Sindrome di USHER

Numerose mutazioni sono state identificate come responsabili di questa sindrome, che sulla base del grado di compromissione, dell’epoca di comparsa e dell’evoluzione delle patologie che la caratterizzano, è stata classificata in 3 diversi tipi diversi. Nella sindrome di Usher tipo I sono stati identificati 7 sedi di linkage e 4 geni (MYO7A, USH1C, CDH23, PCDH15) a carico dei quali sono state osservate varie mutazioni. Nella sindrome di Usher tipo II sono state osservate varie mutazioni a carico di 1 gene (USH2A); tuttavia è verosimile che vi sia una eterogeneità genetica dal momento che sono state identificate 2 ulteriori sedi di linkage. Nella sindrome di Usher tipo III è stato recentemente individuato 1 gene (USH3) a carico del quale sono state osservate varie mutazioni (Tab. III).


Locus
Localizzazione
Gene
Marker
di screening
Most Important
Reference
OMIM
Entry
USH1A
14q32
Unknown
D14S250, D14S260,
D14S292, D14S78
Kaplan et al., 1992

276900

USH1B
11q13.5
MYO7A
D11S906, D11S911,
D11S52, OMP-CA
Weil et al.,1995
276903
USH1C
11p15.1
USH1C
D11S902, D11S921,
D11S899, D11S861
Smith et al., 1992
Verpy et al., 2000
Bitner-Glindzicz et al.,
2000
276904
USH1D
10q
CDH23
D10S529, D10S202,
D10S573
Wayne et al., 1996
Bork et al., 2001
Bolz et al., 2001
601067
USH1E
21q
Unknown
D21S1884,
D21S1257,
D212S265,
D21S1258
Chaib et al., 1997
602097
USH1F
10q21-22
PCDH15
D10S199, D10S578,
D10S596
Ahmed et al., 2001
Alagramam et al.,
2001
602083
USH1G
17q24-25
Unknown

Mustapha et al., 2002
USH2A
1q41
USH2A
D1S229, D1S490,
D1S237, D1S474
Kimberling et al.,
1990
Eudy et al., 1998
276901
USH2B
3p23-24.2.
Unknown
D3S1578, D3S3647,
D3S3658
Hmani et al., 1999 276905
USH2C
5q14.3-q21.3
Unknown
D5S428, D5S421
Pieke-Dahl et al.,
2000
605472
USH3
3q21-q25
USH3
D3S1299, D3S1555,
D3S1280, D3S1279
Sankila et al., 1995
Joensuu et al., 2001
276902
606397

Tab. III. Genetica della s. di Usher.


Classificazione Clinica
Tipo 

Ipoacusia
Funzionalità
Vestibolare
Comparsa della retinite
pigmentosa
Tipo I
Profonda
Congenita
Compromessa
Durante la prima decade
Tipo II
Audiogramma in discesa
Congenita
Normale
Durante la prima o la seconda
decade
Tipo III
Progressiva
Variabile
Variabile

Tab. IV. Clinica della s. di Usher.


È una patologia trasmessa con modalità autosomica recessiva; i portatori sono stimati essere tra 1/75 e 1/150 nella popolazione.

La sindrome di Usher è stata descritta nel 1858 da Von Grafe, il quale fu il primo ad associare rinite pigmentosa e sordità neurosensoriale in un’unica patologia; prese successivamente. Nel 1959, lo studioso Hallgren scoprì l’ereditarietà di questa sindrome.

È un chiaro esempio di affezione ereditaria di natura degenerativa, espressione di un’alterazione nel metabolismo intracellulare già presente allo stadio embrionale. Caratterizzata clinicamente da ipoacusia neurosensoriale e retinite pigmentosa, viene classificata in 3 diversi tipi sulla base delle caratteristiche cliniche (Tab. IV).

I soggetti affetti presentano deficit uditivi e visivi, che possono comparire in epoche diverse nella vita e avere grado ed evoluzioni differenti secondo il tipo.

La rinite pigmentosa è una condizione in cui a livello di entrambi gli occhi si manifesta una degenerazione dei fotorecettori (bastoncelli) che hanno la funzione di reagire prevalentemente al contrasto tra chiaro e scuro e al movimento di oggetti. Questa degenerazione delle cellule fotorecettrici che progressivamente lasciano il posto ad accumuli di pigmento provoca dapprima una difficoltà a vedere in ambienti scarsamente illuminati, successivamente quando la degenerazione interessa oltre la parte più periferica anche la parte centrale della retina, si avrà un restringimento progressivo del campo visivo che potrà portare nel tempo a cecità totale. In particolare, nei soggetti affetti da sindrome di Usher Tipo I la retinite pigmentosa ha esordio molto precoce e spesso porta alla cecità; in quelli con sindrome di Usher Tipo II l’esordio della retinite pigmentosa avviene fra 10 e 20 anni e solitamente il quadro è meno grave rispetto al tipo I infine nella sindrome di Usher Tipo III i pazienti presentano un quadro variabile caratterizzato da progressivo peggioramento (Fishman, 1979; Fishman et al., 1983).

L’ipoacusia è congenita, di tipo neurosensoriale, ha carattere prettamente cocleare ed è causata da malformazioni a carico dell’orecchio interno (OI). Nella maggior parte dei pazienti con sindrome di Usher tipo I l’ipoacusia è profonda, nella sindrome di Usher tipo II solitamente l’ipoacusia è moderata con audiogramma in discesa sulle frequenze acute infine nella sindrome di Usher tipo III l’ipoacusia è simile a quella descritta per il tipo II ma compare attorno ai 3-5 anni e presenta una progressività nel corso degli anni (Kumar et al., 1984).

La funzionalità vestibolare è caratterizzata da areflessia nella sindrome di Usher tipo I, da normoreflessia nella sindrome di Usher tipo II e da risposte che vanno progressivamente peggiorando sindrome di Usher tipo III (Kumar et al., 1984; Möller et al., 1989).

La maggior parte dei soggetti affetti da sindrome di Usher presentano un normale sviluppo cognitivo e neurologico.

La diagnosi precoce è molto importante al fine del programma terapeutico-riabilitativo. La prognosi infatti è caratterizzata dalla comparsa di una cecità attorno ai 30-40 anni d’età che andrà a sommarsi al deficit uditivo, compromettendo notevolmente il grado di autonomia del soggetto.


APPROFONDIMENTO


Sindrome di NORRIE

Conosciuta anche come di Displasia oculoacusticocerebrale.

La sindrome di Norrie è causata da una mutazione nel gene NDP. Nel 1985 Bleeker-Wagemakers et al., dimostrarono che il gene NDP era localizzato nella regione Xp11.3 e nel 1992 Chen et al., dimostrarono che codificava per una proteina (norrin) di 133 aminoacidi la cui funzione rimane sconosciuta. Caratterizzata da una modalità di trasmissione X-linked recessiva con penetranza completa nei maschi (Holmes, 1971).

Descritta per la prima volta probabilmente da Fernandez-Santos nel 1905, tuttavia il primo a descriverne correttamente ed esaustivamente le caratteristiche fondamentali e a suggerire il pattern ereditario fu Warburg nel 1965.

Il quadro clinico è caratterizzato da un processo degenerativo a carico degli occhi che determina cecità durante l’infanzia. Durante i primi giorni di vita la displasia retinica si manifesta con pieghe falciformi della retina e progressivamente determina distacco della retina; alla nascita le cornee sono solitamente chiare ma durante gli anni prescolari diventano opache inoltre si sviluppa una cataratta secondaria. Circa il 35% dei soggetti manifesta un’ipoacusia neurosensoriale, a sede cocleare, progressiva di tipo pantonale talvolta accentuata sugli acuti che si istaura dopo i 10 anni. A carico del sistema nervoso centrale, circa il 35% dei pazienti mostra un ritardo mentale progressivo e il 25% manifesta psicosi.


Sindrome di ALPORT

La sindrome di Alport rappresenta la forma più frequente tra le sindrome associate a anomalie renali. È responsabile di circa l’1% delle ipoacusie neurosensoriali congenite.

La sindrome di Alport è causata da una eterogeneità di mutazione che si esprimono soprattutto a carico dei geni COL4A3, COL4A4 o COL4A5 che codificano per il collagene di tipo IV. La forma più frequente, caratterizzata da mutazione nel gene COL4A5 localizzato nella regione Xq22, è caratterizzata da una modalità di trasmissione X-linked dominante (Flinter et al., 1990). Il gene COL4A5 coinvolto codifica per la catena α5 del collagene tipo IV ed è stato localizzato nella coclea a livello della membrana basilare, del ligamento spirale e della stria vascularis (Atkin et al.,1988). Circa l’85% dei casi di sindrome di Alport presenta pattern di trasmissione X-linked; mentre circa il 15% presenta altre modalità trasmissive. Le forme più rare sono legate a mutazione dei geni COL4A3 e COL4A4, con locus 2q36-q37 e presentano modalità trasmissiva autosomica recessiva (Gubler et al., 1995; Lemmink, 1994).

Nel 1927 Alport descrisse per la prima volta una famiglia i cui membri presentavano sordità associata a disfunzione renale, in cui i maschi morivano per uricemia; per questo motivo il suo nome fu utilizzato per descrivere una nefropatia familiare progressiva che si manifesta con una ematuria associata ad ipoacusia, particolarmente grave nei maschi.

La sintomatologia a carico del sistema renale è simile nelle varie nelle varie forme. La forma X-linked può essere caratterizzata da insorgenza precoce che rende necessaria la dialisi entro i 20 anni e conduce alla morte entro il 31° anno di vita oppure da insorgenza tardiva con necessità di dialisi dopo i 40 anni. Questa variabilità è probabilmente legata al tipo di mutazione genetica. L’ematuria è il segno clinico principale ed è presente nei maschi con frequenza doppia rispetto alle femmine. Proteinuria e albuminuria sono segni meno frequenti nell’infanzia che tendono a peggiorare megli anni (Grunfeld, 1985).

Circa il 55% dei maschi affetti e il 40% delle femmine presentano un’ipoacusia neurosensoriale accentuata sulle frequenze acute di tipo progressivo. Solitamente l’ipoacusia si istaura durante la seconda decade e nelle femmine insorge più tardivamente (Gleeson, 1984). A carico dell’occhio circa il 35-70% dei soggetti con forma X-linked ad insorgenza giovanile presenta cheratocono e sviluppa una miopia assiale (Rhys et al., 1997).

Al fine della diagnosi è necessaria la presenza di almeno tre dei seguenti criteri:

1) familiarità positiva per ematuria +/- insufficienza renale;

2) biopsia renale con aspetti tipici alla microscopia elettronica;

3) segni oftalmologici caratteristici;

4) ipoacusia neurosensoriale per le frequenze acute progressiva durante l’infanzia.


La prognosi è variabile; per alcuni soggetti i disturbi possono essere di grado lieve, mentre per altri può essere necessaria la dialisi e il successivo trapianto renale già in età precoce (Jais et al., 2000).


Sindrome branchio-oto-renale (BOR)e branchio-otica (BO)

Entrambe sono dovute a mutazioni del gene EYA1 sul cromosoma 14; altri due geni SIX1 e SIX5 sono in causa. Trasmissione AD ed espressività variabile; prevalenza 1:40.000 neonati. Le anomalie dell’orecchio sono associate con fistole branchiali e anomalie renali. Viso allungato, palato ogivale. Deformità del padiglione auricolare che variano da una grave microtia ad anomalie minori, stenosi o atresia del condotto uditivo esterno, appendici e fistole preauricolari, appendici e fistole laterocervicali. Alterazioni dell’orecchio medio: anomalie della catena ossiculare, fissità della staffa, anomalie dell’osso temporale con mastoidi ipoplasiche. Spesso si può osservare anche un interessamento dell’orecchio interno (OI), come nel caso di ipoplasia cocleare unilaterale o bilaterale oppure di displasia di Mondini, displasia del canale semicircolare orizzontale. Ipoacusia nel 75% dei casi, prevalentemente di tipo misto. Il deficit renale che può essere unilaterale o bilaterale e di entità variabile, presentandosi come displasia, ipoplasia fino a completa agenesia renale, rene policistico, reflusso vescico-ureterale ed ostruzione della giunzione uretero-pelvica.


APPROFONDIMENTO


Sindrome BOF

Nella Sindrome Branchio-Oculo-Faciale (BOF) non è stata a tutt’oggi individuata una mutazione specifica. È caratterizzata da una trasmissione autosomica dominante. Il termine Sindrome Branchio-Oculo-Faciale (BOF) è stato coniato da Fujimoto et al., nel 1987. Il quadro clinico si contraddistingue per la presenza di aplasia della cute a livello cervicale, timo a sede cervicale, labio-palatoschisi, ostruzione congenita del dotto naso-lacrimale, malformazione del padiglione auricolare ed ipoacusia trasmissiva (Hall BD et al., 1983). Possono inoltre essere presenti malformazioni renali. Ritardo dello sviluppo, ipotonia, disturbi del linguaggio sono comuni (Lin et al., 1995).


Sindrome di Townes-Brocks

Per questa sindrome è stata individuata una mutazione nel gene SALL1, localizzata sul cromosoma 16q, e si riporta una trasmissione autosomica dominante ad espressività variabile.

Descritta per la prima volta nel 1972 da Townes e Brocks; ad oggi sono stati riportati in letteratura almeno 60 casi.

Si contraddistingue per le seguenti caratteristiche cliniche: microsomia emifacciale; anomalie dell’orecchio esterno come orecchio a coppa “da satiro”, microtia, appendici preauricolari, associate ad un’ipoacusia neurosensoriale monolaterale o bilaterale di grado variabile; anomalie di mani e piedi con pollice a tre falangi, polidattilia o sindattilia, clinodattilia del V dito del piede; alterazioni a carico del apparato gastroenterico come ano imperforato, fistola retto-vaginale o retto-perineale; ipoplasia renale e reflusso vescico-ureterale.


Sindrome CHARGE

Nei pazienti affetti sono state descritte numerose anomalie cromosomiche come: trisomia 22, delezione del braccio lungo del cromosoma 9, 11 e 13, duplicazione parziale del cromosoma 4 e 14. È stato anche ipotizzato che la causa possa essere l’esposizione ad agenti teratogeni come la talidomide, la fenilidantoina, il virus della rosolia o un diabete materno. Si manifesta in modo sporadico. La Sindrome CHARGE è una condizione genetica eterogenea, in molti casi è dimostrabile una aploinsufficienza del gene CHD7.

Caratteristiche distintive di questa sindrome sono: ipoplasia malare con caratteristico viso squadrato e naso globoso con narici pinzate; atresia coanale; microftalmia con coloboma dell’iride; malformazione del padiglione auricolare, che risulta corto ed allargato con lobo piccolo, associata ipoacusia neurosensoriale di grado variabile; difetti cardiaci come tetralogia di Fallot, difetti del setto interventricolare, pervietà del dotto arterioso; ipoplasia dei genitali; ritardo della crescita e dello sviluppo psicomotorio.


Sindrome di Waanderburg

I geni coinvolti nella sindrome di Waanderburg e la loro localizzazione sono riportate nella Tabella V.

Il tipo I presenta trasmissione autosomica dominante ad espressività variabile. Il tipo II, sembra essere un tratto autosomico dominante quando coinvolge il gene MIFT e autosomico recessivo quando coinvolge il gene SLUG. Il tipo III presenta trasmissione autosomica dominante. Infine il tipo IV, sembra essere un tratto autosomico recessivo quando coinvolge il gene EDNRB o EDN3 e autosomico dominante quando coinvolge il gene SOX10.

Nonostante alcune aspetti di questa sindrome fossero già stati descritti da Hammerschlag nel 1905, l’inquadramento preciso si deve a Waanderburg e risale al 1948.

Le caratteristiche cliniche distintive della sindrome di Waanderburg comprendono: ipoacusia neurosensoriale, anomalie pigmentarie di capelli, iridi e pelle (eterocromia delle iridi e ciuffo di capelli bianchi), distopia canthorum, radice nasale allargata e sopraciglia confluenti. Esistono tuttavia quadri clinici eterogenei per cui vengono identificati 4 tipi diversi.


Classificazione Clinica
Tipo 

Localizzazione
Gene
WS type I (WS1)
2q35
PAX3
WS type II (WS2)
3p14.1-p12.3
MITF (OMIM: 156845)
WS type II (WS2)

SLUG
WS type III
2q35
PAX3
WS type IV
13q22
EDNRB (OMIM: 131244)
WS type IV
20q13.2-q13.3
EDN3 (OMIM: 131242)
WS type IV
22q13
SOX10 (OMIM: 602229)

Tab. V. Geni e loci coinvolti nella sindrome di Waanderburg.


Il tipo I e il tipo II si distinguono sulla base della presenza della distopia canthorum; essendo quest’ultima presente nel tipo I e assente nel tipo II. La presenza di anomalie a carico dell’arto superiore identifica il tipo III che viene denominato anche sindrome di Klein-Waanderburg infine l’associazione di trasmissione autosomica recessiva e malattia di Hirshprung viene definita come tipo IV o sindrome di Waanderburg-Shah.


APPROFONDIMENTO


Craniosinostosi

Incidenza 1:2500 nati vivi, con un rapporto maschi/femmine di 3:1, circa 8% familiari. Le craniostenosi sono associate a mutazioni dei geni della famiglia del FGFR (fibroblast growth factor receptor) (Cunningham et al., 2007). Sono state descritte più di 100 sindromi con craniosinostosi; quelle più frequentemente associate con ipoacusia sono le Sindrome di Crouzon, Apert, Pfeiffer e Shaethtre-Chotzen. La diagnosi precoce permette una corretta impostazione del piano riabilitativo chirurgico-ortodontico e protesico uditivo.

Sindrome di Crouzon. Prematura e progressiva craniosinostosi, ipoplasia della faccia con orbite poco profonde e proptosi oculare. Ampia variabilità fenotipica, prevalenza 15:1.000.000. Disordine AD dovuta a mutazioni del gene FGFR2. Ipoacusia trasmissiva in più del 50% dei casi per atresia del condotto uditivo esterno o malformazione della catena ossiculare; in circa 1/3 è presente ipoacusia neurosensoriale.

Sindrome di Apert. Sinostosi bicoronale e della base cranica, appiattimento delle ossa occipitali, fronte prominente e moderato esoftalmo, associata a sindattilia delle mani/piedi e labio-palatoschisis in 1/3 dei casi. Prevalenza 10-15:1.000.000. Disordine AD dovuta a mutazioni del gene FGFR2. Ipoacusia trasmissiva spesso da otite media nel 50% dei casi.

Sindrome di Pfeiffer. Acrocefalia associata ad ingrossamento del pollice della mano e dita dei piedi con parziale sindattilia. Disordine AD dovuta a mutazioni del gene FGFR1. Ipoacusia trasmissiva o mista in più del 50% dei casi per stenosi/atresia del condotto uditivo esterno o malformazione della catena ossiculare. Più rare le malformazioni dell’orecchio interno.

Sindrome di Shaethtre-Chotzen. Craniosinostosi coronale uni- o bilaterale, ptosi ipertelorismo oculare, ipoplasia mascellare, padiglione piccolo e prominente, sindattilia. Disordine AD dovuta a mutazioni del gene TWIST 1. Ipoacusia trasmissiva o mista, da anchiolsi stapediale e catena fissa, ma anche neurosensoriale profonda.


Disostosi mandibolari

Sindrome di Treacher Collins (TCS). La TCS è una condizione AD con penetranza e espressività variabile, 60% ‘de novo’, causata da una mutazione nel gene TCOF1 localizzato nella regione 5q31.3, che codifica una proteina (treacle) coinvolta nella funzione nucleolare; prevalenza 1:50.000 nati vivi. Quadro clinico tipico dovuto ad anomalie nello sviluppo dei primi due archi branchiali, bilaterali e simmetriche: rime palpebrali oblique in basso e lateralmente, coloboma palpebra inferiore, ipoplasia zigomi, micrognatia, bocca larga e sottile, anomalie dentarie. Possono essere presenti palatoschisi e naso allargato con narici strette e talvolta atresia coanale. Anomalie costanti del padiglione (anotia, ipoplasia, a coppa), associato alla presenza di fistole o appendici preauricolari, frequente atresia o di stenosi del condotto uditivo esterno. Orecchio medio: agenesia o ipoplasia della mastoide; frequenti anomalie della catena ossiculare (agenesia dell’incudine, malformazione o anchilosi o assenza della staffa, mancanza della finestra ovale). Frequente compromissione dell’apparato vestibolare (displasia del canale semicircolare laterale), mentre la coclea è normale. Ipoacusia di tipo trasmissivo o misto, raramente di tipo neurosensoriale, bilaterale nel 55% dei casi.

Sindrome di Nager o Disostosi Acrofaciale. Probabile trasmissione AR, la maggior parte dei casi è sporadica; è stata identificata la delezione 1q12q21.3 e la traslocazione cromosomica (X;9) (p22.1;q32). Anomalie della faccia con rima palpebrale rivolta verso il basso, ipoplasia malare e ipoplasia zigomatica, anomalie del palato, anchilosi dell’articolazione temporo-mandibolare; malformazioni dell’arto superiore con aplasia o ipoplasia del pollice e con ipoplasia o aplasia del radio. Malformazioni minori del padiglione e appendici preauricolari; ipoacusia trasmissiva solitamente modesta.

Microsomia emifacciale/ Sindrome di Goldenhar/spettro oculo-auricolo-vertebrale. Caratterizzata da microsomia craniofacciale, cisti dermoidi e anomalie vertebrali; o volte anomalie cardiache e renali. Prevalenza 1:3.000 nati vivi, nel 70% unilaterale e prevalentemente a destra; rapporto maschi/femmine 3:2. La sindrome di Goldenhar compare in modo sporadico. Sono state descritte alcune anomalie cromosomiche associate a questa sindrome, come del(5p), del(6q), mosaicismo con trisomia 7, del(8q), mosaicismo con trisomia 9, trisomia 18, cromosoma 18 ricombinante, cromosoma 21 ad anello, del(22q), 49 XXXXY e 47 XXY. Altri studi riportano esposizione della madre a farmaci contenenti acido retinoico, talidomide, anticonvulsivanti a base di primidone, presenza di un diabete gestazionale.

Le anomalie dell’orecchio esterno variano dalla microtia all’anotia del padiglione auricolare associato ad atresia o stenosi del condotto uditivo esterno. Frequenti le appendici preauricolari. A carico dell’orecchio medio può essere presente un’ipoplasia della catena ossiculare e la tuba di Eustachio può essere malformata. Ipoacusia trasmissiva di grado variabile a seconda dell’estensione delle alterazioni anatomiche.


Condrodisplasie ereditarie

Sindrome di Stickler/Sindrome di Marshall. Si tratta di condizioni eterogenee con interessamento del tessuto connettivo collagene, caratterizzate da grave miopia, anomalie orofacciali e ipoacusia. La Sindrome di Stickler è AD; il tipo I causato da mutazioni del gene COL2A1; la tipo II da mutazioni del gene COL11A2 e la tipo III da mutazioni del gene COL11A1. L’ipoacusia è di tipo misto o neurosensoriale, è più grave nella Sindrome di Marshall e nei tipi II e III.



APPROFONDIMENTO


La consulenza genetica è il “processo di comunicazione che concerne i problemi umani legati all’occorrenza, o al rischio di ricorrenza, di una patologia genetica in una famiglia”. Tale processo comprende il tentativo di una o più figure professionali, adeguatamente preparate, di aiutare l’individuo o la famiglia a comprendere le informazioni mediche che includono la diagnosi, il probabile decorso della malattia e le forme d’assistenza disponibili; serve inoltre a valutare il modo in cui l’ereditarietà contribuisce al verificarsi della malattia e il rischio di ricorrenza esistente per taluni familiari; permette di capire tutte le opzioni esistenti nell’affrontare il rischio di malattia e di compiere le scelte che essi riterranno più adeguate, tenuto conto sia del rischio che delle aspirazioni dei familiari, con l’obiettivo di realizzare il miglior adattamento possibile alla malattia del familiare affetto e/o al rischio di ricorrenza della malattia stessa.

La diagnosi prenatale è un complesso d’indagini strumentali e di laboratorio finalizzate al monitoraggio dello stato di salute del concepito durante tutto l’arco della gravidanza e pertanto permette l’individuazione di definite patologie, siano esse su base ereditaria, infettiva, iatrogena o ambientale. Lo sviluppo della diagnosi prenatale ha significativamente modificato il comportamento delle coppie a rischio di procreare e di far nascere figli con patologie genetiche e/o malformative, in quanto è possibile offrire loro informazioni sulla reale situazione del concepito ed eventualmente tranquillizzarli per il prosieguo della gravidanza. I metodi di diagnosi prenatale possono essere non invasivi (ecografia fetale, indagini biochimiche e molecolari sul sangue materno) ed invasivi, in quanto prevedono il prelievo di tessuti fetali (villocentesi, amniocentesi, cordocentesi, fetoscopia).

Lo screening neonatale consente di identificare i bambini affetti e di avviare tempestivamente trattamenti in grado di prevenire o ridurre il danno che ne deriva.

Vengono di seguito riportati alcuni approfondimenti utili alla pratica clinica e al completamento della preparazione teorica.

Citogenetica e cariotipo. Studiano la morfologia e la costituzione del patrimonio cromosomico di una specie o di un individuo, permettendo pertanto di identificare anomalie numeriche o strutturali dei cromosomi. Per la determinazione del cariotipo le cellule da analizzare vengono bloccate in metafase, momento in cui i cromosomi si presentano come unità ben identificabili e riconoscibili al microscopio. I cromosomi vengono poi colorati, contati, analizzati e fotografati, infine appaiati a gruppi di due. È opportuno ricordare che in metafase il DNA è già duplicato per cui ogni cromosoma identificato con il cariotipo in realtà è costituito da due cromosomi legati dal centromero, che verranno appaiati agli altri due corrispondenti.

Southern Blotting. È la tecnica che permette di distribuire su gel di agarosio, per elettroforesi, frammenti di DNA radiomarcati; deriva il nome dal suo inventore e permette di identificare anomalie genetiche che daranno luogo a bande non presenti nel preparato di controllo.

I frammenti di DNA, generalmente ottenuti mediante digestione con enzimi di restrizione, vengono separati elettroforeticamente e trasferiti ad una membrana (di nylon o nitrocellulosa).

Il DNA trasferito su membrana è successivamente ibridato con una sonda marcata (radioattivamente o non) che evidenzia il DNA di interesse.

PCR. È una tecnica di genetica molecolare che permette l’amplificazione di sequenze specifiche di DNA. Si basa sulla possibilità di amplificare tramite una polimerasi il DNA compreso tra due primers introdotti dallo sperimentatore.

La tecnica permette di amplificare in breve tempo tratti specifici di DNA, purchè se ne conosca, almeno in parte, la sequenza. Si avvale di cicli di denaturazione, riassociazione con l’innesco e di estensione per amplificare di oltre 100 volte il numero di copie della sequenza di DNA bersaglio. Questa tecnica ha un grande numero di applicazioni in campi diversi, dalla ricerca alla diagnostica alla medicina legale.

Sequenziamento genico. Consiste nel determinare l’esatta sequenza nucleotidica di un frammento di DNA.

Effetti biologici delle radiazioni ionizzanti. Sebbene sia opinione comune che l’esposizione a radiazioni ionizzanti per procedure diagnostiche sia da evitare il più possibile, il rischio di subire un danno genetico dopo un’indagine radiologica correttamente eseguita è davvero molto basso. È ovviamente giusto effettuare solo gli esami necessari e non esporsi inutilmente ai raggi X, ma per raggiungere una dose dannosa, un individuo dovrebbe effettuare 250 radiografie. Tuttavia esiste la possibilità di un danno al DNA non dose dipendente, che quindi teoricamente si potrebbe verificare anche dopo una sola radiografia; tale danno, detto di tipo stocastico, è stimato essere pari al rischio di sviluppare un tumore al polmone dopo aver fumato una sola sigaretta!

I test genetici. La diagnosi delle malattie genetiche si basa sull’accurata valutazione clinica e sull’anamnesi familiare che hanno un ruolo primario nel percorso diagnostico. L’esame clinico richiede spesso di essere approfondito e completato con indagini di laboratorio, compresi i test genetici. Per test genetico s’intende l’analisi a scopo clinico di DNA, RNA, cromosomi, proteine, metaboliti o altri prodotti genici per evidenziare genotipi, mutazioni, fenotipi o cariotipo, correlati o meno, con patologie ereditabili umane. Questa definizione include gli screening prenatali, neonatali e dei portatori, così pure i test sulle famiglie a rischio. I risultati di queste indagini si possono applicare alla diagnosi ed alla prognosi di malattie ereditarie, alla predizione del rischio-malattia, all’identificazione dei portatori sani, alle correlazioni fenotipo-genotipo.

Sono oggi disponibili indagini biochimiche, citogenetiche o molecolari che consentono di definirne il difetto genetico e, quindi, di confermare il sospetto clinico, di effettuare la diagnosi in epoca prenatale e di identificare i soggetti a rischio in fase preclinica (o presintomatica). Queste analisi di laboratorio possono includere:

– indagini biochimiche (dosaggi enzimatici);

– indagini citogenetiche (analisi dei cromosomi);

– analisi molecolari (analisi del DNA e dell’RNA).

L’analisi citogenetica viene di solito eseguita su colture di linfociti prelevati dal sangue periferico. Per poter essere analizzati i cromosomi vengono trattati con particolari sostanze coloranti (tecniche di bandeggiamento) che mettono in risalto regioni a diverse intensità di colorazione. I cromosomi bandeggiati vengono suddivisi e classificati secondo una nomenclatura standardizzata. Mediante questa indagine è possibile identificare le alterazioni di numero e di struttura dei cromosomi.

Le analisi molecolari, utilizzano gli acidi nucleici (DNA, RNA) estratti dalle cellule e impiegano tecniche sofisticate (che prevedono l’uso di particolari enzimi o enzimi di restrizione, di retrotrascrizione, di amplificazione del DNA mediante PCR = Polymerase Chain Reaction). Esse consentono di definire le basi biologiche di molte malattie, nonché d’identificare specifiche sequenze/geni, mediante l’uso di sonde molecolari (citogenetica molecolare, ibridazione in situ a fluorescenza o FISH, painting cromosomico ecc.).