1.6 Terapia protesica

Protesi uditive: Generalità

Una diminuzione della sensibilità uditiva può essere considerata come una barriera che impedisce in parte o in tutto di percepire i suoni ambientali e i suoni del linguaggio. Il concetto di compensare una sordità amplificando i suoni è antico, ed è stato applicato in passato ricorrendo a risuonatori (cornetti acustici) di varia foggia e dimensioni. Oggi per porre rimedio a una sordità, la tecnologia offre numerosi dispositivi, definibili come “protesi uditive”, che possono essere classificati in tre categorie secondo la modalità fisica utilizzata per ripristinare la percezione uditiva:

a) apparecchi a trasduzione meccanica: trasformano le forme acustiche in vibrazioni meccaniche, che applicate alla superficie cranica, possono raggiungere la coclea;

b) apparecchi ad amplificazione acustica: amplificano ed elaborano in varia misura le forme d’onda acustiche, presentandole quindi, sempre come forme acustiche, all’orecchio esterno;

c) apparecchi a stimolazione elettrica (impianti cocleari): trasformano le forme d’onda acustiche in segnali elettrici che sono inviati al nervo acustico.


Queste tre modalità hanno tutte lo stesso obbiettivo: trasferire al sistema uditivo centrale il massimo possibile di informazione acustica, in modo da compensare la perdita causata dal malfunzionamento della periferia uditiva.

Le protesi uditive sono un presidio sanitario e necessitano di una prescrizione medica. L’indicazione alla protesizzazione dovrebbe essere conseguente a una diagnosi funzionale (e possibilmente eziologica) e a un’attenta valutazione delle necessità individuali di ascolto (Fig. 1).

In base all’entità e al tipo di perdita uditiva un primo orientamento sulla protesizzazione uditiva è schematizzato nella Figura 2. Come si vede, le perdite uditive oltre 35 dB HL come media per le frequenze 0,5-2 kHz sono candidabili alla protesizzazione. Una protesi meccanica è consigliabile nelle ipoacusie trasmissive o miste, quando la via ossea non ecceda i 40-45 dB HL. Una protesi a stimolazione elettrica è indicata nelle ipoacusie neurosensoriali con soglia oltre 90 dB HL. La protesi non trova indicazione nei casi di ipoacusia unilaterale.


Fig. 1. La prescrizione di una protesi uditiva dovrebbe conseguire a un’accurata valutazione funzionale dell’udito (esami audiometrici strumentali) e a una diagnosi eziologica di patologia.



Udibilità dei segnali e percezione nell’ipoacusia neurosensoriale

Per valutare la perdita di informazione subita dagli ipoacusici è utile porre a confronto sull’audiogramma il profilo spettrale del parlato a normale intensità, e le soglie uditive per toni puri (Fig. 3). L’intensità del segnale verbale è tipicamente fluttuante, in ragione delle sue caratteristiche fonetiche e temporali. Ad esempio, le vocali hanno di norma un’intensità maggiore delle consonanti, ed esse stesse possono essere pronunciate a intensità diversa (accenti).


Fig. 3. La protesi uditiva ha lo scopo di rendere udibile lo spettro del parlato innalzandolo oltre la soglia di udibilità (linee in grassetto, 3 esempi), o nel caso degli impianti cocleari, attivando direttamente il nervo acustico.


Il riconoscimento dei fonemi, e quindi del messaggio parlato, non è solo influenzato dalla perdita uditiva media per le frequenze centrali (0.5,1,2 kHz) tipicamente utilizzata per classificare i gradi di ipoacusia, ma anche dalla configurazione di soglia, piatta, in salita o in discesa.

La percezione delle frequenze gravi è un importante veicolo delle informazioni prosodiche (la diversa intonazione di una frase può mutarne il significato), la percezione delle frequenze acute è critica per discriminare certi fonemi (/s/, /z/). Il fine di una protesizzazione è allora di ristabilire l’udibilità dei segnali del parlato, e la sua efficacia sarà in relazione alla quantità di informazione spettrale del parlato che può essere trasferita al sistema uditivo centrale.


PROTESI ACUSTICHE: COMPONENTI

Protesi endoaurali e retroauricolari

Gli apparecchi endoaurali (ITE: “in the ear”) sono alloggiati in gusci conformati sull’orecchio esterno del paziente. Essi presentano il vantaggio di ricevere i suoni in una posizione che può sfruttare la risonanza naturale del padiglione auricolare. Gli apparecchi retroauricolari (BTE: behind the ear) sono collocati in corrispondenza del solco retroauricolare e sono costituiti da 4 elementi: il corpo della protesi, la curvetta, il tubetto, e la chiocciola. L’ingresso dei suoni si trova di solito sulla superficie superiore del corpo della protesi; i suoni amplificati sono inviati al piano della membrana timpanica attraverso un inserto (“chiocciola”) di materiale anallergico, che è collocato nel condotto uditivo esterno (Fig. 4).


Fig. 4. Le tipologie di protesi acustiche oggi disponibili sono classificate in due grandi categorie: retroauricolari ed endoaurali. Una terza categoria, oggi meno usata, comprende gli apparecchi montati su occhiale.


Principali elementi di una protesi acustica

I principali elementi di una protesi acustica (Fig. 5) sono il microfono, l’amplificatore, e il ricevitore. Il microfono trasforma le onde sonore in segnale elettrico; il segnale elettrico è quindi inviato all’amplificatore. Il compito dell’amplificatore, alimentato da una pila, è di aumentare l’intensità del segnale ricevuto dal microfono. L’uscita dell’amplificatore raggiunge il ricevitore. Il ricevitore ha il compito di ritrasformare il segnale elettrico “ingrandito” dall’amplificatore ed elaborato dai circuiti accessori, in segnale acustico. La differenza fra l’ampiezza dei segnali in ingresso e quella in uscita è definita “guadagno”.


Fig. 5. Principali elementi costituti di una protesi acustica e funzione di guadagno dell’amplificatore.


Guadagno, curve di risposta in frequenza, ampiezza di banda

Le misurazioni di guadagno protesico si effettuano tramite una strumentazione comunemente definita “orecchio elettronico”. Esso permette di misurare le specifiche caratteristiche di amplificazione di ogni singola protesi acustica. Il guadagno è la principale caratteristica di ogni amplificatore ed esso è di solito rappresentato da una funzione input-output. La parte inferiore della Figura 6 riporta come esempio una funzione input-output per un tono di 2 kHz. La funzione mostra un guadagno di 20 dB ed è lineare fino a un ingresso di 80 dB. Per ingressi superiori a tale valore l’uscita dell’apparecchio rimane costantemente a 100 dB. Ciò dipende dalle limitazioni costruttive dello strumento che non può erogare energia oltre ad un certo livello (livello di saturazione). La rappresentazione più completa del potere di amplificazione di una protesi acustica è data dalla “curva” di risposta in frequenza. 


Fig. 6. La curva di risposta in frequenza descrive l’intensità in uscita alle varie frequenze. L’intensità in ingresso è mantenuta fissa, per convenzione a 60 dB SPL, e a 90 dB SPL.


Essa rappresenta il guadagno fornito dall’amplificatore per ogni frequenza quando i suoni in ingresso sono di 60 dB SPL. Una seconda curva di risposta in frequenza descrive l’amplificazione dell’apparecchio per intensità d’ingresso di 90 dB SPL. Quest’ultima è utile per verificare che l’amplificazione non sia eccessiva per il tipo di sordità cui viene applicata


Principali regolazioni della protesi

Nella Tabella I sono riportati i tre principali controlli che modificano le caratteristiche di amplificazione di una protesi acustica, le caratteristiche dell’ipoacusia in base alle quali possono essere regolati, e gli effetti sulla percezione soggettiva.


CONTROLLO
VARIAZIONE
ACUSTICA
CORREZIONE
IN RELAZIONE
ALL’IPOACUSIA
EFFETTO
PERCETTIVO
GUADAGNO
Intensità
Entità perdita uditiva
“Loudness”
(intensità soggettiva)
TONO
Risposta in frequenza
Profilo soglia tonale
“Pitch”
(altezza tonale)
USCITA
MASSIMA
Limitatore di intensità
Soglia del fastidio
Ascolto confortevole per
segnali di elevata intensitàortevole persegnali di elevata intensità

Tab. I. principali controlli delle protesi acustiche.


1) Il guadagno modifica l’intensità in uscita e quindi condiziona l’udibilità e i livelli soggettivi della sensazione di intensità (“loudness”)

2) Il controllo di tono varia il profilo della risposta in frequenza, aumentando o riducendo la banda di frequenze soggette ad amplificazione, e quindi condiziona la sensazione soggettiva di altezza tonale (“pitch”)

3) Il controllo di uscita limita ad un certo livello l’intensità massima in uscita, e ciò dovrebbe permettere un ascolto confortevole anche in presenza di elevate intensità all’ingresso della protesi.


Oggi la tecnologia digitale ha ampliato di molto le possibilità di regolazione delle protesi acustiche, fornendole anche di dispositivi studiati per processare i segnali (Tab. II). Particolarmente importanti sono i dispositivi che migliorano l’ascolto del parlato in condizioni di rumorosità ambientale (riduttori di rumore e microfoni direzionali).


Caratteristiche
Programmabilità
Multibanda
Compressione
Input-output
Max output
Tempi attacco-stacco
Numero bande, ampiezza,cross-over
Range, ginocchio, rapporto compressione
lineare, non-lineare
Livelli
Durate
Riduttore rumore
Innalzamento spettrale
Controllo direzionalità
Controllo feed-back
Programmi d’ascolto
Data logging
On (livelli)/off
On/off
Microfoni adattivi
Algoritmi speciali
Multipli
On/off

Tab. II. Caratteristiche, dispositivi e programmabilità delle attuali protesi acustiche (tecnologia digitale).

Applicazione della protesi acustica

La procedura di applicazione è un tempo essenzialmente tecnico, ed è normalmente eseguito dall’audioprotesista. Comprende la selezione fra i vari modelli di protesi, l’adattamento fisico all’orecchio (costruzione della chiocciola, e inserzione nel condotto uditivo esterno), la regolazione individuale della protesi.

Selezione. Nella selezione delle protesi una decisione importante riguarda se applicare una o due protesi. L’applicazione binaurale è sempre preferibile, poiché favorisce la direzionalità, e perché richiede una minore amplificazione rispetto all’applicazione monoaurale. L’applicazione binaurale è controindicata nei casi in cui uno dei due orecchi sia anacusico, o nei casi in cui la soglia sia marcatamente asimmetrica nei due lati. In questi casi si preferisce applicare la protesi a un solo orecchio. Un’altra decisione riguarda la scelta fra protesi retroauricolari e protesi endoaurali. Quest’ultime sono utilizzabili per sordità di medio grado, e in certe situazioni possono essere indicate negli adolescenti perché meno visibili. Le protesi retroauricolari sono indicate generalmente come prima scelta nelle applicazioni in bambini piccoli, date le loro caratteristiche di maggior potenza e di maggiore flessibilità nelle regolazioni.

Regolazione. Il fine primario della regolazione è di fornire un’amplificazione adatta per “raccordare” i suoni in ingresso con il residuo uditivo, cercando di 1) rendere sufficientemente intensi la voce di conversazione e i rumori ambientali, 2) rendere il parlato il più “chiaro” possibile, 3) evitare che i suoni forti siano fastidiosi o insopportabili.

Questi tre obiettivi non sono sempre realizzabili, ma spesso è necessario operare un compromesso fra un’amplificazione che garantisca l’udibilità, e un’amplificazione che evitando il fastidio, favorisca una qualità percettiva accettabile ed efficace per rendere intelligibile il parlato.

Le regolazioni sono effettuate per lo più con l’assistenza di un computer, il quale fornisce regolazioni medie attraverso algoritmi che elaborano i dati relativi alla sordità del paziente. Di solito la regolazione “ottimale” viene raggiunta dopo 1-2 mesi dalla prima applicazione, attraverso aggiustamenti progressivi. Questo periodo, detto di “acclimatazione” all’ascolto amplificato, probabilmente corrisponde all’intervento di processi centrali di adattamento, in relazione alla plasticità del sistema uditivo centrale. Quanto più precise sono le indicazioni che il paziente può fornire sulle caratteristiche dell’ascolto, tanto più precise sono le regolazioni effettuabili, e tanto maggiore può risultare il beneficio dell’amplificazione


PROTESI MECCANICHE

I dispositivi che ricadono sotto questa definizione trasformano le forme d’onda acustiche in energia meccanica sotto forma di vibrazioni. Le protesi meccaniche sono classificabili in due categorie, secondo il punto in cui si applica la vibrazione: a) vibrazione applicata alle ossa craniche, e conseguente vibrazione della capsula otica; b) vibrazione applicata sulla catena ossiculare. La prima soluzione è sfruttata da protesi esterne o ancorate sull’osso temporale, la seconda da protesi impiantabili nell’orecchio medio.


Protesi esterne per via ossea

La finalità di questi apparecchi è di ridurre o di eliminare la differenza di soglia fra via ossea e via aerea. Il loro utilizzo è oggi limitato ai casi di sordità trasmissiva in cui per qualsiasi motivo non sia possibile sfruttare l’amplificazione di una protesi acustica (per via aerea). Tali casi comprendono le gravi malformazioni di orecchio esterno-medio, le otiti croniche secernenti a timpano aperto, esiti otochirurgici con marcate alterazioni della struttura anatomica. Il requisito uditivo per un’applicazione di questo tipo è una soglia per via ossea non oltre 25-30 dB HL.

L’allestimento più comunemente utilizzato è su occhiali con l’apparato vibrante collocato sulla parte posteriore delle stanghette, a contatto con la regione mastoidea. Esistono anche modelli a scatola con il vibratore tenuto in posizione sulla mastoide da un archetto.

Una limitazione delle protesi per via ossea è costituita dal ridotto guadagno e dalla banda di frequenza ristretta a non oltre 4 kHz. Inoltre può essere difficile ottenere un contatto stretto fra vibratore e mastoide e la pressione esercitata dall’occhiale o dall’archetto può risultare fastidiosa e fonte di cefalalgie.


Protesi per via ossea ancorate sull’osso temporale

La soluzione offerta da questi apparecchi è basata sul principio che una vibrazione imposta all’osso senza l’interposizione di tessuti molli come cute-sottocute riesce a trasferire più fedelmente alla coclea le caratteristiche acustiche dei segnali complessi.

Grazie al più favorevole accoppiamento con il tessuto osseo, il campo si applicazione per certi strumenti può estendersi anche alle sordità miste con una soglia per via ossea fino a circa 45 dB HL. Una protesi comunemente utilizzata (BAHA: bone anchored hearing aid, Fig. 7) realizza l’accoppiamento con una vite transcutanea di titanio che con procedura chirurgica viene infissa nel tavolato osseo della mastoide. La parte vibrante, rimovibile, è inserita sulla porzione di vite sporgente dalla cute. Questo dispositivo benché richieda una particolare attenzione all’igiene locale, è generalmente ben tollerato.


Protesi impiantabili nell’orecchio medio

A differenza delle precedenti questi dispositivi hanno lo scopo di aumentare l’ampiezza di vibrazione della catena ossiculare.


Fig. 7. Elementi di una protesi BAHA.


Fig. 8. Le protesi meccaniche impiantabili agiscono ampliando le vibrazioni della catena ossiculare (a sinistra). Un’alternativa è applicare la massa vibrante alla finestra rotonda, sostituendo completamente la funzione dell’orecchio medio (a destra).


La protesi è costituita da due parti (Fig. 8, sinistra). quella esterna che raccoglie ed amplifica i suoni (microfono) e quella interna. Quest’ultima è formata dalla parte ricevente impiantata nella squama dell’osso temporale, e dall’effettore vibrante che viene ancorato sull’incudine. Questi apparecchi sono consigliati per sordità neurosensoriali fino a 70-80 dBHL sulle alte frequenze. Disordini della catena ossiculare e dell’orecchio medio in generale rappresentano controindicazioni all’applicazione. In realtà il campo di applicazione è quello in cui le soluzioni con gli apparecchi acustici sono più efficienti, per cui la casistica si riduce a soggetti con problemi tali da non permettere l’utilizzo adeguato dell’apparecchio tradizionale. Fra questi si ricordano: esostosi, otiti esterne croniche, sordità in ripida discesa con problemi di feedback e occlusione.

Un’interessante variante applicativa per questi strumenti è rappresentata dalla possibilità di accoppiare la massa flottante direttamente alla finestra rotonda (Fig. 8 destra). Ciò permette di attivare meccanicamente la coclea by-passando l’orecchio medio. Questa applicazione può essere utile in gravi forme di ipoacusia di tipo misto altrimenti non trattabili.


PROTESI A STIMOLAZIONE ELETTRICA

Aspetti generali

La definizione di impianto cocleare (IC), piuttosto imprecisa, in realtà riguarda dispositivi in grado di trasformare le forme d’onda acustiche in forme di energia elettrica e di trasferire quest’ultime direttamente al nervo acustico. Le conoscenze sulla trasduzione meccano elettrica operata dalla coclea, le conoscenze di neurofisiologia uditiva, la disponibilità di materiali bio-compatibili, l’utilizzo di tecnologie informatiche avanzate hanno permesso di costruire strumenti che si sono dimostrati molto efficaci per ovviare alla deprivazione uditiva di cui soffrono le persone con sordità profonda. Poiché la stimolazione elettrica del nervo acustico deve sostituire la trasduzione meccano-elettrica della coclea, gli IC sono progettati per trasferire al nervo il massimo possibile dell’informazione che in condizioni normali è rappresentata dall’uscita cocleare.


Principali componenti di un IC

Le componenti principali di un IC sono illustrate nella Figura 9. Un microfono direzionale capta i suoni ambientali e li convoglia a un processore esterno. Questo può essere a scatola, o retroauricolare, contenuto in un alloggiamento poco più grande di una protesi acustica. Il processore è programmato specificamente per estrarre dalle forme d’onda acustiche le informazioni più importanti per il riconoscimento del linguaggio. Queste sono codificate in segnali elettrici, i quali a loro volta sono inviati a un ricevitore-trasmettitore impiantato nell’osso temporale. Il trasferimento dei segnali da processore al ricevitore avviene attraverso la cute, per induzione magnetica, attraverso un’antenna. L’antenna è tenuta in sede, sulla cute esterna per mezzo di un magnete inserito nel ricevitore-trasmettitore. Il ricevitore-trasmettitore produce un pattern di stimolazione elettrica che è distribuito a una serie di elettrodi inseriti nel giro basale e medio della coclea. Gli elettrodi, in numero (16-22) e forma diverse secondo il tipo di IC, sono allineati su un porta-elettrodi filiforme di silicone che viene inserito nel dotto cocleare.


Indicazioni e selezione dei candidati

Poiché l’IC è un dispositivo invasivo e destinato ad essere permanente, è necessario che la sua indicazione sia preceduta da un accurato esame del paziente. Questo deve chiarire al di fuori di ogni dubbio l’entità del residuo uditivo, la presenza di una sufficiente funzionalità del nervo cocleare, e possibilmente la natura causale della sordità. Inoltre devono essere considerati anche altri aspetti, psicologici, socio-relazionali, ambientali: questi sono importanti per chiarire il grado di motivazione, che come sono noto può condizionare ogni processo riabilitativo. La Tabella III riporta in sintesi le indicazioni per adulti e per bambini.


Fig. 9. Principali componenti dell’impianto cocleare.


INDICAZIONI GENERALI ALL’IMPIANTO COCLEARE
Adulto-bambino
Sordità grave-profonda (> 75 dB HL, come media per le frequenze
500-1000-2000 Hz) acquisita post-verbale
Sordità grave-profonda pre-verbale riabilitata con aggravamento
successivo
Sordità grave-profonda con aiuto protesico insufficiente
(intelligibilità massima < 30-50%)
Bambino fino 2 anni
Sordità profonda preverbale (= o > 90 dB HL, come media per
le frequenze 500-1000-2000 Hz) con aiuto protesico insufficiente
(linguaggio espressivo ridotto)

Tab. III. Indicazioni all’IC nell’adulto e nel bambino.


Nei pazienti adulti la finalità di una preselezione è di stabilire con elevata probabilità se un IC possa migliorare significativamente le capacità d’ascolto e di comunicazione rispetto a quelle possibili con una protesi acustica. Poiché pazienti adulti sordi post-verbali, e bambini impiantati precocemente raggiungono percentuali di riconoscimento verbale attorno e oltre l’80%, è necessario misurare accuratamente il beneficio della protesi acustica, per poter indicare se le prestazioni possono migliorare con un IC. Nei bambini sordi pre-verbali la valutazione è complicata dal fatto che le misure di soglia uditiva e delle prestazioni con protesi acustica possono essere incerte, Ciò richiede una valutazione longitudinale nel tempo per almeno 6-12 mesi dal momento dell’adattamento protesico, durante la quale deve essere perfezionata la misura della soglia, e valutate le abilità di percezione e di produzione del linguaggio. Per tale motivo, la preselezione nei bambini è effettuata da una equipe che comprende non solo un otologo ed un audiologo, ma anche un foniatra ed un logopedista riabilitatore.

Stabilita l’indicazione all’impianto, questa fase si conclude con l’esecuzione di immagini (TC, RMN). La RMN è particolarmente importante, perché la presenza dell’I.C. può rendere difficoltosa l’esecuzione di altre risonanze.


Beneficio e limiti dell’IC

Nei pazienti con sordità acquisita post-verbale l’età in cui si è realizzata la perdita uditiva non è importante. Più importanti sono l’età in cui viene fatto l’intervento e la durata della deprivazione. In particolare, separando i due effetti, i pazienti con più di 60 anni, tendono a raggiungere prestazioni inferiori rispetto a persone più giovani. La durata dell’ipoacusia ha un effetto negativo più consistente, in tal caso i progressi sono lenti, e i pazienti hanno più difficoltà a utilizzare l’informazione uditiva. Infine la durata dell’utilizzo dell’IC ha degli effetti migliorativi, che continuano fino a circa 24 mesi dopo l’intervento. Altri fattori hanno effetti piuttosto ovvi. Ad esempio le facoltà cognitive quando compromesse riducono il vantaggio dell’IC, le regolazioni e la funzionalità ottimale dell’IC (elettrodi inseriti, dinamica percettiva) è fortemente correlata con il beneficio, l’alta motivazione personale riduce i tempi della riabilitazione. I benefici più limitati si ottengono in adulti privi di esperienza uditiva (sordo-muti). In questi casi l’impianto può solo essere di qualche aiuto alla labio-lettura e al riconoscimento di rumori ambientali.


IC nei bambini

L’età ideale per eseguire un IC in un bambino è attorno ai due anni di età. In tal caso l’acquisizione-produzione del linguaggio tende a normalizzarsi nel corso dei successivi 2-4 anni. Se l’impianto viene eseguito attorno ai 6-7 anni i risultati sono meno favorevoli. Dopo quest’età e fino a 14-15 anni una stimolazione elettrica è in grado di migliorare di poco la percezione e la produzione del linguaggio rispetto a quanto ottenuto dalle protesi acustiche. Queste differenze dipendono dai tempi critici di maturazione del sistema nervoso centrale, e dalla sua plasticità. I risultati sono anche influenzati dall’attitudine all’utilizzo del canale uditivo, o in altri termini dal precedente uso di una protesizzazione acustica e dalla precedente riabilitazione. Nei casi in cui la sordità grave è stata individuata precocemente, il bambino a 6 mesi di età, in attesa dell’impianto cocleare, riceve una protesi acustica bilaterale per facilitare la maturazione del sistema uditivo centrale, Bambini con sordità acquisita in seguito a meningite vanno sottoposti ad IC anche prima dei 2 anni di età, per l’elevato rischio di un’ossificazione cocleare che potrebbe impedire l’inserzione chirurgica dell’impianto.


Fattori di contro-indicazione

Le controindicazioni assolute all’IC non sono numerose. Una di esse è rappresentata dalla agenesia completa del nervo acustico, associata ad una aplasia della coclea. Malformazioni con coclea ipoplasica possono far sorgere il dubbio sulla consistenza del nervo VIII. D’altra parte si ritiene che anche un nervo ridotto a poche migliaia di fibre possa utilmente convogliare l’informazione acustica fornita elettricamente da un IC. Altre controindicazioni sono “relative”, cioè riguardano alcune patologie concomitanti alla sordità che impediscono di accertare la funzione uditiva residua, e di formulare una previsione fondata sui risultati. Un esempio è rappresentato da forme gravi di psicosi e demenza che coinvolgono il comportamento e la comunicazione. Altri esempi comprendono le sordità congenite che si presentano in associazione a difetti cognitivi, sensoriali, fisici. Ogni caso va valutato individualmente, cercando di prevedere se e quanto una stimolazione elettrica potrà modificare la comunicazione. Occorre tenera presente che nelle menomazioni multiple il miglioramento anche parziale di una funzione può assumere una grande importanza.


Chirurgia

L’intervento, comprensivo dei controlli intraoperatori dell’impianto ha una durata di circa 2-3 ore. I tempi principali (v. capitolo 1.5.7) prevedono la creazione dell’alloggiamento del ricevitore-trasmettitore sulla squama dell’osso temporale, l’accesso alla cavità timpanica attraverso una timpanotomia posteriore, l’inserzione del portaelettrodi nella scala cocleare timpanica attraverso una cocleostomia praticata sul promontorio, in prossimità della finestra rotonda o direttamente nella f. rotonda. Le complicazioni sono relativamente scarse (2-4%), e rientrano fra quelle tipiche dell’otochirurgia.


La regolazione dell’impianto cocleare

L’IC è attivato di solito 15-20 giorni dopo l’intervento chirurgico. Alla prima attivazione seguono altre sessioni, mediamente 3-4 il primo mese di utilizzo, poi progressivamente più intervallate, fino 1 all’anno quando si è raggiunta la stabilizzazione della regolazione.

Nei pazienti collaboranti (adulti e bambini di oltre 4-5 anni) le regolazioni si attuano attivando i vari elettrodi dell’IC e richiedendo risposte. Durante questa fase per ciascun elettrodo viene stabilita l’intensità di corrente necessaria per suscitare una sensazione uditiva minima (“T-level”) ed una sensazione di comoda udibilità. (“C-level”). I valori costituiscono la “mappa” di stimolazione dell’IC.

Nei bambini è sempre opportuno condizionare le risposte agli stimoli dell’IC, secondo schemi di audiometria gioco, appropriati per l’età. L’attivazione dell’IC deve consentire di impostare una regolazione di prima approssimazione. Nei bambini molto piccoli si ricorre anche a test oggettivi, che permettono di valutare le risposte del nervo acustico evocate dalla stimolazione elettrica.


PROTESI UDITIVE: VERIFICHE FUNZIONALI

La valutazione finale dell’efficacia di una protesi uditiva si avvale di una batteria di test audiometrici (cosiddetta “audiometria protesica”, Fig. 10) che può essere anche utilizzata per ogni valutazione pre-post-trattamento (otochirugia, trattamenti medici della sordità, riabilitazione).


Fig. 10. Misure di guadagno funzionale, come differenze pre- e post- protesi acustica. Il guadagno dell’audiometria con toni puri (grafico superiore) va sempre confrontato con le funzioni di intelligibilità verbale ottenute in quiete e con interferenze rumorose (in basso destra). In questo caso mentre il guadagno vocale corrisponde al guadagno tonale (circa 20 dB), la prova con rumore evidenzia una scarsa tolleranza alla rumorosità.


Il modo più semplice per controllare gli effetti dell’amplificazione sulla soglia uditiva è di eseguire un esame audiometrico tonale in campo libero, confrontando il guadagno fornito dalla protesi, con la differenza di soglia ottenuta in campo libero senza protesi e con protesi. Questa differenza (guadagno funzionale) dovrebbe essere uguale al guadagno della protesi. Il confronto si effettua sulla media delle frequenze 0.5-1-2 kHz. Una soglia con protesi attorno a 30-40 dB HL permette in teoria un ascolto della normale voce di conversazione in misura sufficiente per raggiungere un’intelligibilità del 100%.

Poiché il fine ultimo di una protesi è di migliorare l’intelligibilità dei segnali verbali, il modo migliore per verificare il guadagno funzionale è per mezzo dell’audiometria vocale. La funzione di intelligibilità con protesi (nell’esempio della figura riferita alle parole) dovrebbe occupare il campo d’intensità fra 40 e 70 dB SPL, con intelligibilità massima significativamente aumentata. Tale campo è anche convenzionalmente definito come “udito socialmente utile”. La differenza fra soglia di percezione con protesi e senza protesi dovrebbe essere identica al guadagno funzionale misurato in campo libero. Se ciò non avviene è probabile che l’amplificazione distorca il segnale verbale riducendone l’intelligibilità. Oltre a questi due semplici test si possono eseguire numerose altre prove, finalizzate a misurare l’intelligibilità verbale in condizioni di rumorosità ambientale.