterrente su di noi come potremmo credere. Di fatto le mansioni troppo semplici sono noiose e la noia porta a temporeggiare. Fare qualcosa di stimolante è molto meglio, per cui prova ad aggiungere un livello di complessità al compito che devi svolgere. 
Trova i tuoi modelli di ispirazione. Secondo uno studio del 1997 dello psicologo Albert Bandura esistono due modi per rendere un’attività più fattibile: uno è il “modellamento”, cioè imparare dall’esempio degli altri, l’altro è quello dei “traguardi raggiunti”, vale a dire ricordarsi dei compiti portati a termine in passato e dei successi ottenuti. Prendi nota di ogni cosa che riesci a concludere, anche la più piccola, in questo modo smetterai di vederti come un ritardatario. 
Ricordati che stai imparando. Gli psicologi la chiamano “operosità appresa”, ovvero la capacità di acquisire buone abitudini da soli. Come si fa? Premiandosi. Uno studio del 2000 uscito sul Journal of Applied Behavior Analysis ha scoperto che soldi e complimenti funzionano a meraviglia. La cosa importante è che le ricompense rispettino due criteri: uno, ci devono essere, quindi non dimenticartene; due, devono arrivare appena hai concluso il compito, poiché i nostri cervelli si concentrano prima di tutto su ciò che è a breve termine. 
A tutti quanti capita di essere in ritardo a volte, ma per certe persone è un vero e proprio problema. Non te ne devi vergognare, aumenterebbe solo i tuoi livelli di stress e più stressato sei più tempo perderai prima di metterti all’opera. 
Affronta ogni compito come se fosse una sfida e ti sentirai molto meglio. Perfino i più semplici metodi di efficientamento del lavoro conducono al successo.

PENSIERO CONCRETO

Uno studio del 2008 pubblicato su Psychological Science ha notato che le persone risultano più efficienti quando pensano in termini pratici. I volontari sono stati divisi in due gruppi:


1 Pensatori astratti
Dopo avergli mostrato La parata del circo del pittore impressionista George Seurat, è stato loro detto che il quadro è un esempio di come il pittore riesca a evocare attraverso il colore le emozioni e l’armonia.


2 Pensatori concreti 

Dopo avergli mostrato un dettaglio della stessa opera, è stato loro detto che l’uso del puntinismo di Seurat restituisce un’immagine dai colori contrastanti.


A questo punto i due gruppi hanno dovuto completare un sondaggio nelle tre settimane successive. I pensatori astratti ci hanno impiegato 20,5 giorni in media, mentre quelli concreti solo 12,5. Essere incoraggiati a pensare in termini pratici ha accorciato i tempi di riposta.

CRESCENDO SI IMPARA?

Chi procrastina di più? A detta di uno studio tedesco del 2015, sono i giovani tra i 14 e i 29 anni, ma con l’andare degli anni le percentuali non variano poi molto. Se rientri nella fascia d’età dei procrastinatori, è bene che ti dia da fare per cambiare le tue abitudini il prima possibile: gestire bene il proprio tempo non viene in automatico.


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