La vertigine e più in generale il disorientamento spaziale sono spesso le manifestazioni ultime di disordini di funzioni differenti. Pertanto il processo diagnostico è complesso e richiede, oltre ad una notevole esperienza, l’utilizzo ragionato di dati raccolti dall’osservazioni clinica, da specifici test della funzione vestibolare, dalla diagnostica per immagini e da indagini biochimiche.
I principali quesiti che ci si devono preliminarmente porre sono tre, e la risposta a ciascuno di essi determina scelte ed indirizzi fra diversi strumenti diagnostici e terapeutici.
1) differenziare fra funzione normale e anormale
2) individuare topograficamente la disfunzione, cioè differenziare fra sede periferica (labirinto-nervo vestibolare, oculare, muscolare scheletrica) e sede centrale (tronco-cerebellare, encefalo)
3) ricercare le cause della disfunzione, differenziando fra cause che interessano direttamente il sistema vestibolare periferico o centrale (es.: una malattia labirintica, un tumore intra-assiale del troncoencefalo), e cause che lo coinvolgono indirettamente, in risposta a condizioni patologiche di altri organi ed apparati (es.: sindrome ipotensiva, uno stato tossico).
Gli strumenti diagnostici cui più comunemente si ricorre oggi sono i seguenti:
1) storia clinica (caratteri della vertigine)
2) osservazione clinica con ricerca di segni specifici (occhio, postura, movimenti)
3) test della funzione uditiva (soglia, reflessometria stapediale, ABR)
4) test della funzione vestibolare (misure dei movimenti oculari, stimolazioni labirintiche, potenziali miogenici vestibolari)
Benché gli specialisti ORL e audiologo siano spesso i primi ad essere interpellati in caso di vertigini, va ricordato che i disordini di equilibrio da cause non labirintiche sono i più frequenti. Ciò implica, dopo che si sia escluso un disordine vestibolare periferico, la necessità di indirizzare il paziente ad altri specialisti per una più fine definizione diagnostica e per una terapia specifica. Internista, neurologo, psichiatra, fisiatra, oculista, sono gli specialisti cui più spesso vengono indirizzati i pazienti con vertigini di origine non labirintica.
2.2.2 Anamnesi del paziente vertiginoso
Nei pazienti con sintomi riferiti come vertigine, l’anamnesi è particolarmente importante. Spesso è stato sottolineato come un’anamnesi vestibolare approfondita possa da sola consentire se non una diagnosi precisa, almeno un affidabile orientamento diagnostico in tre quarti dei pazienti.
Il paziente sofferente di vertigini o più genericamente di disturbi dell’equilibrio è spesso un paziente “difficile” da valutare da un punto di vista clinico-anamnestico. Ciò è dovuto al fatto che i sintomi di cui è portatore sono comuni a patologie che possono interessare una molteplicità di organi ed apparati. Inoltre gli stessi sintomi primari (vertigine e disequilibrio) sono per loro natura notevolmente condizionati da fattori emozionali. Il paziente tende a descriverli con una terminologia molto ampia, talvolta non corrispondente alle canoniche categorizzazioni cui d’altra parte fa riferimento il medico che lo ascolta. Si può dire che affrontando un paziente vertiginoso il medico deve inizialmente risolvere un problema di comunicazione. Ciò spiega il fatto che spesso i pazienti con questi disturbi sono reduci da numerose visite ed indagini specialistiche di discipline talvolta sorprendentemente diverse fra loro. Oltre alla difficoltà di qualificare la vertigine, la stessa storia clinica di questi pazienti è spesso molto lunga, i sintomi difficili da definire perché si sono modificati nel tempo, spontaneamente o per l’assunzione di farmaci con efficacia poco nota o perché associati a disturbi e patologie di varia origine.
Il primo obiettivo dell’anamnesi è di delineare al meglio la qualità del sintomo. Il secondo obbiettivo è di formulare un’ipotesi clinica in base alla quale orientare le successive indagini diagnostiche.
È utile definire insieme al paziente cosa intende per “vertigine”. Solitamente ci si riferisce alla classica definizione (Jongkees 1953): la vertigine è una allucinazione/illusione di movimento. In questa definizione sono incluse le vertigini cosiddette oggettive (percezione di movimento/rotazione dello spazio) e soggettive (percezione di movimento/rotazione del proprio corpo rispetto allo spazio).
La precisazione delle specifiche caratteristiche del sintomo vertigine può in molti casi orientare la prima ipotesi causale. Ad esempio:
– la sensazione di rotazione del corpo o dell’ambiente è di solito conseguenza di disordini acuti unilaterali del sistema vestibolare. L’intensità del sintomo e l’intensità dei fenomeni di accompagnamento (nausea, vomito, sudorazione fredda, diarrea) è variabile da individuo ad individuo, è non è strettamente legata alla gravità della disfunzione o della lesione che li ha determinati;
– la sensazione di oscillazione o ondeggiamento del corpo in direzione laterale, antero-posteriore, o sul piano verticale (galleggiamento-sprofondamento) deriva più spesso da una disfunzione non acuta, unilaterale o bilaterale del sistema vestibolare;
– la difficoltà di equilibrio con tendenza a cadere in qualsiasi direzione (specie se in direzione antero-posteriore) deriva più spesso da disfuzioni o da processi ad andamento lento, come ad esempio vasculopatie croniche, neoplasie, malattie degenerative);
– le sensazioni di testa leggera ed annebbiamento visivo possono essere dovute a disordini non direttamente correlati con il sistema vestibolare, ma ad esempio con il sistema cardio-vascolare, o con condizioni di ansia-depressione.
Di particolare importanza è la ricerca dei fattori che secondo il paziente hanno preceduto la comparsa della vertigine: questi possono riguardare le condizioni generali come ad esempio un episodio influenzale che potrebbe precedere una vertigine da neuronite vestibolare, oppure un periodo di stress psico-fisico che potrebbe precedere un attacco di malattia di Menière.
Oppure i fattori scatenanti possono essere in relazione all’assunzione di particolari posizioni: chinarsi in basso, ruotare il corpo in posizione supina, iperestendere il rachide cervicale. In questi casi si può ipotizzare un disordine otolitico (vertigine posizionale parossistica benigna) o un un’insufficineza vertebro-basilare, od anche patologie più serie come le neoplasie del troncoencefalo.
Vanno poi chiarite le modalità di insorgenza della vertigine ed il suo decorso temporale. Ad esempio nella malattia di Menière l’attacco vertiginoso, che dura qualche ora, è preceduto da una sorta di aura costituita da pienezza auricolare e da un acufene unilaterale progressivamente più intenso. Entrambi questi sintomi di accompagnamento tendono a recedere all’esaurirsi della vertigine. Una vertigine di durata prolungata anche di qualche settimana, seppure con la tendenza alla regressione, può suggerire una neuronite vestibolare. Se la vertigine si svolge in attacchi ricorrenti può interessare come essi si distribuiscono nel tempo.
La presenza di sintomi soggettivi di tipo uditivo (ipoacusia, acufeni) concomitanti alla vertigine suggeriscono un’origine periferica (malattia di Menière, ischemia cocleare-labirintica). Tuttavia va notato che durante un attacco acuto di vertigine, la presenza di un’ipoacusia può passare inosservata. Talvolta la sintomatologia uditiva è soggettivamente riportata come distorsione percettiva: diploacusia (suoni “sdoppiati”) e distorsioni di loudness (fastidio per rumori intensi) suggeriscono un disordine a sede cocleare.
Nella fase anamnestica infine vanno ricercati e definiti tutti quei sintomi spesso confusi con la vertigine, ma non direttamente orginati dal sistema vestibolare: disturbi visivi (offuscamenti, diplopia), disordini sensitivi e motori (in particolare relativi ai nervi cranici) disordini fono-articolatori e della deglutizione, lipotimie, attacchi ischemici transitori, crisi di ansia, manifestazioni depressive.
Esempi di domande preliminari
– Se la vertigine si accompagna a perdita di conoscenza anche di breve durata (può trattarsi di lipotimia, equivalente epilettico, insufficienza cerebro-vascolare).
– Se le crisi vertiginose sono “oggettive” (mondo esterno che si muove) o soggettive (il proprio corpo si muove).
– Se la vertigine è accessuale (probabile labirintopatia) o continua (probabile origine centrale).
– Se la vertigine si replica ad intervalli anche irregolari di giorni/settimane/mesi (probabile m.di Menière).
– Se la vertigine compare in determinate posizioni del capo (disordine della propriocezione cervicale, disordine otolitico, disordine vasolare vertebro-basilare).
– Se la vertigine compare al mattino alzandosi dal letto (probabile ipotensione ortostatica o ipoafflusso del circolo cerebrale posteriore).
– Se coesiste ipertensione arteriosa (una crisi vertiginosa può essere la spia di una puntata ipertensiva).
– Se esistono condizioni favorenti una condizione di ipo-ossiemia (anemia, microemorragie occulte).
– Se coesistono disturbi del sonno, ansia, depressione (probabile vertigine psicogena).
– Se la vertigine si accompagna contemporaneamente ed improvvisamente ad un’ipoacusia vi è la possibilità di una labirintite acuta, (associazione con otite cronica), di una lesione traumatica diretta od indiretta dell’orecchio interno (microfratture del temporale, fistola della finestra rotonda), di una vasculopatia acuta dell’orecchio interno -“sordità improvvisa”).
– Se la funzione uditiva e/o gli acufeni e/o il senso di pienezza auricolare precedono o accompagnano o seguono la crisi vertiginosa (sintomo di Lermoyez), ciò è tipico dell’interessamento globale dell’orecchio interno, in particolare della malattia di Menière, nonchè delle turbe microcircolatorie dell’orecchio interno (“sordità fluttuante”).
– Se la funzione uditiva è compromessa progressivamente con vertigini subcontinue occorre differenziare fra una m. di Meniere e un neurinoma del nervo VIII o un altro processo espansivo dell’angolo ponto cerebellare.
– Se la crisi è insorta al mattino dopo una cena abbondante, con ingestioni di cibi, quali frutti di mare ecc., ciò orienta verso una sindrome vestibolare periferica o centrale sostenuta da fattori tossi-infettivi.
– Se la vertigine insorge in relazione a fenomeni flogistici generici (più spesso simil-influenzali) ciò può indicare una neuronite vestibolare, ma anche una leucoencefalite del tronco encefalico, o l’esordio di una malattia demielinizzante.
– Se le crisi vertiginose sono continue, di modesta entità, soggettive, e si accompagnano a perdita di memoria, insonnia, turbe del carattere, ipertensione, ecc., esse possono essere sostenute da una vasculopatia generalizzata o da uno stato tossico.
2.2.3 I movimenti oculari
Nell’esame clinico del paziente la parte più importante riguarda l’esame dei movimenti oculari, ed in particolare la ricerca del nistagmo. Il nistagmo è definito come una serie di movimenti oculari (scosse) ciascuno costituito da una fase lenta che sposta il centro del bulbo verso la periferia, seguita da una fase rapida che riporta il bulbo al centro. La fase rapida denomina la direzione del nistagmo. Questo fenomeno se osservabile con capo fermo ed in posizione normale indica quasi sempre un disordine del sistema vestibolare e più precisamente un’alterazione del normale riflesso vestibolo-oculo motore (VOR).
Il VOR benché non richieda uno stimolo visivo, è tuttavia costantemente interattivo con gli stimoli visivi, e ciò ne aumenta notevolmente l’efficienza. Il VOR è necessario per stabilizzare la visione foveale durante i movimenti della testa, evitando così l’offuscamento delle immagini. I meccanismi centrali dell’oculomozione –sistema di inseguimento oculare lento, sistema saccadico, sistema otticocinetico, ed in misura minore il sistema di vergenza, combinano i loro effetti con il VOR per ottenere istante per istante la più nitida rappresentazione visiva del mondo circostante.
CLASSIFICAZIONE MOVIMENTI OCULARI
Definizione
Stimolo
Funzione
Inseguimento lento
Bersagli lenti
Fovea su bersagli
visivi mobili
Saccadici
Bersagli rapidi
Vergenza
Bersagli frontali a distanza variabile
VOR
(rifl. Vestibolo-oculomotore)
Piccoli movimenti del capo
Fovea su bersagli
mobili con capo
in movimento
Otticocinetici
Successioni di bersagli o rotazione
sostenuta ad occhi aperti
Tab. I. Cinque sistemi neuronali partecipano a mantenere la visione foveale. Sistema di inseguimento lento: mantiene l’immagine sula fovea mentre il bersaglio è in movimento.
Sistema saccadico: dirige rapidamente la fovea sul bersaglio che appare nella perifera del campo visivo. Sistema di vergenza: muove i bulbi oculari in direzione opposta, cosicchè la stessa immagine si proietta su entrambe le fovee (bersagli in movimento avanti-indietro).
Sistema vestibolo-oculomotore: dirige i bulbi oculari in direzione opposta a rotazioni brevi e veloci (2-4 Hz) della testa. Sistema ottico-cinetico: usa informazioni visive per stabilizzare la fovea durante rotazioni della testa lente e prolungate.
Pertanto il VOR viene classificato entro la famiglia dei movimenti oculari che costantemente permettono di ottenere una visione distinta.
Nei paragrafi successivi si riporta una sintetica descrizione dei sistemi che presiedono ai vari tipi di movimento oculare classificati nella Tabella I.
2.2.3.1 Il sistema dei movimenti oculari di inseguimento lento (smooth pursuit)
A differenza del VOR, questo sistema risponde alle immagini in movimento (Fig. 5). Per piccoli bersagli che si muovono con moto uniforme e relativamente lento, esso assicura la permanenza stabile del bersaglio sulla fovea retinica, attraverso un arco riflesso visuo-oculomotore, che comprende giunzioni corticali occipito-parietali e connessioni tronco-cerebellari. I movimenti di inseguimento lento sono volontari e si realizzano in qualsiasi direzione. Essi hanno luogo con la testa ferma ed un bersaglio mobile, oppure con bersaglio fermo e testa che ruota, ma anche con entrambi, testa e bersaglio in movimento. Con la testa ferma il movimento oculare è molto preciso, ma è evidente che nelle condizioni di testa in movimento –con bersaglio fisso o mobile- è necessaria un’integrazione fra VOR e sistema di inseguimento lento. Con testa e bersaglio entrambi in movimento, il sistema di inseguimento lento in realtà tende a sopprimere gli effetti del VOR. I movimenti di inseguimento oculare tendono a diventare imprecisi con l’età, per l’effetto di farmaci del s.n.c., per la presenza di difetti dell’acuità visiva, per lesioni del cervelletto e delle corteccia occipitale e parietale.
Fig. 5. Il movimento altalenante di un bersaglio (target) viene inseguito dagli occhi e registrato come un moto sinusoidale. Una ridotta efficienza dei movimenti di insegumento si manifestsa con un guadagno inferiore ad 1. Un guadagno = 1 indica la perfetta corrispondenza fra spostamento angolare della mira visiva e deviazione degli occhi. Quando per una patologia cerebellare, viene meno il controllo fine della coordinazione dei muscoli oculari, il movimento diventa “spezzettato” (saccadi sovrapposte). N.B. i tracciati della figura e di quelle seguenti si riferiscono, per semplificazione, ai soli movimenti oculari orizzontali. Analoghe anomalie possono verificarsi nei movimenti verticali. Per convenzione spostamenti oculari verso destra sono riportati nei tracciati con deviazioni verso l’alto rispetto all’isoelettrica e spostamenti a sinistra verso il basso.
2.2.3.2 Il sistema saccadico
I movimenti saccadici sono spostamenti coniugati dei bulbi oculari, molto rapidi, che permettono di riportare la visione sulla fovea quando oggetti anche molto piccoli si proiettano sulla periferia retinica. L’angolo fra fovea e posizione extra-foveale inizialmente occupata dall’oggetto è definito errore retinico. La velocità delle saccadi è molto elevata, nell’ordine di 700 gradi di arco/sec. Benché l’inizio della saccade sia volontario, la sua velocità dipende dall’errore retinico. Una volta iniziata, la saccade si svolge in modo involontario, e durante questo movimento la visione è soppressa. Raggiunto il bersaglio visivo, il movimento si arresta. Latenza, velocità ed accuratezza sono i parametri che vengono valutati. Questi movimenti, originati dai campi oculari dei lobi frontali, vengono regolati dalla formazione reticolare mesencefalica (saccadi verticali) e pontina (saccadi orizzontali), e controllati dal cervelletto prima di raggiungere i nuclei oculomotori. Disordini cerebellari del verme e dei nuclei fastigiali producono anormalità saccadiche denominate dismetrie, caratterizzate da una scarsa accuratezza dell’arresto del movimento sul bersaglio (“over-shoot”o ipermetria, “under-shoot” o ipometria) (Fig. 6).
Fig. 6. Il confronto fra movimento della mira visiva (tracce sottili che indicano un rapido spostamento dal centro a destra) e movimento oculare registrato (tracce in grassetto) permette di valutare l’efficienza del sistema saccadico.
Dismetrie disconiugate consistenti in ipermetria in un occhio ed un movimento scivolato (glissadico) nell’altro si osservano tipicamente nell’oftalmoplegia internucleare, mentre rallentamenti delle saccadi sono frequenti negli anziani o per l’effetto di farmaci del snc, o per malattie muscolari. Alterazioni più marcate, fino all’aprassia possono essere associate a disordini corticali o del troncoencefalo.
La fase rapida del nistagmo può essere considerata un movimento saccadico involontario, che seguendo immediatamente la fase lenta ha la funzione di riportare l’occhio al centro dell’orbita.
2.2.3.3 Movimenti di vergenza oculare
I movimenti di vergenza (convergenza e divergenza) dirigono bulbi oculari in direzioni opposte. Originano quando lo stesso bersaglio cade su posizioni diverse nelle due retine, come accade quando un bersaglio centrale inizia ad allontanarsi o avvicinarsi lungo l’asse antero-posteriore. L’effetto dei movimenti di vergenza, che si svolgono con velocità basse (<20°/sec) ed ampiezza ridotta (<5°) è sempre quello di riportare l’immagine su entrambe le fovee.
2.2.3.4 Il riflesso vestibolo oculo-motore
Si attua attraverso un arco tri-neuronale: 1. dal labirinto ai nuclei vestibolari, 2. dai nuclei vestibolari ai nuclei oculomotori ispsi e controlaterali, 3. dai nuclei ai muscoli oculari.
In prima approssimazione il sistema è sensibile alle accelerazioni e alla velocità del capo (la massima sensibilità è per movimenti oscillatori della testa fra 1 e 4 Hz) e manda un segnale di posizionamento agli occhi con le seguenti caratteristiche:
a) tutti i movimenti oculari sono coniugati
b) tutti i movimenti oculari sono uguali ed opposti ai movimenti della testa
c) tutti i movimenti oculari sono generati da almeno una coppia di canali semicircolari.
Normalmente il VOR può manifestarsi con due modalità: per movimenti della testa improvvisi e di escursione limitata l’occhio si sposta con una deflessione lenta uguale e contraria alla direzione del movimento della testa; per movimenti di rotazione sostenuta, come per esempio durante una piroetta, la deflessione oculare lenta è interrotta da un movimento rapido di direzione opposta (saccade) che riporta al centro il bulbo oculare. Nell’insieme la successione di deflessioni oculari lente (centrifughe) e rapide (centripete) si manifestano come nistagmo (Ny) con la fase rapida diretta verso la direzione della rotazione.
2.2.3.5 Il sistema otticocinetico
Questo sistema è ritenuto una versione di ordine inferiore dei movimenti di inseguimento. Mentre questi si attivano più spesso con stimoli visivi puntiformi, gli stimoli più adeguati per indurre un nistagmo otticocinetico occupano una larga porzione del campo visivo e si muovono con un moto uniforme relativamente lento. Quando il capo è fisso l’immagine mobile favorisce un movimento oculare di inseguimento involontario, prodotto dalla stimolazione del campo retinico periferico. Quando la deviazione del bulbo oculare nel suo movimento di inseguimento dei bersagli raggiunge la massima estensione scatta un movimento rapido (saccade) di direzione opposta che riporta l’occhio in posizione centrale. Si attua così una successione di fasi lente e rapide, che costituisce il nistagmo otticocinetico. Il fenomeno è facilmente osservabile nei passeggeri del treno che guardano dal finestrino. Se oltre al movimento del campo visivo si associa un movimento della testa il sistema otticocinetico aumenta la prestazione del VOR, combinando lo stimolo visivo e lo stimolo vestibolare per adeguare al meglio la velocità della fase lenta del movimento oculare. Nei test clinici il nistagmo otticocinetico è registrato con il capo fermo, utilizzando come stimoli visivi una successione di bande bianco-nere presentate in scorrimento (Fig. 7) sul piano orizzontale dirette verso destra e/o sinistra, e sul piano verticale dirette in alto e/o in basso. Alterazioni della morfologia del Ny otticocinetico (disritmia) sono osservabili in presenza di lesioni del tronco che interessano il meccanismo della fase rapida del Ny. Una disorganizzazione marcata o l’assenza del Ny otticocinetico suggeriscono la presenza di lesioni emisferiche e della corteccia temporale. Come in tutti i movimenti oculari, anche disordini dei nuclei oculomotori o della muscolatura oculare possono alterare il Ny otticocinetico. Un’asimmetria di lato del Ny otticocinetico può indicare che un Ny spontaneo di origine labirintica si sovrappone al Ny otticocinetico.
Fig. 7. Il Ny otticocinetico può essere facilmente evocato stimolando continuamente la retina con una successione di bande bianche e nere (tamburo ruotante). La direzione di scorrimento delle bande induce un Ny con fase lenta nella stessa direzione.
2.2.4 Classificazione e analisi del nistagmo
2.2.4.1 Nistagmo vestibolare
Come si è detto il nistagmo è uno dei segni caratteristici del disordine vestibolare. Vi sono numerose caratteristiche che vanno notate (Fig. 8), perché in base ad esse è possibile ipotizzare almeno in prima approssimazione la sede del disordine. L’osservazione del nistagmo è facilitato dall’uso di occhiali con lenti di 20 diottrie ed illuminati internamente (“occhiali di Frenzel”). Essi oltre a mostrare l’occhio ingrandito, offuscano la visione del paziente, in pratica sopprimendo un fattore, la fissazione visiva, che può inibire il nistagmo. Come si vedrà in seguito, qualsiasi movimento oculare può essere registrato e misurato (oculografia) con specifiche strumentazioni, quali l’elettronistagmografo ed il video-nistagmografo.
Fig. 8. Elementi classificativi del nistagmo.
Vi sono tre tipi di nistagmo vestibolare: a) Ny spontaneo, b) Ny provocato, c) Ny indotto.
a) Ny spontaneo: osservabile a testa immobile, quasi sempre è un indicatore di disordine vestibolare, causato da un danno della periferia del sistema (recettore e nervo vestibolare) o dalle strutture centrali. L’intensità del Ny può essere graduato secondo la classificazione di Alexander. Ny di I° (debole) è rilevabile solo spostando lo sguardo in direzione della fase rapida, Ny di II° (moderato) è rilevabile con lo sguardo centrale, Ny III (intenso) persiste anche dirigendo lo sguardo in direzione della fase lenta.
b) Nistagmo evocato (o provocato): osservabile solo in seguito all’esecuzione di manovre di provocazione.
Si distinguono:
1) Ny da deviazione dello sguardo: compare mantenendo lo sguardo in una direzione (Ny I°)
2) Ny da posizionamento: compare in seguito a variazioni della posizione della testa
3) Ny posizionale: compare quando una specifica posizione viene mantenuta
4) Ny rivelato: compare in seguito a scuotimento o rapida rotazione della testa (Head Shaking Test)
5) Ny cervicale: compare mantenendo la testa immobile mentre il corpo viene ruotato (per es. usando un sedile girevole).
Le più comuni manovre per ricercare il Ny posizionale consistono nel far assumere con spostamenti lenti la posizione supina, quindi con testa ruotata a destra e a sinistra, ed infine con il capo iperesteso oltre il margine del lettino. In ogni posizione l’osservazione va condotta per almeno 30”. Una comune manovra di sensibilizzazione (Hallpike) per svelare forme di Ny parossistico consiste nel far passare il paziente sul lettino dalla posizione seduta alla posizione con capo iperesteso ruotato lateralmente a destra, e quindi ripetere la sequenza con capo ruotato a sinistra (Fig. 9).
Fig. 9. Manovra di Hallpike per la ricerca di un Ny posizionale.
Il Ny da posizionamento si può osservare accelerando i movimenti per passare da seduto a supino o viceversa, senza e con rotazione del capo.
In tutte queste manovre è evidente che si combinano diversi fattori: differenze di orientamento dei labirinti (canali e sistema otolitico) nei confronti dell’asse di gravità, variazioni dei segnali diretti ai nuclei vestibolari dal sistema propriocettivo causati dai movimenti muscolo-articolari del collo, variazioni del flusso ematico regionale dovuti alla regolazione pressoria (specialmente da posizione supina ad eretta) o alla costrizione delle arterie vertebrali in seguito all’estensione forzata del collo.
6) Una particolare manovra di provocazione del Ny permette di ricercare il cosiddetto segno pneumatico della fistola labirintica. Esso consiste nell’osservazione di un Ny orizzontale mentre con una peretta dotata di un oliva applicata al condotto uditivo esterno si operano della variazioni di pressione aerea nella cassa timpanica. La presenza di una fistola labirintica si manifesta con un Ny diretto ipsilateralmente al lato dove si esercita la compressione aerea, ed un Ny diretto controlateralmente durante la decompressione. Il fenomeno è dovuto alla variazione della pressione aerea nella cassa timpanica che per la presenza di una fistola, di solito interessante il canale semicircolare orizzontale, spinge la cupola in senso utriculipeto (eccitazione) durante la compressione aerea ed in senso utriculifugo (inibizione) durante la depressione.
c) Nistagmo indotto: osservabile a seguito di una stimolazione vestibolare. Questo tipo di nistagmo è evocabile come risposta fisiologica del sistema vestibolare ad una stimolazione adeguata, per esempio rotatoria o termica, come sarà descritto in seguto. Le sue caratteristiche quantitative e qualitative possono rivelare condizioni di normalità funzionale o di patologia.
2.2.4.2 Nistagmo non vestibolare
Esistono numerose forme di nistagmo che non origina dal sistema vestibolare. Queste sono piuttosto infrequenti nella tipica popolazione che viene esaminata per vertigini. Vengono più sotto ricordate le più importanti.
Normalmente il controllo dell’immagine visiva è mantenuto da un meccanismo di feed-back esercitato dall’arco retina-muscoli oculari. Qualsiasi alterazione sull’arco riflesso può causare movimenti irregolari o ondulatori degli occhi. In tali irregolarità non sempre è distinguibile una fase rapida ed una fase lenta, ma spesso il Ny assume una forma ondulatoria. In tal caso esso è denominato Ny pendolare. Poiché la deviazione dello sguardo e la fissazione visiva influenzano questi movimenti, aumentando o diminuendo la loro l’ampiezza e la frequenza, od anche variandone la direzione, questi vengono classificati come Ny da fissazione. In questa categoria rientrano:
a) Ny da ambliopia (detto anche nistagmoide per la sua irregolarità) osservabile in soggetti con scarse capacità visive.
b) Ny congenito, spesso pendolare a frequenza e direzione variabile, cui si associa una normale visione.
c) Ny di fissazione secondario a gravi lesioni cerebellari o troncoencefaliche.
d) Ny da deviazione dello sguardo (“gaze Ny”) è espressione di mancato controllo cerebellare dei movimenti oculari volontari o di disordini di estese aree cerebrali. Tipicamente è riconoscibile perché diversamente dal Ny vestibolare, la fase rapida, se presente, è diretta eccentricamente cioè verso la direzione dello sguardo anzichè verso il centro. Un’altra forma è il Ny da paresi di qualcuno dei muscoli oculari. La debolezza del muscolo interessato fa sì che il bulbo oculare forzato alla deviazione sia soggetto a cedimenti improvvisi, che lo riportano al centro.
e) Ny retrattorio: costituito da una serie di spostamenti ritmici oculari di estrusione ed intrusione sull’asse antero-posteriore, spesso associato ad ipertensione endocranica o alla presenza di lesioni occupanti spazio a livello mesencefalico encefalico o paraorbitario.
f) Ny provocato da farmaci: può essere causato da farmaci in grado di interferire con la coordinazione motoria oppure da alcool.
2.2.4.3 Relazioni fra Ny e percezione della vertigine
Di norma, la vertigine come sensazione di traslazione-rotazione dello spazio è causata dalla presenza di movimenti oculari nistagmici. Tuttavia l’intensità della sensazione e le reazioni neurovegetative che l’accompagnano sono molto variabili da individuo ad individuo. Ad esempio i bambini talvolta ricercano con divertimento la sensazione vertiginosa, mentre persone particolarmente suscettibili a stimoli labirintici anche di lieve intensità possono essere soggetti a reazioni vegetative ed emozionali (angoscia) incontrollabili. Si ammette che ciò avvenga più facilmente se la persona ha già sperimentato nel passato una crisi di violenta vertigine, come se fosse conservata nella memoria a lungo termine la traccia emozionale di quell’esperienza. Intensità del nistagmo e della vertigine possono quindi essere diversamente correlate sul piano individuale: persone in cui si osserva un intenso Ny possono riferire solo una modesta vertigine, persone che riferiscono una violenta vertigine possono rivelare un Ny molto debole. Di solito la vertigine tende ad attenuarsi ed a scomparire se il Ny persiste per più giorni. In presenza di Ny cronico (ad esempio Ny congenito) non vi è percezione visiva di movimento dello spazio, probabilmente per fenomeni di abitudine e di plasticità neurale.
2.2.5 Ricerca delle deviazioni toniche segmentarie
Le deviazioni involontarie del corpo osservabili in particolari posizioni riflettono una differenza di tono dei gruppi muscolari interessati nel mantenimento posturale. Pertanto esse non hanno di per sé un valore diagnostico specifico per il sistema vestibolare, lo acquistano solo quando sono messe in relazione a tutti gli altri segni. Le varie prove vanno tutte eseguite ad occhi chiusi per sopprimere il controllo della visione. Le principali sono le seguenti.
a) Valutazione del bilanciamento statico (test di Romberg): si osserva il paziente mentre si trova in posizione di “attenti” a piedi uniti, notando la consistenza e la direzione di eventuali deviazioni rispetto alla verticale. Il test può essere eseguito con manovre distraenti (tracciare sulla fronte dei numeri con una punta smussa e chiedere al paziente di riconoscerli) per evitare che fenomeni legati allo stato d’ansia esagerino le oscillazioni. Il test è sicuramente positivo in caso di tendenza a caduta e se il risultato è replicabile. Schematicamente le deviazioni al test di Romberg possono, in prima approssimazione, suggerire:
– deviazione (o caduta) laterale: difetto labirintico ipsilaterale
– deviazione (o caduta) posteriore: lesione in fossa cranica posteriore
Eseguire il test di Romberg con i piedi allineati uno dietro l’altro (“tandem”) è un modo di sensibilizzare la prova. In tal modo solo chi non ha alcun problema di equilibrio riesce a mantenere la posizione ad occhi chiusi.
b) Prova a braccia tese: si esegue con il paziente seduto, invitandolo ad estendere davanti a se entrambe le braccia. Osservando per almeno 20” si nota se si verificano deviazioni orizzontali o verticali (coniugate o meno). La prova è positiva se le deviazioni, replicabili alla ripetizione del test, mostrano uno spostamento di almeno 3-4 cm. rispetto al punto di partenza. Schematicamente, le deviazioni possono suggerire:
deviazione congiunta verso l’alto: lesione in fossa cranica posteriore
deviazioni verticali disgiunte (un braccio verso l’alto, l’altro verso il basso): disordini neurologici centrali.
c) Prova della marcia a stella: si esegue facendo camminare il paziente ad occhi chiusi avanti ed indietro per qualche metro. Se ogni inversione della marcia è accompagnata da un costante cambiamento di direzione, alla fine il paziente compie un tracciato a stella, che può suggerire un difetto labirintico ipsilaterale al cambiamento di direzione.
Prova della marcia sul posto: ha lo stesso valore della precedente, con la differenza che si osserva la tendenza a ruotare verso un lato.
d) Prova di coordinazione motoria indice-naso: si invita il paziente ad estendere lateralmente le braccia e di toccare alternativamente con l’indice destro e sinistro la punta del naso. Si osserva la precisione del movimento e la presenza di segni che possono suggerire un disordine cerebellare, in particolare asinergia muscolare, dismetria, adiadococinesia, “rebound”, “frenage”.
e) Valutazione dell’andatura ad occhi aperti: benché questo tipo di osservazione non sia inclusa nella classica indagine vestibolare, essa è molto utile per verificare alcune condizioni che possono suggerire disordini dell’equilibrio di origine extra-vestibolare, molto frequenti nei pazienti anziani. Nella Tabella II sono elencati i disordini frequentemente associati ad alterazioni dell’andatura.
Disordine
Caratteristiche dell’andatura
Propriocezione
Insicura, base leggermente allargata, passi corti, girate lente
Muscolo-scheletrico
Difficoltà ad alzarsi, rallentamento generale zoppia, ridotta elevazione del piede, ginocchia bloccate
Cerebellare
Andatura atassica, base molto allargata, instabilità del tronco, riflessi posturali iperattivi
Nuclei della base
Difficoltà di partenza, rigidità, mancanza di movimenti associati, girate in blocco
Corteccia frontale
sostanza bianca corticale
Andatura aprassica, passi strascicati, piedi aderenti al suolo,
scarso controllo dei riflessi posturali
Tab. II.
Avvertenza: tutte queste prove possono risultare alterate non solo per una disfunzione vestibolare o cerebellare, ma anche per disordini che interessano il sistema neuromuscolare, la muscolatura, il sistema articolare, condizioni queste che dovrebbero sempre essere escluse prima di avvalorare l’origine vestibolare delle anomalie. Pertanto la sensibilità di queste prove nei confronti del sistema vestibolare è necessariamente bassa, mentre la loro specificità (se normali escludono una condizione di patologia) è più elevata.
Oltre alla ricerca dei segni somatici, statici e dinamici sopradescritti l’esame clinico deve comprendere:
a. Esame obbiettivo del distretto ORL, con otoscopia, rinoscopia, valutazione della mobilità del palato molle, della lingua, e delle corde vocali.
b. Esame obbiettivo di testa e collo con palpazione del collo (ricerca linfonodi e punti dolorosi), auscultazione dell’asse carotideo (ricerca di soffi vascolari), valutazione dell’atteggiamento del collo e della mobilità cervicale e delle articolazioni temporo-mandibolari.
c. Esame dei nervi cranici (la Tab. III ne sintetizza le principali funzioni).
d. Misura della pressione sistolica e diastolica in posizione supina e alla ripresa della posizione eretta.
NERVI CRANICI
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
Motore
somatico
Faccia-occhio-lingua
faringe-laringe
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Motore
viscerale
Gh. salivari-pupilla
parasimpatico torace-addome
•
•
•
•
Sensibilità
somatica generale
Tattile-termica-
dolorifica-cinestesica
•
•
•
•
Sensibilità
speciale
Udito-equilibrio-
vista-olfatto-gusto
•
•
•
•
•
•
Sensibilità viscerale generale
Faccia-collo-
faringe-laringe
•
•
Tab. III. Principali funzioni dei nn. cranici.
2.2.6 Esami funzionali
Vengono qui trattati i metodi strumentali più frequentemente utilizzati nelle indagini fuzionali del sistema vestibolare. La trattazione è ridotta al minimo delle nozioni necessarie per comprendere il significato clinico delle risposte ottenute con le diverse modalità di stimolazione.
2.2.6.1 Registrazioni
Oculografia, elettronistagmografia: con il primo termine si definisce genericamente la registrazione di movimenti oculari di qualsiasi tipo. Il secondo è usato per indicare la registrazione dei movimenti nistagmici, spontanei o indotti. Poiché ambedue le registrazioni usano la stessa tecnica, i due termini nella pratica si equivalgono. La possibilità di registrare i movimenti oculari con una coppia di elettrodi posti ai bordi dell’orbita è data dall’esistenza di una differenza di potenziale (1 mV) fra cornea (+) e retina (-) che costituisce un dipolo elettrico. Con l’occhio in posizione di riposo il dipolo è ortogonale rispetto alla coppia di elettrodi, quindi essi avranno una carica neutra (isoelettrica). Quando il dipolo varia il suo asse per effetto di uno spostamento dell’occhio, l’elettrodo più vicino alla cornea si carica positivamente, mentre quello più vicino alla retina si carica negativamente. Il segnale elettrico generato da tali differenze di potenziale è amplificato e filtrato, e quindi registrato su carta o, negli strumenti moderni, dopo una conversione anlogico-digitale, visualizzato su schermo. Per convenzione, registrando i movimenti oculari orizzontali con una coppia di elettrodi ai lati dell’orbita, gli spostamenti verso destra sono riportati con deflessioni dell’isoelettrica oculografica verso l’alto, quelli verso sinistra con deflessioni verso il basso. Registrando i movimenti oculari verticali con una coppia di elettrodi posti sull’asse orbitario verticale, le direzioni alto-basso dell’occhio sono rappresentate verso l’alto ed il basso nel tracciato. Per una registrazione completa dei movimenti oculari sarebbero necessarie 4 coppie di elettrodi (derivazione verticale ed orizzontale per ciascun occhio) e quindi uno strumento a 4 canali di amplificazione. Nella routine clinica generalmente si usa una derivazione binoculare (bitemporale) ed una derivazione monoculare verticale, e quindi è sufficiente uno strumento a 2 canali. Usualmente l’amplificazione del segnale elettrico oculare viene calibrata individualmente in modo che ogni mm di spostamento del tracciato corrisponde allo spostamento di 1° o 2° del bulbo oculare.
Video-oculografia: un sistema alternativo all’elettro-oculografia è oggi rappresentato dalla video-oculografia. Con questo metodo i movimenti oculari vengono filmati da una coppia di telecamere ad infrarossi montate all’interno di un casco o di una maschera indossati dal paziente. Il segnale relativo agli spostamenti della pupilla è campionato, è analizzato, ed infine visualizzato su schermo, analogamente ad un segnale elettro-oculografico. Sullo schermo è anche possibile osservare direttamente i movimenti oculari. Questa strumentazione ha il pregio di eliminare i problemi legati alla registrazione elettronistagmografica, spesso causati da interferenze elettriche ambientali e da elevata impedenza del contatto cute-elettrodi.
2.2.6.1 Stimolazioni
Stimolazione termica. Lo stimolo consiste in una variazione termica all’interno del canale semicircolare laterale. Ciò si ottiene irrigando l’orecchio esterno con acqua (o immettendo un flusso d’aria) più calda o più fredda della temperatura corporea. Rispetto alla temperatura corporea (37°) gli stimoli sono di solito equidistanti: per esempio 30° e 44°. La quantità di acqua ed i tempi di irrigazione sono variabili secondo le tecniche, essendo compresi fra 10 cc in 10 sec., e 200 cc in 30-40”. Nei casi in cui con queste temperature non si ottenga nessuna risposta nistagmica, e dove si sospetti una severa iporeflessia si può ricorrere ad una stimolazione con acqua molto fredda, attorno a 1°- 5°.
Fig. 10. A sinistra CSL (sx) a riposo. A destra, in posizione supina con il capo flesso a 30°, il CSL assume una direzione verticale. I moti di termoconvezione indotti dalla temperatura dello stimolo producono una deflessione cupolare utriculipeta (eccitazione) o utriculifuga (inibizione) che danno luogo ad una risposta nistagmica registrabile.
Il principio neurofisiologico alla base della stimolazione termica è che il gradiente di temperatura causa una variazione nella densità dell’endolinfa del canale (Fig. 10). Se il canale orizzontale durante l’irrigazione viene mantenuto sull’asse verticale la diversa densità dell’endolinfa causata dalla variazione di temperatura, essendo soggetta alle forze gravitazionali, produce un flusso endolinfatico che deflette la cupola. Il caldo produce una deflessione cupolare utricolipeta (eccitazione), il freddo una deflessione utricolifuga (inibizione). L’attività neurale in uscita dai due labirinti risulta così sbilanciata e ciò si rivela con un riflesso vestibolo-oculomotore costituito da una risposta nistagmica. Lo stimolo caldo (eccitatorio) causa un Ny con la fase lenta diretta controlateralmente al labirinto stimolato, lo stimolo freddo (inibitorio, quindi prevale l’attività del labirinto controlaterale) causa un Ny con la fase lenta diretta verso il lato stimolato. Tipicamente la risposta nistagmica ha una durata di circa 2 min., e l’intensità del Ny, misurata come velocità della fase lenta o come frequenza, raggiunge un massimo (“culminazione”) fra 15 e 30 sec. dalla fine dell’irrigazione. La registrazione della risposta nistagmica è eseguita eliminando la visione, quindi al buio o ad occhi coperti, per evitare l’azione inibitrice del Ny da parte della fissazione visiva.
Le stimolazioni termiche non sono fisiologiche perché normalmente i labirinti funzionano in coppia, tuttavia questo metodo è il più utilizzato nella diagnostica clinica essendo l’unico che consente di esplorare la funzione di un singolo labirinto separatamente dall’altro. L’esame è generalmente ben tollerato, e solo in circa il 10-15% dei pazienti, per lo più ansiosi, può accompagnarsi a nausea e più raramente a vomito. Per tale motivo è bene eseguire il test a digiuno. Le controindicazioni sono rappresentate dalle perforazioni timpaniche e dalle cardiopatie gravi (per la potenziale pericolosità delle reazioni vagali associate alla stimolazione).
I parametri del Ny ottenuto dalla stimolazione del labirinto destro e sinistro, rispettivamente con stimolo caldo e freddo vengono alla fine analizzati calcolando due indicatori molto utilizzati come criterio diagnostico (“indici di Jongkees”), in quanto consentono di valutare l’esistenza di uno sbilanciamento nella funzione dei due labirinti. Rispetto alla normalità, cioè alla condizione di uguale risposta nei due lati, lo sbilanciamento può assumere la forma di una prevalenza di lato o di una prevalenza direzionale del Ny.
La prevalenza di lato è misurata dalla formula
(Cdx+Fdx)-(Csx+Fsx)/Cdx+Fdx+Csx+Fsx x 100
Come si vede la formula esprime in percentuale la differenza di risposta fra lato destro e sinistro rispetto al totale.
La prevalenza direzionale è misurata dalla formula:
(Cdx+Fsx)-(C sx+Fdx )/Cdx+Fdx+Csx+Fsx x 100
Questa formula esprime in percentuale la differenza fra le due stimolazioni che inducono un Ny verso una direzione e le due stimolazioni che inducono un Ny in direzione opposta.
I valori che si immettono nella formula possono essere la velocità della fase lenta o la frequenza del Ny calcolati durante la culminazione, rispettivamente per stimoli caldi (C) e freddi (F). Nella Figura 11 sono esemplificati i calcoli di prevalenza laterale e direzionale utilizzando il numero di scosse di Ny durante 15 secondi.
I risultati sono considerati patologici quando gli indici superano il 20% come prevalenza laterale ed il 25% come prevalenza direzionale.
La prevalenza laterale ha un significato di disfunzione labirintica periferica, un deficit labirintico destro sarà quindi espresso come prevalenza laterale sinistra. La prevalenza direzionale può indicare una disfunzione periferica o centrale. Nel primo caso potrebbe originare dalla presenza di un Ny periferico latente, che quindi potenzia le risposte alle stimolazioni che inducono un Ny diretto nella stessa direzione del Ny latente. Nel secondo caso potrebbe riflettere uno sbilanciamento nell’attività dei nuclei vestibolari.
Fig. 11. Rappresentazione schematica di risposte asimmetriche ottenute con termostimolazioni, (F: fredda, C: calda) ed esempio di calcolo degli indici di prevalenza laterale (PL) e prevalenza direzionale (PD).
Fig. 12. Schema classificativo delle principali alterazioni qualitative del Ny indotto.
Le caratteristiche qualitative del Ny sono importanti per la diagnosi delle disfunzioni vestibolari centrali. Benché oggi il valore topodiagnostico delle anomalie qualitative del Ny sia superato dalle tecniche di immagine, può valere almeno come orientamento lo schema rappresentato nella Figura 12.
Durante una stimolazione labirintica si può eseguire un test di soppressione visiva del Ny indotto. Normalmente la fissazione visiva inibisce pressoché completamente il Ny indotto. Se ciò non avviene, o paradossalmente, la fissazione visiva aumenta l’intensità del Ny indotto, il test è indicativo di un disordine sovratentoriale, spesso a livello corticale.
Stimolazioni roto-acceleratorie
Nelle stimolazioni rotatorie lo stimolo efficace per il labirinto è l’accelerazione angolare. Nelle rotazioni sull’asse verticale vengono interessati i canali semicircolari orizzontali. La risposta è costituita da un Ny con fase lenta a direzione opposta al verso di rotazione seguita dalla fase rapida diretta secondo il verso di rotazione. I parametri da considerare sono il guadagno, la differenza di fase, la simmetricità fra le risposte ottenute nei due versi di rotazione.
Il Ny indotto da rotazione è sempre il prodotto dell’attivazione (combinazione di attivazione ed eccitazione) contemporanea dei due labirinti. La risposta nistagmica a tali stimoli è originata prevalentemente dalla coppia di canali orizzontali, con un minore contributo dalle altre due coppie di canali.
Gli stimoli rotatori devono essere ripetuti, variando la direzione, cioè oraria ed antioraria. La simmetricità o asimmetricità della risposta sarà determinata valutando i parametri del Ny indotto nei due versi di rotazione.
APPROFONDIMENTO
Le tre modalità con cui l’accelerazione angolare è stata più utilizzata sono (Fig. 13):
1) Trapezoidale. È costituito da due fasi, rispettivamente di accelerazione e di decelerazione intervallate da un periodo di rotazione costante. Durante quest’ultimo periodo, corrispondente ad un’accelerazione nulla, normalmente non è rilevabile Ny. Il Ny viene studiato come risposta alle variazioni di velocità di rotazione e per un breve tempo dopo l’arresto.
2) Triangolare. La stimolazione triangolare applica una accelerazione piuttosto lenta (sub-liminare)immediatamente seguita da una decelerazione più brusca. La prima fase è utilizzata per valutare la soglia di comparsa del Ny, mentre la risposta complessiva viene studiata durante e subito dopo la decelerazione rapida.
3) Sinusoidale smorzata. Fra le stimolazioni rotatorie è la più utilizzata. Lo stimolo è costituito da una serie di rotazioni a direzione alternata (oraria-antiorarie), che da un’ampiezza iniziale corrispondente ad un giro completo di 360° si smorzano di 20° ad ogni successivo periodo. Ogni periodo dura 2 sec, e l’accelerazione massima vale 18°/sec2. La strumentazione consiste in una sedia ruotante su una barra di torsione, o una sedia mossa da un motore elettrico pilotato elettronicamente. Con questa stimolazione si ottengono le risposte del sistema vestibolare ad accelerazioni angolari nelle due direzioni, ed entro un largo campo di grandezza, fino alla soglia.
La Figura 14 riporta schematicamente il Ny indotto da una stimolazione pendolare smorzata. I dati relativi al numero delle scosse di Ny diretto a destra ed a sinistra in funzione dell’accelerazione sono riportati in un grafico (nistagmogramma di frequenza) e confrontati con il campo di normalità. In tal modo è possibile evidenziare la presenza di una prevalenza laterale o una prevalenza direzionale. Le alterazioni qualitative del Ny da accelerazione rotatoria sono interpretate secondo criteri analoghi al Ny da stimoli termici.
Fig. 13. Schema dei tre principali metodi di stimolazione rotatoria. Rispetto a questi schemi esistono numerose varianti, per lo più date da variazioni nelle accelerazioni e decelerazioni. Fig. 14. Il Ny da accelerazione angolare ha la fase lenta in direzione opposta al verso di rotazione (indicata sulla sinusoide che rappresenta le rotazioni pendolari). Si noti come variando l’ampiezza dell’angolo di rotazione da 60° a 30° l’intensità del Ny indotto diminuisce. La sensazione soggettiva di inversione della rotazione ha una latenza rispetto al moto reale.
2.2.6.3 VEMPs, posturografia
Una metodologia che permette di valutare almeno in parte il recettore otolitico è costituita dalla registrazione di un potenziale miogenico (Vestibular Evoked Miogenic Potential). Esso è evocato dalla stimolazione del sacculo mediante stimoli acustici di elevata intensità e bassa frequenza. Il potenziale, registrabile con le comuni tecniche dei potenziali evocati (elettrodi di superficie ed averaging), permette di evidenziare il cosiddetto riflesso sacculo-collico, consistente in una variazione di tono del muscolo sterno-cleido-mastoideo come risposta alla stimolazione del sacculo (Fig. 15). In condizione di completa deafferentazione labirintica il potenziale è assente. La sensibilità di questo test sembra elevata nei confronti di una forma clinica rara, la deiscenza del canale semicircolare superiore (v. capitolo successivo), poiché in tali casi l’ampiezza del potenziale risulta significativamente elevata.
Esistono altre tecniche che consentono di indagare funzioni indirettamente correlate al sistema vestibolare. Ricorderemo brevemente la posturografia statica e dinamica, utilizzate per lo studio della postura e delle risposte motorie ad essa correlate. Queste tecniche, basate essenzialmente su specifiche analisi dello spostamento del baricentro (Fig. 16), valutano l’efficienza del controllo motorio nel mantenere la postura al variare dell’ingresso visivo, della propriocezione cervicale e della base d’appoggio (posturografia dinamica). Esse trovano una certa diffusione in campo fisiatrico-riabilitativo. Nell’ambito di una studio del sistema vestibolare i risultati posturografici possono essere d’interesse per valutare le condizioni funzionali delle proiezioni vestibolo-spinali.
Fig. 15. Il potenziale miogenico evocato da stimolazione acustico-sacculare ha una maggior componente negativa con latenza a circa 24 ms. La risposta sul muscolo ipsilaterale alla stimolazione (grassetto) risulta più evidente rispetto alla controlaterale.A destra lo schema di posizionamento degli elettrodi: al terzo inferiore sul m. SCM e sulla linea medio-clavicolare. Un altro elettrodo, qui non rappresentato, solitamente al giugolo, funge da terra.
Fig. 16. In alto registrazione posturografica statica (occhi aperti) in un soggetto normale. Le oscillazioni del baricentro vengono analizzate finemente (a destra) in termini di ampiezza, frequenza, direzione. In basso un esempio di registrazione in un soggetto con asimmetria del baricentro.
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio.
Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso.
Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva.
Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità.
L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate.
Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.