1.2 Premesse di anatomo-fisiologia
e di embriologia

1.2.1 Anatomia e fisiologia dell’orecchio

1.2.1.1 Orecchio esterno e medio

L’orecchio esterno è composto dal padiglione auricolare o pinna, e dal condotto uditivo esterno (Fig. 1a). La struttura cartilaginea della pinna con il suo complesso di rilievi e solchi è in relazione a funzioni di localizzazione delle sorgenti sonore sul piano frontale-verticale. Nei suoni complessi sono soprattutto le frequenze superiori a 4 kHz che attraverso la pinna contribuiscono alla direzionalità sul piano verticale, consentendo una discreta localizzazione anche nei casi di anacusia monolaterale.

Il condotto uditivo esterno è a fondo cieco e termina con la membrana timpanica. Le dimensioni e la forma sono molto variabili, spesso ha un decorso sigmoide.

Anche la sezione è irregolare, da circolare ad elissoide: mediamente la sezione è di 0,7-0,9 mm, e la lunghezza 2,5-3,1 cm. Il condotto è costituito da cartilagine nei due terzi laterali e da osso nel terzo mediale. La cute di rivestimento è sottile e presenta annessi cutanei e ghiandole ceruminose nella parte cartilaginea del condotto. Il condotto uditivo, a forma di tubo ha importanti caratteristiche acustiche di risonanza, determinate dalla sua lunghezza: la Figura 1b mostra l’effetto della risonanza del condotto, che di fatto amplifica di circa 15 dB l’intensità dei suoni presentati al padiglione, soprattutto sulle alte frequenze con un picco attorno a 2,5-3,5 kHz. 


Fig. 1. Schema dell’orecchio esterno e medio (a); effetto della risonanza del condotto (b).


Cambiando l’angolo di incidenza dei suoni dalla direzione frontale all’indietro (da 0° a 180° di azimut) cambia leggermente il picco della frequenza di risonanza ed il guadagno di 15 dB resta sostanzialmente invariato. Il condotto uditivo esterno termina con la membrana timpanica inserita diagonalmente all’anulus timpanico. Il suo spessore è poco meno di 0,1 mm, per una superficie (ellittica) di circa 0,9 cm2. Alla visione dall’esterno si presenta concava, con un picco di depressione (umbus) para-centrale, in corrispondenza dell’attacco del manubrio del martello.

Al di sopra dell’umbus, una sporgenza verso l’esterno è costituita dall’apofisi laterale del martello da cui si dipartono in avanti ed indietro due legamenti che dividono la membrana in due parti: la pars flaccida superiormente e la pars tensa inferiormente. La membrana è costituita da 4 strati. Quello esterno è il proseguimento della cute del condotto esterno, quello prospiciente alla cavità timpanica è il proseguimento della mucosa dell’orecchio medio. La pars flaccida è costituita solo da questi due strati. Nella pars tensa la parte cutanea e mucosa sono separati da due strati di fibre elastiche: radiali al di sotto della parte cutanea e non radiali sotto la parte mucosa.

La cavità timpanica alloggia la catena ossiculare e i muscoli timpanici, m. stapedio e m. del martello. In essa, antero-inferiormente si apre la tuba uditiva, la cui funzione principale è di equilibrare la pressione area nella cassa con l’aria esterna (per le funzioni della tuba, vedi il capitolo 1.2.1.6). Le pareti della cassa timpanica contraggono importanti rapporti anatomici con formazioni vascolari (arteria carotide interna, vena giugulare), nervose (n. faciale), ossee (cavità mastoidee), ed inoltre, superiormente con la fossa cranica media da cui è divisa da una sottile lamina ossea (tegmen timpani).

La catena ossiculare, formata dagli ossicini martello, incudine e staffa, articolati fra loro, costituisce la struttura attraverso cui le vibrazioni raccolte dalla membrana timpanica vengono trasferite all’orecchio interno. Gli ossicini sono tenuti in sede da legamenti e dai tendini dei muscoli timpanici (Fig. 2a,b,c). Il peso degli ossicini, è di 25 mg per il martello, 30 mg per l’incudine, 3 mg per la staffa. La superficie della staffa, che si articola con la finestra ovale per mezzo del legamento anulare, è di circa 3,2 mm2.

Il muscolo stapedio, innervato dal n. facciale, è lungo 6 mm, è completamente incapsulato nell’eminenza piramidale ossea della parete posteriore della cassa. Un tendine lo connette con il capitello della staffa, quindi contraendosi stira posteriormente la staffa. 


Fig. 2. Orecchio medio.


Il muscolo del martello, innervato dal n. trigemino, occupa un canale osseo al di sopra della tuba uditiva ed il suo tendine emerge con un angolo dalla parete mediale della cassa (processo cocleariforme) per inserirsi nel collo del manubrio del martello. La sua contrazione determina un movimento mediale ed anteriore del martello.


Meccanismi di trasformazione dell’orecchio medio

La funzione dell’orecchio medio è di provvedere un efficace accoppiamento fra l’impedenza del mezzo aereo e quella del mezzo acqueo costituito dai liquidi dell’orecchio interno. Fisicamente l’impedenza dell’acqua è 4000 volte superiore a quella dell’aria. Per tale motivo solo una piccola proporzione di energia acustica, equivalente ad una 4-millesima parte, potrebbe passare dall’aria all’acqua, mentre il restante 99,6% sarebbe riflesso all’indietro. In termini di pressione acustica ciò corrisponde ad una perdita nell’ordine di 60 dB. L’orecchio medio provvede a migliorare il trasferimento di energia attraverso due fondamentali meccanismi, ognuno dei quali è basato sulle caratteristiche fisico-strutturali delle componenti timpaniche.

a) rapporto di area: come si è visto l’area della membrana timpanica è di circa 65 mm2, mentre quella della platina è di circa 3,2 mm2. Il loro rapporto di grandezza è pertanto di 20/1 e ciò determina un’amplificazione della pressione acustica di un fattore pari a 20. Oltre a questo, un altro fattore di amplificazione sarebbe dato dalla curvatura della membrana timpanica, che come si è visto è concava: questo fattore potrebbe amplificare per un fattore pari a 2.

b) leva ossiculare: nell’insieme i movimenti della catena ossiculare sono molto complessi, poiché i vari elementi hanno pesi ed assi di rotazione diversi, variabili secondo l’intensità e la frequenza dei suoni. Tuttavia si stima che il sistema ossiculare sia la sede di un seppur debole effetto leva, che contribuisce all’amplificazione di un fattore di 1,3.

In totale quindi, il prodotto dei fattori di amplificazione dell’orecchio medio, nell’uomo sarebbe pari a 20*2*1,3 = 52, corrispondente a circa 35 dB di pressione acustica. Questo valore è simile alla perdita uditiva che si può osservare nelle patologie dell’orecchio medio.


APPROFONDIMENTO


La funzione di trasferimento dell’orecchio medio, cioè la modalità con cui viene attuata l’amplificazione, è la principale responsabile della morfologia della soglia psicoacustica di minima udibilità (Fig. 3a). Nell’uomo infatti la sensibilità uditiva è massima per le frequenze fra 1 e 4 kHz, mentre per le frequenze inferiori la sensibilità si riduce, e sono necessari livelli maggiori di pressione acustica per raggiungere la soglia. Come verrà descritto più dettagliatamente nel capitolo specifico, l’impedenza dell’orecchio medio è determinata da elasticità, massa e resistenza delle sue componenti. Quando le reattanze dipendenti da massa ed elasticità si annullano, e ciò avviene per determinate frequenze, il sistema è in condizione di risonanza. In questa condizione l’impedenza è costituita solo dalla resistenza e quindi l’opposizione al passaggio di energia è minima.


Fig. 3.


La Figura 3b mostra i valori di resistenza e reattanza in funzione delle frequenze dei suoni che attraversano l’orecchio medio. Come si vede, fino a 1 kHz la reattanza è negativa, e ciò dipende dalle proprietà fisiche dell’orecchio medio, che in questo campo di frequenza risponde con modalità dipendenti dall’elasticità. Oltre 1 kHz la reattanza è praticamente inesistente, indicando che la trasmissione di energia dalla membrana timpanica alla coclea avviene con la massima efficacia. Alle frequenze più elevate la reattanza tende ad essere positiva, per l’effetto della massa degli ossicini.


Riflesso cocleo-stapediale

Dei due muscoli alloggiati nella cassa del timpano il m.stapedio contribuisce maggiormente a modificare l’impedenza dell’orecchio medio. La sua contrazione, determinata da stimoli di elevata intensità modifica la posizione della platina della staffa nella finestra ovale ed irrigidisce la catena in modo da modificare l’energia destinata ad entrare nella coclea. La via del riflesso, descritta nel capitolo dell’impedenza, permette la contrazione bilaterale del m. stapedio. La soglia di contrazione, utilizzando toni puri è a circa 80 dB al di sopra della soglia di udibilità. Utilizzando rumore a banda larga la soglia del riflesso stapediale si riduce di circa 10 dB (70 dB SL), e ciò indica un effetto legato all’ampiezza della banda di eccitazione cocleare. Inoltre la soglia dei riflessi evocati da uno stimolo ipsilaterale è di circa 5 dB inferiore rispetto ai riflessi evocati da uno stimolo applicato all’orecchio controlaterale.


APPROFONDIMENTO


La contrazione del muscolo avviene con un certo ritardo rispetto all’inizio dello stimolo; nell’uomo tale ritardo è di circa 25-35 msec quando lo stimolo è di intensità elevata. Inoltre l’entità della contrazione dipende dall’intensità di stimolazione, variando dal minimo al massimo per un campo di intensità di circa 15 dB (esempio Fig. 4, fra 100 e 115 dB SPL).

La latenza con cui si contrae il muscolo stapedio fa sì che i suoi effetti siano trascurabili quando i suoni variano rapidamente in intensità, mentre diventano apprezzabili con suoni di intensità stazionaria o lentamente variabile nel tempo.

L’effetto principale della contrazione del muscolo dello stapedio è di ridurre la trasmissione dell’energia all’orecchio interno prevalentemente nel campo delle frequenze gravi. 


Fig. 4. Variazione di impedenza da contrazione dello stapedio.


Nell’uomo tale riduzione corrisponde ad un innalzamento di soglia che attorno a 0,5 kHz può raggiungere 15 dB per contrazioni massimali. Oltre la frequenza di risonanza dell’orecchio medio, (circa 1,5 kHz) l’effetto è molto minore se non trascurabile (2-3 dB). L’utilità di queste modifiche della sensibilità uditiva non è ben chiara, anche se in generale viene accettata la teoria che un’aumentata impedenza dell’orecchio medio causata da suoni di elevata intensità avrebbe un ruolo protettivo nei confronti dell’orecchio interno. Ciò è in analogia ad altri meccanismi di protezione sensoriale, come ad esempio il muscolo cigliare che regola con un riflesso foto-sensibile il diametro pupillare. Nell’uomo anche la comunicazione trae vantaggio dal riflesso cocleo-stapediale: infatti nell’ascolto in condizioni molto rumorose la sua contrazione riduce il mascheramento attuato dalle componenti in bassa frequenza su quelle in alta frequenza, facilitando l’intelligibilità del linguaggio (vedi audiometria vocale).

1.2.1.2 Orecchio interno

L’orecchio interno è alloggiato nella parte petrosa dell’osso temporale (Fig. 5a) ed occupa una parte di una serie di cavità scavate nell’osso e comunicanti tra loro. Nell’insieme queste cavità costituiscono il labirinto osseo al cui interno è contenuto il labirinto membranoso (Fig. 5b). Di questo ultimo si distingue una parte vestibolare ed una parte uditiva. La prima è rappresentata dai canali semicircolari e dagli organi otolitici: l’utricolo ed il sacculo; la seconda è costituita dalla coclea, posta anteriormente ed anatomicamente distinta dalla parte vestibolare solo nei vertebrati superiori; nei mammiferi la coclea ossea assume il caratteristico decorso a spirale.


Fig. 5. Orecchio interno (a) e labirinto membranoso (b).


Lo spazio compreso tra labirinto osseo e membranoso contiene la perilinfa la cui composizione chimica è simile ad un ultrafiltrato plasmatico. All’interno del labirinto membranoso è contenuta l’endolinfa, liquido sostanzialmente ricco di potassio, ma la cui composizione elettrolitica varia nelle diverse porzioni del labirinto. Nell’uomo la coclea membranosa è un condotto di circa 35 mm di lunghezza, avvolto a formare 2 spire e 3/4 che occupano il condotto della coclea ossea ed attorno al suo asse centrale, il modiolo. La coclea membranosa o partizione cocleare occupa circa 1/3 della sezione del condotto osseo che così viene separato in due compartimenti, la scala timpanica (inferiormente) e la scala vestibolare (superiormente). Questi ultimi comunicano tra loro all’estremità apicale del condotto cocleare osseo mediante l’elicotrema. La funzione primaria dell’elicotrema è di assicurare un equilibrio pressorio della perilinfa tra le due rampe. Verso l’O.M. la scala vestibolare è chiusa dalla membrana della finestra ovale sulla quale poggia la platina della staffa, mentre la scala timpanica verso l’O.M. è chiusa dalla membrana della finestra rotonda. Il movimento delle membrane nelle due finestre (“gioco delle finestre”: ad una introflessione della staffa corrisponde una estroflessione della finestra rotonda e viceversa) è essenziale affinchè lo spostamento dei liquidi prodotto dalla pressione acustica applicata alla staffa sia trasferito alla partizione cocleare.


Organo del Corti

Il dotto cocleare membranoso (Fig. 6a,b), contenente endolinfa, ha una sezione grossolanamente triangolare con le pareti costituite dalla membrana di Reissner (superiormente), dalla membrana basilare (inferiormente) e dalla stria vascolare (lateralmente). La coclea membranosa aderisce alla parete esterna del condotto osseo a livello della stria vascolare, ed è ancorata al piano osseo che si proietta dal modiolo, definito come lamina spirale ossea. La membrana di Reissner, molto sottile, separa il dotto cocleare dalla scala vestibolare. 


Fig. 6. Dotto cocleare membranoso (a); sezione del dotto cocleare con le tre partizioni: scala vestibuli, scala media e scala tympani (b).


La membrana basilare ha una struttura a nastro, che nell’uomo ha una lunghezza di 34 mm ed una larghezza che aumenta progressivamente da circa 0,1 mm a 0,65 mm procedendo dall’estremità del giro basale all’apice. All’apice, dove è più larga, la membrana basilare ha una cedevolezza 100 volte maggiore rispetto alla base; alla base è molto rigida. La membrana basilare costituisce il supporto dell’organo del Corti. Esso è costituito da un neuroepitelio sensoriale e da cellule di supporto. Le cellule sensoriali sono elementi cigliati, collocati, relativamente al modiolo, all’interno (Cellule cigliate interne, CCI) e all’esterno (cellule cigliate esterne CCE). Cellule ricche di citoscheletro, i pilastri, separano CCI e CCE con uno spazio triangolare chiamato tunnel del Corti, che percorre longitudinalmente il dotto cocleare. Ai lati del tunnel del Corti le CCI sono ordinate in una fila, e le CCE su tre file (una quarta fila è spesso osservata nella parte apicale) (Fig. 7a,b).

Nell’uomo le CCE sono circa 13000 le CCI circa 3500. Completano l’organo di Corti le cellule di Deiters, Hensen e Claudius, che oltre a funzione di sostegno avrebbero un importante ruolo metabolico. La superficie superiore o lamina cuticolare delle cellule cigliate, le falangi delle cellule di Deiters e la sommità dei pilastri, si articolano a formare la membrana reticolare. Tale struttura ha un’importante ruolo biofisico, perché separa l’endolinfa dalla perilinfa. Al di sopra delle cellule cigliate è stesa la membrana tectoria, una struttura acellulare costituita da fibrille immerse in una sostanza amorfa intensamente PAS positiva. Questa membrana si distacca dal lembo spirale proiettandosi radialmente. Sulla punta delle stereociglia delle CCE una proteina di aderenza mantiene un ancoraggio fra ciglia e membrana tectoria. Questo ancoraggio non è dimostrato per le CCI, le cui ciglia, almeno in condizioni statiche non sono a contatto con la membrana tectoria.

Le cellule cigliate hanno il compito di trasdurre l’energia idro-meccanica trasferita sulla coclea membranosa dai movimenti della staffa, in una risposta elettrica delle fibre del nervo acustico. Questo processo è definito come trasduzione meccano-elettrica. La trasduzione è legata alle caratteristiche biomeccaniche delle cellule cigliate ed il suo stadio iniziale ha luogo nelle ciglia. 


Fig. 7. Scala media e organo del Corti.


Queste strutture sono caratterizzate da una marcata rigidità che permette alla cellula di avvertire uno spostamento meccanico dell’ordine di frazione di nanometri (1 m * 10-9), quale si verifica in risposta a stimoli acustici cui corrisponde una minima sensazione uditiva (soglia). La rigidità delle ciglia è legata alla struttura paracristallina del citoscheletro. In ogni stereociglio decorre infatti un fascio ordinato di filamenti proteici (actina) tra loro paralleli e legati ad intervalli regolari da ponti (fimbrina) disposti trasversalmente. Questo fascio percorre il ciglio dall’apice alla base ed attraversa il piano cuticolare, cioè la regione di cellula in cui si ancorano le ciglia. A questo livello vi sono anche altre proteine, delle quali un gruppo numeroso è costituito da miosine non convenzionali.

Le ciglia hanno una lunghezza che aumenta progressivamente dal giro basale all’apice della coclea (gradiente di lunghezza). Come descritto più avanti esse sono inoltre impiantate sul piano cuticolare in 3-4 file. Dalla prima all’ultima fila, le ciglia aumentano di lunghezza a formare una struttura a scalinata. Questo sfasamento diviene sempre più pronunciato procedendo dalla base verso l’apice della coclea (gradiente di sfasamento). I gradienti di lunghezza e di sfasamento determinano un diverso accoppiamento delle ciglia delle CCE alla membrana tectoria nei diversi segmenti della partizione cocleare. Le ciglia di ciascuna fila sono inoltre unite tra loro da ponti trasversali e l’apice di ciascun ciglio è collegato al ciglio più alto che gli sta adiacente, da una fibrilla proteica di elastina. Questa architettura, oltre a rinforzare il fascio di ciglia di ciascuna cellula, fa si che la deflessione delle ciglia più lunghe sia sufficiente ad flettere anche le ciglia di tutte le file.



Le CCI e le CCE (Fig. 8, a sinistra preparati in microscopia) differiscono tra loro sia per la forma e l’innervazione, sia per la configurazione e la disposizione delle stereociglia.

Le CCI hanno forma a fiasco, sono allineate in unica fila, ognuna possiede circa 50-60 stereociglia su 3 o 4 file in una conformazione a U allargata e sono totalmente circondate da cellule di sostegno. La regione infracuticolare contiene un ricco reticolo endoplasmatico e numerosi mitocondri, espressione di una spiccata attività funzionale. Il nucleo di forma rotondeggiante è situato al centro del corpo cellulare. A livello del polo inferiore la cellula contrae rapporto sinaptico con le terminazioni nervose afferenti. Le CCE hanno una forma cilindrica molto regolare, con una lunghezza variabile da 20m a 50m passando dalla base all'apice cocleare e, a differenza delle CCI, non sono totalmente circondate da cellule di sostegno. Ogni CCE possiede 100-150 stereociglia distribuite su 3 file in una conformazione a W la cui apertura (diretta verso le CCI) si allarga verso la base della coclea (la conformazione a W è tipica del giro medio, mentre verso l'apice della coclea la conformazione tende ad essere più stretta, a V). La lunghezza delle ciglia aumenta a scalinata dalla fila interna a quella esterna. L'estremità libera delle ciglia più lunghe è solidamente impiantata nella membrana tectoria e, come più sopra spiegato, nella deflessione eccitatoria sono in grado di trascinare anche le ciglia più corte. La regione infracuticolare è ricca di mitocondri, ha un reticolo endoplasmatico sviluppato e lisosomi. Il nucleo è spostato verso il polo inferiore ed anche nella regione infranucleare sono presenti numerosi mitocondri ed un ricco reticolo endoplasmatico. Le CCE sono sorrette dalle cellule di Deiters. Queste ultime avvolgono il polo inferiore delle CCE con una particolare conformazione a tazza e si prolungano verso l'alto con un processo a falange che ne circonda la parte apicale. Le falangi delle cellule di Deiters ed il piano cuticolare delle CCE sono intimamente saldate tra loro ("tight junctions") a formare una barriera impermeabile all'endolinfa che ne bagna pertanto il solo polo ciliare.


Fig. 9. Innervazione dell’organo del Corti.


L'innervazione delle cellule cigliate (Fig. 9) è assicurata dalle terminazioni dendritiche del nervo cocleare (fibre afferenti) e dalle terminazioni assoniche delle fibre bulbococleari (fibre efferenti). Le cellule cigliate esterne sono in numero molto maggiore (circa 12.500 nell’uomo) rispetto alle cellule cigliate interne (circa 3500) ma il 95% delle fibre del nervo acustico vanno ad innervare le CCI.; ogni CCI. è connessa a 10 - 20 fibre nervose afferenti secondo uno schema di innervazione chiamato convergente. Le CCE hanno un’innervazione completamente diversa: un'unica fibra afferente è in connessione con più CCE, realizzando quindi uno schema di innervazione divergente. Anche le fibre efferenti (fascio olivo-cocleare) innervano in modo diverso le due popolazioni cellulari: stabiliscono infatti una sinapsi diretta con le cellule cigliate esterne, mentre regolano l'attività delle cellule cigliate interne mediante una sinapsi indiretta (entrano cioè in sinapsi con la fibra nervosa afferente).


Stria vascolare

Sulla parete laterale del dotto cocleare ha sede la stria vascolare, una struttura epiteliale vascolarizzata. I vasi decorrono fra due strati continui di cellule congiunte molto strettamente le une alle altre (Fig. 10). La funzione della stria vascolare è di secernere K+ nell’endolinfa, contribuendo direttamente al mantenimento del potenziale endolinfatico. Le cellule epiteliali sono distinte in marginali, intermedie e basali. Le cellule marginali si affacciano alla scala media separando la stria dall’endolinfa. Le cellule intermedie sono melanociti a stretto contatto con i capillari. Le cellule basali formano uno strato compatto che separa le cellule marginali, intermedie ed i capillari dal legamento spirale, che è bagnato dalla perilinfa. Questa struttura costituisce la via attraverso cui glucosio e K+ passano dalla perilinfa all’endolinfa.


Fig. 10. Vascolarizzazione della stria vascolare.

1.2.1.3. Fisiologia cocleare

Come si è detto il canale cocleare osseo è suddiviso in tre scale: vestibolare, media, timpanica. Scala vestibolare e scala timpanica sono bagnate da perilinfa, la scala media è isolata dalla perilinfa e contiene l’endolinfa (Fig. 11). La differente composizione elettrolitica di endolinfa e perilinfa crea un ambiente elettrochimico che rende possibile la trasduzione meccano-neurale.


Fig. 11. Potenziali elettrolitici nel dotto cocleare.


APPROFONDIMENTO


EQUILIBRIO ELETTROLITICO NEI DOTTI COCLEARI

L’endolinfa è simile ai fluidi intracellulari: possiede una elevata concentrazione di K+ (144meq/l) ed una bassa concentrazione di Na+ e Ca++. Al contrario la composizione della perilinfa assomiglia ai liquidi extracellulari, con molti Na+ (139 meq/l) e pochi K+. I gradienti di concentrazione fra questi elettroliti rimangono abbastanza stabili nelle scale vestibolare e timpanica e lungo la scala media.

Esiste un controllo locale dell’equilibrio elettrolitico all’interno delle scale. Ciò avviene essenzialmente attraverso un flusso a direzione radiale. La barriera che separa l’endolinfa dalla perilinfa, costituita da membrana di Reissner, lamina reticolare e stria vascolare, è attraversata da un flusso lento di K+ che, seguendo il gradiente, vanno dall’endolinfa alla perilinfa. Ciò si manifesta con una corrente di riposo che può essere registrata nella coclea. Questo flusso è compensato dal ritorno di K+ all’endolinfa attraverso il legamento spirale e la stria vascolare. Infatti le cellule di queste ultime strutture possiedono un sistema di enzimi e di organelli necessari per mantenere le differenze di concentrazione degli elettroliti nella endolinfa e nella perilinfa. Per reintrodurre K+ nell’endolinfa occorre energia per contrastare il gradiente di concentrazione del K+ endolinfatico: enzimi specifici (Na+/K+ ATPasi) rendono disponile l’energia immagazzinata nei mitocondri delle cellule marginali della stria vascolare e del sottostante legamento spirale. Il trasporto di K+ attraverso il legamento spirale (fibrociti) e la stria vascolare avviene con l’intervento di un sistema di co-trasporto Na+/Cl-/K+. Recentemente si è evidenziata la via di riciclo di K+, dove il K+ è riassorbito dalla perilinfa per mezzo di un co-trasportatore K/Cl nelle cellule di supporto (cellule di Deiters). In tal modo il K+ si muove passando attraverso speciali giunzioni intercellulari (“gap junctions”) fino a raggiungere i fibrociti del legamento spirale. In queste cellule la conduttività di membrana per il K+ è regolata da canali per il K+ la cui permeabilità è voltaggio-dipendente. Da questi canali, regolati a loro volta dai livelli di Ca++ intracellulare, dal pH intracellulare, da Mg++ e da ATP, dipende il flusso di K+ che dall’endolinfa deve essere indirizzato alla stria vascolare.

Poiché gli ioni (Na++ e K++) sono particelle caricate elettricamente, la loro differente concentrazione nella perilinfa e nell’endolinfa crea un potenziale elettrochimico. Fra scala vestibolare e scala media esiste una differenza di potenziale di circa +80 mV (potenziale endococleare). Tale potenziale costituisce la maggior riserva di forza per la trasduzione meccano-elettrica.


MACROMECCANICA

Le forme di pressione acustica sono trasmesse da orecchio esterno e medio attraverso la finestra ovale alla scala vestibolare, generando delle onde fluide nella perilinfa. Lo spostamento della perilinfa causa delle onde di spostamento della partizione cocleare (membrana basilare ed organo del Corti), ed infine una distensione della membrana della finestra rotonda. La frequenza con cui si muove la membrana basilare è direttamente correlata alla frequenza dei suoni, e quindi rappresenta il primo stadio del processo di trasduzione.

Studi considerati ormai classici (von Bekesy) hanno dimostrato che l’ampiezza di un onda sinusoidale che viaggia lungo la coclea aumenta progressivamente fino ad un massimo, poi decresce rapidamente (Fig. 12). Il punto di maggior spostamento della membrana basilare cambia, lungo tutta la sua lunghezza, in ragione della frequenza dello stimolo sonoro. 


Fig. 12. Onde viaggianti sec. Von Bekesy.


Con le frequenze gravi lo spostamento massimo si verifica verso l’apice della coclea, con le frequenze acute verso la base. Le modalità con cui la membrana basilare risponde alle frequenze di stimolazione dipendono dalle sue caratteristiche di rigidità e di massa, che in fatti variano continuamente dalla base all’apice.

Gli studi più recenti, basati su osservazioni “in vivo”, hanno evidenziato che in realtà il massimo spostamento della membrana basilare non avviene progressivamente, ma piuttosto l’onda viaggia causando una perturbazione minima, finché raggiunge il punto dove si attua, abbastanza improvvisamente, il massimo di spostamento. In questo punto la membrana basilare vibra con la frequenza dello stimolo, mentre appena al di là del punto di massima vibrazione, (verso l’apice) la vibrazione declina rapidamente (Fig. 13). Da un punto di vista fisico quindi la membrana basilare si comporta come un filtro passa-banda con una sintonia molto fine. Ogni punto sulla lunghezza della membrana basilare è un filtro, specifico per una frequenza (frequenza caratteristica). La capacità della membrana basilare di sintonizzare la propria risposta meccanica precisamente sulla frequenza di stimolazione non dipende solo dalle caratteristiche meccaniche, ma richiede un processo attivo.


Fig. 13. Massimo spostamento della membrana basilare.


La trasduzione meccano-neurale e le cellule cigliate

La superficie apicale delle cellule cigliate e le loro stereociglia sono bagnate dall’endolinfa, e come si è detto sono esposte ad un fluido con un potenziale di +80 mV. Registrando all’interno delle cellule cigliate si registra un potenziale cellulare a riposo di circa –50 mV. Perciò esiste una differenza netta di potenziale a livello della membrana cellulare a contatto con l’endolinfa, di circa 130 mV. La superficie apicale delle cellule cigliate funziona come un resistore variabile, la cui impedenza elettrica cambia in ragione dello spostamento delle stereociglia. Il corpo delle cellule cigliate, solidale con le altre costituenti della membrana basilare (cellle di supporto) vibra quando si applica uno stimolo acustico. Tale vibrazione causa uno spostamento delle stereociglia relativamente alla membrana tectoria ed alla endolinfa: il cosiddetto movimento a cesoia (Fig. 14).

L’inclinazione delle stereociglia nella direzione della fila più alta avviene quando la membrana basilare è spinta verso l’alto (ciò corrisponde ad una estroflessione della staffa ed ad una fase di “rarefazione” della forma d’onda acustica), e ciò causa un influsso di K+ nella cellula cigliata, diretto dal gradiente di potenziale di 130 mV. L’influsso di ioni positivi all’interno della cellula (-50 mV) ne provoca la depolarizzazione (Fig. 15). Al contrario, la deflessione delle stereociglia in direzione opposta causa un aumento della polarizzazione, perché i canali del K+ aperti in fase di riposo, vengono ostruiti, aumentando la negatività del bilancio ionico intracellulare. Gli ioni K+ entrano nella cellula attraverso canali disposti sulla parete delle stereociglia. L’apertura e la chiusura di questi canali avverrebbe meccanicamente, seguendo un regime probabilistico. Ponti fibrillari (“tip links”) che congiungono la parte intermedia di un ciglio con l’apice di un ciglio più corto adiacente, permettono di aprire con un meccanismo a molla i canali del K+, quando l’apparato ciliare si piega in direzione delle ciglia più alte.


Fig. 14. Movimento ”a cesoia” delle stereociglia.


Fig. 15. Effetto dello spostamento delle stereociglia sulla polarizzazione delle cellule ciliate.


L’inclinazione in senso opposto rilascia i filamenti, causando la chiusura dei canali. In aggiunta a questi movimenti passivi, le stereociglia oscillano anche per un meccanismo attivo, destinato ad amplificare la trasduzione dei suoni di debole intensità. Questo processo avviene attraverso due meccanismi: il primo è costituito da un addensamento di miosina in corrispondenza dell’inserzione dei “tip-links”, che regolandone la tensione, facilita la loro apertura ad ogni istante. Quando la miosina stira i “tip-links” le stereociglia mostrano un’oscillazione spontanea. Il secondo meccanismo, anch’esso attivo, consiste nel passaggio di Ca++ extracellulare attraverso l’apertura dei canali. Probabilmente il ruolo del Ca++ è di regolare indirettamente le fasi di apertura e chiusura dei canali del K+, per esempio favorendone la chiusura anche quando lo stereociglio rimane deflesso. Questa chiusura aumenta la tensione del “tip-link”, forzando lo stereociglio ad oscillare in direzione inversa rispetto all’iniziale deflessione. Entrambi questi meccanismi spingono le stereociglia ad oscillare con un ampiezza superiore a quella prevedibile dalla sola applicazione di un meccanismo passivo a cesoia. Il risultato è quindi di un’amplificazione.


Depolarizzazione nelle cellule cigliate

I fenomeni di depolarizzazione hanno effetti diversi nelle cellule cigliate esterne ed interne (Fig. 16). Le cellule cigliate interne sono i veri recettori sensoriali, la loro depolarizzazione produce l’attivazione delle fibre nervose afferenti, e quindi il trasferimento dell’informazione sonora al sistema nervoso centrale. Il 95% delle fibre afferenti contrae sinapsi con le cellule interne. Le cellule esterne hanno invece un’azione sensoriale minima, e la loro innervazione è quasi completamente efferente. La loro funzione è di fornire un processo motorio per permettere di sintonizzare finemente la meccanica cocleare con le forme d’onda acustiche.

La stimolazione di una cellula cigliata con uno stimolo sinusoidale produce un potenziale di recettore intracellulare in cui si possono distinguere tre componenti. 


Fig. 16. La trasduzione cocleare sec. Patuzzi, 1996.


La fase di depolarizzazione e la fase di iperpolarizzazione, come correnti alternate, dipendenti dalle fasi dello stimolo. Una terza componente, in corrente continua, è determinata dalla asimmetria delle due precedenti (la grandezza della depolarizzazione è di solito maggiore di quella della iperpolarizzazione). L’entità della depolarizzazione è proporzionale all’intensità di stimolazione, ed essa aumenta fino ad un massimo (saturazione), oltre al quale il potenziale di recettore rimane costante anche aumentando l’intensità dello stimolo. Nella Figura 17 si nota che soprattutto le cellule cigliate interne mostrano una asimmetria di voltaggio, maggiore nelle fasi di rarefazione (depolarizzazione)


Depolarizzazione nelle cellule cigliate interne

La depolarizzazione delle cellule interne causa l’apertura di canali voltaggio-dipendenti posti lungo le pareti laterali della cellula. Questi canali permettono l’uscita di K+ e l’ingresso di Ca++. L’influsso di Ca++ attiva il rilascio di neuromediatore (glutammato) alla base della cellula. La quantità di glutammato che viene rilasciato segue parallelamente l’entità della depolarizzazione e quindi è proporzionale all’intensità dello stimolo. Il glutammato quindi si lega ai terminali nervosi afferenti che circondano la base della cellula, i quali generano un potenziale d’azione che verrà propagato lungo la fibra afferente. Il glutammato che rimane nella fessura sinaptica viene poi ripreso dalle cellule di supporto per mezzo di un sistema di trasporto glutammato/aspartato.


Fig. 17. Depolarizzazione delle cellule cigliate (v. testo).


Le fasi di de- ed iper-polarizzazione delle cellule devono seguire precisamente le fasi delle forme acustiche per poter codificare variazioni dell’ordine di microsecondi. Alla base della cellula, la regione di membrana presinaptica contiene delle strutture proteiche nastriformi, che legano circa 100 vescicole piene di glutammato. Ogni neurone con corpo nel ganglio spirale invia un singolo dendrite sulla sinapsi della cellula, in un punto opposto alla struttura nastriforme presinaptica. Si ritiene che questa struttura permetta la liberazione sincrona di mediatore dalle molte vescicole, così operando un controllo sulla generazione del potenziale d’azione.


Depolarizzazione nelle cellule cigliate esterne

Benché il processo sia simile a quello delle cellule interne, le sue conseguenze sono del tutto diverse. La funzione delle cigliate esterne infatti è di permettere ad ogni punto sulla membrana basilare di sintonizzarsi precisamente con una specifica frequenza. Le cellule cigliate esterne operano come amplificatore dei segnali acustici, utilizzando delle speciali proprietà motorie.

Tali proprietà permettono alla cellula di allungarsi e quindi di cambiare il voltaggio intracellulare. L’allungamento e la contrazione (circa il 5% della dimensione a riposo) della cellula avviene in seguito alle fasi di de- iper-polarizzazione innescate dal movimento della membrana basilare. La depolarizzazione delle cellule interne è quindi proporzionale a due fattori: la grandezza dello stimolo acustico e l’amplificazione determinata dalla motilità delle cellule esterne. Poiché la risposta frequenza-specifica è uguale per le cellule esterne ed interne, le cellule esterne rispondono preferenzialmente a stimoli di frequenza caratteristica dipendente dalla loro posizione lungo la membrana basilare. Quindi esse forniscono un’amplificazione specifica per la frequenza, determinando così le proprietà di sintonizzazione molto fini della coclea.

Audiologia e Foniatria
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio. Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso. Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva. Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità. L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate. Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.