1. AUDIOLOGIA

1.1 Elementi di fisica acustica


1.1.1 Suono e grandezze fondamentali

L'orecchio si è evoluto nell’uomo come recettore di pressione, specializzandosi nella ricezione di quelle variazioni di pressione che attraversando il mezzo aereo sono alla base della percezione uditiva. Le particelle del mezzo, sottoposte a pressione, oscillano attorno al loro punto di equilibrio, e nel contempo trasferiscono parte dell’energia alle particelle vicine. Gli effetti delle variazioni di pressione che si esercitano regolarmente sulle particelle di aria sono descritte come moto armonico delle stesse particelle. Il più semplice esempio di suono è pertanto rappresentabile come una serie di fasi sinusoidali di compressione e rarefazione, ed è definito tono puro. L’ampiezza della sinusoide è correlata all’intensità del suono. Il numero delle fasi contenute in un secondo corrisponde alla frequenza del suono (Hz) mentre l’inverso della frequenza è il periodo (T) (Fig. 1).


Fig. 1. L’eccitazione di un diapason causa nelle molecole d’aria che lo circondano un movimento che si trasferisce con fasi di compressione e rarefazione alle molecole più distanti. I parametri fisici che caratterizzano un qualunque fenomeno ondulatorio sono: la velocità di propagazione nel mezzo, la frequenza con cui si succedono le fasi di compressione e rarefazione, l’ampiezza dell’onda di pressione. Ogni diapason ha una sua frequenza di vibrazione. La velocità di propagazione delle onde sonore dipende dal mezzo: nell’aria è di circa 340 m/s, nell’acqua circa 1500 m/s.

MicroPa
dB SPL
Ambiente
Sensazione
200.000.000
140
Sparo
Dolore
20.000.000
120
Aereo 10 m
Troppo forte
2.000.000
100
Clacson 3 m
Molto forte
200.000
80
Interno autobus
Forte
20.000
60
Conversazione
Confortevole
2.000
40
Biblioteca
Debole
200
20
Cabina silente
Molto debole
20
0
Soglia 1 kHz
Appena percepibile

Tab. I. Intensità sonore. Nella scala dei dB SPL differenze di 20 dB equivalgono a variazioni di un ordine di grandezza (x 10) nella scala delle unità fisiche di riferimento. Un’intensità di 120 dB SPL equivale ad una pressione acustica di 1.000.000 volte maggiore di quella a cui il suono è appena percepibile. Alle intensità che si possono riscontrare in varie condizioni ambientali si associa una gamma di sensazioni soggettive (“loudness”) da appena percepibile fino al dolore.

L’intensità sonora corrisponde alla pressione acustica ed è misurata in decibel (dB) ed esprime la pressione esercitata su una superficie (dB SPL “Sound Pressure Level”). La pressione acustica è espressa da un rapporto fra la pressione misurata (P1) ed una pressione di riferimento (P0). P0, secondo lo standard internazionale, vale 20 micropascal. Tale rapporto è espresso su scala logaritmica, cosicchè SPL = 20*log10(P1/P0). SPL è quindi la pressione acustica in dB, P1 la pressione sonora di un certo suono, P0 la pressione di riferimento. La scelta del valore di 20 micropascal come riferimento si deve al fatto che a questa intensità, e con un tono di 1 kHz, si genera una sensazione appena percepibile nel normoudente ideale. Tale intensità quindi corrisponde a 0 dB SPL (20 log10(20/20) = 20 log10 (1) = 0). Quando ci si riferisce a misure espresse in dB, occorre tener sempre conto che aumenti lineari di questa unità di misura corrispondono ad incrementi logaritmici della grandezza fisica (Tab. I).

La sensibilità del recettore uditivo è meglio compresa se si considera l’entità dello spostamento delle particelle d’aria messe in moto dalle variazioni di pressione. Per pressioni acustiche corrispondenti alla soglia uditiva del normoudente ideale (20 microPa) gli spostamenti sono nell’ordine di 10 picometri (10-12 m), per pressioni che evocano sensazioni di “troppo forte” (120 dB SPL) gli spostamenti sono nell’ordine di 10 micron. Il primo dato è sorprendente perché tale spostamento pur essendo inferiore al diametro di un atomo di idrogeno è in grado di suscitare una minima sensazione uditiva.

1.1.2 Segnali complessi

Le vibrazioni del mezzo aereo che originano la percezione uditiva si possono classificare in relazione alle loro caratteristiche fisiche (Fig. 2).


Fig. 2. Classificazione dei suoni.


Come si è visto in precedenza i suoni semplici sono rappresentati dai toni puri caratterizzati da un’unica frequenza e da una vibrazione delle particelle aeree di tipo sinusoidale. Gli altri suoni, comunemente quelli naturali, sono costituiti da insiemi di frequenze. Nei suoni armonici si combinano diverse frequenze caratterizzate da valori regolati da rapporti matematici bene definiti (multipli interi della frequenza più bassa, detta frequenza fondamentale), mentre i suoni non armonici ed i rumori sono costituiti da insiemi di frequenze distribuite casualmente o non ordinabili. Un tono puro è descritto da una sinusoide con una certa ampiezza e frequenza. Un terzo parametro della sinusoide è la fase, che esprime la relazione della sinusoide rispetto ad un riferimento temporale. Quando due o più sinusoidi si combinano fra loro, ciò che risulta è definito come onda complessa (non sinusoidale). La ampiezza di un onda complessa è costituita dalla somma istante per istante delle ampiezze delle onde originarie. Nel caso di una somma di 2 sinusoidi in fase, la risultante sarà una sinusoide di ampiezza doppia. Nel caso di una somma di due sinusodi in controfase l’onda risultane è a zero (si annullano). Tra questi due estremi, le differenze di fase fra le due sinusoidi porteranno ad una molteplicità di forme d’onda. La Figura 3 mostra le onde complesse ottenute sommando in fase ad una sinusoide (f1) sinusoidi di frequenza doppia e tripla (f2 = 2*f1, f3 = 3*f1). Le risultanti sono esempi di onde periodiche complesse, così chiamate perchè sono composte da più componenti e perché ripetono se stesse ad intervalli di tempo regolari. La frequenza più bassa in un complesso periodico è chiamata frequenza fondamentale (in questo caso f1) e corrisponde al periodo di tempo nel quale il complesso periodico si ripete. Poiché f2 e f3 sono multipli di f1, esse sono definite come armoniche di f1. Molti dei suoni prodotti da strumenti musicali sono costituiti da forme d’onda simili a queste, costituite cioè da una frequenza fondamentale, e da altre frequenze (cosiddette “armoniche”) in rapporto armonico con la fondamentale.

Per descrivere i suoni in termini numerici si ricorre alle rappresentazioni spettrali. 


Fig. 3. Onde complesse ottenute sommando in fase ad una sinusoide (f1) sinusoidi di frequenza doppia e tripla (f2 = 2*f1, f3 = 3*f1).


Queste si ottengono da speciali strumentazioni chiamate analizzatori di spettro. Uno spettro rappresenta l’ampiezza in funzione della frequenza. Le relazioni matematiche fra dominio temporale (forma d’onda) e dominio di frequenza (dato dallo spettro) vengono sviluppate nel teorema di Fourier. In sintesi esso afferma che un suono complesso può essere scomposto nelle sue componenti sinusoidali (analisi di Fourier). Per mezzo di questa analisi è possibile rappresentare come spettro qualsiasi suono complesso. La Figura 4 riporta rappresentazioni spettrali di toni isolati o in combinazione.

L’altezza della barra verticale rappresenta l’intensità. Nel caso di un suono complesso costituito da toni puri, il grafico includerà più barre, corrispondenti alla frequenza dei toni componenti, con la relativa intensità. 


Fig. 4. Rappresentazioni spettrali di toni isolati o in combinazione.


Fig. 5. Lo spettro di un rumore bianco indica la presenza di tutte le frequenze, ad un unico livello di intensità. 
Lo spettro del parlato (in basso) offre una buona rappresentazione della distribuzione della energia acustica nel campo delle frequenze. Tipicamente la maggior intensità è rappresentata alle frequenze fra 125 e 250 Hz, dove si colloca la frequenza fondamentale della voce umana.


Se le componenti da sommare sono scelte con una frequenza casuale, il complesso risultante si chiama aperiodico. In tal caso la forma d’onda è differente in ogni istante. Sommando un numero infinito di frequenze, la risultante sarà una forma d’onda aperiodica, costituita da tutte le frequenze, ognuna delle quali ha mediamente la stessa ampiezza. Questo suono è chiamato “rumore bianco” WN, white noise), in analogia alla luce bianca, che contiene tutte le frequenze dello spettro visibile. Percettivamente, un rumore bianco è molto simile al rumore di una cascata d’acqua. Nel caso di suoni complessi, come il parlato prodotto dalla voce umana, lo spettro continuo dà utili indicazioni su quali bande di frequenza è distribuita l’energia acustica (Fig. 5).

Una rappresentazione di un suono complesso che permette di valutare congiuntamente le tre dimensioni di frequenza, intensità e tempo è fornita dal sonogramma. Questo tipo di analisi, frequentemente utilizzato nello studio della voce umana, consente di misurare le variazioni della frequenza (asse verticale) in funzione del tempo, mentre le variazioni di intensità sono riportate come gamma di grigi. La Figura 6 riporta un esempio di analisi del fonema /a/: la sola forma d’onda permette di valutare l’andamento temporale, lo spettro istantaneo rivela la presenza di tre picchi di frequenza su cui si concentra la pressione acustica (dB), il sonogramma può evidenziare le variazioni di intensità e frequenza nel tempo.

1.1.3 Intensità degli stimoli in audiometria

È noto che l’orecchio umano ha una sensibilità per i toni puri che è differenziata in relazione alla loro frequenza. In altri termini la soglia è più bassa, o “migliore”, per le frequenze fra 500 e 2000 Hz. 


Fig. 6. Esempio di analisi del fonema /a/ (vedi testo).


Per tale ragione gli audiometri riportano l’intensità degli stimoli in dB HL (hearing level; la sigla HTL hearing threshold level è equivalente). Questa notazione è ricavata dalla normalizzazione a 0 dB HL delle intensità in dB SPL che corrispondono alla soglia media per ogni frequenza, rilevata in un numeroso campione di popolazione normoudente. Gli audiometri forniscono quindi le intensità secondo standard internazionali (norme ISO 1969 ed ANSI 1975): ad esempio, se calibrato secondo questi standard, un audiometro con l’attenuatore a 0 dB (HL), fornirà per le varie frequenze un’uscita in cuffia pari ai seguenti dB SPL (v. Tab. II).

Le misure in dB SPL degli audiometri si riferiscono alla pressione acustica generata dalla cuffia, misurata in una cavità di riferimento di 6 cc, che simula il volume del condotto uditivo esterno, della conca e delle sinuosità del padiglione.

Accanto alla notazione HL è talvolta usata nel riportare i risultati di alcuni test di audiometria, la notazione dB SL. Questa (“Sound Level”) equivale ad un’intensità di stimolazione riferita alla soglia individuale del soggetto testato. Ad esempio uno stimolo di 70 dB HL presentato ad una persona con una soglia a 50 dBHL equivale a 20 dB SL.

Quando gli stimoli sono inviati in campo libero anziché in cuffia, occorre tener conto di numerose sorgenti che possono variare l’intensità: ad esempio la qualità degli altoparlanti e soprattutto la regolazione della loro potenza se questi hanno un’alimentazione autonoma, la modalità di calibrazione, i livelli di registrazione se si impiegano stimoli riprodotti da CD o da nastro. 


Hz
125
250
500
1000
2000
4000
8000
dB SPL
47,5
26,5
13,5
7,5
11
10,5
13

Tab. II. Calibrazione per le varie frequenze, posto la frequenza 1000 Hz a 0 dB HL, come uscita in cuffia.

Per ovviare al problema delle numerose variabili, di ambiente e di segnale, è consigliabile ricavare una soglia di riferimento, inviando i materiali utilizzati nei test in campo libero ad un congruo numero di normoudenti. Si otterrà cosi per qualsiasi stimolo che si intende usare, ad esempio transitori, rumore, segnale verbale primario, ecc, un valore medio di soglia, espresso in dB HL (ad esempio 12 dB HL), che potrà essere definito come 0 dB nHL. I risultati dei test potranno essere riportati in seguito in dB nHL, vale a dire riferiti ad una normativa “ad uso interno”. Per rendere possibile il confronto fra laboratori diversi, il valore di 0 dB nHL dovrebbe poi essere accompagnato dalle corrispondenti misure in dB SPL. Le intensità di stimolazione usate nella registrazione dei potenziali evocati sono comunemente riferite a 0 dB nHL.

Infine la notazione dB s/n si riferisce a particolari situazioni in cui si considerano due segnali o stimoli, segnale primario (s) e rumore (n), ed indica il loro rapporto di intensità. Si ricorda che trattandosi di grandezze logaritmiche il loro rapporto si ricava dalla loro differenza: ad esempio s = 70 dB, n = 65 dB, dB s/n = +5 dB.


dB SPL

Sound pressure level

dB HL

Hearing level

dB SL

Sound level

dB nHL

Normalized hearing level

dB s/n

Signal to noise ratio


Tabella III. Definizioni di decibel.

Audiologia e Foniatria
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Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio. Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso. Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva. Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità. L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate. Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.