1.4.3 MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO

1.4.3.1 Ipoacusia neurosensoriale infantile

Le strutture dell’orecchio e le prime vie neurali uditive hanno completato il loro processo maturativo entro la 20a settimana di gestazione. Il feto a termine è già in grado di percepire alcuni suoni come la voce della madre e il battito cardiaco. Dopo la nascita le funzioni uditive sono già ‘pronte all’uso’, e, analogamente a quanto accade per il sistema visivo, richiedono l’esposizione ad adeguati stimoli ambientali per poter evolvere. Infatti, la capacità di detezione di un suono rispetto al silenzio (che in natura corrisponde sempre ad un rumore di fondo più o meno intenso), e quella di discriminare timbri diversi (per esempio il riconoscimento della voce materna rispetto a quella di estranei), rappresentano funzioni innate che possono svilupparsi solo in presenza dello stimolo-target. Dopo la nascita, il sistema uditivo svolge un ruolo importante nello sviluppo della comunicazione verbale, che rappresenta la modalità di interazione interindividuale privilegiata nella nostra specie. Il bambino dimostra di possedere l’abilità di distinguere fra loro suoni linguistici diversi già fin dai 4 mesi di vita e nei mesi successivi, grazie alle nuove esperienze uditive, sviluppa modelli percettivi verbali più complessi e verso gli 8-10 mesi produce i primi tentativi di imitazione vocalica basata sull’ascolto (babbling). La comparsa di questo balbettio rappresenta un importante pre-requisito per l’esordio del linguaggio (12 mesi di età). Quando la funzione uditiva è integra, il bambino fra 8 e 24 mesi acquisisce spontaneamente il linguaggio a contatto con gli adulti, grazie ad un’attività quasi automatica di ascolto-ripetizione dei suoni linguistici che è caratteristica di questo periodo evolutivo e che tende presto ad esaurirsi.

Il feed-back uditivo è il principale, non unico, mezzo attraverso il quale il bambino forma schemi espressivi verbali sempre più complessi, mentre feed-back visivo e quello cinestesico rappresentano aspetti secondari nello sviluppo delle capacità prassiche bucco-fonatorie. I primi tre anni di vita rappresentano il ‘periodo critico’ fisiologicamente favorevole per lo sviluppo delle competenze linguistiche. La plasticità cerebrale che consente questa veloce acquisizione tende poi a ridursi dopo i tre anni di vita e si esaurisce dopo i sei. Per questo motivo è estremamente importante che sia disturbi del linguaggio che le gravi ipoacusie vengano diagnosticate e curate molto precocemente.

Le ipoacusie insorte durante la prima infanzia possono causare gravi alterazioni dello sviluppo del linguaggio, in relazione all’entità della perdita uditiva. Anche lo sviluppo cognitivo e gli apprendimenti scolastici, dipendenti dalle abilità verbali, ne risultano fortemente influenzati. Il caso estremo è rappresentato dall’assenza di sviluppo della verbalità che è tipica delle ipoacusie severe e profonde non trattate. Fra le due condizioni estreme, da un lato semplici dislalie e dall’altro il sordomutismo, sono comprese manifestazioni cliniche che differiscono in rapporto all’epoca di insorgenza e alla durata della sordità, al livello di intelligenza, alla presenza di altri deficit associati, ai fattori ambientali, al livello socio-culturale. Gli effetti della ipoacusia sullo sviluppo del linguaggio sono più severi in rapporto alla durata e alla precocità di insorgenza della ipoacusia.

Il ritardo di linguaggio di tipo audiogeno è reversibile entro certi limiti di tempo. Infatti, se la diagnosi e l’intervento riabilitativo di ipoacusia congenita sono effettuate entro i tre anni di vita, si osserva nella maggior parte dei casi un recupero della disabilità comunicativa, mentre la diagnosi tardiva causa la stabilizzazione del disordine linguistico.