Definizione. La microtia è una malformazione congenita caratterizzata da un ridotto sviluppo dell’orecchio esterno, che varia da un padiglione più piccolo, alla totale assenza. Nei casi più gravi sono presenti solo residui embrionari; l’assenza del padiglione viene definita anotia. La microtia è spesso associata a stenosi o atresia del condotto uditivo esterno. Entrambe queste anomalie possono essere associate con altre anomalie dell’orecchio, più frequentemente dell’orecchio medio, meno frequentemente dell’orecchio interno. Va tenuto presente che esiste una stretta correlazione tra grado di malformazione dell’orecchio esterno e frequenza e gravità delle malformazioni dell’orecchio medio. Al contrario non esiste una correlazione tra grado di malformazione dell’orecchio esterno e frequenza e gravità delle malformazioni dell’orecchio interno; le malformazioni dell’orecchio interno sono riferite più frequenti nelle embriopatie tossiche, virali e genetiche. Tra le malformazioni dell’orecchio interno, non vi sono apparenti spiegazioni della maggior frequenza della ipoplasia del canale semicircolare laterale.
Epidemiologia. I dati non sono omogenei in quanto c’è poca concordanza sulla metodologia di raccolta dei dati e sulla definizione. Secondo Errocat (1998) in Europa le atresie congenite del cue sono 1 ogni 10000 nati (periodo 1980-1994), con una netta prevalenza delle forme unilaterali (70-85%, Manach, 1987; Schuknecht, 1989; Cremers e Teunissen, 1992) dei maschi e dell’orecchio destro.
Clinica. La microtia si può presentare con un ampio spettro di variabilità (Fig. 1). Quando ci si trova di fronte ad una anotia/microtia, vanno tenuti presenti due aspetti: 1. la possibile concomitante malformazione dell’orecchio medio e interno; 2. le possibili malformazioni di altri organi e apparati. In uno studio sulle caratteristiche epidemiologiche della anotia e microtia in California nel decennio 1989-97 (Birth Defects Research Part A 70:472-475, 2004), le malformazioni associate più frequentemente riscontrate sono: quelle oculari (20%), le malformazioni nasali (23,4%), palatoschisi (11,1%), malformazioni muscolo-scheletriche della faccia, mandibola e cranio (23,4%), anomalie delle ossa cranio-facciali (42,4%), anomalie della colonna (14,9%), i difetti cardiaci settali (16,7%), reni/ureteri (6,7%) e genitali maschili (5,1%).
Diagnosi. Data la possibilità di concomitanti malformazioni in altri organi e apparati (microtia/atresia non isolata ma sindromica), l’approccio a questa patologia deve essere multidisciplinare (Neonatologo, Genetista, Audiologo, ORL, Neuroradiologo, Chirurgo maxillo-facciale, Chirurgo plastico, Oculista, Neurochirurgo). Il primo punto deve essere la definizione morfologica dell’anomalia (Tab. I).
Fig. 1. Ampio spettro variabilità della microtia (A. Martini e G.P. Garani).
Anomalia simmetrica? Grado della displasia? -> classificazione
Interessamento delle strutture adiacenti (ossee, nervose, tessuti molli)?
Altre anomalie associate?
Orientamento diagnostico (spettro OAV, sindrome BOR, sdr di Treacher-Collins, altre sindromi)
Tab. I. Definizione morfologica dell’anomalia
APPROFONDIMENTO
Classificazioni.Molte sono le classificazioni che si trovano in letteratura. Recentemente, l’European Group on Genetics of Hearing Impairment (HEAR) ha proposto un sistema di classificazione delle anomalie congenite di tipo sistematico, dall’orecchio esterno alla corteccia cerebrale: ECEAI European Congenital Ear Anomaly Inventory (v. Tab.). L’ECEAI ha lo scopo di fornire una descrizione anatomica sistematica e dettagliata delle varie componenti dell’orecchio: non si basa su una classificazione eziologica, ma mette in risalto la necessità di valutare tutte le differenti parti del sistema uditivo.
ORECCHIO ESTERNO
PADIGLIONE
I° grado di displasia
Definizione generale: sono riconoscibili la maggior parte delle strutture del padiglione
Definizione chirurgica: la ricostruzione non richiede l’uso di tessuti addizionali
II° grado di displasia
Definizione generale: sono riconoscibili solo alcune strutture del padiglione
Definizione chirurgica: la parziale ricostruzione richiede l’uso addizionale di cute e cartilagine
III° grado di displasia e anotia
Definizione generale: non è riconoscibile alcuna struttura dell’orecchio esterno
Definizione chirurgica: la ricostruzione totale richiede l’uso di cute e notevole quantità di cartilagine
CONDOTTO UDITIVO ESTERNO
Maggiore: atresico
Minore: stenotico
ORECCHIO MEDIO
CATENA OSSICULARE
Tipo 1: anchilosi congenita della staffa*
Fissità della platina con struttura normale o monopodale
Fissità della sovrastruttura
Tipo 2: anchilosi congenita della staffa più altra anomalia della catena ossiculare*
Discontinuità
Fissità all’epitimpano
Fissità timpanica (manico del martello e/o processo lungo)
Tipo 3: anomalia congenita della catena ossiculare con platina mobile
Discontinuità
Fissità all’epitimpano
Fissità timpanica (manico del martello e/o processo lungo)
Tipo 4: aplasia congenita o displasia severa della finestra ovale o rotonda*
Aplasia
Displasia
Nervo faciale “crossing”
Persistenza dell’arteria stapediale
ORECCHIO INTERNO
A. COCLEA MALFORMATA O ASSENTE
Aplasia completa del labirinto (deformità di Michel)
Aplasia cocleare: assenza della coclea, canali semicircolari e vestibolo normali o malformati
Ipoplasia cocleare: dotto cocleare piccolo, canali semicircolari e vestibolo normali o malformati
B. COCLEA NORMALE
Displasia del canale semicircolare laterale e del vestibolo: vestibolo dilatato e c.s.l. dilatano e corto; gli altri canali semicircolari sono normali
Acquedotto vestibolare allargato, canali semicircolari normali, vestibolo dilatato o normale
CONDOTTO UDITIVO INTERNO E SISTEMA UDITIVO CENTRALE
Non esiste una classificazione universalmente accettata
* assenza del tendine dello stapedio
Tab. (Continuazione).
Quindi vanno predisposte le indagini utili all’inquadramento del quadro clinico (Tab. II). L’orientamento attuale è quello di eseguire in un periodo “precoce” (entro i 6 mesi) anche le indagini neuroradiologiche, non solo per venire incontro “all’ansia” dei genitori, ma perché un inquadramento diagnostico corretto è essenziale per evitare errori di impostazione terapeutica.
Trattamento. Il termine “atresia congenita dell’orecchio” è generalmente usato per descrivere una ampia serie di malformazione dell’orecchio esterno e medio. Anche se il termine atresia implica l’assenza del canale, è usato in senso più ampio anche per indicare da una anomalia lieve con un restringimento del cue, alla assenza completo del canale. Esistono molte divergenze di opinione sulla necessità e opportunità del trattamento; altrettante divergenze sia sulle procedure di scelta sia sui criteri per la valutazione del successo chirurgico.
Vanno innanzi tutto distinti gli interventi in caso di stenosi, da quelli in caso di atresia. Recentemente il successo funzionale delle protesi impiantabili per via ossea (e delle epitesi impiantabili) (Granstrom et al., 1993, 1979) ha certamente ridotto il numero di interventi di chirurgia ricostruttiva del condotto uditivo esterno e li ha spostati in là negli anni, alla seconda adolescenza o addirittura all’età adulta (v. cap. 1.5.5) (Figg. 2 e 3).
Valutazione audiologica con ABR per soglia
Ecografia (anomalie renali e/o altri distretti)
TC rocche
RMN rocche e cerebrale
RX rachide e/o altri distretti
Cariotipo
Genetica molecolare
Tab. II. Indagini in caso di microtia/atresia congenita.
Fig. 2. Quadro clinico e radiologico in un caso di sindrome di Goldenhar. È evidente a destra la microtia di III grado, la atresia del CUE, la presenza di appendice preauricolare e l’atresia del cue alla TAC.
Fig. 3. Caso di OAV con appendici preauricolari ed auricolari bilaterali e alla Rx cranio-rachide presenza di emispondili a livello dorsale.
1.4.1.2 Forme flogistiche
1.4.1.2.1 Dermatite eczematosa
Definizione. Si tratta di un processo dermoepidermico di natura disreattiva, per lo più conseguenza di uno stato di allergia tissutale locale. Spesso interessa il padiglione ed il condotto uditivo insieme.
Epidemiologia. La dermatite eczematosa può potenzialmente manifestarsi in tutte le età, sebbene la terza/quarta decade sia solitamente più colpita. Non sono riportate differenze tra i due sessi
Eziopatogenesi. Non è noto quale sia di preciso il momento eziologico iniziale. Frazioni proteiche di origine batterica o micotica, od anche di origine medicamentosa (di prodotti detergenti o cosmetici) potrebbero avviare la reazione tissutale. Alcuni Autori individuano nell’evoluzione della dermatite eczematosa cinque fasi. Alla fase eritematosa, di flogosi iniziale, segue una fase vescicolare, caratterizzata dalla comparsa di piccolo vescicole, che rompendosi possono dar luogo ad una secrezione sierosa, limpida (fase essudativa). Tipicamente si possono osservare anche delle piccole soluzioni di continuo, ragadiformi. Le secrezioni si rapprendono quindi in croste (fase crostosa) mentre lo strato superficiale dell’epidermide desquama (fase desquamativa) originando sottili lamelle biancastre.
L’eczema può risolversi oppure trasformarsi in una forma cronica, caratterizzata da episodi di remissione e riacutizzazione, con desquamazione lamellare continua.
Clinica. Prevalentemente la sintomatologia è bilaterale e caratterizzata da prurito e/o bruciore a carico del condotto uditivo esterno. Il meato esterno può presentare una secrezione sierosa mentre il lume può apparire concentricamente ristretto per infiltrazione infiammatoria.
Il quadro clinico può facilmente complicarsi per la sovrapposizione di flogosi batterica e/o micotica.
Terapia. La terapia è solitamente locale e si affida all’utilizzo di soluzioni disinfettanti (acqua borica, soluzioni a base di acido salicilico) o base di steroidi nelle forme più severe. Si raccomanderà inoltre al paziente di evitare l’uso dell’acqua e dei saponi nella pulizia locale.
1.4.1.2.2 Otite esterna diffusa
Definizione. L’otite esterna diffusa (OED) è un’infezione del condotto uditivo esterno e/o del padiglione auricolare. Tipicamente insorge in modo piuttosto rapido, nell’arco di 48h in genere, con una sintomatologia caratterizzata da otodinia, prurito, sensazione di ovattamento auricolare e/o ipoacusia.
Epidemiologia. Nei paesi industrializzati si stima una frequenza pari a 4 nuovi casi ogni 1000 persone/anno. Tipicamente tale frequenza è più elevata durante i mesi estivi. Non sono riportate differenze di frequenza in merito al sesso ed alla razza; recentemente è stata descritta una maggiore frequenza negli anziani in ragione della crescente diffusione dell’utilizzo di protesi acustiche, che possono produrre traumatismo della cute del condotto.
Eziologia. Gli agenti eziologici più frequentemente responsabili sono Staphylococcus aureus e Streptococco Pneumoniae, ma anche Pseudomonas aeruginosa.
Fra i fattori predisponenti la presenza di esostosi, l’autotraumatismo (es. da cotton fioc) od il traumatismo ripetuto (es per protesi acustica), le alterazioni del pH della cute.
Rappresentano fattori di comorbidità, l’eczema cutaneo, il diabete mellito, uno stato di immunodepressione.
Quadro Clinico. Sintomi più frequentemente descritti in caso di otite esterna diffusa sono: otodinia, prurito, sensazione di ovattamento auricolare e/o ipoacusia. Può essere presente otorrea, inizialmente sierosa poi di solito purulenta, associata a rialzo termico. All’esame obiettivo otoscopio, è possibile rilevare eritema ed edema del condotto uditivo esterno, e/o del trago; di conseguenza non è sempre possibile visualizzare completamente la membrana timpanica. Talora è presente coinvolgimento linfonodale periauricolare e/o cervicale. Nei casi più severi la flogosi può estendersi ai tessuti molli circostanti, pre- e retro-auricolari (Fig. 1).
Diagnosi. La diagnosi di otite esterna diffusa viene posta in ragione dei dati anamnestici e del quadro otoscopio. Tipicamente si evoca dolore alla digitopressione del trago ed alla trazione del padiglione. Nelle forme più severe e/o in quelle ricorrenti è buona norma effettuare un esame colturale per la tipizzazione microbiologica. Il ricorso a metodiche di imaging può essere utile soprattutto per escludere un concomitante coinvolgimento dell’orecchio medio e/o mastoideo.
Terapia. La terapia dell’otite esterna diffusa prevede (i) la tolette del condotto uditivo esterno sotto guida microotoscopica, (ii) l’applicazione locale di farmaci antibiotici e/o steroidei, (iii) la somministrazione di terapia antibiotica per via sistemica.
Nelle forme più severe, in cui è presente substenosi/stenosi del condotto uditivo esterno è possibile applicare localmente una spugnetta otologica medicata, da rimuovere dopo 48-72h.
Complicanze. Per lo più sono conseguenza dell’estensione locale della flogosi purulenta. Tra queste: l’otite media acuta e la mastoidite; la condrite della pinna, l’otite esterna necrotizzante.
Fig. 1. Otite esterna acuta batterica con secrezione purulenta che interessa tutto il condotto uditivo (orecchio destro) (da Ralli).
1.4.1.2.3 Miringite bolloso-emorragica
Definizione. Si tratta di una forma flogistica prevalentemente a carico della membrana timpanica e talvolta anche della cute del terzo mediale del CUE, caratterizzata dalla presenza di tipiche vescicole a contenuto siero-ematico, o francamente ematico.
Epidemiologia. È stato stimato che in circa l’8% dei bambini di età compresa tra 6 mesi e 12 anni affetti da otite media acuta sia presente una miringite bolloso emorragica. Non sono state descritte differenze di incidenza in relazione a sesso età o razza.
Eziologia. Generalmente è conseguenza di un’infezione batterica sostenuta da Streptococcus pneumonite o da Haemophilus Influenzae oppure da agenti virali quali, ad esempio, influenza virus, virus para-influenzali.
Quadro Clinico. Sintomi più spesso riportati sono otodinia, associata a sensazione di ovattamento auricolare/ipoacusia, prurito. Può essere presente otorrea sierosa e/o siero-ematica. All’esame otoscopio, sarà possibile individuare caratteristiche bolle a contenuto siero-ematico od ematico, localizzate a livello della membrana timpanica; talvolta è possibile il sovrapporsi di un quadro di otite media purulenta acuta per la colonizzazione da parte di germi piogeni (Fig. 1).
Diagnosi. È di solito necessario un corretto inquadramento anamnestico, per escludere avvenuti traumi a carico della MT, ed un esame obiettivo avvalendosi di un otoscopio e/o di un microotoscopio. È buona norma effettuare un esame audiometrico tonale liminare, soprattutto per escludere la concomitante presenza di ipoacusia neurosensoriale.
Terapia. È prevalentemente medica e prevede essenzialmente la somministrazione di antibiotici per via sistemica. È necessario ricorrere ad un ciclo di terapia steroidea per via sistemica nel caso in cui concomiti ipoacusia neurosensoriale.
Complicanze. Tra le complicanze della miringite bolloso-emorragica si annoverano: la perforazione della MT con ipoacusia trasmissiva associata; l’ipoacusia neurosensoriale; la paralisi del nervo faciale (rara); l’insorgenza di acufeni e vertigine. Nell’adulto è stata anche descritta la miringite bolloso-emorragica come sintomo d’esordio di meningite otogena.
Fig. 1. Ampia bolla ematica nei quadranti inferiori. I quadranti posteriori inoltre appaiono edematosi ed estroflessi (orecchio destro) (da Ralli).
1.4.1.2.4 Herpes Zoster Oticus o zona auricolare (HZO)
Definizione. È un’infezione virale a carico dell’orecchio interno, medio ed esterno. Si caratterizza per la presenza di un’intensa otodinia associata alla presenza di eruzione vescicolare cutanea, usualmente a carico del CUE e della pinna. Si definisce Sindrome di Ramsey-Hunt, quando si associa paralisi del n. faciale.
Epidemiologia. Non sono state descritte differenze di incidenza in relazione a sesso o razza. Un incremento di incidenza è descritto dopo i 60 anni di età. Negli Stati Uniti, è stato stimato che la S. di Ramsey-Hunt rappresenta circa il 12% di tutte le paresi del n. faciale.
Eziologia. L’HZ oticus è causato dalla riattivazione del Virus della Varicella-Zooster (VZV), presente ma latente a livello del ganglio genicolato del VII NC. Tra i fattori che possono favorire la “riattivazione” del virus favorendo quindi l’insorgere dell’affezione sono stati invocati molti di quelli capaci di debilitare l’organismo o ridurre l’attività del sistema immunitario (es. neoplasie, infezione da HIV, ecc.).
Quadro Clinico. Si può distinguere: (i) HZO semplice; (ii) HZO con paralisi del VII n.c.; (iii) HZO con paralisi del VII n.c. e coinvolgimento cocleo-vestibolare.
HZO semplice. È caratterizzata da otodinia, eruzione vescicolare cutanea (Fig. 1), linfoadenopatie loco-regionali. Talora è presente iperpiressia, flogosi delle prime vie aeree. L’otalgia in genere precede l’eruzione vescicolare e tende ad attenuarsi al suo comparire; il dolore, vivo, può irradiarsi verso le regioni temporali, zigomatiche ed alla punta della mastoide. Può concomitare iperestesia del CUE e della pinna. L’eruzione si caratterizza per la presenza, a livello della conca, dapprima di chiazze papulo-eritematose che si trasformano in tipiche e fini vescicole rosa-brunastre, tendenti a confluire. Per rotture delle vescicole, si ha la fuoriuscita di un liquido citrino, che si rapprende in croste. Successivamente intervengono i processi riparativi che danno origine agli esiti cicatriziali. Possono concomitare linfo-adenopatie satelliti.
HZO con paresi del n. faciale. Il quadro clinico di tale forma si caratterizza oltre per la presenza delle lesioni già sopra descritte anche per la presenza di paralisi del n. faciale (Fig. 2).
HZO con paralisi del VII e coinvolgimento cocleo-vestibolare. All’ipoacusia neurosensoriale, spesso accompagnata da acufeni, si può associare vertigine rotatoria, caratterizzata da nistagmo orizzontale-rotatorio, diretto verso il lato sano. Segni e sintomi di lesioni cocleari e vestibolari, presenti secondo alcune stime in circa il 40% dei casi, possono comparire anche in assenza di una paresi del n. faciale. Inoltre, nel 70% dei casi, l’eruzione vescicolare può verificarsi anche sui 2/3 anteriori della lingua e sull’emipalato molle, con modificazioni della sensibilità gustativa.
Diagnosi. È necessario effettuare un esame obiettivo ORL, con particolare attenzione alla definizione del quadro otoscopico e/o micro-otoscopico.
Soprattutto nei casi in cui si preveda la somministrazione di farmaci antivirali è buona norma effettuare un controllo degli esami ematobiochimici, con particolare attenzione allo studio della funzionalità renale.
È inoltre necessario effettuare un esame audiometrico tonale liminare, soprattutto per escludere la concomitante presenza di ipoacusia neurosensoriale, ed eventualmente un esame vestibolare, che potrebbe rilevare un’ipoeccitabilità del lato offeso.
Terapia. Consiste nella somministrazione di antibiotici a largo spettro d’azione, onde evitare l’insorgenza di sovrainfezioni batteriche e di complessi vitaminici. È riportato che il ricorso a farmaci antivirali (aciclovir, famciclovir), è meno efficace se avviene a più di 72h dall’insorgenza dell’eruzione vescicolare. L’impiego dei farmaci corticosteroidei per via sistemica trova il suo razionale nell’attenuazione della sintomatologia algica e della componente vertiginosa; possono inoltre limitare l’insorgenza della nevralgia post-herpetica.
Complicanze. Le principali sono: la persistenza di paralisi del faciale, o di ipoacusia neurosensoriale. La nevralgia posterpetica può insorgere anche a distanza di qualche settimana dall’esordio.
Fig. 1. Eruzione cutanea vescicolare a livello della conca (orecchio destro). Fig. 2. Paralisi del n. faciale destro in corso di HZO.
1.4.1.2.5 Micosi del CUE (otomicosi)
Definizione. È una dermatite del meato acustico esterno, dovuta allo sviluppo di miceti, nel CUE e più raramente sul padiglione auricolare.
Epidemiologia. Tipicamente l’incidenza è più elevata durante i mesi estivi e la diffusione è favorita dal clima umido. Non sono riportate differenze di incidenza in merito al sesso ed alla razza. È di solito unilaterale.
Fig. 1. Colonie di miceti nel condotto uditivo esterno di destra, con prevalenza di Candida Albicans (da Ralli).
Eziologia. Numerose varietà fungine sono state chiamate in causa nella genesi dell’otomicosi; fra queste comunque, quelle più frequentemente riscontrate sono Aspergillus, Candida, Saccaromices. Esistono condizioni predisponenti all’insorgere delle otomicosi, e sono rappresentate essenzialmente dalla scarsa igiene, dall’umidità e di tutte quelle condizioni che favoriscono la macerazione della cute del CUE (es. eczema).
Quadro Clinico. La sintomatologia di questa affezione, soprattutto all’esordio, è spesso di poco rilievo. Può essere presente prurito e più raramente otodinia, fatta eccezione per quei casi in cui lo sviluppo delle colonie fungine interessi la MT, in cui possono essere presenti anche ipoacusia ed acufeni (Fig. 1).
L’esame obiettivo otoscopio dimostra quadri differenti in relazione alle varietà fungine in causa. È possibile evidenziare la presenza di colonie fungine stratificate sulle pareti del CUE, e la cute del condotto potrà mostrarsi infiltrata e/o lievemente edematosa.
L’otomicosi può svilupparsi anche in cavità residue a svuotamento chirurgico timpano petro-mastoideo.
Diagnosi. Non presenta in genere difficoltà soprattutto nei casi più tipici; è comunque spesso utile avvalersi del microotoscopio. In alcuni casi, soprattutto nel caso di forme recidivanti è utile ricorrere ad un esame colturale.
Terapia. È necessario effettuare una buona pulizia del CUE, in microtoscopia se possibile, al fine di rimuovere le colonie fungine. Per ridurre la flogosi locale è possibile utilizzare sia lavaggi che istillazioni a base di soluzioni antisettiche ed antifungine. Talora, nelle forme più severe e resistenti, è necessario ricorrere alla somministrazione per via sistemica di antifungini.
1.4.1.2.6 Otite esterna maligna
Definizione. L’otite esterna maligna (OEM) è una rara infezione dell’osso temporale che colpisce prevalentemente soggetti anziani e diabetici o soggetti immunocompromessi, è generalmente sostenuta da Pseudomonas aeruginosa ed ha prognosi spesso infausta: la mortalità raggiunge infatti il 30% dei casi.
Eziopatogenesi. Lo Pseudomonas aeruginosa è responsabile della quasi totalità dei casi anche se sono descritti esempi sporadici secondari ad altri micororganismi (Aspergillus flavus e fumigatus, Staphylococcus aureus, Klebsiella oxytoca).
Lo Pseudomonas elabora enzimi proteolitici in grado di attaccare la parete vascolare sino a produrre una estesa vascolite necrotizzante. Inoltre, sviluppa facilmente resistenza agli antibiotici e riesce ad evitare la fagocitosi proteggendosi con uno strato mucoso. Nel paziente diabetico è verosimile che la microangiopatia, associata alla vascolite necrotizzante prodotta dallo Pseudomonas, favorisca la progressione in profondità dell’infezione.
Quadro clinico. La malattia si presenta come una infiammazione molto dolorosa del condotto uditivo esterno, associata ad otorrea purulenta e polipi di granulazione. L’otalgia rappresenta il sintomo di esordio nel 75% dei casi, è intensa, si accentua nella notte spesso risvegliando il paziente e si associa ad una cefalea occipitale o temporale particolarmente severa. L’otorrea purulenta compare nel corso della malattia con una frequenza che va dal 50 all’80% dei casi; può variare da una modesta secrezione umida ad un essudato verdastro maleodorante e copioso. L’impianto delle qranulazioni si riscontra tipicamente sul pavimento del condotto, tra la pars cartilaginea e quella ossea, oppure nell’angolo tra tetto del meato ed anulus timpanico. All’esame istologico il tessuto di granulazione non presenta caratteri peculiari, ma un quadro aspecifico di flogosi con infiltrazione di cellule infiammatorie, iperplasia od ispessimento dell’epitelio squamoso.
La progressione della malattia è stata suddivisa in stadi clinici riportati in Tabella I (da Davis, 1992).
Stadio I: infezione de1 condotto uditivo esterno e tessuti mol1i contigui con dolore profondo, con o senza paralisi del nervo facciale
Stadio II: estensione dell’infezione con osteite del temporale e base cranica, o neuropatie multiple dei nervi cranici
Stadio III: estensione intracranica con meningite, empiema epidurale, empiema subdurale od ascesso cerebrale
Tab. I. Stadi clinico-radiologici dell’otite esterna maligna.
Il primo stadio della OEM è caratterizzato da una cellulite del tessuti molli del condotto uditivo con otorrea profusa eproliferazione di tessuto di granulazione. L’infezione può progredire attraverso le scissure di Santorini sia anteriormente verso 1’articolazione temporo-mandibolare, la loggia parotidea ed i muscoli massetere e temporale, sia inferiormente verso il forame stilo-mastoideo con paralisi del nervo facciale. In questa fase, che può persistere invariata per settimane o mesi, le cavità aeree dell’orecchio medio e delta mastoide si mantengono qeneralmente deterse.
Nel secondo stadio l’infezione ha determinato una osteomielite che dal condotto si è estesa all’osso temporale e/o alla base cranica. La prima manifestazione clinica della progressione in profondità della malattia è generalmente la comparsa di una paralisi del nervo facciale o dei nervi cranici posteriori, dal IX al XII. Il deficit dei nervi cranici compare generalmente dopo più di due mesi dall’esordio della malattia, ma può iniziare anche precocemente, in qualche caso dopo una settimana (Corey,1985). La paralisi del nervo facciale ha un’incidenza che varia dal 24 al 43% in statistiche diverse, mentre le altre neuropatie craniche dal 15 al 35%. La paralisi dei nervi cranici è talora reversibile, in particolare la paralisi del facciale sembra avere una ripresa completa in oltre il 20% dei casi ed una parziale nel 10% circa.
Nel terzo stadio il processo infettivo raggiunge le strutture intracraniche, le logge cervicali ed i grossi vasi del collo. Questo stadio della malattia è sempre associato a prognosi grave. Cause più frequenti di exitus sono infatti meningite, tromboflebite settica o rottura dei grossi vasi, setticemia, polmonite da inalazione per paralisi vagale, accidenti cerebrovascolari.
Diagnosi. Il decorso dell’otite esterna maligna è inizialmente subdolo e per tale motivo la malattia viene spesso diagnosticata tardivamente, dopo che il paziente è stato trattato per settimane o mesi come per un’otite esterna banale.
Pertanto, è importante porre attenzione alla presenza di un’otalgia profonda ed all’isolamento dello Pseudomonas in un paziente diabetico od immunocompromesso. Per la diagnosi sarà inoltre di aiuto l’imaging che comprende TC ed RM in prima istanza, eventualmente seguiti da scintigrafia ossea, nonché la conferma istologica di polipi infiammatori. Gli esami ematochimici non sono generalmente di aiuto ad esclusione di un costante aumento degli indici di flogosi: una VES elevata è presente nel 100% dei pazienti ed in molti casi raggiunge valori >100. All’opposto una leucocitosi è di raro riscontro. La VES è inoltre un indicatore de11’attività della malattia ed è utile per monitorare il decorso della terapia e 1’efficacia della cura con antibiotici.
La scintigrafia ossea al tecnezio ed all’indio possono essere di aiuto nella diagnosi precoce, mentre quella a radiogallio sarebbe di maggior utilità come monitoraggio durante e dopo la terapia. Nella scintigrafia al tecnezio il radionuclide si concentra nelle zone di lisi ossea dovuta al processo infettivo, ed è sufficiente un aumento del 10% dell’attività osteolitica ed osteoblastica per un chiaro riscontro scintigrafico. Con questa metodica la sensibilità è elevata, mentre la specificità è purtroppo scarsa: qualsiasi processo flogistico od infettivo comprese le forme più gravi di otite esterna comune, fratture, carcinomi e patologie dell’articolazione temporo-mandibolare danno un quadro scintigrafico del tutto sovrapponibile a quello della OEM.
La diagnosi differenziale, oltre all’otite esterna semplice, comprende: colesteatoma, carcinoma epidermoide, tumori glomici, carcinoma del rinofaringe, cordomi del clivus, granulomatosi di Wegener, malattia di Hand-Schuller-Christian, granuloma eosinofilo, arterite temporale e policondrite ricorrente. Tutte le lesioni sopra citate possono presentarsi come polipi che occupano il CUE.
Terapia. La terapia si basa sull’impiego di antibiotici anti-pseudomonas, vale a dire: a)chinolonici antipseudomonas per os, generalmente ciprofloxacina o levofloxacina; b)aminoglicosidici antipseudomonas quali gentamicina, tobramicina, amikacina; c)penicilline antipseudomonas quali ticarcillina (o ticarcillina-clavulanato), piperacillina (o piperacillina-tazobactam)preferibilmente associate agli aminoglicosidici; d)cefalosporine antipseudomonas di 3° generazione quali ceftazidime o cefepime, preferibilmente associate ad aminoglicosidici; d)altri beta-lattamici per via endovenosa quali meropenem di prima scelta, od in alternativa imipenem ed aztreonam.
La terapia antibiotica deve essere protratta da un minimo di 6-8 settimane sino ai sei mesi. Nelle forme iniziali si utilizza generalmente un fluorchinolonico per os (es. ciprofloxacina alle dosi di 1000 o 1500 mg/die in 2 somministrazioni). La terapia antibiotica viene associata a regolare detersione del condotto uditivo esterno in otomicroscopia, lavaggi medicati ed antibiotico locale.
In conclusione, tutti i casi di otite esterna sostenuti da Pseudomonas in pazienti anziani, diabetici od immunocompromessi devono essere trattati come potenziali forme di otite esterna maligna. Il decorso dell’otite esterna maligna è inizialmente subdolo e se non adeguatamente trattata la malattia può avere prognosi infausta.
1.4.1.3 Forme su base iperproduttiva: tappo di cerume
e tappo epidermico
Tappo di cerume
Il tappo di cerume (impacted ear wax) è una delle più frequenti cause di richiesta medica e ORL. Può essere una frequente causa di ipoacusia specie negli anziani, negli infermi e nei disabili mentali (Fig. 1).
Eziologia. È conseguente all’ipersecrezione, o ad una modificazione delle componenti del secreto, delle ghiandole ceruminose e sebacee, presenti principalmente a livello della cute della porzione fibro-cartilaginea del CUE. L’accumulo di tali secrezioni cui si somma la presenza della disepitelizzazione della cute del cue, determina la formazione del tappo. La produzione del cerume è molto variabile sia come quantità sia come consistenza-colore; con l’età il cerume diventa più duro (in parte in conseguenza ad un aumento della secchezza della cute) e quindi più facilmente si va incontro alla formazione del “tappo”.
Epidemiologia. Tra il 2 e 6% della popolazione soffre di problemi conseguenti la formazione del tappo di cerume. In Gran Bretagna 2,3 milioni di persone soffrono di problemi conseguenti alla presenza di cerume e annualmente vengono eseguiti 4 milioni di lavaggi auricolari per rimuovere il cerume.
Fig. 1. Ostruzione pressoché completa del condotto uditivo esterno di destra da parte di cerume (orecchio destro) (da Ralli).
Clinica. Esistono due tipi di cerume, umido e secco. La massa ceruminosa è igroscopica; la penetrazione dell’acqua ne fa aumentare il volume provocando talora l’insorgenza di una ipoacusia “improvvisa”, spesso associata ad acufeni e/o ad autofonia.
Terapia. L’estrazione del tappo si esegue mediante lavaggio del CUE con apposito siringone o in aspirazione sotto guida microotoscopica.
Il lavaggio viene di solito effettuato utilizzando una grossa siringa, irrigando il CUE con acqua a 37° C. Il getto d’acqua va diretto di solito lungo la parete superiore del CUE, avendo cura di non occludere il CUE: il non rispetto di tali norme può essere causa di lacerazioni timpaniche. Dopo il lavaggio/aspirazione del cerume è buona norma medicare il condotto con antisettico e consigliare al paziente di non toccare/bagnare l’orecchio per almeno un giorno.
Particolare attenzione va posta nell’effettuare queste manovre nell’anziano per il facile sanguinamento della cute (soprattutto in casi di concomitante assunzione di farmaci anticoagulanti) e nei pazienti diabetici e immunocompromessi.
Innumerevoli sono i preparati in commercio a base di sostanze ceruminolitiche, ma non esiste alcun consenso scientifico sul loro beneficio.
Tappo epidermico
Deriva dall’accumulo delle squame epidermiche a livello del CUE; quest’ultime, disponendosi concentricamente, per sovrapposizione successiva, formano un tappo. Solitamente di colorito giallo-brunastro, sono discretamente aderenti alle pareti del CUE. Anche in questo caso, l’estrazione si esegue mediante lavaggio del CUE con apposito siringone o in aspirazione sotto guida microotoscopica.
1.4.1.4 Forme neoplastiche
1.4.1.4.1 Esostosi e osteomi del condotto uditivo esterno
Esostosi e osteomi sono spesso presenti contemporaneamente nello stesso paziente.
Definizione.
Esostosi. Neoformazioni ossee aggettanti nel CUE, derivate da una proliferazione iperplastica dell’osso compatto lamellare del condotto uditivo esterno, ricoperte da cute integra, che possono produrre stenosi del lume incompleta o completa (per lo più a livello della parete anteriore e posteriore). Possono essere multiple, bilaterali e simmetriche (Figg. 1 e 2).
Osteomi. Si tratta di formazioni localizzate, caratterizzate da proliferazione di tessuto oseeo amartomatoso (Fig. 3).
Epidemiologia.
Esostosi. Sono più frequenti nel sesso maschile; potenzialmente possono trovarsi in tutte le classi d’età, con una maggiore distribuzione al di sotto dei 50 anni. È stata riportata una maggiore incidenza in alcune popolazioni (Peruviani ed Australiani, in particolare).
Osteomi. Solitamente si sviluppano nella tarda adolescenza, e la maggior parte vengono diagnosticati tra la terza e la quarta decade, quando divengono sintomatici. Il sesso maschile è più colpito di quello femminile.
Eziopatogenesi.
Esostosi. Non è ancora stata definita; molto probabilmente multifattoriale per fattori intrinseci (razza, sesso, ereditarietà) ed estrinseci (irritazione fisica, meccanica e termica del condotto). È descritta un’associazione tra insorgenza di esostosi e immersioni in acqua fredda. Il carattere “familiare” di alcuni casi (sono state descritte famiglie con fino a 16 membri colpiti) potrebbe anche far pensare all’influenza di fattori genetici.
Fig. 1. Alcune esostosi e osteomi impegnano la parete superiore del CUE. La conformazione del CUE non consente di osservare nella sua interezza la membrana timpanica (orecchio sinistro) (da Ralli).
Fig. 2. Le esostosi compaiono oltre che sulla parete superiore del CUE anche sulla parete anteriore e posteriore, stenotizzando il cue; piccoli osteomi superiori. La membrana timpanica non è visibile (orecchio destro) (da Ralli).
Fig. 3. TC, sezione assiale. Voluminoso osteoma (freccia) che originando dal 1/3 esterno del CUE ostruisce quasi interamente il lume dello stesso.
Osteomi. Non è ancora stata definita, probabilmente originano dal periostio. Sono di frequente riscontro nel cranio e nelle ossa facciali. Relativamente all’osso temporale, prevalentemente si localizzano a livello del condotto uditivo interno, mentre rara è la localizzazione a livello del meato acustico interno.
Anatomia Patologica.
Esostosi. Macroscopicamente l’esostosi è caratterizzata dalla presenza di formazioni rotondeggianti a superficie liscia, ricoperte da un sottile strato di epitelio; per lo più si localizzano in corrispondenza del terzo interno del condotto uditivo esterno, in corrispondenza della parete postero-superiore. Talora l’intera parete anteriore e posteriore del condotto può risultare coinvolta per la confluenza di più lesioni esostotiche: ciò può predisporre una significativa riduzione del lume del condotto. Istologicamente tali lesioni derivano dalla proliferazione iperplastica dell’osso compatto lamellare.
Osteomi. Macroscopicamente gli osteomi appaiono come delle formazioni di dimensione varia prevalentemente sferica o ovalare a superficie liscia, ricoperte da un sottile strato di epitelio. Microscopicamente si tratta di formazioni di osso lamellare, e possono caratterizzarsi per un rivestimento esterno di tessuto osseo compatto e per una struttura ossea trabecolare all’interno.
Clinica.
Le esostosi e gli osteomi hanno decorso per lo più asintomatico o paucisintomatico, tanto che spesso se ne constata la presenza in occasione di una visita otoiatrica cui il paziente si sottopone per altri motivi. Possono tuttavia essere causa di flogosi del condotto. Si rendono manifeste solo quando raggiungono dimensioni tali da provocare ostruzione permanente del condotto uditivo esterno: il paziente avvertirà in tal caso ipoacusia e talvolta acufeni.
Terapia.
Il trattamento chirurgico è indicato se la patologia diventa sintomatica (otiti esterne recidivanti, stenosi del CUE subtotale, ecc.). La scelta circa la via d’accesso da seguire nell’asportazione (approccio endo-aurale vs retro-auricolare) è condizionata dalla morfologia dell’esostosi, dalla sua grandezza e dalla sede. L’approccio endo-aurale va riservato a quelle più laterali; nella maggior parte dei casi, essendo mediali, richiedono un intervento retro-auricolare che va eseguito da mani esperte (possibilità di traumi alla MT, alla catena ossiculare e all’orecchio interno, per trauma da rumore da fresatura).
1.4.1.4.2 Tumori dell’orecchio esterno
L’orecchio esterno può essere sede di neoplasie benigne: quelle di più comune osservazione sono gli angiomi, i fibromi e i condromi ed il nodulo doloroso dell’elice. Le neoplasie maligne più frequenti sono gli epiteliomi sia lo spinocellulare sia il basocellulare. I tumori del condotto uditivo esterno verranno trattati assieme a quelli dell’orecchio medio (v. cap. 1.4.2.6.2).
Angioma. L’angioma può localizzarsi a livello del padiglione o del CUE, e può essere congenito o acquisito. L’orecchio esterno può essere la localizzazione primitiva dell’angioma o può divenire sede di esso per estensione della neoplasia da strutture adiacenti (Fig. 1).
Fig. 1. Angioma del padiglione auricolare sinistro.
Di più frequente riscontro è l’angioma cavernoso, che si presenta come una tumefazione di colorito rossastro, a superficie spesso irregolare. La sintomatologia soggettiva è scarsa, il dolore, se compare, è in rapporto alla rapidità ed all’entità dell’accrescimento della lesione. L’ipoacusia è presente solo nei casi in cui la localizzazione a livello del CUE ne determini una stenosi.
La terapia è essenzialmente chirurgica e consiste nell’exeresi della neoplasia, eventualmente preceduta, soprattutto nelle forme localmente estese da un’embolizzazione vascolare selettiva.
Fibroma. Il fibroma è un tumore connettivale benigno che trova a livello del lobulo, solitamente, la sua più frequente localizzazione. I fibromi si presentano solitamente come tumefazioni di piccole dimensioni, sessili o peduncolate, di consistenza duro elastica, non dolenti, a lento accrescimento.
La terapia è chirurgica. Per i fibromi peduncolati può essere sufficiente recidere alla base la neoformazione e cauterizzare la sede d’impianto. L’exeresi dei fibromi sessili può essere invece pur nella sua semplicità un po’ più laboriosa.
Condroma. La localizzazione auricolare dei condriomi è rara. Tali neoplasie si osservano più spesso in corrispondenza del CUE. Si presentano solitamente come neoformazioni della grandezza di un alcuni mm, di forma tondeggiante e di consistenza duro-elastica.
Il condroma non da luogo a sintomatologia dolorosa ne ad altri sintomi di rilievo a meno che non si determini una stenosi del CUE con conseguente ipoacusia trasmissiva. L’exeresi chirurgica è l’unica terapia razionale (Fig. 2).
Nodulo doloroso dell’elice. Il nodulo doloroso dell’elice (di Darrier) ha sede elettiva nell’elice. Si presenta solitamente come una piccola formazione nodulare ricoperta da croste, la cui asportazione rileva una minima ulcerazione che si approfondì fino alla cartilagine. Clinicamente si caratterizza per la vivace sensazione dolorosa evocata dalla sua pressione, tanto da impedire al soggetto di dormire appoggiando quel lato della testa sul cuscino.
Epitelioma. I tumori epiteliali maligni più frequenti a localizzazione nell’orecchio esterno sono gli epiteliomi. Nell’ambito del padiglione le sedi più frequenti sono in ordine di frequenza: l’elice, la faccia interna del padiglione, l’antelice, la conca, il lobulo, il trago. Molto meno frequente è la localizzazione in corrispondenza del condotto uditivo. Tali neoplasie sono più frequenti nel sesso maschile (M:F = 2:1) e nella fascia d’età compresa tra 60 e 80 anni.
Fig. 2. Condroma dell’elice.
Numerosi fattori sono stati imputati di responsabilità più o meno diretta nell’insorgenza degli epiteliomi: la preesistenza di talune dermopatie, quali l’eczema o la psoriasi; le cicatrici da vecchie ustioni; fattori traumatici locali ripetuti (es. quelli provocati dalle stanghette degli occhiali); pregressa terapia radiante.
Macroscopicamente l’epitelioma può manifestarsi con aspetto ulcerativo, infiltrante e vegetante (Fig. 3). Le forme istologiche più frequenti sono: l’epitelioma spinocellulare ed il basocellulare. Di maggior incidenza il primo, che ha anche un’evoluzione più rapida, essendo dotato di maggiore invasività, locale e sistemica (maggiore possibilità di metastasi).
Solitamente all’inizio la neoplasia si manifesta sottoforma di un piccolo nodulo, ricoperto da cute liscia e sottile; tende presto ad ulcerarsi, trasformandosi quindi nella tipica lesione ulcerativa a fondo sanioso, a margini rilevati ed irregolari, non dolente o scarsamente dolente, ma facilmente sanguinante al toccamento.
Fig. 3. Carcinoma spinocellulare a padiglione.
Dal distretto di insorgenza il tumore per continuità tende ad infiltrare tutto il padiglione. Le presenza di adenopatie satelliti, quasi mai constatabili negli epiteliomi baso-cellulari è invece quanto mai frequente negli spino cellulari. I gruppi linfoghiandolari più frequentemente interessati sono quelli mastoidei, quelli superiori della catena della giugulare interna, meno spesso quelli pre-tragici. Le linfoadenopatie si presentano in genere come tumefazioni di dimensioni variabili, dure, indolenti. Nella fase conclamata dell’affezione la diagnosi non prospetta difficoltà; per le forme iniziali, attraverso l’esame bioptico, sarà possibile giungere ad una precisa definizione istopatologica. La terapia degli epiteliomi del padiglione auricolare è essenzialmente chirurgica. Nel caso di tumori circoscritti e di recente insorgenza si potrà far ricorso ad interventi parziali, con resezioni cuneiformi, che, oltre a consentire la completa exeresi del tumore, eviteranno peraltro gravi perdite di sostanza e/o deformazioni. Le neoplasie localmente molto estese andranno invece trattate mediante l’exeresi totale del padiglione; la necessità di effettuare anche uno svuotamento laterocervicale si impone in caso di presenza di linfoadenopatie metastatiche.
1.4.1.5 Corpi estranei auricolari
Definizione. I corpi estranei dell’orecchio esterno sono relativamente comuni in medicina d’urgenza. Vari oggetti possono essere trovati nel CUE, compresi giocattoli, perline, pietre, carta piegata, e materiali biologici come insetti o semi.
Epidemiologia. I corpi estranei auricolari sono visti più spesso, ma non esclusivamente nei bambini e sono segnalati come più frequenti rispetto a quelli nasali. La fascia d’età più colpita è in genere compresa tra 2 e 8 anni, le prime osservazioni si registrano a partire dai 9 mesi. Nel sesso maschile si registra la maggiore incidenza.
Classificazione. È possibile classificarli in: Animali, Vegetali o Minerali.
Vari tipi di insetti (in particolare formiche, zanzare, mosche, ecc.) sono di più frequente riscontro negli adulti (Fig. 1). In vecchie cavità di radicale, possono essere riscontrate anche larve di insetti.
Fig. 1. Esempio di corpo estraneo auricolare, formica adesa alla MT (da Ralli).
I corpi estranei di natura vegetale (fagiolini, lenticchie, carta, ecc.), di solito inducono una reazione infiammatoria locale che può rendere l’estrazione più problematica.
Minerali (perline, frammenti di gomma, chewingum, o piccoli oggetti di plastica, ecc.) sono di solito fra gli oggetti di più frequente riscontro in età pediatrica. Tra questi materiali vanno ricordati anche materiali di fusione (lavoratori durante le fusioni della plastica o metalli), cera (candele per la rimozione del cerume) e materiali per la preparazione delle chiocciole delle protesi.
Quadro Clinico. Può essere anche caratterizzato da assenza di sintomi. Tuttavia, il Paziente può lamentare otodinia, eventualmente associata ad ipoacusia od ovattamento auricolare, acufeni, e prurito locale.
All’obiettività otoscopica si può notare, oltre al corpo estraneo, otorragia, otorrea, segni locali di otite esterna diffusa associata. Talora si può apprezzare perforazione della membrana timpanica.
Diagnosi. Non presenta in genere difficoltà; è comunque spesso utile avvalersi del microscopio chirurgico, anche per poter procedere direttamente alle manovre di estrazione/rimozione.
Terapia. Nel caso si tratti di un insetto è raccomandabile prima della rimozione, l’impiego di olio minerale, lidocaina (2%) o crema EMLA, in moda da bloccarne i movimenti.
L’irrigazione è il metodo di rimozione più semplice, in particolare in caso di insetti, a condizione che la membrana timpanica non sia perforata. Tale metodica tuttavia non è raccomandabile nel caso di materia organica, in particolare semi, che possono gonfiarsi, se esposti all’acqua. In questi casi si può più efficacemente ricorrere all’aspirazione, oppure si può procedere mediante l’utilizzo di una piccola pinza. In letteratura è anche descritto il ricorso a colle per “agganciare” il corpo estraneo e poi estrarlo, così come a cateteri tipo Foley (V. anche Tab. I).
Il ricorso alla sedazione per effettuare tali manovre si rende necessario solo in caso di piccoli Pazienti scarsamente collaboranti.
Una particolare difficoltà può presentare la rimozione di corpi estranei “a stampo”, come quelli prima ricordati (materiali di fusione della plastica o metalli, cera e materiali per la preparazione delle chiocciole delle protesi) in particolare se il paziente presenta gli esiti un intervento chirurgico (cavità di “radicale”, TPL aperta). In questo ultimo caso può essere opportuno far precedere la rimozione uno studio TAC delle rocche (Fig. 2).
Dopo l’estrazione si raccomanda di controllare la cute del cue; nel caso in cui si evidenzi un’infezione o un’abrasione sarà utile il ricorso alla terapia antibiotica locale.
Tecnica
Vantaggi
Svantaggi
Irrigazione
Di facile e rapido utilizzo
Controindicata in caso di perforazioni
della MT o materiale vegetale
Aspirazione
Di facile impiego, per lo più
per piccoli oggetti
Si può ulteriormente spaventare il
bambino a causa del rumore
Strumenti
Facile impiego
Possibilità di lesionare la cute del CUE
Materiale colloso
Non traumatico
Adesione della colla alla cute del CUE,
evitare se si sospettano lesioni cutanee
Foley
Basso costo
Possibili lesioni della MT
Tab. I. Confronto fra diverse metodiche di rimozione dei corpi estranei auricolari.
Fig. 2. Tac rocche: materiale protesico per la preparazione della chiocciola in una cavità di radicale sinistra.
1.4.2 Malattie dell’orecchio medio
1.4.2.1 Forme traumatiche
1.4.2.1.1 Traumi a carico della membrana timpanica
Eziopatogenesi. Possono essere distinti in diretti ed indiretti.
I traumi diretti più frequenti sono quelli che il paziente involontariamente si provoca, spesso nel tentativo di rimuovere con mezzi incongrui del cerume dal condotto (es. cotton-fioc) o di lenire il prurito indotto da patologie del CUE. Se tali manovre vengono condotte in modo maldestro, possono produrre anche lesioni/lacerazioni a carico della MT.
I traumi indiretti sono invece conseguenti perlopiù a barotraumi, legati ad improvvise variazioni di pressione dell’aria presente nel CUE. Esempi di meccanismi di trauma timpanico da brusca compressione sono rappresentati da schiaffi, o tuffi, specie quando l’impatto con l’acqua avviene in corrispondenza della superficie laterale della faccia. I barotraumi più tipici rimangono comunque quelli che si verificano nei subacquei per errore di compensazione o nei viaggi in aereo a seguito di difettosa pressurizzazione o di brusca variazione della pressione (Figg. 1 e 2).
Clinica. La sintomatologia è rappresentata da otodinia, associata ad otorragia con ipoacusia. I traumi timpanici diretti o indiretti possono associarsi a lesione della catena ossiculare, soprattutto per dislocazione degli ossicini, o piccole fratture di quest’ultimi.
Diagnosi. È necessario, dopo aver provveduto ad una corretta indagine anamnestica, effettuare una valutazione otoscopia e/o otomicroscopica, provvedendo quindi ad un esame audiometrico tonale liminare.
Terapia. È necessario somministrare una terapia antibiotica per via generale, onde evitare che si sovrapponga un processo flogistico purulento acuto; occorre evitare che nell’orecchio penetri acqua ed è buona norma evitare ogni istillazione auricolare, specie con prodotti cortisonici, che potrebbero incidere negativamente sui processi riparativi locali timpanici. Se il meccanismo traumatico avesse provocato l’introflessione dei lembi della perforazione, è necessario, sotto controllo otomicroscopico (ed eventualmente in anestesia), il riposizionamento dei lembi stessi, sia per facilitare la chiusura della perforazione sia per evitare la formazione di un colesteatoma.
La riparazione timpanica spontanea può avvenire in un periodo vario (da alcune settimane ad alcuni mesi) a seconda delle dimensioni della lacerazione. Qualora dovesse invece permanere una perforazione residua, è necessario provvedere alla programmazione di una miringoplastica. È opportuno attendere per questo almeno 6 mesi.
Fig. 2. Perforazione post-traumatica dei quadranti inferiori della MT causata da percosse (orecchio sinistro) (da Ralli).
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio.
Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso.
Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva.
Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità.
L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate.
Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.