1.4.2.1.2 Traumi a carico dell’orecchio medio

1.4.2.1.2 Traumi a carico dell’orecchio medio

I traumi diretti dell’Orecchio Medio si instaurano con le stesse modalità di quelli a carico della MT; la frattura o la dislocazione della catena ossiculare più frequentemente avviene a carico del martello e dell’apofisi lunga dell’incudine. In caso di interruzione della catena a timpano chiuso può essere caratteristico ritrovare un timpanogramma di tipo “Ad” o a “gobba di cammello”. Traumi dell’orecchio medio possono verificarsi anche in corso di frattura dell’osso temporale; spesso il danno a carico dell’orecchio medio si associa a lesioni dell’orecchio interno e/o del nervo faciale (si veda cap. 1.4.3.2.2.4).

La presentazione clinica è del tutto simile a quella descritta per i traumi della MT (Fig. 1).


Fig. 1. Soffusione emorragica lungo li manico del martello, conseguente a barotrauma (orecchio sinistro) (da Ralli).

1.4.2.2 Forme flogistiche
1.4.2.2.1 Otite media acuta nel bambino

Definizione. In età pediatrica sono tipiche e particolarmente frequenti due entità patologiche distinte, vale a dire:

1) l’otite media acuta (OMA): infiammazione dell’orecchio medio di origine batterica che si accompagna a febbre ed otalgia (Fig. 1);

2) l’otite media effusiva (OME): infiammazione dell’orecchio medio con raccolta di liquido nella cavità dell’orecchio medio. Non vi sono segni di flogosi acuta e/o perforazioni della membrana timpanica (Fig. 2).


Motivo di preoccupazione per i genitori è tipicamente l’otite media acuta ricorrente (OMAR): 4 o più episodi di OMA negli ultimi 12 mesi, oppure 3 o più episodi negli ultimi 6 mesi.


Otite media acuta

Epidemiologia. È la più frequente infezione batterica nel bambino ed a questa età è la prima causa di prescrizione antibiotica e di consulenza pediatrica. L’OMA ha un massimo di incidenza tra 6 e gli 11 mesi di età (Fig. 3). A 3 anni dal 50% all’85% dei bambini ha sofferto di OMA. Circa 40% dei bambini più grandi hanno sofferto di 6 o più episodi di OMA. 


Fig. 1. OMA con membrana timpanica estroflessa ed iperemica (da Ralli).


Fig. 2. OME con membrana timpanica normale e trasparente attraverso la quale si osserva un versamento sieroso che occupa parzialmente l’orecchio medio formando bolle e livelli idro-aerei (da Ralli).


Dopo i 6 anni di età l’incidenza di OMA si riduce notevolmente. La prevalenza dell’OMAR si calcola attorno al 5-10% dei bambini con un’incidenza massima nel primo anno di vita (15-40%) (Alho, 1991; Daly, 1997; Kvaerner et al., 1997).

Eziopatogenesi. I principali germi patogeni sono lo Streptococcus pneumoniae (28%), l’Hemophilus influentiae (22%), lo Streptococcus pyogenes (14%) e la Moraxella catarrhalis (3%) (Marchisio et al., 2003).

L’OMA, ovvero la colonizzazione batterica della tuba e dell’orecchio medio è sempre preceduta da una colonizzazione virale, come dimostrato dalla correlazione tra epidemie virali ed otiti.


Fig. 3. Incidenza del primo episodio di OMA.


Fig. 4. Patogenesi dell’otite media acuta.


Il meccanismo patogenetico, riportato in Figura 4, è iniziato dalla colonizzazione virale e successivamente batterica delle prime vie. Le fasi successive comprendono una flogosi e risposta immune del rinofaringe e della tuba con conseguente alterazione della funzionalità tubarica. La disfunzione tubarica e l’aumentato consumo di O2 da parte della mucosa dell’OM provoca una pressione negativa nella cavità timpanica. Questo facilità la risalita di patogeni dal rinofaringe all’OM e la conseguente flogosi delle cavità dell’orecchio.

Tra i fattori di rischio possiamo distinguere (Tab. I):

1) fattori legati all’ospite: età, prematurità, predisposizione genetica, razza, allergie, immunocompetenza (deficit del sistema immunitario relativamente alle IgG1 e IgG2), precocità del primo episodio otitico (le recidive sono più frequenti nei bambini in cui il primo episodio infettivo dell’orecchio medio si sia verificato nei primi sei mesi di vita), anomalie cranio-facciali (l’incidenza di OME è del 97% nei bambini con palatoschisi non operati e del 70% nei bambini operati; sindrome di Down e s.Turner),


Legati all’ospite
Ambientali
Età
Frequenza dell’asilo
Prematurità
Fratelli
Predisposizione genetica
Infezioni delle alte vie
Razza
Stagionalità
Allergie
Fumo passivo
Immunocompetenza
Tipo di allattamento
Anomalie cranio-facciali
Basse condizioni socio-economiche

Uso del ciuccio


2) fattori ambientali: frequenza dell’asilo (più di 3 ore al giorno soprattutto in classi numerose), fratelli, infezioni delle alte vie, stagionalità, fumo passivo, allattamento artificiale, basse condizioni socio-economiche, uso prolungato del ciuccio nella giornata


Clinica e diagnosi. La sintomatologia è caratterizzata da: otalgia intensa con irritabilità, pianto inconsolabile, la mano frequentemente portata all’orecchio, temperatura corporea elevata e sintomi addominali quali vomito, diarrea, perdita dell’appetito. Nei giorni precedenti è frequente una rinite mucopurulenta e/o flogosi delle prime vie aereo-digestive. Si associano otorrea nel caso di perforazione timpanica, ipoacusia di tipo trasmissivo, autofonia, fullness auricolare. Più raramente acufeni e vertigini. Se l’OMA si complica con una perforazione la fuoriuscita del pus coincide solitamente con una riduzione o scomparsa dell’otalgia e della febbre. Febbre, otalgia, compromissione dello stato generale ed entità della flogosi all’otoscopia sono massimi per le forme da SBEGA e da S.pneumoniae, minori per quelle da Hemophilus e minime per le forme da Moraxella. L’otoscopia è in genere diagnostica. All’inizio l’OMA si manifesta con un timpano opaco e scomparsa del triangolo luminoso, iperemia perimalleolare (fase iperemia o di congestione); poi l’iperemia interessa tutta la membrana con ispessimento ed estroflessione (fase di essudazione). Nella fase di risoluzione si osserva un aspetto della membrana timpanica (M.T.) “a pelle di coccodrillo” (Fig. 5).

Storia naturale. L’otite media acuta evolve verso la guarigione spontanea nella maggior parte dei casi. Il miglioramento dei sintomi senza antibiotici a 24 ore è del 61% ed a 48-72 ore è dell’80%. La risoluzione clinica completa senza antibiotici è del 70% a 7-14 giorni. I patogeni batterici di otite media acuta possono eradicarsi spontaneamente: lo S.Pneumoniae nell’11%, l’H.Influenzae nel 50%, la M.Catarrhalis nel 90%. Anche l’incidenza di complicanze è maggiore per il Pneumococco e per lo Streptococco beta emolitico. Di questo bisogna tener conto nella scelta della terapia antibiotica: una possibile resistenza all’antibiotico da parte dell’Hemophilus o della Moraxella sono meno preoccupanti rispetto ad una possibile presenza di pneumococchi resistenti. La miringocentesi si rende necessaria raramente in caso di persistenza dell’essudato per un eventuale antibiogramma e terapia antibiotica mirata. Le forme protratte e recidivanti sono una conseguenza della terapia medica inadeguata e/o insufficiente, o della colonizzazione del rinofaringe da parte di germi che hanno sviluppato resistenze multiple (ad esempio, per uso indiscriminato di antibiotici locali per via nasale).


Fig. 5. Aspetto otoscopico di OMA: (a) fase di iperemia della membrana timpanica; (b) fase di essudazione con marcata estroflessione della membrana timpanica; (c) fase di risoluzione con membrana timpanica “a pelle di coccodrillo” (da Ralli).


Terapia. La terapia dell’OMA prevede la somministrazione di antidolorifici a dosaggio adeguato per via sistemica (paracetamolo o ibuprofene). Nei bambini sopra i 3 anni è accettabile la somministrazione topica di soluzioni analgesiche (lidocaina 2%) in soluzione acquosa, in aggiunta alla terapia antalgica sistemica, nelle prime 24 ore dalla diagnosi di OMA con otalgia da moderata a severa, in assenza di perforazione timpanica (linee guida Società Italiana di Pediatria, 2009).

La terapia antibiotica raccomandata (Società Italiana di Pediatria, 2009) è riportata in Tabella II.

La durata della terapia deve essere di 10 giorni in bambini a rischio di evoluzione sfavorevole (< 2 anni, con storia di ricorrenza, con otorrea spontanea). È possibile una terapia breve di 5 giorni in bambini < 2 anni, senza fattori di rischio. In caso di fallimento per antibiotico-resistenza si rende necessaria la paracentesi evacuativa ed un antibiogramma.
Non esistono conferme basate sull’evidenza, sull’efficacia delle terapie locali: decongestionanti nasali, antinfiammatori steroidei e mucolitici per via aerosolica hanno dimostrato un’efficacia non superiore al placebo. Solo il cortisone per via orale o sistemica, se associato all’antibiotico, ridurrebbe in modo significativo i tempi di risoluzione della sintomatologia Allo stesso modo non esistono evidenze sull’utilità dei vaccini anticatarrali (lisati batterici) e della crenoterapia (cure termali) nella prevenzione delle recidive.

L’attesa vigile (“Observation Option”) è la pratica di tenere il paziente in osservazione somministrando solo analgesici per 72 ore dall’inizio dell’OMA. Se i sintomi migliorano l’ATB non viene somministrato. L’attesa vigile è un’opzione che deve essere valutata nel singolo caso, condivisa dai genitori ed applicata solo nel caso in cui sia garantita la possibilità di follow-up (telefonico e/o clinico) a distanza di 48 ore. A vantaggio della terapia antibiotica sin dal momento della diagnosi vi sono: riduzione dell’otalgia e dei sintomi di malattia sistemica, riduzione delle complicanze suppurative nei bambini non adeguatamente controllati, riduzione della frequenza di OME a 12 settimane, riduzione del 43% del rischio di OMA controlaterale (Tab. III).

A favore dell’attesa vigile vi sono: storia naturale favorevole nei bambini > 3 anni non a rischio, non aumento delle complicanze se vi è un controllo adeguato (genitori sicuramente affidabili e collaboranti), minor spesa farmaceutica, minor aumento delle resistenze batteriche nella popolazione generale, nel rinofaringe non aumento dei pneumococchi Pen R e non riduzione dei germi protettori (Streptococco α emolitico).

Fattori rilevanti nella scelta delle opzioni terapeutiche sono:

Età: i bambini < 3 anni hanno una maggior incidenza di fallimenti terapeutici e di complicanze suppurative, rispetto ai bambini più grandi. Palatoschisi, anomalie craniofacciali, s. Down, infezione da HIV, impianto cocleare rappresentano fattori di rischio per complicanze e richiedono terapia antibiotica sin dalla diagnosi. Nella scelta dell’antibiotico va inoltre considerato che la frequenza dei pneumococchi Pen R e dei gram-negativi β lattamasi produttori è maggiore in: bambini < 2 anni, bambini che frequentano l’asilo, bambini con otiti ricorrenti, trattamento antibiotico nei 30 giorni precedenti.
Pertanto, la terapia antibiotica deve essere iniziata subito e deve essere protratta per 10 giorni, nei bambini < 2 anni, oppure nei bambini > 2 anni se:

1) otite complicata (perforazione M.T., tubicini di ventilazione)

2) complicanze intracraniche


Diagnosi certa
Lateralità
Bilaterale
Monolaterale
Severità sintomi
Grave
lieve
grave
lieve
Età< 6m
AB AB
AB
AB
Età 6 - 24 m
AB AB
AB
AV
Età > 24 m
AB AV
AV
AV
AB = antibiotico immediato; AV = attesa vigile; * no otorrea, no ricorrenza recente, no complicanze.

Tab. III. Linee guida italiane - 2009 - OMA non complicata.*


3) immunodepressione

4) anamnesi positiva per OMA o OME recente

5) recente terapia antibiotica

6) recente profilassi antibiotica

7) scarsa possibilità di controllo medico.


Profilassi. Nel bambino con otiti ricorrenti si può intraprendere una prevenzione attraverso: 1) la riduzione dei fattori di rischio ambientali, in particolare riducendo la frequenza all’asilo soprattutto negli ultimi mesi invernali; 2) una terapia antibiotica a basso dosaggio, generalmente amoxicillina alle dosi di 20 mg/Kg/die per il periodo invernale; 3) una immunoterapia con vaccino antipneumococcico, anti Hemophylus influenzae ed anti-influenzale.

1.4.2.2.2 Otite media effusiva a timpano chiuso (glue ear)

L’otite effusiva (cosiddetta otite catarrale, otite sierosa, otite tubarica) può essere distinta in base al tipo di essudato presente in orecchio medio in: otite sierosa, siero-mucosa, mucoide. Nelle forme croniche il versamento diviene particolarmente denso e di colorito scuro, brunastro o bluastro: si definiscono queste forme come “glue-ear” o “timpano blu” (Fig. 1).

Epidemiologia. La prevalenza dell’OME è difficile da valutare per la scarsa sintomatologia in questi bambini. Si ritiene tuttavia che a 3 anni di età tutti i bambini abbiano avuto almeno un episodio di OME. Nella stagione invernale sino al 30% dei bambini che frequentano la scuola materna possono soffrire di OME persistente per diversi mesi.

Eziopatogenesi. L’otite effusiva può: a) svilupparsi direttamente da un’infezione delle vie aeree superiori, b) rappresentare la comune evoluzione naturale di un’OMA (l’essudato purulento si trasforma in essudato sterile sempre meno corpuscolato), c) essere la conseguenza di un barotrauma od in genere di un’alterazione dell’omeostasi pressoria dell’O.M. (vedi capitolo sulla funzionalità tubarica). La rinite allergica è sicuramente un fattore predisponente all’insorgenza di OME, mentre solo raramente una malattia allergica può essere causa diretta di OME.


Fig. 1. (a) Otite mucoide cronica: evidente il colorito bluastro e la retrazione della M.T., che si adagia sull’incudine e sul capitello della staffa. Nei quadranti anteriori evidenti chiazze sclero-calcifiche; (b) versamento endotimpanico con livello idro-aereo (da Ralli).


APPROFONDIMENTO


Fattori di rischio

Età:

Prematurità: sembra esservi un maggior rischio di OME nei nati prematuri.

Sesso: la maggior parte degli studi escludono una differenza nell’incidenza e durata dell’OME e dell’OMA tra i due sessi, mentre altri riportano invece nei maschi una maggior incidenza di OMA ed una maggior tendenza alla persistenza dell’OME.

Palatoschisi: la schisi sottomucosa del palato ha un’incidenza dello 0.05% e può essere una causa di otiti ricorrenti. L’incidenza di OME è del 97% nei bambini con palatoschisi non operati e nel 70% dei bambini operati. Otiti e perdita uditiva hanno una prevalenza massima tra i 4 ed i 6 anni, tuttavia i disturbi persistono per molti anni e solo dopo i 12 anni tendono a risolversi spontaneamente. Anche l’incidenza di colesteatoma nei bambini con palatoschisi è del 2,6-9,2% (vs. 0,0047-0,0092 nella popolazione normale). L’apposizione di drenaggi trans-timpanici non riduce a lungo termine l’incidenza di sequele ed ipoacusia in questi bambini.

Anomalie cranio-facciali: l’otite media è frequente nei bambini con malformazioni cranio-facciali. Nella sindrome di CHARGE il 100% dei pazienti soffrono di OME ricorrente la perdita uditiva è presente nel 77% dei casi. Nel 32% dei casi l’ipoacusia è trasmissiva o mista e non è attribuibile solo a malformazioni dell’orecchio.

Genetica: i bambini Down dimostrano sia una ridotta funzione tubarica attiva, che una bassa resistenza passiva. Nella s. di Turner la prevalenza di ipoacusia trasmissiva è del 42.8%, da otite acuta nel 33.3%, da otite cronica nel 9.5%. Valgono poi le considerazioni fatte per l’otite media acuta.

Stagionalità: l’incidenza di OME è maggiore nei mesi invernali ed inferiore nei mesi caldi.

Frequenza all’asilo: i bambini che frequentano l’asilo hanno una probabilità di ammalarsi di OME persistente 2,6 volte maggiore rispetto ai bambini seguiti a casa.

Famiglie con più fratelli: i primogeniti hanno un minor rischio di ammalarsi di OMA ed una minor durata globale di OME nei primi 2 anni di vita rispetto ai bambini con fratelli maggiori.

Fumo passivo: alcuni AA. hanno misurato la cotinina (metabolita della nicotina) nella saliva dei bambini e correlato la sua concentrazione con la frequenza di OME oltre che con l’età di insorgenza della prima OMA.

Uso del ciuccio: il ciuccio sembrerebbe aumentare il rischio di OME ed OMA nei bambini sotto i 3 anni.



Diagnosi. La diagnosi dell’otite media effusiva spesso non è semplice dato che soltanto una minoranza dei bambini lamenta deficit uditivo, e rari sono i casi in cui si associa otalgia o acufeni/disequilibrio.

L’esame obiettivo otoscopico classicamente mette in evidenza la presenza di un versamento endotimpanico di colore giallo-arancio; a volte sono presenti livelli idro-aerei (versamento incompleto) e una retrazione della MT.

L’audiometria tonale liminare può rilevare una differenza di soglia tra la via aerea e ossea > 20 dB HL, mentre l’esame impedenzometrico una curva di tipo B-C. I dati della Letteratura dimostrano che il timpanogramma tipo B ha una sensibilità pari all81% ed una specificità pari al 74% nell’individuare la presenza di versamento endotimpanico.

Alcuni studi hanno accertato che un’OME che persista per mesi o anni prima dell’età scolare può essere anche causa di disturbi dell’acquisizione del linguaggio, della sfera emotiva e dell’apprendimento nei bambini, di qui la necessità di un adeguato trattamento.

Oltre al problema dell’ipoacusia trasmissiva, un altro importante aspetto sono le conseguenze dell’OME.

Anatomia patologica. In corso di OME, la mucosa dell’orecchio medio presenta le seguenti alterazioni: congestione vascolare, edema, infiltrazione leucocitaria della sottomucosa, metaplasia in senso ghiandolare. Il versamento può essere fluido sieroso, ma spesso è colloso-denso di colore giallastro (glue ear = colla dell’orecchio); talora bluastro, ematico (timpano blu idiopatico).

Terapia. L’otite effusiva richiede una terapia solo nelle forme croniche al fine di prevenire i possibili danni strutturali della membrana timpanica, vale a dire le cosiddette patologie da retrazione ed evitare che si instaurino alterazioni metaplasiche della mucosa dell’orecchio medio.

Nel bambino l’adenoidectomia è in grado di migliorare la durata e la ricorrenza delle otiti effusive in quanto riduce la colonizzazione virale e batterica del rinofaringe. Al contrario non sembra avere un effetto diretto sulla funzionalità tubarica.

Il drenaggio trans-timpanico permette l’immediato recupero dell’ipoacusia trasmissiva, ma non sembra migliorare a lungo termine la storia naturale dell’otite effusiva ed in particolare è scarsamente efficace sulla prevenzione delle patologie da retrazione. L’applicazione ripetuta di drenaggi trans-timpanici, ad esempio nei bambini operati di palatoschisi, sembra addirittura aumentare il rischio di sequele tardive da OME (Fig. 2).

Indicazioni per la terapia chirurgica dell’OME (miringotomia con apposizione di drenaggio trans-timpanico ed eventuale adenoidectomia) sono quindi:

1) OME bilaterale di durata ≥ 3 mesi, soprattutto se sintomatica (otalgia, ipoacusia, acufeni, disequilibrio);

2) OME monolaterale di durata ≥ 6 mesi soprattutto se sintomatica;

3) OME con danni strutturali alla membrana timpanica od orecchio medio;

4) OME ricorrente o persistente in bambini a rischio, indipendentemente dai sintomi.


La OME è un’entità patologica che necessita di un adeguato ed attento follow-up anche per scongiurare l’insorgenza di alcune sequele (perforazione, tasche di retrazione, atrofia e/o sclerosi della membrana timpanica).

Il problema dell’OME nell’adulto è per certi versi più complesso. Pur essendo un quadro molto meno frequente che nel bambino, non è di certo di raro riscontro nella pratica clinica quotidiana anche nell’adulto. Le cause possibili sono:

– reflusso gastro-esofageo;

– rinite allergica, allergie;

– barotrauma;

– neoplasie del rinofaringe;

– micosi del rinofaringe;

– intubazione endotracheale prolungata (> 7gg) (pz in tp intensiva).


Fig. 2. Drenaggio trans-timpanico in situ.


Nell’adulto quindi, e non solo nelle forme monolaterali, le indagini comprendono una rinoscopia anteriore e posteriore con fibre ottiche e un controllo neuroradiologico (TAC e/o RM base cranio).

1.4.2.2.3 Otite media cronica non-colesteatomatosa

Definizione. Quadro clinico caratterizzato da un’infezione cronica dell’orecchio medio (tuba, cavo del timpano, mastoide), in presenza di una perforazione persistente della membrana timpanica (da almeno 2 mesi), con otorrea a carattere intermittente o continuo (Fig. 1).

Epidemiologia. L’otite media cronica non colesteatomatosa (OMCNC) è più diffusa soprattutto tra le classi sociali meno abbienti nei paesi “industrializzati”. La prevalenza è attorno allo 0,09%. Rappresenta circa il 60-80% delle patologie dell’orecchio medio nei paesi in via di sviluppo. Nella popolazione indigena Australiana si stima un’incidenza pari al 66%.

Condizioni “favorenti” lo sviluppo di tali affezioni si possono distinguere in generali (es diabete) e locali (es adenoiditi, rinosinusiti recidivanti in particolare di tipo allergico-iperplastico).

Eziopatogenesi. L’OMCNC rappresenta per lo più la complicanza di un’otite media, soprattutto nel caso dei bambini di condizione socioeconomica bassa. Di solito si presenta entro in primi 5 anni di vita.

In presenza di una perforazione persistente della MT la flogosi può svilupparsi a seguito della contaminazione di germi provenienti dal CUE. La flogosi attiva della mucosa dell’orecchio medio può produrre infiltrazione di cellule infiammatorie nella sottomucosa con conseguente edema; se l’infezione persiste, si può verificare metaplasia dell’epitelio colonnare in epitelio cuboidale con proliferazione di capillari (Figg. 2-4). Tale situazione può indurre lo sviluppo di tessuto di granulazione, polipi ed osteite. Il persistere e la progressione della flogosi locale in caso di OMCNC può condurre a mastoidite, distruzione della catena ossiculare, colesteatoma.


Fig. 1. Otite media cronica a timpano aperto -OMCNC semplice- (perforazione centrale dei quadranti posteriori). La membrana residua è interessata da timpanosclerosi (orecchio sinistro) (da Ralli).


Dal punto di vista microbiologico, i germi più frequentemente responsabili di tale processo sono aerobi, sebbene non sia infrequente poter isolare anche anaerobi come Pseudomonas Aeruginosa. È stata descritta in alcuni casi la formazione, da parte delle colonie batteriche di “biofilms” in corrispondenza della superficie mucosa; ciò può ridurre l’efficacia della terapia antibiotica sistemica e locale.

Clinica. Si possono distinguere almeno due forme: l’OMCNC semplice e quella granulomatosa.

La prima è caratterizzata otoscopicamente da una perforazione per lo più unica, di dimensioni variabili, spesso a sede centrale e dei quadranti inferiori. I margini della perforazione possono assumere talvolta aspetto granuleggiante. L’otorrea non ha sempre aspetto purulento, potendo spesso assumere carattere mucoso o muco-purulento. Soggettivamente il paziente non avverte dolore; lamenta ipoacusia, associata alla necessità di pulire frequentemente il condotto, bagnato da essudato. La comparsa di otodinia si verifica di solito in fase di riacutizzazione del processo otitico cronico.


Fig. 2. Polipo dell’orecchio medio con evidente metaplasia ghiandolare.


Fig. 3. Polipo dell’orecchio medio con evidente metaplasia squamosa.


Fig. 4. Forte positività per le citiocheratine (AE/1 anticorpi monoclonali) in una struttura ghiandolare. Immunoperossidasi, anti-citocheartine, 20%).


In alcuni casi si può verificare la formazione di tessuto di granulazione (OMCNC granulomatosa), che spesso origina dai margini della perforazione o dalla parete mediale del cavo del timpano. Tale tessuto può talora divenire esuberante ed aggettare nel condotto uditivo esterno. Si accompagna spesso ad otorrea persistente.

Diagnosi. Oltre all’anamnesi accurata è necessario sottoporre il paziente ad attenta valutazione otoscopia/otomicroscopica. È spesso necessario ricorrere ad una valutazione TC delle rocche petrose, soprattutto per escludere la presenza di fenomeni erosivi ossei e/o colesteatoma.

Terapia. La terapia medica consiste nella detersione dell’essudato e nell’istillazione locale di soluzioni alcoliche (es alcool salicilico) o borico o mediante delicati lavaggi tiepidi con soluzioni acide (per es. acido acetico o borico al 2%). Si possono anche impiegare, secondo le necessità e magari dopo esecuzione di un antibiogramma sul secreto auricolare, soluzioni a base di antibiotici. La terapia antibiotica per via generale si può associare nelle forme più severe.

La terapia chirurgica (miringoplastica semplice o timpanoplastica) dovrà essere presa in considerazione quando la perforazione timpanica persiste almeno da più di 6 mesi. Obiettivi della terapia chirurgica sono il ripristino dell’integrità della MT, prevenendo l’evoluzione verso il colesteatoma ed il risanamento della patologia. Non va dimenticato di prestare attenzione al quadro patologico rinosinusale che spesso è alla base della patologia otologica.

1.4.2.2.4 Otite media cronica colesteatomatosa

Definizione. Rappresenta una patologia infiammatoria cronica determinata da una proliferazione epidermica all’interno delle cavità dell’orecchio medio, caratterizzata dalla proprietà desquamativa in superficie e dalla lisi ossea in profondità (skin in the wrong place).

Considerata nell’800 una patologia neoplastica, venne in seguito (1923) descritta come una lesione infiammatoria al cui interno è riconoscibile un centro amorfo, fatto di squame epidermiche accumulate, provvista da una matrice periferica costituita da epitelio pavimentoso cheratinizzante, poggiante su tessuto connettivo (perimatrice di Schwartz), sede della reazione infiammatoria.

Epidemiologia. Rappresenta circa un terzo delle otiti croniche a timpano aperto, può presentarsi a qualsiasi età, la bilateralità (13%) come la familiarità non sono eccezionali. La prevalenza è attorno allo 0,06%.

Eziopatogenesi. Classicamente le teorie eziopatogenetiche descritte per la comparsa del colesteatoma “acquisito” o “secondario”, distinto dal colesteatoma “congenito” (Fig. 1), sono:

1) metaplasia della mucosa dell’orecchio medio per infiammazione (Von Troltsch,1864), non confermata dagli studi clinici e sperimentali;

2) migrazione della cute al fondo del CUE, attraverso una perforazione marginale della MT: questa migrazione “atipica”, che avviene in direzione centripeta opposta a quella fisiologica centrifuga, richiede un’assenza dell’annulus e un’osteite dell’osso timpanico ed è stata dimostrata da studi sperimentali;

3) iperplasia papillare e invasione epiteliale: proposta da Ruedi (1929) descrive una proliferazione epiteliale dello strato basale (formazione di pseudopodi), con invasione del connettivo sottostante;

4) tasca di retrazione e invaginazione timpanica: nel 1891 Bezold introdusse il concetto della “tasca di retrazione” a livello dell’attico, sviluppato in seguito accanto alle nozioni di “depressione” negativa nella cassa timpanica. Gli studi sulla disfunzione tubarica per cause meccaniche sono stati integrati dagli studi relativi agli scambi gassosi tra la mucosa dell’orecchio medio e la cavità timpanica (Sadé,1991). Sotto l’effetto prolungato di una flogosi persistente unita a una cronica depressione negativa endotimpanica, la tasca di retrazione epitimpanica o postero-superiore della pars tensa, si invagina mettendosi in contatto con l’osso dell’articolazione incudo-stapediale, della parete mediale della cassa, della testa del martello. Si realizza così una sinfisi infiammatoria epidermide-connettivo-osso: la elevata concentrazione di ialuronidasi a livello della pars flaccida determina una zona di maggiore fragilità a questo livello, più esposta al rischio di sviluppo di una tasca di retrazione con potenziale evoluzione colesteatomatosa;


Fig. 1. Possibili mecanismi eziopatogenetici del colesteatoma.


5) combinazione delle precedenti, ovvero teoria multifattoriale: attualmente il colesteatoma può essere considerato una malattia infiammatoria dell’orecchio medio associata a una disfunzione immunologica, congenita o acquisita, delle cellule epidermiche del fondo del CUE.


Anatomia patologica. La forma classica, per lo più nell’adulto, occupa la regione dell’attico sotto forma di una ”cisti” epidermica di colorito biancastro, di dimensioni variabili, la cui incisione mette in evidenza una cavità contenente un materiale sieroso brunastro, talvolta infetto, con ammassi di squame epidermiche. La matrice è più o meno (forma infiltrante) facilmente scollabile dal piano osseo sottostante, dal quale è separato da uno strato mucoso.

Il colesteatoma a timpano chiuso, congenito o primitivo (Fig. 2), risulta dalla persistenza di inclusioni ectodermiche sviluppatesi durante la vita embrionaria; la sua frequenza è dell’1-4% rispetto alle forme acquisite, in progressivo aumento secondo i dati della letteratura, per miglioramento dell’accuratezza diagnostica in presenza di deficit uditivi in età pediatrica e maggiore prevenzione delle sequele dell’otite media sierosa, dellatelectasia della MT (indicazione all’apposizione di drenaggio trans-timpanico, chirurgia di rinforzo della MT).


Fig. 2. Colesteatoma congenito: immagine in micro-otoscopia a timpano integro (da Ralli).


La sua localizzazione più frequente è a livello atticale o meso-timpanico anteriore verso il pro-timpano, visibile in otoscopia-microtoscopia sotto forma di immagine biancastra tondeggiante, generalmente dietro a una MT integra. Nell’80% dei casi sono descritti fenomeni infettivi acuti; la diagnosi clinica è integrata dai dati radiologici ottenuti mediante TC ad alta risoluzione. Non è attualmente ritenuto che la forma infantile sia più aggressiva della forma dell’adulto né che essa sia caratterizzata da una maggiore incidenza di complicanze (fistola labirintica, paresi faciale) e/o di lisi ossiculare (88% nel bambino, 84% nell’adulto).

La lisi ossea tipica del colesteatoma è mediata dal riassorbimento infiammatorio del collagene della corticale ossea: studi in vitro (Yoon, 2001) hanno dimostrato che alcune molecole in grado di inibire il riassorbimento osseo e utilizzate nel morbo di Paget (pamidronato) hanno un ruolo preventivo nei confronti della lisi ossea e potrebbero quindi trovare un’applicazione clinica in un prossimo futuro.

L’estensione del colesteatoma a partenza dalla pars flaccida si può avere in direzione posteriore, verso la mastoide; in direzione inferiore, verso il mesotimpano posteriore coinvolgendo la regione delle finestre e il recesso faciale; in direzione anteriore, verso l’epitimpano anteriore e la fossetta sovra-tubarica; in direzione laterale, a coinvolgere l’epitimpano laterale.

Il colesteatoma a partenza dalla pars tensa è di solito espressione di un’otite adesiva con severa atelectasia della cassa timpanica.

Il grado di pneumatizzazione mastoidea è stato messo in relazione con la comparsa di un colesteatoma: in particolare è stata da molti Autori segnalata la sua frequente associazione con una mastoide eburnea, poco pneumatizzata (Sadé, Luntz).

L’aspetto istologico (Fig. 3) del colesteatoma, studiato con microscopia ottica ed elettronica, è sostanzialmente univoco. La matrice è formata da uno strato connettivale con infiltrato infiammatorio e da un epitelio malpighiano pluristratificato cheratinizzante, privo di papille e annessi; il centro amorfo è formato dall’accumulo di cheratina delle cellule cornee morte. Alla desquamazione superficiale corrisponde, in profondità, una iperproliferazione delle cellule dello strato basale.


Fig. 3. Aspetti istologici del colesteatoma: (a) epitelio spinoso ortocheratosico e lamelle di cheratina; (b) materiale necrotico con cristalli di colesterolo.


Quadro clinico. La storia clinica è generalmente caratterizzata da episodi di otorrea fetida intermittente o continua, di tipo purulento, più o meno abbondante. Talvolta l’anamnesi remota è indicativa della presenza di precedenti otitici nell’infanzia, a cui è seguito un periodo più o meno lungo di quiescenza della sintomatologia. Oltre all’otorrea si segnala la presenza di saltuaria otorragia, ipoacusia ingravescente, sebbene non siano eccezionali i casi accompagnati da normoacusia (effetto “columella” del colesteatoma), acufeni.

Non trascurabili sono infine i casi ad esordio clinico con una complicanza: a) locale endo-temporale, episodi di intensa vertigine rotatoria di breve durata per presenza di una “fistola labirintica” a carico del canale semicircolare laterale, paralisi faciale; b) endocranica,meningite otogena, ascesso cerebrale.

Diagnosi. Si basa in primo luogo sull’esecuzione di un attento esame clinico otoscopico e micro-otoscopico, dopo pulizia del fondo del CUE. Si evidenzia una perforazione marginale, di dimensioni variabili, a livello della pars flaccida o del settore postero-superiore della pars tensa, con segni di lisi del muro atticale (“muro della loggetta”), con materiale di desquamazione epidermica di colore biancastro (Fig. 4). Talvolta questi aspetti sono mascherati dalla presenza di un polipo “sentinella”, facilmente sanguinante.

Un esame batteriologico dell’otorrea mette in evidenza la presenza di patogeni quali lo pseudomonas aeruginosa, lo stafilococco aureo, il proteus o germi anaerobi: la presenza di questi germi è spesso responsabile della formazione di un biofilm particolarmente resistente alla terapia antibiotica.

L’esame audiometrico evidenzia, nella maggior parte dei casi, un’ipoacusia trasmissiva dovuta alla lisi ossiculare; può essere talora presente un’ipoacusia mista.

L’imaging si avvale di studio TC ad alta risoluzione con scansioni assiali e coronali, allo scopo di permettere la corretta definizione spaziale della lesione, l’interessamento di sedi male valutabili pre-operatoriamente (recesso faciale), l’esistenza di complicanze locali e/o endocraniche. I quadri TC variano a seconda della sede di origine della lesione:


Fig. 4. Colesteatoma dell’attico: (a) ampia perforazione marginale con presenza di masse cheratiniche (orecchio destro); (b) colesteatoma dell’attico con ampia demolizione ossea (orecchio sinistro).



– colesteatoma della pars flaccida: può determinare erosione della parete laterale dell’epitimpano, erosione della catena ossiculare o sua dislocazione mediale;

– colesteatoma della pars tensa: determina erosione della parete laterale dell’epitimpano, dell’apofisi lunga dell’incudine. Si può inoltre avere erosione del CSL, del tegmen tympani (Fig. 5), del secondo tratto del canale del faciale.


L’estensione del colesteatoma verso l’antro determina allargamento dell’aditus ad antrum con erosione concentrica delle pareti antrali (aspetto “molato”).

Anche nel caso del colesteatoma congenito, la TC è di particolare ausilio diagnostico (Fig. 6). La RM nelle sequenze in diffusione consente di differenziare il colesteatoma (“iper-segnale”) dal tessuto fibroso, infiammatorio e dal granuloma colesterinico, nel follow-up post chirurgico. Nelle sequenze T1, T1 con gadolinio si osserva assenza di presa di contrasto del colesteatoma (Fig. 7). Il limite della RM dipende dalla risoluzione (3mm) e dai possibili artefatti nelle sequenze in diffusione. La RM è di particolare ausilio nel sospetto di una fistola labirintica (echo t2 o fast spin echo).


Fig. 6. Scansione TC assiale di colesteatoma intratimpanico.


Fig. 7. Immagini di RM in diffusione (a) e senza m.d.c, (b) che rivelano la presenza di un colesteatoma.


Fig. 8. Immagine macroscopica di colesteatoma dopo rimozione.


Trattamento. La terapia dell’otite media cronica colesteatomatosa comporta il raggiungimento di 2 obbiettivi:

1) eradicazione della patologia infiammatoria da tutte le cavità dell’orecchio medio;

2) prevenzione della recidiva.

L’accesso chirurgico per via endoaurale è indicato solo nelle forme molto limitate della patologia. Nella maggior parte dei casi si utilizza la via retro-auricolare che consente un approccio combinato trans-mastoideo ed endoaurale. Il mantenimento piuttosto che la fresatura della parete posteriore del CUE determinano la scelta terapeutica tra la “ tecnica chiusa” e la “tecnica aperta” di timpanoplastica; dopo la eradicazione della patologia infiammatoria (Fig. 8) è necessario provvedere alla ricostruzione della membrana timpanica, utilizzando un lembo di fascia del muscolo temporale o di pericondrio del trago. La ricostruzione della trasmissione ossiculare (tempo funzionale) è in genere ottenuta nel corso di un secondo intervento chirurgico, programmato a distanza di 12-18 mesi, a condizione che le cavità chirurgiche dell’orecchio medio non presentino segni di recidiva della patologia: a questo riguardo, è necessario provvedere, dopo il primo intervento, a un rigoroso follow-up mediante controlli micro-otoscopici periodici.

1.4.2.3 Reliquati delle otiti
1.4.2.3.1 Perforazione timpanica semplice

Definizione. La perforazione timpanica semplice definisce una comunicazione patologica tra l’orecchio esterno e l’orecchio medio, distinta dall’atrofia dello strato fibroso della MT e dalla retrazione patologica circoscritta della MT (tasca di retrazione).

Eziopatogenesi. Nell’ambito dell’otite media cronica, più fattori concorrono alla persistenza di una perforazione timpanica: l’atrofia della lamina propria, la persistenza dell’infezione e della flogosi, modificazioni della mucosa indotte da una precedente depressione endotimpanica cronica. Le perforazioni traumatiche più spesso interessano il quadrante postero-inferiore della membrana, in quanto più direttamente accessibile dall’esterno, e meno resistente ai carichi pressori. La guarigione, se la perforazione non si sovra-infetta, di solito avviene spontaneamente.

La verosimile carenza di fattori promotori della riparazione timpanica, in particolare di citochine quali lEpidermal Growth Factor (EGF) e il Basic Fibroblastic Growth Factor (bFGF), è responsabile della persistenza della perforazione.

Anatomia patologica. Classicamente le perforazioni timpaniche si distinguono in:

1) perforazioni non marginali della pars tensa, denominate anche centrali o para-centrali, separate dall’annulus timpanico da un residuo della MT, più o meno ampie;

2) perforazioni marginali, situate alla periferia della MT, nella maggior parte dei casi localizzate a livello del quadrante postero-superiore della pars tensa o a livello della pars flaccida. Le perforazioni marginali si accompagnano a un maggiore rischio di migrazione epidermica all’interno dell’orecchio medio, con la conseguente comparsa di un colesteatoma.


L’evoluzione di una perforazione timpanica è variabile, potendosi osservare casi di riparazione spontanea anche a distanza di diversi mesi dalla sua prima osservazione: da ciò deriva la necessità di un attento controllo micro-otoscopico, che si impone sempre prima di una indicazione chirurgica alla miringoplastica.

Quadro clinico. L’entità dell’’ipoacusia trasmissiva dipende più che dalle dimensioni, dalla posizione della perforazione timpanica, aggravata dalla eventuale coesistenza di un’interruzione della catena ossiculare: in questi casi, qualora sia presente una perforazione totale o sub-totale, l’ipoacusia raggiunge i 50dB (Austin 1972,1978). Una perforazione timpanica semplice, cioè senza interessamento del contenuto della cassa non comporta mai una perdita uditiva trasmissiva maggiore di 35 dB (Fig. 1). Perforazioni inferiori a 2-3 mm di diametro possono essere prive di conseguenza sulla soglia uditiva.


Fig. 1. Perforazione postero-inferiore e quadro audiometrico corrispondente.


Al contrario, ipoacusie di grado severo o profondo, di tipo misto, si possono verificare nelle perforazioni causate da esplosioni o da fratture del temporale. In questi casi la componente neurosensoriale è causata dall’azione traumatica estesa anche all’orecchio interno.

Una perforazione timpanica è spesso accompagnata da una disfunzione tubarica, anche se è spesso difficile dimostrare se questa preesista o sia conseguenza della perforazione: è però dimostrato (Magnuson e Falk 1984) che gli episodi di otorrea tubarica recidivante si risolvono dopo un intervento di miringoplastica.

La presenza di una flogosi cronica della mucosa di rivestimento dell’orecchio medio, che si traduce clinicamente nella persistenza di un’otorrea mucosa o muco-purulenta,è spesso responsabile anche di una patologia infiammatoria cronica della cute del CUE nonché di quadri di miringite granulosa cronica (Fig. 2).

La presenza di una perforazione della MT controindica la possibilità di far entrare acqua nell’orecchio medio, nella vita quotidiana e nell’attività sportiva acquatica, allo scopo di prevenire sovra-infezioni e/o stimolazioni labirintiche caloriche responsabili di vertigine.


Fig. 2. (a) Ampia perforazione centrale; (b) perforazione centrale a margini irregolari e granuleggianti (da Ralli).


Le perforazioni timpaniche, infine, sebbene non controindichino in modo assoluto la protesizzazione acustica convenzionale, sono spesso responsabili di irritazione cronica della cute del CUE con otorrea, in relazione a un difetto di ventilazione dell’orecchio medio; inoltre sono responsabili di alterazioni della frequenza di risonanza del CUE.

Terapia chirurgica. Il trattamento chirurgico consiste nell’esecuzione di una MIRIN­GOPLASTICA (timpanoplastica I tipo), volta a ottenere una riparazione della perforazione timpanica, in assenza di manovre chirurgiche sulla catena ossiculare, di cui viene esclusivamente esplorata la integrità anatomica e la mobilità (vedi paragrafo 1.5.2 “miringoplastica”).

1.4.2.3.2 Timpanosclerosi

Definizione. Per timpanosclerosi si intende un processo istopatologico di infiltrazione ialina con depositi calcifici a livello dello strato fibroso della membrana timpanica e del tessuto connettivo sub-epiteliale della mucosa di rivestimento. Il termine di “timpanosclerosi” fu introdotto da Von Trotsch nel 1873, fu poi abbandonato e ripreso solo alla metà degli anni ’50 da Zollner e Beck. La timpanosclerosi è generalmente secondaria a un processo flogistico cronico evoluto in forma “attenuata” e ne rappresenta una sequela stabilizzata.

Epidemiologia. La frequenza della timpanosclerosi è stimata essere del 9% tra tutti gli interventi eseguiti per il trattamento dell’otite media cronica semplice.

Eziopatogenesi. L’aspetto patogenetico dominante è rappresentato dal processo di ialinizzazione dovuto al deposito nello strato sub-epiteliale connettivale di un collagene alterato. Ciò sarebbe dovuto a un rallentamento del suo “turn over” o piuttosto a un eccesso di collagenasi, in presenza di un “turn over” normale. Il collagene che si deposita risulta avascolarizzato.

Questo rimaneggiamento del tessuto connettivo sarebbe legato a un processo immuno-patologico, con le proteine derivate dalla distruzione del collagene ad opera degli agenti infettivi iniziali trasformate in sostanze antigeniche. Studi sperimentali eseguiti nell’animale hanno dimostrato che la timpanosclerosi rappresenterebbe una risposta cicatriziale anomala da parte di un tessuto “sensibilizzato”, con conseguente inattivazione dei fattori di controllo della proliferazione fibroblastica (Schiff 1980).Non sarebbe estraneo al processo un fattore genetico, poiché è osservazione clinica assai frequente che la timpanosclerosi è spesso bilaterale e che solo il 10% circa delle otiti medie croniche evolve verso la timpanosclerosi.

Anatomia patologica.

Aspetti macroscopici. Si osserva una infiltrazione biancastra, lamellare, avascolare a carico della membrana timpanica e della mucosa della cassa.

La MT può essere conservata o perforata (85%): sono presenti le classiche “placche” calcaree che conferiscono alla membrana un aspetto anelastico, ispessito. A livello della cassa timpanica i depositi calcifici possono causare un blocco della catena ossiculare o una sua lisi: il blocco si osserva in un terzo circa dei casi e i problemi clinico-funzionali più gravi si osservano allorché sia presente una timpanosclerosi della staffa.

La lisi ossiculare interessa più spesso l’apofisi lunga dell’incudine, seguita dalla sovra-struttura della staffa e infine del manico del martello.

L’antro e le cellule mastoidee sono raramente infiltrati dalla timpanosclerosi; la tuba di Eustachio è solitamente pervia.

Aspetti microscopici. La timpanosclerosi realizza una trasformazione dello strato connettivale della MT e della mucosa della cassa timpanica in tessuto ialino.

Si osserva il deposito di ammassi di fibrille di collagene, acellulari e avascolarizzati negli spazi extra-cellulari della sottomucosa. L’architettura delle fibre collagene è inoltre sovvertita dalla presenza di inclusioni vescicolari lipidiche, che confluiscono a formare delle placche a contorni policiclici. L’origine dei lipidi è verosimilmente da collegare con la necrosi post-flogistica delle membrane cellulari, con conseguente liberazione di colesterolo, acidi grassi liberi e fosfolipidi. Studi recenti hanno messo in luce una certa analogia tra la composizione biochimica della placche timpanosclerotiche e quelle ateromasiche (Koc e Uneri 2002), inoltre i segni di miringosclerosi sarebbero più frequenti tra i soggetti affetti da aterosclerosi rispetto alla popolazione generale (84% contro 17%).

Quadro clinico. La timpanosclerosi può essere limitata alla membrana timpanica (miringosclerosi), nella metà dei casi in presenza di una perforazione, oppure si associa a segni di interessamento della catena ossiculare, con conseguente comparsa di ipoacusia trasmissiva (Figg. 1 e 2).


Fig. 1. Immagini in micro-otoscopia di timpanosclerosi (da Ralli).


Fig. 2. Quadro micro-otoscopico di timpanosclerosi con perforazione centrale (da Ralli).


Si distinguono sostanzialmente due forme anatomo-cliniche distinte:

1) timpanosclerosi della membrana timpanica con fissità del martello, per infiltrazione del legamento timpano-malleolare anteriore;

2) infiltrazione massiva della cassa timpanica con fissità della staffa.


Trattamento. Il trattamento chirurgico della timpanosclerosi può riguardare la membrana timpanica, in caso di perforazione, o può interessare anche la catena ossiculare allo scopo di ripristinarne la mobilità. La terapia chirurgica non è però scevra da rischi di danno cocleare nei casi in cui la patologia abbia coinvolto la staffa. Va infine ricordato che la timpanosclerosi rappresenta una sequela cicatriziale per la quale appare in molti casi giustificato un atteggiamento di astensione terapeutica.

1.4.2.4. Complicanze delle otiti: complicanze extra-craniche ed endocraniche

Complicanze extra-craniche

1.4.2.4.1 Otomastoidite acuta

L’avvento della terapia antibiotica ha sensibilmente ridotto l’incidenza dell’otomastoidite acuta, che rappresenta ancor oggi la più frequente complicanza infra-temporale dell’otite media acuta. Esiste una variabilità tra le diverse aree geografiche, in relazione con l’attitudine al trattamento medico antibiotico.Nei Paesi Bassi, dove solo il 30-40% dei pazienti con otite media acuta riceve un trattamento antibiotico, l’incidenza dell’otomastoidite è di 3,8/100000, nettamente superiore a quella osservata in Francia o negli Stati Uniti, (1,2-2/100000), dove oltre il 90% dei pazienti affetti da otite media acuta viene trattato con antibiotico-terapia.

Il ricorso talvolta indiscriminato alla terapia antibiotica ha, per contro, determinato un aumento delle forme di otomastoidite “decapitata”. Questa rappresenta una forma ad andamento sub-acuto,con modesto rialzo febbrile e otodinia sfumata, con segni otoscopici di opacamento della MT e rilevante ispessimento mucoso della cassa timpanica (granuloma mucoso). L’otomastoidite acuta, soprattutto nel bambino, si presenta spesso in forma “ esteriorizzata” (Fig. 1), con spianamento del solco retro-auricolare, segni di flogosi locale severa a carico della cute retro-auricolare, dislocazione del padiglione auricolare nonchè con i segni generali di compromissione sistemica (febbre, malessere, flogosi delleVAS).

L’otoscopia e la micro-otoscopia mettono in evidenza un quadro locale di otite media purulenta acuta, con estroflessione della membrana timpanica e spesso “ caduta “ della parete posteriore del CUE.

La TC a strato sottile delle rocche petrose (Fig. 2), in proiezione assiale e coronale, evidenzia l’opacamento più o meno completo delle cavità dell’orecchio medio, talvolta con segni di erosione dei setti ossei intercellulari a livello mastoideo (mastoidite coalescente). L’imaging è inoltre necessario al fine di escludere la coesistenza di complicanze endocraniche o di documentare altre forme di mastoidite, quali la mastoidite di Bezold o pseudo-Bezold. Queste si osservano allorchè una raccolta purulenta a provenienza mastoidea, dopo erosione della corticale ossea, si infiltra tra l’apice della mastoide e il muscolo sterno-cleido-mastoideo, rispettivamente sotto o sopra ad esso. Clinicamente queste forme si riconoscono per la presenza di un vivo dolore in sede mastoidea, accompagnato da torcicollo e segni locali di impastamento in corrispondenza dell’inserzione craniale del muscolo stesso. Nei quadri più severi, la raccolta purulenta si può anche estendere verso gli spazi para-faringei, con comparsa di sintomi faringei (disfagia, trisma) oltre che cervicali.


Fig. 1. (a) Otomastoidite esteriorizzata; (b) fuoriuscita di abbondante materiale purulento dopo incisione della regione mastoidea.


Fig. 2. Scansioni TC assiali di mastoidite coalescente: (a) mastoidite destra; (b) mastoidite sinistra con iniziale erosione del tegmen.


I germi responsabili dell’otomastoidite acuta sono gli stessi dell’OMA, con prevalenza dello S. Pneumoniae nelle forme esteriorizzate e degli anaerobi nelle forme “complicate”.

La terapia dell’otomastoidite acuta prevede un’antibiotico-terapia parenterale ad ampio spettro,in prima istanza diretta contro lo S.Pneumoniae. In presenza di un quadro clinico sfavorevole, alla luce dei dati ottenuti dalla diagnostica per immagini, si può rendere necessario un trattamento chirurgico conservativo: paracentesi con o senza apposizione di un drenaggio trans-timpanico, mastoidectomia semplice o allargata. Nel corso dell’intervento chirurgico si provvede alla raccolta di materiale da inviare all’esame colturale.

Nel 5-7% dei casi, l’otomastoidite acuta si può complicare con un empiema extra-durale, una meningite, una tromboflebite del seno sigmoide.

Audiologia e Foniatria
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio. Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso. Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva. Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità. L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate. Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.