Audiologia e Foniatria

Motilità delle cellule cigliate esterne

Le cellule cigliate esterne manifestano proprietà motorie, essenzialmente di due tipi diversi, rapide e lente. Il movimento rapido è una risposta ad alta frequenza, con variazioni nell’ordine di msec, che non è dipendente da ATP né da altre forme di energia metabolica, ma che è generata dai cambiamenti di voltaggio che avvengono nella cellula cigliata a seguito di una stimolazione. Si ritiene che tali cambiamenti siano imputabili a variazioni nella concentrazione di Cl-. Il movimento si traduce in un allungamento di circa il 5%. Il principale responsabile dell'allungamento è una proteina (prestina) allocata nella parete laterale della cellula che essendo sensibile alle concentrazioni di Cl-, modifica la sua forma (Fig. 18). Anche altre proteine (miosine) contribuiscono all'allungamento della cellula. Inoltre esiste anche un'azione dell'acetilcolina che interagendo con la prestina dovrebbe partecipare alle più grandi variazioni della forma della cellula. Questa risposta motoria ad alta frequenza sembra responsabile del meccanismo di amplificazione della coclea. La depolarizzazione della cellula produce un accorciamento ed un ingrossamento delle sue pareti; al contrario la fase di iper-polarizzazione produce un allungamento ed un assottigliamento delle pareti.

Le risposte motorie più lente avvengono nell'arco temporale di secondi o minuti. Queste avvengono in corrispondenza di modificazioni di concentrazione di molti costituenti citoplasmatici (ATP, CA++, K+). Sembra che il ruolo di questi movimenti lenti sia di facilitare il ripristino dell'accoppiamento delle cellule cigliate esterne con la membrana tectoria. Ciò avrebbe luogo, ad esempio, nelle fasi di recupero di una TTS (vedi ipoacusia da rumore).

Le osservazioni sperimentali hanno permesso di evidenziare il comportamento non lineare dell'amplificazione originata dalla motilità delle cellule cigliate esterne. Considerando cioè l’ampiezza dello spostamento in termini di guadagno (ingresso/uscita), questo risulta molto più elevato per basse intensità di stimolazione che per alte intensità di stimolazione. Ciò può essere spiegato da un sistema che inietta energia attraverso meccanismi attivi, solo quando viene stimolato a bassa intensità. Nella Fig. 19 è riportata l'ampiezza del movimento della membrana basilare riferita al movimento della membrana timpanica. 


Fig. 18. Le CCE operano come amplificatore dei segnali acustici (v. testo).


Fig. 19. Ampiezza del movimento della membrana basilare riferita al movimento della MT (Johnstone 1986).


Le misure sono effettuate inviando un tono puro a diverse intensità di stimolazione. Come si vede il guadagno è molto elevato per le basse intensità di stimolazione nella regione di membrana basilare attorno alla frequenza caratteristica, mentre è indipendente dal livello di stimolazione nelle regioni più lontane (basse frequenze). Ciò indica che gli effetti delle cellule cigliate esterne determinano anche una fine sintonia del movimento meccanico con la frequenza dello stimolo. L'azione di amplificazione sulla risposta meccanica della coclea introduce un rilevante effetto di non-linearità. La Figura 20 evidenzia con la linea tratteggiata il comportamento del sistema se fosse lineare, dove uguali variazioni di intensità di stimolo producono uguali variazioni di spostamento (log/log).


Fig. 20. L’azione di amplificazione sulla risposta meccanica della coclea (v. testo) (Johnstone 1986).


In realtà nella coclea normale, l’ampiezza dello spostamento della MB alle basse intensità di stimolazione è molto più grande di quello previsto dalla funzione lineare. Ad intensità oltre 80 dB il comportamento della MB diventa lineare perchè la motilità delle OCH diventa ininfluente rispetto alle predominanti forze di viscosità (saturazione). Nelle lesioni cocleari viene perduta la funzione di guadagno per le basse intensità (la soglia uditiva si innalza) e la coclea diventa “passiva”, fornendo una risposta meccanica in relazione lineare con le variazioni di intensità dello stimolo.


Sintonia fine delle cellule cigliate

Ogni punto lungo la membrana basilare è sintonizzato su una specifica frequenza (frequenza caratteristica), dalle alte alle basse frequenze, progredendo dalla base all’apice. Alla frequenza caratteristica di una particolare cellula è sufficiente un’intensità minima per generare una risposta neurale (Fig. 21). La fibra nervosa connessa alla cellula, può essere attivata anche da frequenze diverse dalla frequenza caratteristica, ma in tal caso l’intensità dello stimolo deve essere più elevata. Le caratteristiche passive della membrana basilare contribuiscono in parte alla sintonia della coclea. Il contributo principale è fornito dalle caratteristiche fisiche ed elettriche delle cellule cigliate. Queste ultime infatti possiedono una particolare frequenza di risonanza alla quale rispondono preferenzialmente. Tale frequenza è dettata dalle caratteristiche sia meccaniche che elettriche della cellula. La frequenza a cui le stereociglia sono più sensibili dipende dalle loro proprietà di rigidità e di massa. La rigidità è inversamente proporzionale alla loro lunghezza, mentre la massa è direttamente proporzionale alla lunghezza. Le stereociglia sono fatte principalmente da filamenti di actina collegati uno con l’altro, che ne determinano la consistenza e la flessibilità. Esiste un elevato ricambio di questa componente proteica, spiegabile con l’elevata frequenza di vibrazione cui sono sottoposte le stereociglia, cosicché la loro lunghezza rimane costante.


Fig. 21. Sintonia neurale e meccanica (Sellick, 1982).


Un’altra proteina che interviene regolando il processo di ricambio è la miosina XV, particolarmente rappresentata sulla punta delle stereociglia, in misura maggiore sulle più lunghe. Le stereociglia sono più corte e più numerose alla base della coclea, rispetto all’apice, e ciò è in relazione alle proprietà di sintonia della coclea. Questa distribuzione inoltre costituisce una facilitazione per la trasduzione delle alte frequenze, perché stereociglia brevi hanno una maggior velocità angolare, mentre il loro numero elevato favorisce la generazione di più alti livelli di corrente.

La sintonia della coclea può essere influenzata dal sistema nervoso centrale, attraverso il fascio olivo-cocleare che origina dal complesso olivare superiore del tronco encefalico. Il fascio è suddiviso in due gruppi di fibre, mediale e laterale, rispetto all’origine nel complesso olivare. Il gruppo di fibre mediale è mielinizzato e contrae sinapsi con le cellule cigliate esterne. Il gruppo laterale è costituito da fibre amieliniche che contraggono sinapsi con i terminali nervosi afferenti delle cellule cigliate interne. L’attivazione delle fibre efferenti mediali riduce l’amplificazione fornita dalle cellule cigliate esterne. Ciò avviene con il rilascio del neuromediatore aceticolina, che provocando una variazione nel potenziale di recettore della cellula cigliata esterna, riduce l’entità della depolarizzazione, e quindi una diminuzione della risposta amplificata della membrana basilare. Gli effetti di questa azione si traducono in un allargamento della sintonia delle cellule cigliate e delle fibre afferenti, ed in un innalzamento della soglia di riposta.


In sintesi

La elevata sensibilità con cui la coclea può rispondere a stimoli acustici di basse intensità e la sua elevata specificità in frequenza (“tuning”) sono determinate dalle proprietà di mobilità attiva e contrattilità, peculiari delle cellule cigliate esterne. A queste, quindi è riservato un ruolo non di recettore primario, ma piuttosto di effettore, il cui compito è amplificare i segnali d’ingresso a favore delle cellule cigliate interne. Alle cellule cigliate interne spetta quindi pressochè esclusivamente il ruolo di governo dell’afferenza uditiva.

I fenomeni elettrici trans-membrana sono comuni per le cellule cigliate esterne ed interne. La deflessione cigliare, mutando i valori di conduttanza, produce variazioni della corrente di recettore e quindi di voltaggio dei potenziali di membrana (variazioni di polarizzazione). Quest’ultima variazione ha effetti diversi: nelle cigliate interne induce la liberazione di mediatore nello spazio sinaptico aumentando quindi la probabilità di scarica nel nervo.; nelle cigliate esterne induce una variazione di lunghezza (circa il 5%) del corpo cellulare, il cui effetto è di amplificare lo spostamento della membrana basilare. La motilità delle cigliate esterne, dipendente da variazioni voltaggio-dipendenti nei legami di specifiche proteine di membrana (prestina), si traduce in una serie di contrazioni ed allungamenti della cellula, che seguono le fasi dello stimolo.

Si ritiene che il processo attivo delle cellule cigliate esterne deva soddisfare un requisito di “velocità” in modo da assicurare la trasduzione di segnali che in certi mammiferi (cetacei) possono essere superiori a 100 kHz. Inoltre la forza generata dalle OHC deve essere in fase con la velocità della membrana basilare per contrastarne lo smorzamento dovuto alle forze viscose. Il meccanismo attivo della coclea ha quindi la funzione di un amplificatore che operando quando i segnali in ingresso sono di bassa intensità aumenta lo spostamento della membrana basilare, facilitando la trasduzione delle cellule cigliate interne). I fenomeni elettrici localizzati a livello della membrana cellulare non spiegano la operatività del meccanismo attivo a frequenze superiori a 6 kHz. Oltre tale frequenza infatti la membrana cellulare si comporta come un condensatore. I modelli più recenti ipotizzano altre sorgenti energetiche forse extracellulari, che potrebbero contribuire all’attività meccanica delle cellule cigliate esterne, facilitandone la risposta fino a frequenze di 100-140 kHz.


Omeostasi cocleare

L’orecchio interno possiede numerosi meccanismi (Tab. I) che assicurano l’integrità strutturale e l’equilibrio funzionale dell’organo nel tempo (omeostasi).

L’omeostasi richiede l’azione di sistemi biofisici e biochimici, che utilizzano l’energia metabolica delle cellule. Questi sistemi rispondono a segnali extra- ed intracellulari che riferiscono sulle condizioni del bilancio metabolico della cellula: variazioni del bisogno energetico, del pH, del bilancio elettrolitico, ed inoltre sull’azione locale di ormoni e di neuro-mediatori. I meccanismi di omeostasi agiscono con durate temporali diverse, da qualche msec, per ribilanciare gli elettroliti, a qualche ora quando è richiesta la risintesi di proteine controllate dall’informazione genetica. L’omeostasi si esprime a due livelli. Il primo consiste nel mantenimento dell’equilibrio individuale intracellulare. Il secondo nel mantenimento dell’equilibrio extracellulare all’interno dell’organizzazione multi-cellulare.

Nel suo complesso l’attività metabolica della coclea risponde quindi alla necessità di mantenere elevati tassi di ossigenazione e di glucosio, e nel contempo di permettere l’eliminazione di CO2 e di altri prodotti di scarto. I processi di omeostasi sono flessibili e possono adattarsi alle diverse condizioni in cui si può trovare la coclea. Per esempio un sovraccarico funzionale innesca delle difese biochimiche che sono essenziali per proteggere la struttura cellulare, sia in via diretta, che in via indiretta, proteggendo l’organo dai suoi stessi prodotti metabolici. Fra i numerosi aspetti dell’omeostasi saranno qui accennati i più importanti, cioè quelli relativi al metabolismo di base ed all’ossigenazione.

Diverse sostanze in forma di soluti possono passare dal sangue alla perilinfa; tuttavia esiste una barriera sangue-perilinfa che agisce come filtro selettivo fra i due comparti. Il glucosio è il più importante substrato energetico della coclea. Esso passa facilmente dal sangue alla perilinfa, dove viene mantenuto in riserva. Dalla perilinfa può passare all’endolinfa per mezzo di un’azione di trasporto (GLUT1) effettuata dalla stria vascolare. Un altro sistema di trasporto (GLUT5) permette la captazione di glucosio da parte delle cellule cigliate. L’ATP (adenosintrifosfato) costituisce la fondamentale forma chimica di energia biologica. I livelli di ATP nelle cellule rimangono pressoché costanti, anche durante condizioni di elevata funzionalità dell’orecchio interno, in corrispondenza dei quali vi è un’aumentata domanda energetica dall’organo del Corti e dalla stria vascolare. 


METABOLISMO DI BASE
O2, glucosio, ATP
FLUSSO EMATICO
Sistema di regolazione adrenergico
REGOLAZIONE
INTRACELLULARE
Processi di membrana: enzimi, processi di trasporto,
canali ionici, ciclo del Ca2+)
EQUILIBRIO IONICO
DEI FLUIDI
Sodio/potassio, regolazione pH, regolazione dei volumi
COMUNICAZIONE
INTERCELLULARE
Adesività: glicoproteine, caderine...
Trasferimenti: proteine di giunzione lassa, gap, Ossido Nitrico lassa, gap, Ossido Nitrico

Tab. I. Meccanismi dell’orecchio interno che assicurano l’omeostasi cocleare.


Ciò avviene compensando l’elevato consumo di ATP con un’accelerazione dei processi di sintesi della molecola. La richiesta di glucosio da parte delle cellule è soddisfatta facilitandone il trasferimento dal torrente ematico. Poiché una conseguenza del metabolismo del glucosio è la produzione di protoni, tale attività si associa con un’acidificazione. L’acidificazione a sua volta causa vasodilatazione, una condizione che aumenta la disponibilità di glucosio. L’apporto ematico alla coclea è quasi tutto fornito dai tessuti della parete laterale del dotto cocleare. Stimoli sonori di moderata intensità accelerano la microcircolazione ed aumentano la concentrazione perilinfatica di O2. Al contrario una condizione pre-patologica come la sovrastimolazione acustica causa una vasocostrizione ed una ridotta captazione di glucosio. Questi meccanismi, mutualmente dipendenti costituiscono un esempio di mantenimento attivo dell’omeostasi cocleare. Oltre che da sistemi di controllo locale, il flusso ematico cocleare è regolato come ogni altro organo corporeo da fattori sistemici (pressione arteriosa, ritmo cardiaco, ossigenazione ematica, ormoni). Ad esempio il sistema nervoso autonomo, in particolare fibre simpatiche b-adrenergiche controllano il tono dei vasi cocleari a livello del modiolo, della lamina spirale ossea e forse della stria vascolare. Un altro importante fattore di regolazione del tono vascolare cocleare è l'ossido nitrico (NO). Esso causa vasodilatazione locale nei capillari del legamento spirale, della stria, e dell'arteria modiolare.

1.2.1.4 Nervo acustico e vie uditive centrali

Le forme d’onda acustica, una volta trasformate in segnali neurali dalla coclea, vengono elaborate dall’intero sistema uditivo centrale, le cui strutture anatomiche interagiscono continuamente le une con le altre. I pattern neurali generati alla periferia del sistema uditivo vengono processati e ridefiniti in codici sempre più complessi ascendendo dal tronco encefalico fino alle aree di associazione corticale.

Le fibre che costituiscono il nervo acustico hanno il soma nel nucleo spirale della coclea. Esse vengono depolarizzate dalle cellule cigliate interne della coclea e trasmettono l’informazione che proviene dalle diverse regioni della membrana basilare, tendendo ad attivarsi in fase con la frequenza degli stimoli. Il nervo acustico dell’uomo ha una sezione di circa 1,75 mm2, e contiene approssimativamente 31000 fibre. Nel nervo le fibre assumono un andamento a spirale, simile a quello della coclea, con le fibre sulla periferia del nervo in connessione con le regioni basali della coclea e quelle al centro del nervo in connessione con l’apice.

Esistono sette principali stazioni lungo la via uditiva centrale (Fig. 22), dove i pattern neurali vengono elaborati e talvolta confrontati con pattern neurali di altre modalità sensoriali. Le stazioni, procedendo dal basso sono: i nuclei cocleari (CN) nel bulbo, il complesso olivare superiore (SOC) nel ponte, i nuclei del lemnisco laterale (LL), il collicolo inferiore (IC), il collicolo superiore (SC) nel mesencefalo, il corpo genicolato mediale (MGB) nel talamo, ed infine la corteccia uditiva (AC) nel telencefalo.

Il CN è suddiviso in due principali nuclei, il ventrale ed il dorsale. Il SOC è in realtà un insieme di nuclei, i principali dei quali sono il nucleo del corpo trapezoide (TB), i nuclei olivari superiori mediale e laterale. Anche il LL è composto da tre suddivisioni, ventrale, intermedia e dorsale. L’IC ed il MGB hanno due suddivisioni. La corteccia uditiva primaria nell’uomo costituisce il giro di Hirschl e si trova nel giro temporale superiore del solco soprasilviano (v. Fig. 9 capitolo successivo). 


Fig. 22. Schema delle vie uditive centrali.


La corteccia uditiva primaria è connessa con le altre aree associative e con l’area uditiva controlaterale. I pattern di eccitazione dal nervo uditivo passano al nucleo cocleare (ventrale). L’informazione da ciascun nucleo viaggia verso la corteccia ipsilaterale o controlaterale. Quest’ultima proiezione, crociata, è predominante (circa 75%). Il nucleo cocleare è connesso al complesso olivare superiore controlaterale attraverso il nucleo del corpo trapezoide. Nel complesso olivare, e nei centri più alti vi è una innervazione bilaterale proveniente dai due recettori periferici, che è in relazione alla binauralità (direzionalità) ed alla localizzazione uditiva. Fra complessi olivari e collicoli vi sono numerosi incrociamenti della via uditiva. Dal collicolo inferiore le fibre sono dirette al collicolo controlaterale, al corpo genicolato ed al collicolo superiore. In questa sede le informazioni della localizzazione sonora si integrano con l’informazione spaziale visiva. Anche il corpo genicolato è sede di processi di integrazione con informazioni che arrivano dalla corteccia uditiva, visiva e dal sistema propriocettivo. La corteccia uditiva primaria è in connessione con aree associative che presiedono alle intercorrelazioni fra udito e visione durante la percezione e la produzione del linguaggio, così come alle funzioni più elevate di comprensione. Dalla corteccia uditiva primaria l’informazione è trasferita all’emisfero cerebrale controlaterale attraverso il corpo calloso, un grande fascio di fibre di connessione inter-emisferica. I pattern neurali contenenti informazione di tipo linguistica è trasferita prevalentemente all’emisfero dominante, ritenuta la sede ove il linguaggio viene decodificato.

Lungo tutta la via uditiva dal nervo alla corteccia si può riconoscere un’organizzazione tonotopica. Ciò significa che i neuroni sono orientati in modo da preservare l’ordinamento della scala di frequenza. Così l’analisi in frequenza effettuata dalla coclea (distribuzione spaziale sulla membrana basilare) si replica lungo tutta la via uditiva, permettendo così il riconoscimento delle frequenze secondo un codice spaziale (“place”). Ai livelli più alti della via uditiva esistono inoltre importanti connessioni con altri sistemi di modalità sensoriali differenti. Ad esempio proiezioni uditive al cervelletto permettono l’interazione con modalità tattili e propriocettive.

Oltre alle fibre afferenti, nella via uditiva si possono riconoscere importanti componenti efferenti, che partendo dalla corteccia raggiungono la coclea. Il sistema efferente fornisce un controllo retroattivo, mentre i pattern neurali ascendono dalla periferia alla corteccia. Dal complesso olivare superiore il sistema efferente proietta sulla coclea ipsi- e controlateralmente, contraendo sinapsi per la massima parte con il sistema delle cellule cigliate esterne.

1.2.1.5 Neurofisiologia del sistema uditivo

Il sistema uditivo, diversamente da quello visivo, è strutturato per processare l’informazione temporale piuttosto che quella spaziale. Infatti la via uditiva centrale è caratterizzata da un canale d’ingresso, il nervo uditivo, a capacità ridotta (30000 = 3*104 neuroni), un elevato numero di nuclei destinati al processamento dei pattern neurali, ed una marcata espansione nel numero di neuroni procedendo dalla periferia alla corteccia uditiva primaria (106-7) ed alle cortecce associative. Questo sistema è responsabile della codifica delle dimensioni acustiche: frequenza, tempo ed intensità.


Codifica di frequenza

La frequenza e l’insieme di frequenze che costituiscono i suoni complessi, sono codificate a livello neurale per mezzo di due meccanismi, il primo basato su un’informazione temporale (periodo), il secondo basato sulle caratteristiche spaziali determinate dalla tonotopicità.

Il codice temporale è il risultato della capacità di ogni neurone di rispondere con un potenziale d’azione in coincidenza temporale alla fase di uno stimolo sinusoidale. 


Fig. 23. Espansione della via uditiva, dalle cellule cigliate interne (3.000) alle unità neurali corticali (10 6-7) coinvolte nella percezione uditiva.


Fig. 23a,b,c. Codifica di frequenza (v. testo).


La coincidenza non è perfetta (Fig. 23a), dato il regime probabilistico con cui si attua la depolarizzazione delle fibre, tuttavia una rappresentazione precisa del periodo dello stimolo, e quindi dell’informazione di frequenza, si ottiene dall’insieme di più fibre che rispondono alla stessa sinusoide (Fig. 23c: convergenza). Le caratteristiche di risposta di una singola fibra ad uno stimolo sinusoidale vengono riportate su grafici in cui si pongono in relazione il numero di spike/s con gli intervalli di tempo misurabili fra ogni spike ed il successivo. Il grafico b) nella Figura 23 mostra la risposta di una unità di un nucleo cocleare, ad uno stimolo di 500 Hz. Un elevato numero di spike ha un intervallo di 2 msec (il periodo di 500 Hz), un numero inferiore di spike ha un intervallo di 4 msec, ed un numero trascurabile con intervalli di 6, 8 msec. Ciò indica che l’unità risponde preferibilmente a tutte le fasi dello stimolo, ma se ciò non accade, risponderà alla fase immediatamente successiva (4 msec di intervallo), oppure, più raramente, alle fasi seguenti (6 msec, 8msec). È evidente che i tempi in cui si distribuiscono le probabilità di risposta dell’unità, sono multipli del periodo dello stimolo (500 Hz, 2 msec). Si ritiene che tale meccanismo possa fornire una rappresentazione della frequenza fino a circa 4 kHz. Per frequenze superiori la capacità della fibra di rispondere sulle fasi dello stimolo si riduce a causa dei periodi di refrattarietà assoluta di ciascuna fibra.

Il secondo meccanismo è dato dalla tonotopicità, e cioè dal fatto che i neuroni della corteccia uditiva rispondono selettivamente all’attivazione di precise regioni della membrana basilare. Lungo tutta la via uditiva è possibile registrare la risposta di un singolo neurone in forma di “curva di sintonia”. Nella Fig. 24 sono rappresentate 5 serie di risposte ottenute nella cavia. Ogni serie di risposte può essere considerata come l’audiogramma di una singola fibra, e cioè ogni punto della curva rappresenta la combinazione di intensità e frequenza dello stimolo a cui la fibra fornisce una risposta (la risposta è data dalla variazione del ritmo di scarica a riposo). La frequenza cui la fibra risponde per la minima intensità è detta frequenza caratteristica. 


Fig. 24. Risposte di sintonia neurale (curve di sintonia o tuning curves).


Ciascuna fibra è in grado di rispondere anche quando la coclea è attivata da frequenze diverse dalla frequenza caratteristica, ma in tal caso l’intensità dello stimolo deve essere aumentata. Ad intensità di oltre 90 dB una singola fibra è in grado di rispondere a stimoli di frequenza molto diversa. È evidente che la parte appuntita della curva rappresenta la risposta selettiva per la frequenza, e si ritiene che ciò avvenga grazie all’azione meccanica delle cellule cigliate esterne. Le diverse intensità cui cominciano a rispondere le unità rappresentate nella figura, sono in relazione alla sensibilità uditiva dell’animale, che è massima a frequenze superiori rispetto all’uomo.

Un ulteriore meccanismo che affina la risposta specifica in frequenza delle singole fibre è dato dall’inibizione laterale. A questo meccanismo contribuisce particolarmente una popolazione di cellule “stellate” nel nucleo cocleare ventrale. Queste si attivano quando assieme allo stimolo di frequenza caratteristica si associa uno stimolo di frequenza contigua. L’effetto è di inibire la risposta dell’unità che è attiva per la frequenza caratteristica, in modo da renderla insensibile a stimoli di frequenza contigua. Il risultato è un assottigliamento della curva di sintonia, cioè una risposta più selettiva in frequenza. Probabilmente questo meccanismo è importante nel riconoscimento di suoni complessi come il linguaggio, e nell’ascolto in condizioni di rumore. Nella Figura 25 è schematicamente rappresentato l’effetto di una inibizione laterale in una unità del nucleo cocleare: da notare la scala delle frequenze, differente dal grafico precedente.


Codifica d’intensità

Il normale campo della sensazione di intensità (loudness) si estende da 0 a 100-120 dB, e ciò dipende dal ritmo di scarica medio della popolazione neuronale attivata. Tuttavia ciascun neurone centrale non ha la capacità di rispondere entro un campo così ampio di intensità: per lo più il campo dinamico delle singole unità è di soli 20-50 dB, dalla soglia al punto in cui la risposta si satura. Ciò nonostante l’intensità può essere codificato entro un campo ampio se la popolazione di neuroni ha una dinamica differenziata, ad esempio unità a bassa soglia ed unità a soglia più elevata. 


Fig. 25. Inibizione laterale.


Infatti i neuroni uditivi possono essere classificati in due gruppi: quelli con un elevato ritmo di scarica a riposo hanno una bassa soglia di attivazione, quelli con ritmo a riposo più lento hanno una soglia di attivazione più elevata (Fig. 26). In tal modo i centri che ricevono dalle fibre del nervo cocleare (nuclei cocleari) possono rispondere con ritmi di scarica che crescono progressivamente fino a 100 dB sopra la soglia.


Risposte neurali nel tronco-encefalo

Oltre alla codifica di frequenza ed intensità, numerose altre caratteristiche delle forme acustiche devono trovare rappresentazione nei pattern neurali diretti alla corteccia uditiva. La numerosità dei nuclei e sub-nuclei a sede sottocorticale infatti rende ragione della complessità di queste elaborazioni. Qui accenneremo solo brevemente ad alcune risposte registrabili nelle unità neurali tronco-encefaliche. 


Fig. 26. I neuroni uditivi possono essere classificati in due gruppi (v. testo).


Fig. 27. Principali modalità di risposta dei neuroni uditivi a livello tronco-encefalico.

All’interno di ciascuna delle stazioni nucleari sottocorticali ci sono gruppi di unità neurali che rispondono agli stimoli con modalità relativamente autonoma e “speciale”. Il risultato è che ad ogni livello anatomico esistono rappresentazioni multiple della coclea. Così alla rappresentazione strettamente tonotopica delle frequenze si aggiungono altre caratteristiche destinate ad influenzare “in parallelo” (simultaneamente) le stazioni di elaborazione superiori. Che in ogni nucleo vi siano unità neuronali adibite a generare risposte specifiche è anche testimoniato dalla loro diversità nella morfologia cellulare (stellate, “octopous”, bipolari, ed altre). Nella Figura 27 sono schematicamente riportate alcune delle principali modalità di risposta evidenziate da queste cellule. Come si vede per lo più esse sono sensibili alle fasi iniziali dello stimolo, ma altre forniscono risposte specifiche alle caratteristiche di durata temporale dello stimolo.

Oltre a queste unità ne esistono altre che rispondono preferibilmente a stimoli modulati in ampiezza o in frequenza, con una capacità di risposta dipendente dalla risposta fornita dai neuroni della stazione inferiore. Come si è accennato in precedenza la popolazione neurale cresce significativamente dal nervo al collicolo inferiore e al corpo genicolato mediale. Queste due strutture ricevono fibre prevalentemente di terzo ordine, ma anche di ordine inferiore o superiore. Questa organizzazione permette di comparare i segnali in arrivo a sé stessi (autocorrelazione), sfruttando i diversi ritardi sinaptici, ad esempio fra connessioni di II e III ordine. Si ritiene che processi di autocorrelazione siano alla base della percezione delle modulazioni.


Codifica binaurale

L’abilità di localizzare le sorgenti sonore dipende dalle differenze di intensità e tempo con cui i suoni raggiungono le orecchie. Il complesso olivare superiore ed il collicolo inferiore sono i centri dove vengono elaborate le informazioni relative alle differenze interaurali. 


Fig. 28. Nucleo cocleare e complesso olivare superiore.


I neuroni che provengono dai nuclei cocleari costituiscono due proiezioni verso l’oliva superiore: diretta ed incrociata. La Figura 28 evidenzia schematicamente che ciascun neurone dell’oliva ha due sinapsi, una per la connessione diretta, l’altra per la connessione crociata. Questi neuroni sono definiti “eccitatori-inibitori”, perché le loro risposte sono controllate dalle differenze interaurali di tempo ed intensità degli stimoli. In generale l’attivazione del neurone ipsilaterale ha un effetto inibitorio su tali unità, mentre l’attivazione controlaterale ha un effetto eccitatorio, ma questi effetti si evidenziano solo con una stimolazione binaurale, nella quale vengono introdotte piccole disparità interaurali di intensità e di tempo. Per stimoli di frequenza grave i cicli di eccitazione-inibizione vengono regolati dalle differenze di fase dello stimolo, con massimi di eccitazione quando gli stimoli binaurali sono in fase o in cadenza con i multipli del periodo, e con inibizione per stimoli fuori fase.

Nel collicolo inferiore vi sono neuroni che rispondono specificatamente ai ritardi temporali interaurali, indipendentemente dalla frequenza e dall’intensità. Nella Figura 29 sono riportate le risposte di un’unità con queste caratteristiche, per stimoli di diversa frequenza. 


Fig. 29. Risposta neurale a differenze interaurali di tempo.


Come si vede l’unità tende a rispondere al massimo (spikes/s) per intervalli interaurali attorno a 150-160 msec. Tuttavia esistono anche altri successivi picchi di risposta, che si ripetono ad intervalli uguali al periodo dello stimolo usato. Altri neuroni sono sensibili alle differenze interaurali di intensità, e da quest'ultimi dipende la localizzazione delle alte frequenze. Anche nel collicolo, le proiezioni che arrivano ipsilateralmente hanno un generale effetto inibitorio.


Corteccia uditiva

La principale area uditiva corticale è localizzata nel giro di Hirschl (Fig. 30). Questa struttura occupa la scissura di Silvio, approssimativamente i due terzi posteriori della superficie superiore del lobo temporale (piano sopratemporale).

Nell’uomo le dimensioni di questa struttura sono più grandi nell’emisfero dominante (larghezza 3,6 cm vs, 2,7 cm), probabilmente in relazione alle funzioni ricettive del linguaggio. Nella corteccia i neuroni assumono tre tipi di forma: piramidale, stellata e fusiforme. Inoltre vi si possono distinguere 6 strati di cellule distinti per il tipo, la densità, l’organizzazione delle cellule. In tutti gli strati, eccetto il primo, vi sono cellule che rispondono alle stimolazioni acustiche. In generale i neuroni corticali conservano la proprietà di rispondere sintonizzandosi sulla frequenza di stimolazione, in modo analogo a quelli della periferia e della via uditiva centrale. Tuttavia fra di essi esiste una notevole diversità nelle modalità con cui rispondono a stimoli diversi (Fig. 31). Per esempio non tutti rispondono a stimoli acustici, e fra questi solo il 60% risponde a toni puri. Una piccola proporzione risponde a stimoli visivi, il 20% risponde solo a stimoli complessi. In generale sembra che i neuroni corticali siano in proporzione più sensibili agli aspetti temporali degli stimoli, piuttosto che alle caratteristiche di frequenza ed intensità. Alcuni di essi (10%) sono sensibili a variazioni continue in frequenza, alcuni di essi a variazioni discendenti, altri a variazioni ascendenti. Queste cellule inoltre sono anche sensibili alle direzioni di provenienza di un suoni. Nei primati, e verosimilmente nell’uomo, esistono unità che rispondono specificatamente ai vocalizzi propri della specie, ma non di altre specie. La codifica di eventi transitori effettuata dalla corteccia è in relazione alle funzioni di risoluzione temporale, ed è differente dalla codifica della periodicità. Un esempio di eventi transitori è dato dalla presenza di 2 click: se sono separati da un tempo minimo di 2-3 msec sono percepiti come due oggetti, l’uno precedente il secondo (effetti d’ordine). 


Fig. 30. Area uditiva corticale.


Fig. 31. Corteccia uditiva dl gatto (Evans).


La codifica temporale nella corteccia ha particolare importanza per le abilità di localizzazione Molti neuroni nella corteccia sono sensibili alle differenze interaurali, e tendono a rispondere selettivamente a stimoli presentati all’orecchio controlaterale.

Come nel tronco encefalico anche nella corteccia uditiva dei primati esiste un’organizzazione tonotopica, con le frequenze gravi rappresentate anteriormente e di lato, e le frequenze acute rappresentate posteriormente e medialmente. Le cellule danno risposte con curve di sintonia molto strette, e tali caratteristiche permettono di ricostruire le mappe corticali di iso-frequenza: in tal modo vengono localizzate le unità che rispondono ad un’unica frequenza. Le unità che rispondono a toni differenti per una ottava (un raddoppio di frequenza) sono divise da uno spazio di circa 2 mm. La tonotopicità corticale è soggetta a fenomeni di plasticità: se una certa regione corticale è deprivata del suo ingresso (ad esempio per una sordità selettiva sulle frequenze corrispondenti), dopo circa 3 mesi essa comincia a rispondere alle frequenze che normalmente attivano le regioni corticali contigue all’area deprivata. In tal modo il tessuto corticale permane attivo, anche se l’organizzazione tonotopica è diversa.

Le aree uditive corticali dei due lati sono connesse far loro da fibre neurali appartenenti al corpo calloso. Questa struttura, collocata alla base della lunga scissura interemisferica costituisce la principale connessione fra i centri omologhi delle due metà del cervello. La metà posteriore del corpo calloso è costituita anche da fibre uditive. Il ridotto funzionamento di questa connessione determina una difficoltà nella decodifica di segnali binaurali (dicotici), come ad esempio l’ascolto monolaterale con competizione controlaterale.


Neurotrasmettitori

I neurotrasmettitori sono agenti neurochimici deputati alla comunicazione fra neurone e neurone attraverso le sinapsi. Il tipo di neurotrasmettitore e di sinapsi influenzano molte caratteristiche della funzione uditiva e dei meccanismi di processamento dei pattern neurali. La sinapsi è l’anello di congiunzione fra i neuroni. Essa è costituita dal bottone sinaptico dell’assone il quale può comunicare chimicamente con un dendrite, oppure con un soma neuronale, o con un altro assone. 


STRUTTURE
MEDIATORE
Cigliate interne-nervo
Glutammato
Cigliate esterne-nervo
Ach, GABA
Nervo- nucleo cocleare
Glutammato-aspartato
Nucleo cocleare
Ach, GABA, glicina
Oliva. superiore
Quisqualato, NMDA, glutammato, GABA, glicina
Collicolo inf
Glutammato, NMDA, glicina, aspartato
Corteccia
? ACh, peptidi oppioidi
Sistema efferente
Ach, encefaline, dinorfine
GABA: ac. gamma amino butirrico; Ach: acetilcolina; NMDA: N-metil-D-aspartato

Tab. II. Neurostrasmettitori del sistema uditivo.


Il neurotrasmettitore contenuto in vescicole, dopo liberato nello spazio sinaptico si lega a proteine (recettori) collocate sulla membrana cellulare del neurone adiacente. In conseguenza del legame si attua una cascata di eventi che portano alla depolarizzazione del neurone che ospita i recettori. Uno di essi è la variazione di concentrazione ionica trans-membrana, che induce una variazione del potenziale di recettore post-sinaptico. Per una quantità critica di neurotrasmettitore la cellula si depolarizza e risponde con un potenziale d’azione. Un neurotrasmettitore eccitatorio produce questo tipo di risposta. Al contrario, un neurotrasmettitore inibitorio iperpolarizza la membrana cellulare post-sinaptica, rendendo la cellula scarsamente o per nulla eccitabile.

Non è del tutto chiaro quanti e quali trasmettitori operano nel sistema uditivo. Nella Tabella II sono riportati i neurotrasmettitori che con maggior probabilità si ritiene intervengano nella trasduzione neurale lungo la via uditiva.

1.2.1.6 Anatomo-fisiologia della tuba

L’orecchio medio (OM) e la mastoide formano un’unica cavità rigida rivestita da mucosa e normalmente piena d’aria ad una pressione uguale a quella atmosferica L’omeostasi pressoria dell’OM è condizione necessaria per la normale funzione uditiva e per la prevenzione dell’otite effusiva, delle cosiddette malattie dell’OM da retrazione, nonché di una sene di disturbi che vengono genericamente denominati come “sintomi di disfunzione tubarica”. Questi disturbi sono: sensazione di pienezza auricolare, suono ovattato o troppo forte, autofonia, acufeni, click o rumori “d’acqua” ai movimenti di deglutizione o sbadiglio.

Come schematizzato nella Figura 1, il mantenimento dell’omeostasi pressoria dipende da due meccanismi: la diffusione dei gas in entrambe le direzioni attraverso la mucosa e la ventilazione attraverso la tuba. Come risultato finale la tensione parziale di ognuno dei gas (azoto, anidride carbonica, ossigeno ed acqua) è molto simile a quella misurabile nel sangue venoso.


Fig. 1. L’omeostasi pressoria dell’orecchio medio dipende dalla diffusione di gas attraverso la mucosa e, con un ruolo minore, dal passaggio di aria attraverso la tuba.


1) La diffusione del gas attraverso la mucosa è regolata da due fattori:

a) la superficie totale della mucosa — maggiore è la pneumatizzazione della mastoide, vale a dire la superficie di mucosa che delimita le cavità dell’OM e della mastoide, tanto più rapida – mente l’orecchio è in grado di tamponare le variazioni di pressione dei diversi gas;

b) lo stato della mucosa dell’OM — nella mucosa infiammata/iperemica, come in caso di otite, lo scambio di gas è molto aumentato. In generale, lo scambio gassoso è rapido e regolato dai meccanismi di diffusione per CO2 e per O2, mentre è lento e regolato dalla perfusione ematica della mucosa per N2.

2) La ventilazione attraverso la tuba ha un ruolo marginale rispetto alla diffusione del gas attraverso la mucosa, infatti in condizioni normali passa dalla tuba una quantità d’aria molto piccola, solo 1-2 ml al giorno. Tuttavia, la tuba interviene nel correggere sbalzi pressori rapidi (volo in aereo, immersioni subacquee, camera iperbarica, ecc.) ed ha in questo un ruolo fondamentale. Infatti, gradienti pressori di ±250 mmH2O vengono facilmente neutralizzati con 2-3 atti deglutitori.

È interessante ricordare come sino a non molti anni fa si dava ancora credito alla classica teoria dell’idrope ex-vacuo, proposta da Politzer (1876) e da Bezold (1883). Secondo questa teoria l’ossigeno consumato dalla mucosa dell’OM deve essere rapidamente rimpiazzato da una uguale quantità che entra attraverso la tuba. Se la tuba è ostruita, si produce una pressione negativa che provoca una trasudazione di acqua. La patogenesi dell’otite effusiva veniva pertanto attribuita esclusivamente ed in modo piuttosto semplicistico alla ostruzione tubarica. Altre due funzioni della tuba sono il drenaggio e la protezione, entrambe svolgono un ruolo significativo nella patogenesi dell’otite.

3) Il drenaggio. Il movimento mucociliare sulla superficie tubarica fu descritto da Sadè nel 1997: esso permette la fuoriuscita di detriti cellulari, muco ed essudati dall’OM verso l’ostio rinofaringeo. Nelle otiti, flogosi virali ed esposizione al fumo la tuba perde la sua capacità di drenaggio anche se resta anatomicamente pervia. Si possono infatti osservare la perdita delle ciglia o del loro movimento (Fig. 2), alterazioni nella quantità e composizione del muco o dei fluidi periciliari.


Fig. 2. Movimento ciliare: onde metacronali.


4) La protezione. La tuba è normalmente chiusa e come si può osservare in Figura 3, il suo lume è generalmente virtuale. Essa infatti si apre solo negli atti deglutitori, nello sbadiglio, nella manovra di Valsalva o nella condizione patologica di “tuba beante”.

La normale chiusura del lume garantisce una costante barriera nei confronti dei virus e dei batteri che colonizzano normalmente il rinofaringe, come pure nei confronti dei rapidi sbalzi pressori che si creano nel rinofaringe durante lo sternuto, nella forte soffiata di naso, oppure nello sniffing (l’atto di tirare su col naso, tipico dei bambini). 


Fig. 3. Sezione trasversale di tuba, nella quale si osserva il lume sostanzialmente virtuale.


Anche il rigurgito ed il reflusso gastro-esofageo possono determinare la risalita nell’orecchio medio di materiale infetto od irritante, qualora venga a mancare la barriera tubarica. La mancata chiusura della tuba può infine produrre una fastidiosa autofonia (sensazione della propria voce nell’orecchio durante la fonazione). Semplice sensazione che può tuttavia trasformarsi in un serio problema nel cantante, se pensiamo che un soprano quando emette un acuto in ff (fortissimo) produce nel rinofaringe una pressione acustica che può superare 120 dBA. La trasmissione di uno sbalzo pressorio dal rinofaringe all’OM, può avere effetti gravi in alcune condizioni patologiche dell’orecchio quali l’acquedotto vestibolare allargato o la fistola perilinfatica. Lo spostamento della finestra ovale e/o della rotonda è infatti 5 volte maggiore per uno sbalzo pressorio nella cavità dell’OM rispetto ad un uguale sbalzo pressorio nel condotto uditivo esterno a membrana timpanica integra.


Classificazione delle disfunzioni tubariche

Le disfunzioni tubariche sono di tipo ostruttivo, o all’opposto, da pervietà anomala.

I disturbi ostruttivi possono essere meccanici o funzionali:

1) quelli meccanici sono:

a) intrinseci, causati da edema della mucosa o da deficit del surfattante,

b) estrinseci. L’ostruzione estrinseca può essere:

fisiologica, come ad esempio quando un soggetto è in posizione supina

oppure

patologica, secondaria a compressione/ostruzione all’ostio faringeo (adenoidi, polipi antro-coanali, carcinoma del rinofaringe), all’ostio timpanico (colesteatomi, polipi dell’OM), od infine lungo il decorso della tuba (meningiomi od altri tumori della base cranica).

2) quelli funzionali sono caratterizzati da un persistente collabimento della tuba per un deficit muscolare nel suo meccanismo di apertura, per una riduzione della compliance legata a modificazioni delle proprietà elastiche fibro-cartilaginee o per entrambi. Nella apertura della tuba durante la deglutizione (funzione attiva delta tuba) intervengono vari muscoli: il più importante è il tensore del velo ed in particolare i suoi fasci mediali che costituiscono il cosiddetto muscolo dilatatore. L’ostruzione funzionale è più frequente nel bambino ed in molti casi è legata a fattori normali o patologici dello sviluppo. Il miglioramento delle funzioni tubariche con l’età è legato alle variazioni nella forma e rapporti della base cranica con il massiccio facciale, alla maturazione delle strutture tubariche e peritubariche, alla maturazione del riflesso neuromuscolare che modula l’apertura della tuba in risposta a stimoli fisiologici.


La pervietà anomala, vale a dire la difettosa chiusura del lume tubarico a riposo ha un’incidenza che raggiunge il 3% della popolazione in alcune casistiche. Esistono gradi diversi che vanno da forme lievi in cui la tuba è saltuariamente aperta a riposo, sino a forme conclamate in cui la tuba è sempre aperta tranne quando il soggetto si mette disteso. I sintomi sono una marcata e talora fastidiosissima autofonia, la percezione del rumore prodotto dal flusso respiratorio nasale, il miglioramento dei sintomi dopo lo sniffing ed, all’opposto, il peggioramento dopo il Valsalva.

La diagnosi è immediata solo nei casi di tuba costantemente pervia. Il paziente, in posizione seduta, viene invitato ad eseguire delle respirazioni forzate con il naso, tappando la narice controlaterale. Si possono evidenziare in questo modo un movimento della M.T. sincrono con gli atti respiratori. Questi movimenti sono registrabili dall’impedenzometro in modalità riflesso. La diagnosi è importante poiché la pervietà anomala sarebbe responsabile di OME (sino al 60-70% del casi di otite effusiva nel bambino) e di patologie da retrazione sino al colesteatoma.


Test clinici per lo studio della funzionalità tubarica

La funzionalità tubarica presenta una notevole variabilità interindividuale ed una elevata variabilità intraindividuale in momenti diversi della giornata: esistono infatti sia un ritmo circadiano tubarico correlato con i ritmi circadiani nasali, sia più rapide variazioni della durata di poche ore. In alcuni casi la tuba può essere alternativamente beante e chiusa nell’arco di pochi secondi. In condizioni patologiche, come nel caso di otite, la variabilità è ancor più accentuata rispetto alle condizioni di orecchio sano.

Per tutti questi motivi nella valutazione di un singolo caso clinico i test di funzionalità tubarica non sono affidabili e misurare la funzionalità tubarica può essere frustrante come misurare la lunghezza di un bruco che cammina.

Tuttavia, l’ostruzione tubarica organica deve essere sempre riconosciuta perché può essere secondaria ad una patologia espansiva/neoplastica con prognosi infausta se non trattata adeguatamente e tempestivamente. Per questo motivo gli eventuali test audiologici vanno sempre integrati e preceduti da un’attenta anamnesi, da un’obiettività accurata delle prime vie respiratorie, generalmente con una endoscopia a fibre ottiche e da una TC o RMN del rinofaringe e base cranica. Dopo queste premesse, possiamo ricordare che nella pratica clinica la pervietà della tuba può essere valutata solo con test qualitativi: la manovra di Valsalva, l’insufflazione di Politzer, il cateterismo tubarico ed il test di Toynbee, associati o meno alla timpanometria. In laboratorio è possibile studiare l’omeostasi pressoria e quindi la tuba con test più complessi di tipo quantitativo che utilizzano la manometria e la sonometria. La maggior parte di queste tecniche richiedono procedure lunghe e strumentazioni sofisticate, quali camere pressurizzate, generatori di suono e microfoni miniaturizzati. La manovra di Valsalva (1704) consiste nell’iniezione forzata di aria attraverso la tuba a naso tappato e palato molle sollevato (Fig. 4). 


Fig. 4. Manovra di Valsalva.


Fig. 5. Test di Pagnini (1976): il picco del timpanogramma viene misurato tre volte, ovvero tracciato di base (1), dopo Valsalva (2) e dopo deglutizioni ripetute per 30” (3).


Circa l’80% degli adulti normali è in grado di eseguirla correttamente, mentre, anziani e bambini non sono generalmente in grado di creare una pressione sufficiente in rinofaringe. Il test costituisce una misura qualitativa della capacità di apertura passiva della tuba e se positivo esclude una ostruzione organica della tuba.

Altre manovre di iniezione d’aria sono la manovra di Politzer (1873), vale a dire l’insufflazione con oliva nasale e chiusura del velo facendo ripetere una /ga/ o /ka/, ed il cateterismo tubarico. All’opposto manovre di deplezione d’aria comprendono la manovra inversa di Valsalva (manovra di Müller) e lo sniff test (inspirazione forzata attraverso il naso). In tutte queste manovre si ricerca il movimento della M.T. od il passaggio di aria in presenza di perforazione e per una valutazione parzialmente quantitativa sono generalmente associate all’impedenzometria. Tra i test impedenzometrici i più usati sono quello di Pagnini (Fig. 5) e quello a nove passaggi di Bluestone (1975).

Nella valutazione preoperatoria i test di funzionalità tubarica “could be safely omitted” (Smith, 1980). Le scelte chirurgiche devono infatti basarsi su più considerazioni: patologia, stato della mucosa, pneumatizzazione, possibilità di follow-up, età, funzione uditiva, esperienza dell’operatore ecc. (Babighian, 1993). II sondaggio intraoperatorio della tuba ha dimostrato la presenza di un’ostruzione organica in meno del 2% dei casi di otite cronica operati di timpanoplastica. La manovra (Fig. 6) non è esente da rischi, se consideriamo che lo spessore della lamina ossea che separa la tuba dal canale della carotide è mediamente di 0,15 mm (Fig. 7). Inoltre, le cellule peritubariche possono creare una falsa strada nel sondaggio.

Esiste una terapia per la disfunzione tubarica?

L’efficacia della terapia medica sulla disfunzione tubarica è assai dubbia. I decongestionanti locali (spray, gocce) sono efficaci nel migliorare la pervietà nasale in quanto agiscono su una mucosa di notevole spessore e con ricchezza di sinusoidi. La mucosa della tuba è invece molto sottile e dotata di pochi sinusoidi. Non esistono dati a sostegno di una maggior efficacia dei decongestionanti orali adrenergici rispetto al placebo nel trattamento dell’otite effusiva e nel miglioramento dell’omeostasi pressoria dell’OM durante il comune raffreddore. 


Fig. 6. Cateterismo intraoperatorio della tuba. Catetere (Portex peridurale 18 g, radiopaco, utilizzando la via del condotto, la via postero-superiore o trans-mastoidea. Si può instillare un antibiotico e cortisone).


Fig. 7. La tuba, in corrispondenza dell’ostio timpanico, è separata dall’arteria carotide da una sottile lamina ossea il cui spessore medio è di 0,15 mm. Le cellule peritubariche (freccia nera) possono creare una falsa strada nel sondaggio.


L’associazione di un antistaminico al decongestionante non ne modifica l’utilità. Gli unici casi in cui una terapia medica dimostra un beneficio significativo sono quelli legati alla rinite allergica o ad una infezione nasale batterica. L’eliminazione o la riduzione dei focolai infettivi naso-sinusali con trattamento medico e/o chirurgico è infatti riconosciuta come importante nella prevenzione delle otiti ricorrenti.


Conclusioni

La disfunzione della tuba e dell’omeostasi pressoria dell’OM è generalmente secondaria ad un circolo vizioso innescato da flogosi virali a partenza rinofaringea o, più raramente, da flogosi allergiche e mantenuto da alterazioni nella composizione e pressione dei gas e da alterazioni istomorfologiche della mucosa dell’OM. Il persistere del circolo vizioso provoca lesioni anatomiche e strutturali della membrana timpanica, sino alla formazione del colesteatoma. Nella patogenesi di queste lesioni non vi è accordo definitivo su quale sia l’importanza delle funzioni tubariche di ventilazione e drenaggio, rispetto al ruolo della mucosa dell’OM e dei suoi disturbi di perfusione/diffusione. D’altra parte, l’attribuzione di un maggior peso all’uno o all’altro di questi meccanismi, vale a dire il rapporto causa effetto tra flogosi dell’OM e disfunzione tubarica, non sembra così determinante nella comune pratica clinica.

1.2.2 Embriologia dell’orecchio

Orecchio esterno

Il padiglione ed il condotto uditivo esterno si sviluppano dal mesoderma e dall’ectoderma che avvolgono il I° solco branchiale. Secondo il modello classico, durante la 6a settimana si formano sei addensamenti mesodermici, detti tubercoli di His, tre anteriori da cui originano il trago e l’elice (I° arco branchiale) e tre posteriori da cui derivano l’antitrago e l’antelice (II° arco branchiale). L’abbozzo del padiglione auricolare, inizialmente localizzato nella porzione caudale del I° solco branchiale, si sposta in senso cranio-dorsale attorno alla 20a settimana, seguendo lo sviluppo della faccia ed in particolare della mandibola. In seguito tende ad accrescersi fino al 9° anno di vita post-natale, sebbene abbia già raggiunto la conformazione adulta (Fig. 1).

Dal foglietto ectodermico del I° solco branchiale, durante la 4a-5a settimana, origina il condotto uditivo esterno, che molto presto entra in contatto con l’endoderma della Ia tasca faringea. Alla 7a settimana il condotto primitivo s’invagina costituendo uno stretto canale ad imbuto, che darà origine alla sua porzione cartilaginea, ed una settimana più tardi si estenderà fino alla cavità dell’orecchio medio. Dal fondo del condotto primitivo, durante la 9ª settimana prolifera un cordone epiteliale solido che si estende internamente verso la parte inferiore della cavità timpanica. Da questa al 5° mese di vita fetale, origina la porzione ossea del condotto. Il processo di cavitazione del condotto uditivo esterno inizia attorno al 5° e termina al 6° mese. Verso i 9 anni si completa l’ossificazione del condotto uditivo esterno.


Fig. 1. Sviluppo embriologico dell’orecchio esterno.


La membrana timpanica si forma attorno alla 4a-5a settimana grazie al contatto tra l’ectoderma del I° arco branchiale e l’endoderma del recesso tubo-timpanico (Ia tasca branchiale). Lo sviluppo embriologico del timpano ha una triplice origine; lo strato epiteliale esterno è di derivazione ectodermica, lo strato fibroso deriva dal mesoderma dei due archi branchiali e lo strato mucoso dall’endoderma del recesso tubo-timpanico. L’accollamento dell’abbozzo del condotto uditivo esterno con il recesso tubo-timpanico segna l’inizio della maturazione, e porta alla formazione della membrana di sotto al martello. In una seconda fase, quando la cassa timpanica si ingrandisce, il manico del martello e la corda del timpano aderiscono alla membrana che, è costituita solo dalla pars tensa in questa fase maturativa. In un secondo tempo si forma la pars flaccida contemporaneamente allo sviluppo dell’attico o recesso epitimpanico. Alla 21a settimana la maturazione si completa, e la membrana timpanica diviene evidente per la scomparsa del tappo epiteliale residuo al condotto uditivo. Alla nascita la membrana timpanica è obliqua e la sua inclinazione si riduce entro i primi due anni vita.


Orecchio medio

L’embriogenesi dell’orecchio medio deriva, dopo la 3a settimana, dal recesso dorsale della 1a tasca branchiale; inizialmente la tuba e la cassa costituiscono un’unica struttura: il recesso tubo-timpanico di Kölliker. Nella settimana successiva la cavità timpanica s’ingrandisce in senso ventro-dorsale portandosi a livello della tasca branchiale. Nell’embrione di 7-8 settimane il segmento prossimale della cavità timpanica primitiva si trasforma in uno stretto canale aprendosi nella faringe con un ostio rotondo. Dal segmento distale, invece, si forma la cavità timpanica definitiva, la cui espressione è completata attorno alla 30a settimana. Lo sviluppo della cassa primitiva avviene in tre stadi: un primo, in cui si forma la porzione della cavità timpanica sotto il manico del martello, un secondo in cui si espande fino al collo del martello ed un terzo in cui si ha la formazione dell’attico. Gli ossicini, che hanno uno sviluppo autonomo, sono avvolti dalla cassa timpanica solo in seguito. Infatti, da una serie di prolungamenti o diverticoli che s’invaginano e circondano gli ossicini si forma la cassa timpanica. Da questi diverticoli (anteriore, medio, superiore e posteriore) prendono origine, rispettivamente, il recesso sovratimpanico, l’attico e le cellule della parte petrosa della mastoide, le cellule della parte squamosa della mastoide ed infine, ipotimpano, la fossetta della finestra rotonda, il sinus timpani e la metà inferiore della fossetta della finestra ovale. La cavitazione avviene nelle ultime settimane di vita intrauterina con il progressivo riassorbimento del mesenchima, conservando il rivestimento epiteliale. La pneumatizzazione ha luogo con i primi atti respiratori dopo la nascita, ed inizia interessando dapprima l’antro, poi la mastoide ed infine la porzione petrosa che è definitivamente pneumatizzata alla pubertà. Fattori genetici ed ambientali sono alla base di questa evoluzione.

L’embriogenesi della catena ossiculare inizia alla 4a settimana. Più precisamente, dal I° arco branchiale originano la testa del martello, l’apofisi breve ed il corpo dell’incudine, mentre il manico del martello, l’apofisi lunga dell’incudine, la sovrastruttura e la porzione timpanica della platina dal II° arco branchiale. Invece, la porzione vestibolare della platina si sviluppa dalla capsula otica. Alla 16a settimana si realizza l’ossificazione iniziale di incudine e martello, che si completa alla 32a mentre. Alla 18asettimana, da un focolaio o sseo posto sul versante timpanico della platina, inizia l’ossificazione della staffa. Il processo progredisce formando le due branche in direzione del capitello che è raggiunto alla 21asettimana. 


Fig. 2.


All’interno delle branche, nelle settimane successive e fino alla 38a, avvengono i processi di rimodellamento dei focolai di cartilagine residui. Tuttavia, alcuni focolai residui di cartilagine saranno sostituiti da osso solo durante l’infanzia o addirittura nell’età adulta. Dall’epitelio endodermico della cavità timpanica si formano i legamenti che sostengono la catena ossiculare, rimasta libera dopo il competo riassorbimento del mesenchima.

Già alla nascita dimensioni e forma della catena ossiculare sono simili a quelle dell’adulto, anche se nei primi mesi di vita, l’orecchio esterno ed il sistema timpano ossiculare proseguono il processo di maturazione.

Per quanto riguarda la muscolatura intrinseca della cavità timpanica il muscolo tensore del timpano origina dalla cartilagine di Meckel che a sua volta deriva dal I° arco branchiale, mentre, il muscolo stapediale si sviluppa dal II arco branchiale.

I muscoli peritubarici si sviluppano nel 3° mese di vita embrionale, la parte mediale della cartilagine tubarica nel 4° e quella laterale nel 5°. La tuba è ben sviluppata già dal 3° mese, ma corta, beante ed orizzontale e di conseguenza non ben funzionante; successivamente, seguendo la crescita cranio-facciale essa diviene obliqua, lunga e normofunzionante. Con l’inizio della respirazione e della deglutizione, il sistema mucociliare della tuba già maturo alla nascita, svolge funzioni di protezione e di clearance. Il processo di maturazione della porzione dorsale, rivestita da epitelio piatto, segue quello dei muscoli peritubarici e l’aerazione dell’orecchio medio, indicando che la sua funzione è quella ventilatoria.


Orecchio interno

L’embriogenesi dell’orecchio interno ha inizio alla 3a settimana di vita intrauterina, a livello della regione della vescicola romboencefalica con la formazione, dall’ectoderma del I° arco branchiale, del placode otico. Durante la 4a settimana il placode s’invagina per formare la cavità uditiva dalla quale più tardi si formerà la vescicola uditiva od otocisti. Dopo il distacco dal sottostante ectoderma, l’otocisti comincia ad espandersi, in lunghezza più che in larghezza, e si separa formando due tasche: una vestibolare, dorsale, e una cocleare, ventrale. La regione in cui le due tasche si uniscono è chiamata atrium e darà origine, dividendosi in 6a settimana, all’utricolo e al sacculo. Dalla porzione triangolare della tasca vestibolare, posta dorsalmente all’atrium, originano i tre canali semicircolari; la porzione ventrale della tasca cocleare comincerà ad allungarsi ed incurvarsi fino a dare la coclea. I canali semicircolari (CS) si sviluppano in sequenza: prima si forma il CS superiore, poi il CS posteriore e infine il CS laterale. I CS rimangono collegati con l’utricolo. Alla 5a settimana le prime fibre nervose provenienti dal ganglio statoacustico cominciano a penetrare la parte ventromediale dell’otocisti.

Durante la 7a settimana ha inizio la spiralizzazione del dotto cocleare. All’8ª settimana la coclea compie 1 ½ giro, alla 9ª 2½ giri per una lunghezza di 20 mm, mentre la lunghezza completa, di 33-37 mm, si raggiunge alla 16ª settimana. La coclea si avvolge in senso antero-posteriore. L’epitelio neurosensoriale del dotto cocleare comincia a svilupparsi, sulla sua parete mediale, alla 7ª settimana quando la coclea sta iniziando la spiralizzazione. La crescita delle cellule dell’epitelio neurosensoriale porta alla formazione del precursore embriologico dell’organo di Corti che è l’organo di Kölliker, composto da due creste di cellule o colonne di cui una interna ed una esterna. L’organo di Kölliker va incontro ad una rapida serie di cambiamenti nell’embrione così che solo una sua parte formerà il maturo organo di Corti. Le cellule ciliate e di sostegno si differenziano a partire dall’11a settimana dalle cellule della porzione giunzionale situata tra le due colonne dell’organo di Kölliker. La maturazione delle cellule ciliate interne è più precoce ed è caratterizzata dalla comparsa delle stereociglia. Dopo la 14a settimana, le cellule ciliate interne assumono la disposizione a V, mentre le cellule ciliate esterne che completano lo sviluppo attorno alla 22a settimana si dispongono a W. In questo stesso periodo dell’otogenesi è ancora visibile l’organo di Kölliker che successivamente regredisce liberando le cellule dei pilastri interni e la membrana tectoria. Alla 17ª settimana il numero totale di cellule cigliate della coclea è pari al numero presente nell’adulto: 3400 cellule interne e 13400 esterne. Alla 30a settimana lo sviluppo morfologico della coclea è tale da poter osservare la comparsa del potenziale microfonico cocleare. Tuttavia nelle settimane successive e dopo la nascita si osservano rimaneggiamenti delle cellule ciliate esterne e di quelle di sostegno (Deiters e di Hensen), e un allargamento del tunnel di Corti.

La spiralizzazione del dotto cocleare pone l’epitelio sensoriale in stretto rapporto con le cellule del ganglio spirale nel modiolo.

La membrana basilare si differenzia dall’organo di Kölliker, mentre la stria vascolare e la membrana di Reissner si sviluppano dall’integrazione tra le cellule del canale cocleare e del mesenchima adiacente. I primi segni di differenziazione della stria vascolare si hanno attorno alla 11a settimana, mentre le cellule marginali, intermedie e basali che la compongono si differenziano dalla 17-18a settimana fino alla 20a, ovvero una settimana dopo l’apertura del tunnel del Corti.

Il dotto endolinfatico origina alla fine del I° mese di vita embrionale sotto forma di un’invaginazione dell’otocisti.

Verso la 4a settimana attorno al labirinto membranoso in formazione si dispone del tessuto mesenchimale. Questo mesenchima si trasforma prima in cartilagine e poi in tessuto osseo e dà origine al labirinto osseo, 23a settimana di gestazione, la cui morfologia ricalca quella del labirinto membranoso. L’osso che circonda le strutture membranose dell’orecchio interno (capsula otica), unico esempio in tutto l’organismo, non modificherà più la sua struttura nel corso della vita. L’unica parte dell’orecchio interno che si sviluppa dopo la nascita è il sacco endolinfatico la cui collocazione è comunque esterna al labirinto osseo.

L’innervazione si sviluppa a partire dalla 7a settimana quando compaiono delle ramificazioni gangliari verso l’organo di Kölliker, che entrano in contatto con le cellule ciliate indifferenziate. Quest’agglomerato di cellule gangliari rappresenterà il ganglio acustico-faciale. L’origine di quest’ultimo non è uniforme, il ganglio acustico origina da cellule della parete rostrale della vescicola uditiva, il ganglio faciale origina principalmente dalla cresta gangliare ed in piccola parte dalla prima placode epibranchiale. Alla 3a settimana il ganglio faciale si separa e acquisisce uno sviluppo autonomo con conseguente formazione del nervo faciale. Il ganglio acustico si divide in una porzione superiore ed un’inferiore analogamente e contemporaneamente alla vescicola uditiva. La porzione superiore invia fibre nervose all’utricolo e al canale semicircolare superiore e laterale. La porzione inferiore invia fibre nervose al sacculo e al canale posteriore. Un’ulteriore porzione del ganglio acustico più tardi si differenzia nel ganglio spirale situato sulla concavità del dotto cocleare.

BIBLIOGRAFIA

Nager G.T. Displasia of the External and Middle Ear. Nager G.T. Pathology of the Ear and Temporal Bone. Williams and Wilkins 1993:83-86.

Anson B.J., Donaldson J.A. Surgical Anatomy of the Temporal Bone and Ear. W.B. Saunders Company Philadelphia-London-Toronto; Second Edition 1973:30-41; 74-87.

Fetoni A.R., Scarano E., Autiero Celidonio B. et al. Developmental Aspects of the auditory system. Acta Otorhinolaryngol Ital Suppl 69.1-26.2002:1-7.

Sulik K.K., Cotanche D.A. Embryology of the Ear. Toriello H.V., Reardon W., Garlin R.J. Hereditary hearing loss and its syndromes. Oxford 2004:17-36.

Masuda Y., Saito R., Endo Y. et al. Histological development of stapes footplate in human embryos. Acts Med Okayama 1978 Jun; 32(2):109-17.

Bergstrom L. Pathology of congenital deafness. Present status and future priorities. Ann Otol Rhinol Laryngol Suppl. 1980 Sep-Oct;89(5 Pt 2):31-42.

Van de Heyning P., Declau F., Martini A., Cremers C. The European Ear Anomaly Inventory. In A,Martini, M.Mazzoli, D.Stephens, A.Read Definitions, Protocols and Guidelines in Genetic Hearing Impairment. Whurr, London, 2001:44-49.

Tos M. Congenital Ossicular Fixations and Defects. Tos M. Surgical Solutions for Conductive Hearing Loss. Thieme 2000:212-219.

Audiologia e Foniatria
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio. Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso. Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva. Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità. L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate. Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.