2.3 La diagnosi nel paziente con vertigine

La vertigine, oggettiva e soggettiva, e più generalmente i disturbi dell’equilibrio e dell’orientamento spaziale sono sintomi frequenti nella popolazione, ma molto aspecifici, essendo sostenuti da disordini nella funzione di molti sistemi. Il percorso diagnostico ideale, schematizzato nella Figura 17 dovrebbe essere finalizzato al raggiungimento consecutivo di tre livelli diagnostici. Anche utilizzando tutte le informazioni clinico-strumentali disponibili, non sempre è possibile arrivare al terzo livello, e talvolta la diagnosi dovrà limitarsi alla sola individuazione di una sede di lesione. Ciò accade quando gli elementi clinici o le conoscenze della patologia sono insufficienti.

Il livello diagnostico topografico dovrebbe pervenire alle seguenti conclusioni:

a) assenza di segni di localizzazione (i sintomi sono di origine extravestibolare)

b) presenza di disfunzione/lesione vestibolare periferica (labirinto o nervo)

c) presenza di disfunzione/lesione vestibolare centrale [nucleo-vestibolare, vestibolo-cerebellare, tronco-encefalo (bulbo-ponte-mesencefalo), sovratentoriale].


Il livello diagnostico funzionale dovrebbe indicare il livello funzionale residuo dell’intero sistema (ricezione-integrazione-elaborazione), relativamente al danno causato dalle lesioni individuate dalla diagnosi topografica.

Il livello diagnostico eziologico dovrebbe individuare il fattore patogenetico primitivo responsabile delle manifestazioni cliniche. È evidente che una diagnosi eziologica è il presupposto per una terapia causale di massima efficacia.


Fig. 17.

2.3.1 Patologie del sistema vestibolare periferico

L’insieme di segni che connotano un deficit della funzione labirintica di un lato viene classicamente definito come sindrome vestibolare armonica. Essenzialmente ciò indica una concordanza fra segni oculari, deviazioni tonico-segmentarie, e direzione della vertigine oggettiva rotatoria. Schematicamente un deficit labirinto acuto destro provoca:

a) Ny orizzontale spontaneo (o orizzontale con componente rotatoria) con fase lenta a destra e fase rapida a sinistra (definito come Ny diretto a sinistra), ritmico, inibito o rallentato dalla fissazione visiva, di durata non superiore a 48 ore.

b) Deviazioni tonico segmentarie (prova a braccia tese e prova di Romberg) dirette a destra.

c) Vertigine oggettiva con sensazione di rotazione verso sinistra. Questa è determinata dalla direzione della fase lenta del Ny verso destra, che induce un moto apparente dello spazio in senso contrario.


Evoluzione: la progressiva scomparsa dei sintomi in seguito ad una lesione labirintica è frutto di un complesso meccanismo di riorganizzazione funzionale principalmente a livello dei nuclei vestibolari definito col termine di compenso vestibolare. Nell’animale da esperimento, qualche giorno dopo una labirintectomia unilaterale è possibile registrare una ripresa dell’attività del nervo vestibolare ipsilaterale alla lesione, indotta da uno stimolo rotatorio. Ciò è spiegato con un segnale di disinibizione che dal lato sano si proietta sui nuclei vestibolari del labirinto danneggiato(ribilanciamento tonico nucleo-vestibolare). Nella clinica, il meccanismo di compenso si basa su una complessiva riduzione della capacità di risposta agli stimoli labirintici, che interessa cioè entrambi i labirinti, e in modo rilevante sul ruolo delle afferenze visive e propriocettive (meccanismi di sostituzione). Se dei tre tipi di afferenze -vestibolare visiva propriocettiva- due di esse sono efficienti, la privazione di una delle tre afferenze può essere compensata ed il paziente diventa asintomatico. Diversamente, se solo una delle tre afferenze è conservata, un compenso completo diventa impossibile. I meccanismi del compenso sono importanti ai fini riabilitativi, perché anche nell’animale privato di un labirinto è stato osservato che i fenomeni di compenso sono accelerati dall’esercizio fisico, dall’esperienza visiva, dall’uso di farmaci stimolanti. Al conseguimento del compenso contribuiscono due altri meccanismi con effetti meno specifici ma ugualmente importanti: la plasticità del s.n.c. ed i processi di abitudine (Fig. 18). Poiché il fenomeno del compenso è frutto della compartecipazione di diversi sistemi, quando esso non avviene del tutto o in parte, rendendo permanente il disordine dell’equilibrio, le cause vanno ricercate a tutti i livelli del sistema: oltre alle già ricordate inefficienze dei meccanismi sostitutivi un compenso inefficace può originare da disordini delle strutture centrali (tronco-cervelletto-corteccia), da particolari condizioni neuro-psichiatriche, dall’uso di farmaci sedativi, dalla prolungata restrizione motoria.


Fig. 18. Il compenso vestibolare avviene sfruttando fenomeni diversi. Plasticità ed abitudine sono fenomeni generali che contribuiscono alla riprogrammazione della percezione e delle risposte motorie, in relazione ai meccanismi di sostituzione e di ribilanciamento tonico-vestibolare.


Avvertenza: nell’uomo il difetto acuto di un labirinto è raramente sostenuto da cause assimilabili alla labirintectomia sperimentale (come vedremo un caso simile a questa è la sezione del nervo VIII da frattura della rocca petrosa). Più spesso il difetto labirintico è sostenuto da meccanismi con un’azione variabile nel tempo, come ad esempio una flogosi o una condizione ischemica. In tal caso la presenza della completezza dei segni che configurano la sindrome armonica può essere occasionale, in dipendenza del momento in cui si effettua l’osservazione. Il quadro sindromico infatti è destinato a cambiare nel tempo per l’azione variabile della noxa patogena e per i meccanismi di compenso. Per tale motivo è importante sottolineare che mentre il rilievo di una sindrome armonica permette con buona approssimazione di individuare un deficit periferico, la discordanza dei segni (sindrome disarmonica) non è un quadro che può escludere un deficit periferico. Pertanto nei pazienti con vertigine acuta è consigliabile controllare quotidianamente l’evoluzione dei segni vestibolari. Le patologie che interessano il sistema vestibolare periferico sono classificabili secondo i fattori eziologici elencati nella Tabella IV.


Fattori eziologici

Patologie/ forme cliniche

INCERTI

(immunitari, metabolici, endocrini)

Idrope endolinfatico (m. di Meniere)

VASCOLARI

Ischemia labirintica

Vertigine emicranica (?)

TRAUMATICI

Frattura rocca petrosa

Concussione labirintica

Fistola labirintica barotraumatica

FLOGISTICI

Primitivi: neuronite vestibolare

Secondari a flogosi o.m.: labirintiti, fistola labirintica

NEOPLASTICI

Neurinoma VIII, altre neoplasie osso temporale

DEGENERATIVI

Demielinizzazione locale n.VIII

Disordini otolitici (cupulo-canalolitiasi)

Deiscenza canale semicircolare sup. (?)

Labirintosi ototossiche

N.B.: (?) incerta classificazione

Tab. IV.

2.3.1.1 Idrope endolinfatica (Malattia di Menière)

La manifestazione dell’idrope endolinfatica di un labirinto, fu descritta come sindrome (“concorrenza di sintomi”) da Prospero Meniere nel 1861. Essa è caratterizzata da sensazione di pienezza auricolare, ipoacusia unilaterale fluttuante con intenso acufene, vertigine oggettiva acuta. L’idrope labirintico può costituire un episodio isolato, oppure, più frequentemente, tende a ripresentarsi con crisi più o meno distanziate nel tempo, anche nel corso degli anni, determinando il quadro clinico denominato malattia di Meniere. Nella forma tipica la vertigine è preceduto dai sintomi uditivi. La vertigine diventa rapidamente violenta ed invalidante, accompagnata da vomito e sudorazione, per risolversi gradualmente dopo parecchie ore (2-18 h), lasciando per molti giorni una sensazione di disorientamento spaziale. Dopo le prime crisi anche la perdita uditiva e l’acufene si risolvono completamente. Con l’aumentare del numero delle crisi l’udito è progressivamente compromesso (ipoacusia neurosensoriale da cocleopatia). L’acufene può persistere fra gli episodi, ed aumentare in intensità immediatamente prima e durante ogni attacco acuto. Le caratteristiche dell’acufene sono varie, talvolta di timbro grave immediatamente prima della crisi di vertigine, talvolta di frequenza acuta nei periodi inter-critici. Le crisi si succedono ad intervalli irregolari durante lo spazio di anni, con periodi di remissione anche molto lunghi (anni). La frequenza delle crisi può essere anche di 2-3/settimana durante periodi di qualche mese, oppure può essere molto diradata, ad esempio una crisi ogni 6-12 mesi. Nell’evoluzione della malattia la gravità dei sintomi vertiginosi tende ad attenuarsi progressivamente, mentre l’ipoacusia diventa severa-profonda. Nel 10-15% dei casi la malattia di Meniere interessa entrambi i labirinti, esponendo il paziente ad un lungo e talvolta penoso decorso clinico.

Il classico quadro della m. di Meniere può presentare variazioni specialmente nel primo periodo della sua evoluzione, e ciò può rendere la diagnosi incerta. Per esempio, episodi di vertigine isolata o di sordità fluttuante unilaterale isolata possono precedere di mesi od anni la tipica combinazione di sintomi. Benché queste varianti isolate vengano talvolta definite come “Meniere vestibolare” e “Meniere cocleare” non è ben chiaro se esse siano effettivamente sostenute da una condizione di idrope che colpisca selettivamente la coclea od il labirinto.

I reperti istopatologici di pazienti con m. di Meniere mostrano un aumento del volume dell’endolinfa associata ad una distensione dell’intero sistema endolinfatico: dilatazione di utricolo, sacculo, e dotto cocleare. Questa condizione è stata spiegata come conseguente ad un’alterazione dei meccanismi che regolano la produzione (eccessiva) ed il riassorbimento (insufficiente) dell’endolinfa. Il sacculo può entrare in contatto con la platina della staffa, il dotto cocleare può occupare interamente la scala vestibolare. Inoltre sono frequenti le rotture del labirinto membranoso, specialmente a carico della membrana di Reissner, e delle pareti di utricolo e sacculo. A volte le rotture si accompagnano ad un completo collasso del labirinto membranoso. Benché non sia chiara la relazione fra queste alterazioni e l’andamento dei sintomi, la teoria più accreditata spiega come le crisi della malattia di Meniere siano causate dalla rottura delle membrane che separano endolinfa e perilinfa e quindi dal venir meno dei rispettivi gradienti di concentrazione di ioni K e Na, con la conseguenza che l’aumentata concentrazione di potassio nella perilinfa dovrebbe inibire l’attività dei recettori labirintici. Sperimentalmente è stato dimostrato che dopo 2-3 ore dalla rottura del labirinto membranoso i meccanismi riparativi sono in grado di ripristinare i gradienti ionici, e questo tempo corrisponde alla durata media delle crisi. L’ipoacusia reversibile delle prime fasi è spiegata con una sofferenza transitoria delle cellule cigliate esterne determinata dalla sovrapressione endolinfatica, l’ipoacusia irreversibile delle fasi tardive della malattia, è dovuta alla morte di cellule cigliate esterne ed interne.

Si è spesso ipotizzato che la malattia di Menière non abbia una causa unica, ma piuttosto esistano molte condizioni che, sebbene scarsamente correlate fra loro, potrebbero innescare il meccanismo dell’idrope: disordini endocrini, alterazioni del sistema neurovegetativo, allergie, infezioni, vasculopatie. Alcuni pazienti con malattia di Meniere riportano la presenza di analoghi sintomi fra i famigliari, e ciò può suggerire un’origine genetica.

Recentemente sono state avanzate delle teorie patogenetiche che puntano su alcuni eventi immuno-mediati che potrebbero aver luogo negli spazi endolinfatici. Nel corso di flogosi, specifici agenti virali ototropi, come il citomegalovirus, potrebbero entrare nell’endolinfa, e persistere in uno stato latente nel sacco endolinfatico. La successiva risposta immuno-mediata potrebbe spiegare l’evoluzione temporale della malattia.

Una forma particolare di idrope endolinfatico “ritardato” può originare in un orecchio che molti anni prima ha subito un’infezione batterica o virale con residua ipoacusia. L’idrope in questi casi sarebbe causato dal malfunzionamento del meccanismo di riassorbimento endolinfatico, danneggiato dall’iniziale insulto flogistico.

La diagnosi di m. di Meniere si basa sulla documentazione di un’ipoacusia fluttuante associata al decorso delle crisi vertiginose. Nelle fasi iniziali la diagnosi può non essere del tutto sicura, pertanto sono state proposte diverse scale che facilitano la classificazione della malattia in stadi, “possibile- probabile- definita- certa”, o per gradi di gravità, sulla base di criteri clinici come il numero di crisi annuali, caratteri degli intervalli intercritici, perdita uditiva. Le indagini audiometriche sono essenziali, dimostrando nelle fasi iniziali un’ipoacusia neurosensoriale sulle frequenze gravi, nelle fasi successive un’ipoacusia pantonale con caratteristiche di cocleopatia (riflessi stapediali presenti, ed ABR con parametri di latenza normali). L’esame strumentale della funzionalità vestibolare può mostrare quadri diversi, in relazione alla vicinanza della crisi ed al momento evolutivo. Le stimolazioni termiche possono mostrare una prevalenza laterale di grado variabile, o una prevalenza direzionale, secondo la funzione residua del labirinto interessato, e secondo l’evoluzione del compenso vestibolare. Le caratteristiche qualitative del Ny indotto sono normali. Nelle fasi immediatamente iniziali della crisi si può talvolta osservare un Ny con fase lenta diretta verso il lato sano. Questo fenomeno, probabilmente fugace, è spiegato con uno stato “irritativo” del labirinto: l’improvviso aumento della pressione endolinfatica causerebbe una depolarizzazione massiccia delle cellule recettoriali (eccitazione), cui seguirebbe una fase di sofferenza cellulare (inibizione) con conseguente riduzione dell’input neurale e prevalenza dell’attività del lato sano.

Le immagini (TAC) dell’osso temporale possono talvolta dimostrare un restringimento del dotto endolinfatico o una ridotta pneumatizzazione dell’osso temporale: tuttavia poiché tali reperti sono anche osservabili in soggetti sani, si ritiene che questi abbiano un valore limitato nella diagnosi di m. di Meniere.

Il trattamento nella fase acuta è da un verso sintomatico (antivertiginosi), e dall’altro volto a correggere gli squilibri idro-elettrolitici dovuti al vomito. Poiché le cause della m. di Meniere non sono note, la terapia a lungo termine è empirica. Una riduzione dell’apporto dietetico di NaCl (consigliati 1-2 gr/di) per un periodo di 2-3 mesi può avere effetto in una discreta percentuale di pazienti. Fra i farmaci vengono spesso somministrati diuretici (preferibilmente risparmiatori di K), beta-istidina cloridrato, cinnarizina. Non esistono tuttavia prove certe che i farmaci possano modificare l’andamento della malattia. Un trattamento chirurgico consistente in una sezione selettiva del nervo vestibolare può essere riservato ai rari casi di malattia con vertigine invalidante, non trattabile altrimenti. Il presupposto dell’esclusione chirurgica del labirinto malato è che il sistema nervoso riesce meglio a compensare un labirinto completamente non funzionante che uno parzialmente funzionante. Un trattamento non chirurgico che ha le stesse finalità di accelerare la morte labirintica, consiste nell’instillare gentamicina nell’orecchio medio. Tale trattamento è basato sulle proprietà ototossiche della sostanza, che diffondendo nel labirinto attraverso la membrana della finestra rotonda, causa un danno progressivo delle cellule cigliate del labirinto. Come effetto collaterale va considerata la possibilità di un danno esteso anche alle cellule cigliate dell’organo del Corti, pertanto i pazienti candidati a questa terapia devono essere consapevoli che la scomparsa o la riduzione delle vertigini potrà con probabilità accompagnarsi ad un aggravamento della sordità nell’orecchio trattato.

2.3.1.2 Vestibolopatie vascolari
2.3.1.2.1 Ischemie labirintiche

Il labirinto di un lato può essere soggetto a fenomeni ischemici di gravità variabile, che per convenienza sono schematizzabili come segue. La forma più grave è sostenuta da un’occlusione acuta dell’arteria uditiva interna. Si ricorda che questa origina nell’80% dei casi dall’arteria cerebellare antero-inferiore (AICA) e nei rimanenti dall’a. basilare o dalle a. vertebrali, e che si divide in due tronchi a servire rispettivamente la coclea ed il labirinto vestibolare. L’occlusione dell’a. uditiva interna di un lato pertanto causa una sordità improvvisa severa-profonda ed un deficit acuto vestibolare con le caratteristiche di una sindrome armonica. La sordità in questo caso è permanente, il deficit vestibolare evolve, tendendo a compensarsi col tempo.

Una forma meno grave, perché non porta alla sordità completa, è sostenuta dall’occlusione dell’arteria vestibolare anteriore, le cui divisioni irrorano l’utricolo ed i canali semicircolari laterale e superiore. Si ricorda che la vascolarizzazione di sacculo e canale posteriore è data dall’arteria vestibolare posteriore, ramo dell’arteria cocleare. Questo tipo di ischemia non causa sintomi uditivi né neurologici, e la vertigine, di parecchie ore di durata, può manifestarsi come unico episodio. Nelle forme meno gravi, probabilmente sostenute da meccanismi ischemici transitori locali la vertigine può assumere caratteri di intermittenza.

L’evoluzione di queste forme è molto variabile, essendo dipendente dalle cause primitive e dalle possibilità di un ripristino della circolazione locale residua. Spesso, anche tempo dopo la risoluzione della fase acuta, i pazienti sviluppano una tipica vertigine posizionale parossistica benigna, probabilmente per una canalo-litiasi (vedi paragrafo) favorita dall’ischemia.

La diagnosi di ischemia labirintica, che interessa prevalentemente soggetti anziani, oltre che sul riscontro di un deficit funzionale labirintico unilaterale, si basa sulla presenza dei comuni fattori di rischio di occlusione vascolare (arteriosclerosi, iperviscosità ematica, policitemia, vasculiti). Se tali fattori sono consistenti, la valutazione strumentale della funzionalità vestibolare non sempre evidenzia un chiaro quadro di deficit unilaterale perché le risposte possono essere confuse dallo stato di sofferenza delle strutture vestibolari centrali, interessate dalla primitiva patologia vascolare. Riconoscere in una vertigine acuta una patogenesi vascolare è importante, perché essa spesso rappresenta l’esordio di una insufficienza vertebro-basilare con attacchi ischemici transitori. Per tale motivo, in questi casi le indagini diagnostiche possono comprendere immagini del tronco-encefalo, angio-RMN del circolo cerebrale posteriore, Eco-Doppler dei tronchi sovra-aortici, ed esami bio-umorali.

La terapia, sintomatica nella fase di attacco vertiginoso, potrà proseguire con i farmaci appropriati per prevenire l’occlusione vascolare (antiaggreganti piastrinici, anticoagulanti).

2.3.1.2.2 Vertigine emicranica

La vertigine è un sintomo esperimentato in circa il 25% di pazienti che soffrono di emicrania. Essa può essere concomitante alla cefalea, o manifestarsi in forma isolata. L’attacco di vertigine può costituire l’aura iniziale oppure può essere l’unica manifestazione emicranica (in tal caso la vertigine è definita come equivalente emicranico). Una vertigine emicranica deve essere sospettata in ogni caso di crisi di vertigine ricorrente a causa ignota. La durata della vertigine associata a cefalea è molto variabile, pertanto il quadro clinico può evocare molte forme neuro-otologiche. La diagnosi è facile se la vertigine è associata a fenomeni di aura ed è seguita dalla tipica cefalea pulsante. Diventa più problematica se vertigine e cefalea si manifestano come episodi indipendenti e talvolta separati da intervalli di tempo considerevoli. Raramente la vertigine è accompagnata da acufeni o da ipoacusia improvvisa transitoria, ma più spesso i pazienti lamentano iperacusia o fonofobia, fenomeni questi che possono appartenere all’aura o accompagnarsi alla cefalea. Al di fuori delle crisi l’esame obbiettivo e funzionale vestibolare è del tutto normale. Durante la crisi, se essa si prolunga a sufficienza è possibile osservare una sindrome vestibolare deficitaria armonica. Nei giorni successivi possono persistere segni che richiamano una vertigine posizionale.

La patogenesi della vertigine emicranica non è chiara, ed è discutibile la sua assegnazione alle forme di origine vascolare. Analogamente alla patogenesi della cefalea anche per l’origine della vertigine si ammette che i fenomeni di vasodilatazione-vasocostrizione (arteria uditiva interna) siano probabilmente secondari al rilascio di neuropeptidi (fra i quali la sostanza P) in grado di modificare le capacità di risposta di estese popolazioni neuronali. La localizzazione di tali fenomeni in prossimità del nervo VIII potrebbero spiegare i segni indicativi di una disfunzione vestibolare periferica.

La terapia della vertigine emicranica, specialmente nelle forme associate alla cefalea coincide con il trattamento farmacologico dell’emicrania. Nei casi di equivalente emicranico con episodi sporadici è di solito sufficiente indicare un trattamento profilattico con flunarizina.

2.3.1.3 Vestibolopatie traumatiche
2.3.1.3.1 Frattura rocca petrosa

Nella maggior parte (80%) delle fratture la rima è longitudinale, interessa l’anulus timpanico, la mastoide, la cassa timpanica, e si estende al margine anteriore della piramide, risparmiando così l’osso labirintico. Al contrario, nelle meno frequenti fratture trasversali la rima di frattura può interessare il labirinto ed il canale uditivo interno, con conseguente strappo di labirinto membranoso, lacerazione del n. VIII e VII. In questi casi il quadro clinico appare immediatamente severo: sordità improvvisa, vertigine violenta con sindrome armonica deficitaria, paralisi facciale ed emotimpano. In questi casi la terapia per la vertigine è sintomatica. L’esame della funzionalità vestibolare può accertare un’areflessia del labirinto interessato. Successivamente, una volta instauratisi i fenomeni di compenso il quadro è di una iporeflessia bilaterale.

2.3.1.3.2 Concussione labirintica

Contusioni craniche senza frattura possono dar luogo ad una sindrome vestibolare armonica, talvolta associata a sintomi uditivi, che spesso si risolve abbastanza rapidamente. Questa forma è spiegata con un meccanismo di concussione che interessa unilateralmente le strutture membranose sospese all’interno della capsula labirintica ossea. Spesso la sede del trauma è occipitale, e ciò avviene spesso nei “colpi di frusta” da incidente stradale. L’ipoacusia neurosensoriale se presente, di solito interessa le frequenze acute e tende a regredire spontaneamente. L’esame della funzionalità vestibolare mostra una iporeflessia labirintica unilaterale di grado lieve-medio. La TAC ad alta risoluzione delle rocche petrose può essere utile in qualche caso per dimostrare brevi e sottili rime di frattura. La terapia, se necessaria è sintomatica, e successivamente alla fase acuta può avvalersi di farmaci neurotrofici.

Talvolta, i pazienti che hanno subito una concussione possono sviluppare a distanza una vertigine posizionale probabilmente dovuta al distacco di otoconi.

Un meccanismo di concussione labiritnica cronica è forse all’origine dell’occasionale reperto di una marcata iporeflettività labirintica in persone soggette a ripetuti traumi o microtraumatismi della regione cervicale e del capo, come ad esempio pugili professionisti e lavoratori che usano strumenti a percussione. Spesso questi pazienti, asintomatici, sono esaminati nel contesto di visite per idoneità.

2.3.1.3.3 Fistola labirintica

Con questo termine si intende la presenza di un tramite nelle strutture che separano la perilinfa dall’orecchio medio, cioè più frequentemente il legamento anulare della staffa e la membrana della finestra rotonda. Queste sedi sono le più colpite in seguito a variazioni della pressione aerea nella cassa timpanica, positive o negative. Tali variazioni possono avvenire in seguito a violente soffiate di naso, starnuti, immersioni od emersioni rapide, improvvise variazioni altimetriche (aereo, funivia), od anche in seguito ad esposizione di onde d’urto da esplosione. Particolarmente pericolosa può essere la fistola acuta durante un’immersione sub-acquea perché la vertigine che ne consegue può produrre una disorientamento spaziale che pregiudica la possibilità di emergere. Fattori favorenti di una fistola sulle finestre ovale-rotonda possono essere le anormalità di sviluppo (loci di minor resistenza) dell’orecchio medio e della capsula otica. Fistole a livello del canale semicircolare laterale o posteriore possono infine verificarsi come complicanza di flogosi croniche dell’orecchio medio che abbiano comportato fenomeni di erosione ossea.

La manifestazione tipica di una fistola perilinfatica acuta è un’improvvisa sensazione di ovattamento auricolare immediatamente seguito da acufene, sordità e vertigine. Tali sintomi possono avere un decorso variabile, spesso presentando fluttuazioni temporali. Un persistente disequilibrio aggravato da movimenti di rotazione rapida del capo può suggerire la presenza di una fistola cronica. La vertigine può assumere caratteri posizionali, ma in questo caso il Ny osservabile con le manovre di posizionamento è meno intenso e più persistente di quello tipico della vertigine posizionale benigna.

Nella diagnosi di questa forma rimane importante la storia clinica perché non esiste un test patognomonico. Il test della fistola se positivo può indirizzare la diagnosi, se negativo non ne esclude la presenza. L’esame audiometrico può mostrare un’ipoacusia neurosensoriale, o mista-trasmissiva se l’orecchio medio è patologico. L’esame della funzionalità vestibolare mostra una iporeflessia labirintica nel lato interessato. Nell’orecchio medio patologico una TAC può dimostrare l’esatta localizzazione della fistola.

La maggior parte delle fistole acute spontanee guarisce spontaneamente, e pertanto inizialmente si suggerisce riposo a capo mantenuto alto. Se la sintomatologia non regredisce dopo qualche giorno, è indicata una timpanotomia, alla ricerca di segni di efflusso perilinfatico. Se la fuoriuscita di perilinfa è riconoscibile, ciò è possibile in circa metà dei casi, l’intervento si completa con la riparazione della fistola. L’esplorazione immediata della cassa timpanica è indicata in presenza di sintomi acuti, -sordità e vertigine- sicuramente insorti in seguito a barotrauma.

2.3.1.3.4 Vestibolopatia post-chirurgica

Una sindrome vestibolare armonica fugace è spesso presente nei pazienti operati di chirurgia della staffa (stapedectomia, stapedotomia). I sintomi, probabilmente sostenuti da una reazione infiammatoria locale del vestibolo al micro-traumatismo chirurgico, raramente durano per più di 1-2 giorni. Una somministrazione intraoperatoria di steroidi può essere efficace per limitarne intensità e durata.

2.3.1.4 Vestibolopatie flogistiche
2.3.1.4.1 Neuronite vestibolare

Una manifestazione clinica piuttosto comune, che può interessare qualsiasi età, è rappresentata dall’insorgenza acuta di vertigine oggettiva accompagnata da nausea e vomito, persistente per qualche giorno e non associata a sintomi uditivi o neurologici. La maggior parte dei pazienti migliora lentamente in qualche settimana, in alcuni di essi particolarmente se anziani, il miglioramento è più lento. In circa metà dei casi le manifestazioni vertiginose sono precedute da sintomi influenzali o flogosi delle prime vie aeree, e possono occasionalmente assumere caratteristiche epidemico-stagionali (inverno-primavera). Benché queste caratteristiche suggeriscano un’origine virale, i tentativi di isolare un agente infettivo sono stati deludenti, eccetto che per l’occasionale reperto di un’infezione da herpes zoster. La probabilità che questa forma di vertigine sia sostenuta da una neuropatia virale, è stata avanzata sulla base di osservazioni istopatologiche che hanno dimostrato l’atrofia di uno o più tronchi del nervo vestibolare con o senza atrofia labirintica. In circa un quinto dei pazienti la vertigine tende a recidivare sia pure in forma più leggera dopo qualche mese od anche qualche anno dopo il primo attacco. Non è noto se queste manifestazioni ritardate siano causate dalla riattivazione di virus latenti o da qualche altro meccanismo. Nei casi di recidiva va posta particolare attenzione alla ricerca di segni neurologici anche sfumati, perché seppure raramente, una malattia demielinizzante (v. paragrafo). può esordire con un quadro simile alla neuronite vestibolare Sintomi di neuronite vestibolare si possono presentare anche in occasione di paralisi del facciale “a frigore” (circa 20% di casi). La flogosi può essere sostenuta da una compressione esercitata sulle radici neurali vestibolari da parte del n. VII rigonfio, o dagli stessi agenti patogeni.

La diagnosi di neuronite vestibolare viene posta verificando una sindrome armonica deficitaria durante l’attacco di vertigine, una prevalenza laterale rilevata alle stimolazioni caloriche dopo la risoluzione dell’attacco. La reflettività labirintica testata successivamente alla completa risoluzione dei sintomi può presentare quadri diversi, in dipendenza del danno residuato e dell’efficienza del compenso: dal completo recupero, alla iporeflettività bilaterale, all’areflessia unilaterale, alla prevalenza direzionale. Alla diagnosi inoltre contribuiscono: la concomitanza di sintomi para-influenzali, l’esclusione di sintomi uditivi e neurologici associati, il decorso.

La terapia comprende antivertiginosi e anti-infiammatori (steroidi o FANS) in fase acuta, e successivamente neurotrofi. Non è provata l’utilità di farmaci antivirali.

2.3.1.4.2 Labirintite

Il termine va usato solo per definire un processo infiammatorio del labirinto. La flogosi può interessare primitivamente l’osso o le strutture membranose. Si distinguono due forme di labirintite: a) labirintite sierosa o tossica sostenuta dall’ingresso nella perilinfa di tossine batteriche, prodotti chimici, o dalla risposta ad un’infezione virale. b) labirintite suppurativa sostenuta dall’invasione di batteri. L’interessamento del labirinto può avvenire per via ossea (batteri), ematogena, diffusione attraverso le finestre ovale e rotonda (virus e tossine). La forma più comune è la labirintite sierosa. Essa rappresenta la complicazione di un’otite acuta e si manifesta con un’ipoacusia neurosensoriale sulle alte frequenze, acufene, e vertigine di grado lieve per qualche giorno. Il recupero dell’udito e la regressione dell’acufene possono essere più o meno completi., in relazione all’entità del danno subito dall’organo del Corti.

La labirintite suppurativa è la forma più grave. Essa può insorgere contemporaneamente ad un’otite acuta purulenta ed il quadro clinico è caratteristico: febbre, ipoacusia trasmissiva unilaterale, vertigine acuta con sindrome deficitaria armonica. Più spesso la labirintite suppurativa può essere una complicanza di qualsiasi processo infiammatorio cronico dell’orecchio medio e dell’osso temporale (otite cr., otomastoidite cr., otite cr. colesteatomatosa, otomastoidite cr. tubercolare, petrosite) ed in tal caso la più comune via di diffusione batterica nel labirinto è costituita da una fistola del canale semicircolare laterale. Nella diagnosi di labirintite va posta particolare attenzione all’eventualità di una meningite. Infatti nella meningite batterica i batteri possono raggiungere il labirinto attraverso l’acquedotto cocleare o il condotto uditivo interno. Il quadro clinico può essere allora subdolo perché mancano i segni obbiettivi dell’interessamento timpanico. Una forma particolarmente insidiosa sostenuta da necrosi dell’osso labirintico è rappresentata dalla manifestazione tardiva di un’infezione luetica acquisista o congenita.

La diagnosi di labirintite sierosa si basa essenzialmente sull’associazione di vertigine moderata e di ipoacusia neurosensoriale monolaterale con un quadro clinico di otite acuta (senza perforazione timpanica almeno nelle prime fasi). La terapia e quella richiesta dall’otite acuta.

La diagnosi di labirintite suppurativa deve essere presa in considerazione in ogni paziente con un’otite purulenta acuta o cronica che manifesta una sindrome vestibolare armonica deficitaria. A questi casi va riservata un’accurata ispezione della cavità timpanica, ed un indagine TAC (ricerca di erosioni della capsula otica) e RMN (labirinto membranoso, condotto uditivo interno, meningi).

La terapia di queste forme, medica e/o chirurgica, è diretta al fattore primario, cioè alla flogosi timpanica o meningea. Una labirintite suppurativa esita in una completa areflessia labirintica nel lato interessato. L’esame vestibolare funzionale eseguito a distanza di tempo mostrerà un’iporeflessia bilaterale come conseguenza dei fenomeni di compenso.

2.3.1.5 Vestibolopatie neoplastiche

Le neoplasie che possono dar luogo ad un deficit della funzione labirintica di un lato sono quelle che interessano il nervo VIII nel suo decorso nel condotto uditivo interno o nell’angolo ponto-cerebellare (più frequentemente neuroma dell’acustico, ma anche neurofibromatosi, meningiomi, fibroangiomi, metastasi). La compressione esercitata sul contenuto del condotto uditivo interno (nervo ed arteria uditiva interna) è responsabile di una progressiva degenerazione delle fibre neurali e di uno stato di ischemia cronica del complesso labirintico. Le manifestazioni uditive sono rappresentate da un’ipoacusia neurosensoriale retrococleare, mentre i sintomi vertiginosi sono sfumati (modesto disequilibrio) o del tutto assenti. Ciò avviene perché durante il processo di accrescimento della massa tumorale, talora molto lento come nei neurinomi, il sistema vestibolare centrale è in grado di compensare con efficacia il difetto labirintico che si instaura progressivamente. L’esame funzionale in questi casi dimostra quasi sempre una iporeflessia vestibolare bilaterale. Se il tumore comprime il tronco ed il cervelletto l’esame funzionale può rivelare i segni di un interessamento di queste strutture (disordini dell’oculomozione, alterazioni qualitative del Ny indotto). La diagnosi di queste forme si avvale delle immagini (TAC e RMN con contrasto) e delle indagini audiometriche per l’individuazione delle sordità retrococleari (ABR, audiometria con test sopraliminari, reflessometria stapediale). Per la terapia si rimanda al capitolo sul neurinoma dell’acustico.

2.3.1.6 Vestibolopatie degenerative
2.3.1.6.1 Malattie demielinizzanti

I sintomi di queste forme dipendono dalla localizzazione delle lesioni. In rari casi di sclerosi a placche la lesione iniziale può interessare la mielina della radice del nervo VIII al suo ingresso nel tronco. Questa condizione può dar luogo ad una sintomatologia vertiginosa molto simile alla neuronite vestibolare: vertigine con sindrome armonica deficitaria, iporeflessia labirintica unilaterale, ed un decorso a risoluzione spontanea. La risoluzione può essere facilitata dall’impiego di steroidi se la forma è stata inizialmente attribuita ad un episodio di neuronite vestibolare. La recidiva del quadro clinico a distanza di qualche mese o la comparsa di segni neurologici di interessamento di altri distretti del s.n.c. indirizzano all’ipotesi di malattia demielinizzante.

2.3.1.6.2 Vertigine posizionale parossistica benigna (VPPB)

Questa forma rappresenta la causa più comune di vertigine. Si manifesta con episodi di vertigine rotatoria oggettiva di breve durata (fino a 20-30”), che tipicamente insorgono ai cambiamenti di posizione del capo, come ad esempio a letto girandosi su un fianco, o passando da seduto a supino, o estendendo e ruotando contemporaneamente il capo. La VPPB benigna può insorgere in conseguenza di contusioni-traumi cranici, di forme infiammatorie a carico di labirinto e nervo vestibolare, da episodi ischemici locali. Nella maggior parte dei casi il sintomo è isolato, non essendo accompagnato da nessun segno di interessamento uditivo. Può colpire ogni età, anche se la sua frequenza è maggiore nelle persone anziane. La diagnosi di VPPB nella sua forma più tipica si conferma ricercando il nistagmo con la manovra di Hallpike. Il Ny è abbastanza caratteristico perché si sviluppa dopo qualche secondo dall’assunzione della posizione (latenza), è ampio e molto frequente, visibile anche ad occhio nudo, più spesso orizzonto-rotatorio. Dopo qualche secondo perde di intensità fino a scomparire entro 20-30”. Alla ripresa della stazione eretta si può spesso osservare un Ny in direzione opposta, meno intenso. Di solito ripetendo la manovra di Hallpike il Ny parossistico si indebolisce, e alla terza o quarta ripetizione non è più evocabile (adattabilità). Se la storia clinica ed il Ny parossistico sono tipici, e se non si rileva nessuna deviazione segmentaria tonica al di fuori della vertigine, non è necessaria nessun’altra indagine. In caso di dubbio si può ricorrere ad un controllo della funzionalità labirintica con stimoli termici, che nella VPPB dovrebbe risultare normale. Se il Ny parossistico non è tipico in qualche sua caratteristica, per esempio manifestandosi con scosse prevalentemente verticali, prima di concludere per una forma di VPPB atipica occorre escludere la presenza di patologie più gravi come neoplasie, infarti della fossa posteriore, disordini tronco-encefalici.

La patogenesi della VPPB è spiegata dalla presenza di detriti stato-coniali (cristalli di carbonato di calcio) che fluttuano liberamente all’interno del canale semicircolare posteriore, sotto l’influenza della forza di gravità. Questa condizione è stata denominata “canalo-litiasi”. Quando il paziente siede col capo eretto i cristalli tendono a raggrupparsi nella porzione più bassa del canale. Quando muove la testa all’indietro ruotandola sul lato del piano del canale posteriore, come durante la manovra di Hallpike, la masserella di detriti scorre nel canale come fosse un tappo, producendo lo spostamento della cupola. Il rapido adattamento della VPPB alla replicazione delle manovre di provocazione è probabilmente dovuto alla dispersione delle singole particelle per cui verrebbe a mancare l’azione del tappo. Vertigine e nistagmo durano poco perché, una volta che i detriti raggiungono la porzione più bassa del canale, la cupola ritorna alla posizione primitiva grazie alla sua elasticità.

La latenza di comparsa dei sintomi è spiegata con il ritardo con cui le particelle in sospensione nel canale si muovono in seguito al cambiamento di posizione. Probabilmente la miglior conferma all’argomento del meccanismo della litiasi canalare è la rapida risposta della VPPB alle manovre che sono state elaborate per riposizionare i detriti. Quelle d’uso più comune sono la manovra di Semont e la manovra di Epley. (Fig. 19). Un’elevata percentuale di pazienti dimostra un immediato beneficio in seguito a tali manovre, Tuttavia circa metà dei pazienti hanno una recidiva della sintomatologia, il 10-20% dopo 2-3 settimane. Altri esercizi, eseguiti quotidianamente dal paziente, sfruttando il fenomeno dell’adattamento, possono contribuire ad alleviare la sintomatologia. Lasciata senza trattamento la VPPB tende a scomparire spontaneamente entro qualche mese. La diagnosi di questa forma ha una notevole importanza clinica, perché molto spesso è accompagnata da una condizione di allarme e di preoccupazione che contribuisce ad aumentare la percezione soggettiva dei sintomi.


Fig. 19. a) Manovra di Semont: dalla posizione sul lato che scatena la vertigine (2) si passa velocemente alla posizione opposta (4) imprimendo una parziale rotazione al capo (viso verso l’alto in 2, viso verso il basso in 4. b) Manovra di Epley (modif.) o a “barbecue”. Partendo dal lato che scatena la vertigine si ruota il corpo ogni volta di 90° per 4 step successivi, ogni volta mantenendo la posizione per 40-50 sec.

2.3.1.6.3 Sindrome da deiscenza del canale semicircolare superiore (SCDS, o s. di Minor)

Questa sindrome, di recente definizione e relativamentre rara, consiste in un gruppo di sintomi uditivi-vestibolari che colpiscono prevalentemente persone di mezza età e che a prima vista possono risultare bizzarri. Alla presenza di una lieve ipoacusia monolaterale sulle frequenze gravi si associano sintomi fastidiosi di autofonia: la propria voce suona gracchiante, i rumori della masticazione appaiono esageratamente forti, o in certi casi la rotazione degli occhi viene percepita come un rumore di sfregamento. Un altro sintomo uditivo consiste nella percezione di un acufene pulsante, ritmico con la pulsazione cardiaca. I sintomi vestibolari consistono in una perdita di equilibrio con vertigine rotatoria di breve durata che avviene in presenza di suoni anche non esageratamente forti (fenomeno di Tullio). Una rapida variazione della pressione aerea endotimpanica suscita gli stessi sintomi, ed in tal caso l’osservazione evidenzia un fugace Ny rotatorio. Questa sindrome è sostenuta dalla mancanza di una piccola porzione della lamina di osso temporale che separa il canale semicircolare superiore dallo spazio epidurale. Benché la patogenesi non sia ben chiara si ammette che una congenita eccessiva sottigliezza (0.1 mm) della lamella ossea possa costituire un fattore favorente di fenomeni di erosione-riassorbimento osseo. Questi potrebbero aver luogo nella mezza età a causa di una ridotta vascolarizzazione o in conseguenza di microtraumi ripetuti. I sintomi uditivi e vestibolari sono spiegati così dalla presenza di questa “terza finestra” che mette in comunicazione i liquidi labirintici con le variazioni pressorie e le vibrazioni delle ossa craniche. La diagnosi della SCDS avviene per immagini (TAC ad alta definizione con risoluzione inferiore a 0.5 mm). Il sospetto diagnostico può essere supportato da un reperto di una soglia uditiva per via ossea “migliore” del normale e da un significativo aumento di ampiezza del potenziale vestibolare miogenico (VEMP) evocato stimolando l’orecchio interessato. Nelle forme con sintomi particolarmente intensi la terapia è chirurgica e consiste nella chiusura della fistola ossea o nel sigillare il condotto semicircolare superiore.

2.3.1.7 Vestibolopatie tossiche

Sostanze assunte per via sistemica con azione tossica sugli epiteli di orecchio interno e del labirinto possono causare un deficit vestibolare bilaterale. Tali sostanze sono principalmente rappresentate da antibiotici aminoglicosidici (streptomicina, gentomicina ed altri, v. capitolo sull’orecchio interno) e da cis-platino. I sintomi vestibolari della ototossicità sono determinati da un deficit labirintico bilaterale che si instaura progressivamente, pertanto raramente essi sono costituiti da vertigine, ma più spesso da disequilibrio aspecifico. La presenza di oscillopsia (l’illusione di oscillazione dello spazio quando si muove la testa o durante il cammino) può essere erroneamente interpretato come un disordine visivo, e ciò può indurre a richiedere inutili consulenze oftalmologiche. Poiché molti pazienti trattati con questi farmaci sono ospedalizzati, solo quando riprendono a camminare avvertono il difetto di stabilità e l’oscillopsia. Nel corso di trattamento con farmaci di questo tipo la funzione uditiva (esame audiometrico) ed i sintomi vestibolari dovrebbero essere frequentemente controllati. L’esame vestibolare funzionale in questi casi mostra un’iporeflessia bilaterale o nei casi di ototossicità più grave una completa areflessia. Quasi sempre coesiste un’ipoacusia bilaterale neurosensoriale, di grado variabile (anche profonda) che interessa prevalentemente le alte frequenze. L’efficacia del compenso di un deficit vestibolare bilaterale avviene in relazione alla capacità sostitutiva funzionale dei sistemi oculomotore e propriocettivo. Di conseguenza i pazienti giovani si adattano rapidamente mentre gli anziani possono andare incontro ad una disabilità permanente.

2.3.2 Patologie del sistema vestibolare centrale

L’insieme di sintomi che connotano un disordine d’integrazione fra i segnali che dai sistemi recettoriali afferiscono centralmente o un disordine dell’elaborazione a livello del tronco, del cervelletto e della corteccia, era tradizionalmente definita come sindrome vestibolare disarmonica. Il termine sottolineava che direzione del Ny spontaneo e direzione delle deviazioni tonico-segmentarie non concordavano nell’indicare un’origine periferica. I sintomi nelle sindromi vestibolari centrali possono originare dalla presenza di una noxa patogena sulle strutture delle vie vestibolari centrali oppure possono riflettere un malfunzionamento del sistema vestibolare centrale secondario a condizioni patologiche sistemiche o localizzate in sedi lontane (Tab. V). Per il primo caso, esempi sono costituito da un tumore intra-assiale del tronco cerebrale, da un infarto che interessa il nucleo vestibolare di un lato, da una lesione degenerativa del peduncolo vestibolo-cerebellare. Per il secondo caso, esempi sono costituiti da condizioni transitorie di ipoafflusso nella regione del tronco (ipotensione ortostatica, anemia, aritmie cardiache), neuropatie periferiche, psico-neurosi. È quindi evidente che spesso, alla fine di un indagine diagnostica condotta su casi con disordini di equilibrio di origine centrale si può solo ragionevolmente escludere una malattia/disfunzione periferica, e nel contempo tentare di individuare un fattore, che con azione primitiva o secondaria sul sistema vestibolare centrale possa essere all’origine dei sintomi.

Poiché molti fattori patologici possono essere responsabili in via primaria o secondaria di un disordine d’integrazione-elaborazione, la sindrome vestibolare centrale non può essere esemplificata da un quadro tipico. Al di là della discordanza dei segni, (“sindrome disarmonica”) peraltro non sempre evidente, esistono tuttavia alcune caratteristiche semeiologiche che orientano verso queste forme.



Principali patologie causa di vertigine di origine centrale

Malattie cardio-circolatorie e vascolari con ipoafflusso ematico

Aritmie cardiache

Ipo/ipertensione arteriosa

Vasculopatie sistemiche, (diabete, arteriosclerosi)

Insufficienza vertebro-basilare

Anemia

Malattie neurologiche per:

Ischemia, infarto tronco-encecefalo-cerebellare

Malattia demielinizzante, eredo-atassia

Neoplasie, epilessia, difetti della giunzione cranio-vertebrale

1)

Lesioni tronco-encefaliche (nuclei

e vie vestibolari, connessioni cerebellari

2)

Lesioni cerebellari (regione flocculo-nodulare, verme, estensione agli emisferi)

3)

Lesioni emisferiche

Traumatismi

S. post-concussiva

colpo di frusta

1)

Cranici

2)

Cervicali

Tossicosi endogene

Epatopatia cr, insufficienza renale cr., mal. endocrine (tiroide)

1)

Dismetabolismi

Tossicosi esogene

Farmaci s.n.c.

CO, CO2, (combustione) tricloroetilene

Esani (acrilici-colle), aromatici (additivi, solventi) Composti organo-solforici (pesticidi)

Alcool, oppiodi, meperidine sintetiche, allucinogeni

1)

Iatrogene

2)

Lavorative

3)

Voluttuarie

Psico-patologie

S. ansioso-depressiva, psicosi

Difettoso compenso centrale di pregresso difetto vestibolare periferico

Parafisiologiche

 

Tab. V. principali patologie causa di vertigine di origine centrale.


Come si è detto nel paragrafo sulla vertigine, questa assume per lo più caratteri più sfumati e di lunga durata rispetto alla vertigine periferica, essendo spesso rappresentata da disequilibrio e sensazioni di disorientamento spaziale. Il Ny spontaneo pur potendo essere diretto in tutte le direzioni, se: a) verticale, rotatorio, o misto, b) scarsamente influenzato dalla fissazione, c) persistente per più di 48 ore, suggerisce fortemente un disordine centrale. In passato, quando non si disponeva delle tecniche di immagine per esplorare il tronco-encefalo si cercava di legare i caratteri del Ny spontaneo a precise sedi di lesione. Ricordiamo qui una distinzione, che seppure schematica può ancora essere utile almeno come primo orientamento diagnostico: nelle lesioni del bulbo è frequente l’osservazione di un Ny rotatorio, nelle lesioni del ponte un Ny orizzontale, nelle lesioni del mesencefalo un Ny verticale. Nella realtà vi sono molte eccezioni a questo schematismo poiché sono relativamente rare le occasioni di una lesione localizzata. Più frequenti sono le condizioni di una sofferenza diffusa (per es. ipoafflusso ematico, tossicosi) o di lesioni multiple (per es. sclerosi a placche). Rispetto ai tipici reperti delle sindromi armoniche le deviazioni tonico-segmentarie possono presentare variazioni come ad esempio una deviazione disgiunta alla prova a braccia tese, o tremori ed incoordinazione alla prova indice-naso, oscillazioni pluridirezionali e retropulsioni alla prova di Romberg, sbandamenti ed irregolarità di andatura alla prova della marcia ad occhi chiusi. Il Ny indotto da stimolazione labirintica è alterato soprattutto nelle sue caratteristiche qualitative. Uno schema che lega tali alterazioni a possibili sedi di disfunzione è riportato nel capitolo dell’elettronistamografia. I disordini dell’oculomozione, se studiati in dettaglio (piano orizzontale, verticale, derivazione binoculare, stimolazioni di varia entità) potrebbero avere un potere topodiagnostico superiore, rispetto allo studio del Ny indotto, tuttavia le prove sono lunghe ed indaginose. Le principali irregolarità riscontrabili in un esame standard sono riportate nel capitolo sui movimenti oculari.

Verranno qui trattate le forme di più frequente osservazione. Non verrà menzionata la terapia perché essa sarà quella del fattore causale. Nei casi in cui la vertigine è violenta, alla terapia causale si potranno associare antivertiginosi sintomatici.

2.3.2.1 Insufficienza vertebro-basilare

Il sistema vestibolare è soggetto a due categorie di ischemia: un’ipoperfusione diffusa ed un’ipoperfusione da blocco di un singolo vaso. Esempi del primo caso sono costituiti dallo stato ipotensivo ed ipertensivo, da disordini cardiaci, da anemia, da arteriosclerosi dei tronchi sovra-aortici che danno luogo a manifestazioni vertiginose in occasione di posizionamenti rapidi da clino ad ortostatismo o in occasione di sforzi. Esempi del secondo caso sono l’occlusione di arterie che nascono dal tronco della basilare (AICA-PICA e rispettivi rami, Fig. 20).

In rari casi l’occlusione è localizzata all’arteria succlavia o all’arterie anonima vicino all’origine dell’arteria vertebro-basilare, originando la sindrome da “furto della succlavia”. In questa sindrome l’insufficienza vertebro-basilare è determinata da un’inversione di flusso che si attua durante esercizi fisici che richiedono un maggior afflusso nella regione brachiale.


Fig. 20. Arterie tronco-encefaliche e radici dei nervi cranici (5-12).


Una condizione di insufficienza vertebro-basilare come causa di vertigini è frequente nei soggetti di più di 60 anni. Probabilmente i sintomi sono causati dall’ipossia che si realizza sia a livello labirintico che nel tronco encefalico. La vertigine inizia bruscamente, e dura parecchi minuti, associata spesso a nausea e vomito ed a segni di interessamento degli altri territori irrorati dal circolo cerebrale posteriore (offuscamento visivo, difetti di campo visivo, diplopia, cefalea, “drop attack”). Questi sintomi, anche nella forma di prodromi dell’attacco vertiginoso, o in forma isolata, ed associati alla presenza di fattori di rischio cardio-vascolare sono importanti per la diagnosi. Durante la crisi può essere osservabile un Ny diretto in qualsiasi direzione; spesso variazioni del Ny possono essere indotte da manovre di cervicoestensione o al passaggio rapido da supino a seduto. Nelle deviazioni tonico-segmentarie si può rilevare una tendenza alla retropulsione. Le prove di funzionalità vestibolare condotte al di fuori delle crisi rivelano spesso una iporeflettività vestibolare bilaterale con alterazioni qualitative del Ny o una prevalenza direzionale, probabilmente in relazione ad una disfunzione nucleo-vestibolare,. Fatta eccezione per le ischemie infartuali, la RMN del tronco-encefalo può essere normale o rilevare spot riferibili ad episodi micro-infartuali. Un angio-RMN può essere richiesta nel sospetto di fenomeni di occlusione vasale. Un evento temibile di questo tipo è la trombosi dell’arteria basilare, da sospettare quando la vertigine è accompagnata da segni di tetraparesi, visione nera bilaterale, e perdita di coscienza.

2.3.2.2 Infarto bulbare laterale (s. di Wallemberg)

Determinato più spesso dall’occlusione di un’arteria vertebrale o più raramente della PICA, è responsabile di un quadro clinico grave, causato dall’interessamento ischemico dei nuclei dal V al X nervo cranico: ipoestesia termodolorifica facciale ipsilaterale alla lesione (V), paralisi ipsilaterale di palato molle, faringe e laringe, (IX,X), paralisi ipsilaterale facciale (VII) e del retto laterale (VI), dismetria-adiadococinesia ipsilaterale (interessamento cerebellare), disestesia termodolorifica somatica controlaterale (fibre spinotalamiche crociate). L’udito è risparmiato perché la lesione è posteriore rispetto ai nuclei cocleari. L’interessamento del nucleo vestibolare causa una sindrome deficitaria vestibolare armonica acuta: essa si distingue dalle comuni malattie labirintiche per l’imponenza delle manifestazioni tonico-muscolari: violenta lateropulsione ipsilaterale alla lesione, esagerazione dei movimenti oculari volontari e saccadici verso il lato della lesione.

2.3.2.3 Infarto del ponte

Un’occlusione dell’AICA causa un infarto della regione pontino-bulbare dorso-laterale e cerebellare infero-laterale (cfr. Figg. 20 e 21). Nell’85% dei casi l’ischemia interessa anche l’arteria uditiva interna, per cui la sintomatologia è costituita da una sindrome vestibolare deficitaria periferica con ipoacusia improvvisa, concomitante ai segni dell’interessamento cerebellare o dei nuclei dei nervi cranici eventualmente coinvolti dall’ischemia (per es. VII).

2.3.2.4 Infarto cerebellare

Occlusioni delle arterie cerebellari possono determinare un infarto cerebellare senza interessamento del tronco-encefalo (Fig. 21). I sintomi iniziali sono costituiti da vertigine severa, vomito ed atassia. Poiché l’assenza di segni troncoencefalici può indurre ad una diagnosi errata di sindrome vestibolare periferica occorre porre la massima attenzione nella ricerca di segni specifici cerebellari (dismetria alla prova indice-naso, disordine saccadico e dei movimenti di inseguimento lento, Ny di fissazione asimmetrico). 


Fig. 21. Immagini RMN.


I sintomi vestibolari possono assumere caratteristiche diverse in relazione alla zona cerebellare infartuata. Ad esempio una lesione nodulare di un lato può dar luogo al quadro di una sindrome armonica irritativa (deviazioni toniche e Ny orizzontale con fase diretta controlateralmente alla lesione), probabilmente per il venir meno dell’azione inibitrice cerebellare sul nucleo vestibolare del lato della lesione. Dopo 24-48 ore il quadro clinico può complicarsi per la comparsa di una progressiva sofferenza tronco-encefalica causata dal rigonfiamento cerebellare. In caso di primo episodio di vertigine acuta senza sintomi uditivi è buona norma sospettare un infarto cerebellare fino a dimostrazione contraria, e ciò giustifica la richiesta urgente di RMN.

L’evoluzione clinica di queste forme infartuali, quando non aggravata da complicazioni che portano all’exitus, è verso un ricupero funzionale parziale e molto lento. Le difficoltà di equilibrio e la vertigine possono persistere per mesi a causa del danno sofferto dalle strutture centrali che intervengono nei meccanismi di compenso. Sono comuni sensazioni di oscillopsia persistente, sostenuta da un Ny spontaneo scarsamente inibito dalla fissazione e dal danno vestibolo-cerebellare.

2.3.2.5 Vasculopatie sistemiche

In queste patologie (esempi comuni: arteriosclerosi e vasculopatia diabetica) l’ipoafflusso ematico è generalizzato a tutto l’encefalo ed i segni possono variare secondo i distretti più colpiti. Le forme di più frequente osservazione riguardano pazienti anziani, nei quali la sintomatologia assume i caratteri di disorientamento spaziale e di disordine motorio piuttosto che di vertigine. Spesso l’associazione di disturbi della visione e della propriocezione periferica aggravano il disagio soggettivo. In questi casi l’indagine vestibolare può essere utile per stabilire una diagnosi funzionale in vista di programmi riabilitativi motori. Le prove funzionali possono svelare una iporeflessia vestibolare bilaterale scarsamente compensata per la coesistenza di difetti visivi e di propriocezione. Il Ny indotto da stimolazioni labirintiche può rivelarsi a “microscrittura” (alta frequenza ed ampiezza ridotta), scarsamente inibito o addirittura potenziato dalla fissazione visiva, segni questi considerati indicativi di disinibizione da sofferenza corticale diffusa. Spesso in questi pazienti una RMN mostra uno stato più o meno marcato di atrofia corticale.

È dubbio se una lesione emisferica possa indurre una vertigine. Si ammette questa possibilità sulla base di classiche esperienze che hanno dimostrato che in seguito alla stimolazione elettrica della corteccia del lobo temporale e del lobo parietale vicino alla scissura silviana si inducono vertigini intense. Nelle lesioni emisferiche la vertigine è spesso associata ad afasia, emiparesi, emisindrome sensitiva, emianopsia.

2.3.2.6 Malattie demielinizzanti

Nella sclerosi multipla le placche di demielinizzazione possono localizzarsi ovunque nel sistema nervoso centrale. Viene interessata la mielina originata dalla oligodendroglia, mentre quella orignata dalle cellule di Schwann è minimamente colpita. All’esordio la malattia puà manifestarsi in rari casi (5%), con vertigine da deficit vestibolare periferico e ciò è dovuto ad un focolaio demielinizzante localizzato sulla radice del nervo VIII o sul nucleo vestibolare. Nelle fasi più avanzate della malattia è relativamente più frequente (50%) la presenza di vertigine in un contesto di sindrome vestibolare centrale con accompagnamento di segni neurologici di coinvolgimento multidistrettuale (vie visive, sistema piramidale, cervelletto, sistema propriocettivo). Il riscontro di un Ny dissociato nello sguardo laterale o di un Ny pendolare acquisito sono particolarmente indicativi di questa patologia, perché non comuni in altre patologie. Anche il Ny posizionale è frequente, caratterizzato da un’estrema varietà di forme, mentre le prove di funzionalità vestibolare risultano anormali nel 25%-50% dei casi. Le stimolazioni labirintiche possono rilevare una prevalenza laterale, o più spesso una prevalenza direzionale del Ny indotto, il quale presenterà anomalie qualitative in funzione dell’entità delle lesioni nelle strutture tronco-cerebellari. Una indagine diagnostica vestibolare può essere utile non tanto per stabilire una sede di lesione, quanto per valutare lo stato funzionale del sistema in vista della terapia riabilitativa di supporto.

2.3.2.7 Epilessia

Poiché esistono connessioni dirette fra nuclei vestibolari e cortecccia cerebrale è possibile che focolai irritativi epilettici probilmente localizzati alla metà del giro superiore temporale e alla giunzione parietotemporale diano luogo a manifestazioni vertiginose. La vertigine, con caratteri piuttosto indefiniti di spostamento lineare, rientra nei fenomeni di aura epilettica che comprendono sintomi viscerali, visivi, uditivi e somatosensoriali. La elettroencefalografia in questi casi può svelare i tipici caratteri dell’epilessia focale.

2.3.2.8 Patologia cervicale

Molte forme di vertigine sono attribuite, talvolta superficialmente, a cause cervicali. Sono chiamati in causa due meccanismi patogenetici, un disordine vascolare ed un’alterazione della propriocezione.

Le arterie vertebrali per il loro decorso sono vulnerabili alle frequenti osteopatie del distretto. Durante i movimenti di flessione laterale ed estensione cervicale la presenza di osteofiti può occludere le arterie o rallentare il flusso ematico. Ciò può avvenire più facilmente in concomitanza di un’arteriosclerosi cerebrale che compromette l’instaurarsi di un’efficace circolazione collaterale. I sintomi di queste forme, rappresentati da vertigine talvolta accompagnata da Ny rotatorio sono scatenati da manovre sulla colonna cervicale.

Il ruolo delle afferenze propriocettive cervicali nel produrre vertigine e disturbi dell’equilibrio non è chiaro, né i sintomi sono univoci. Sperimentalmente il blocco anestetico della parte superiore del plesso cervicale di un lato induce vertigine con lateropulsione ipsilaterale. In casi di radicolo-neurite cervico-brachiale si è riscontrata vertigine con Ny posizionale, ma non è escluso che tali segni possano originare da una concomitante neuronite vestibolare, sostenuta dagli stessi agenti responsabili della radicolo-neurite.

Le sindromi vertiginose da trauma cervicale (colpo di frusta) benché di frequente osservazione per i problemi medico-legali connessi, pongono anch’esse problemi patogenetici sul ruolo che il trauma dei tessuti molli può avere nella genesi della vertigine e del disequilibrio. Infatti la maggiore afferenza cervicale ai nuclei vestibolari origina dalle capsule e dalle articolazioni paravertebrali, mentre la muscolatura profonda e superficiale contribuisce in minor grado. Inoltre questo tipo di afferenze è quantitativamente inferiore rispetto ai segnali di provenienza labirintica ed ai segnali visivi trasmessi attraverso gli altri nuclei del tronco e del cervelletto. I disturbi sono spesso descritti come sensazioni leggerezza, instabilità, incertezza di appoggio durante la marcia, durano fino a qualche mese, e generalmente regrediscono con la scomparsa del dolore post-traumatico.

Qualunque sia la causa sospettata per un origine cervicale della vertigine, le manovre per ricercare un Ny vanno fatte con estrema cautela. Un Ny cervicale puro, ottenibile ruotando il corpo e mantenendo fisso il capo è raramente osservabile. Più frequente è il riscontro di un Ny posizionale non parossistico. L’esame funzionale può rilevare una modesta iporeflettività bilaterale, con qualche anomalia qualitativa del Ny indotto, talvolta una prevalenza direzionale. Il riscontro di una prevalenza laterale suggerisce un meccanismo di concussione labirintica secondaria al trauma cervicale (spesso accompagnato da contusione occipitale). La terapia di queste forme è essenzialmente antalgica e fisiatrica. I sintomi vertiginosi possono trarre giovamento da una breve terapia con benzodiazepine.

2.3.2.9 Difetti della giunzione craniovertebrale

Alterazioni strutturali di questo distretto, spesso congenite, sono responsabili di sintomi da sofferenza del tronco e degli ultimi nervi cranici, causati dalla compressione del bulbo e della porzione superiore del midollo spinale. Tali alterazioni sono sospettabili, oltre che dall’esame obbiettivo, dalla presenza di vertigine, acufeni, difetti di deglutizione, disfonia, soprattutto quando questi segni si intensificano forzando la mobilità del rachide cervicale. Le principali forme sono:

a) l’impressisone basilare (platibasia) data dalla compressione del tronco e del cervelletto ad opera del processo odontoideo e delle prime due vertebre che rientrano nel forame occipitale;

b) le fusioni vertebrali in varie forme, fra le quali rientra la s. di Klippel-Feil cui si associa sordità;

c) la fusione atlanto-occipitale, frequente nella s.di Down, ed anche come forma secondaria ad artite reumatoide, caratterizzata da un’abnorme lassità del legamento trasverso odontoideo che favorisce lo scivolamente del processo odontoideo entro il forame occipitale con conseguente compressione del tronco;

d) la malformazione di Arnold-Chiari caratterizzata dall’incuneamento del tronco e del cervelletto nel forame occipitale. Nella forma meno grave i sintomi possono evidenziarsi nell’età adulta, ed iniziare con una generica instabilità dell’andatura associata a vertigine soggettiva, con pressochè costante presenza di Ny spontaneo diretto in basso.


La diagnosi di queste forme è affidata alle immagini e la terapia in specifici casi può essere chirurgica.

2.3.2.10 Tossicosi

Il sistema vestibolare centrale è suscettibile all’azione di sostanze tossiche che passano la barriera emato-encefalica. I sintomi vestibolari sono determinati sia dal coinvolgimento dei nuclei vestibolari, sia da tutte le strutture che contribuiscono alle funzioni dell’equilibrio posturale e dinamico (afferenze visive, propriocettive, sistema motorio, sistema reticolare, cervelletto, processamenti sensoriali, elaborazione psichica). Condizioni di tossicosi endogena possono verificarsi in occasione di malattie endocrine (es.: ipertiroidismo), metaboliche (insufficienza epatica e renale), infettive. Qui considereremo più in dettaglio le tossicosi esogene, in quanto esse rappresentano un fattore talvolta difficile da individuare. Nella Tabella VI sono riportate le sedi elettive del sistema nervoso in cui si estrinseca l’azione tossica, e nella seconda colonna una ristretta selezione di tossici esogeni. 


Sede elettiva

Sostanze

Sintomi

Encefalo

Metile cloridrato

Psilocibina, LSD

Etanolo,metanolo

Pb,Hg,Ta,Al, Bi,Cr

Toluene,benzene

Vertigine, atassia,

Disordini motori

Disordini percettivi

Alterazione psichica

Cervelletto

Ttanolo, toluene, Hg

Atassia cerebellare

Incoordinazione

Gangli d. base

Mg, metanolo, CO

Parkinsonismo

nn. cranici (II,VIII)

Metanolo, CS2

Les. papilla ottica

Nistagmo

Assoni centrali-periferici

(via spino-cerebellare,

via vestibolo-spinale)

Pesticidi organofosforici

Esani (colle acriliche)

Cliochinolo /anti-amebiasi

Atassia

Disestesia

Tab. VI.


Il ventaglio di sintomi è ampio, poco specifico, e dipendente dal meccanismo d’azione e dall’entità del danno tossico. I tossici possono avere un’azione rapida, o più subdolamente agire con un meccanismo di sommazione lento (anni). In tal caso il loro effetto può potenziare i sintomi di patologie età-correlate che interessano secondariamente il sistema vestibolare. Nella diagnosi eziologica di una vertigine centrale dovrebbe essere sempre presa in considerazione l’eventualità di un fattore tossico. Poiché sintomi soggettivi, segni oggettivi e prove funzionali non sono specifici, occorre indagare accuratamente la storia clinica anche remota, riguardo all’esposizione di tre categorie di sostanze: tossici lavorativi, tossici voluttuari, farmaci.

a) Esposizioni lavorative. I tossici lavorativi più frequentemente implicati nei disturbi dell’equilibrio sono elencati nella Tabella VII. Nella maggior parte dei casi si tratta di esposizioni croniche, ed i pazienti non sono quasi mai consapevoli di un possibile effetto tossico. Raramente i sintomi neurologici sono eclatanti. L’esame funzionale vestibolare spesso mostra un’iporeflettività labirintica bilaterale con Ny indotto di piccola ampiezza e disritmico. In passato tali forme erano definite come “sindrome vestibolare nucleo-reticolare cronica” (M. Arslan).

b) Tossici voluttuari. L’assunzione di sostanze voluttuarie ad azione tossica è ammesso talvolta con reticenza, e tuttavia la loro diffusione induce a tenere nella dovuta considerazione questa eventualità. Fra l’elenco delle sostanze più usate [etanolo/metanolo, cannabinoidi, allucinogeni (LSD, Psylocibina), oppiodi (eroina, morfina), stimolanti (cocaina, anfetamine, analoghi dlela meperidina (ecstasy), inalanti (colle)] molte di esse in fase acuta sono responsabili di fenomeni dispercettivi-allucinatori che possono comprendere vertigine e disorientamento spaziale in varia misura. In particolare, nella Tabella VIII sono riportati gli effetti dell’alcool in funzione del tasso ematico.


Composti e sostanze

Lavorazioni

Metalli

Metalli: Pb, Hg, Ma, Al, Bi, As, Ba, Ag, Cr, Li, Zn, Ta

Saldatura/metallurgia/elettrogalvanica

Composti carboniosi

CO, CO2, (combustione)

CS2,tricloroetilene (mat. plastiche)

Esani (acrilici-colle), aromatici (additivi, solventi)

Calzaturifici/edilizia/verniciatura/carburanti

/mat. plastiche

Composti organosolforici

Antiparassitari/pesticidi

Agricoltura/disinfestazione

Tab. VII.


Alcoolemia

Effetti

0,05-0,25

Euforia incoordinazione

0,25-0,5

Dispercezione sensoriale, difetti attentivi

0,5-1

Disartria/atassia/Ny/ >tempi di reazione

1-1,5

Diplopia/nausea/vomito

>1,5-4

Sonnolenza/ipotensione/coma

Tab. VIII.


Altri effetti, talvolta severi, sono riscontrabili in forma cronica. Qui ricorderemo solo gli effetti a lungo termine di eroina, ecstasy e colle, consistenti in visione distorta, bradicinesia-tremori, disordini posturali arti-tronco, distonie muscolari, disequilibrio- incoordinazione.

c) Farmaci. A quasi tutti i principi farmacologici viene associata la “vertigine” come possibile effetto collaterale. In realtà, la maggior probabilità di associazione con una disfunzione vestibolare centrale, per lo più secondaria ai meccanismi d’azione sugli organi ed apparati bersaglio del farmaco, riguarda poche categorie. I farmaci diuretici ad azione depletiva, gli anti-ipertensivi ed i vasodilatatori, molto utilizzati in multiterapia nei pazienti anziani possono essere responsabili di una condizione di ipoafflusso nella regione del tronco, che si manifesta con il quadro di un’insufficienza vertebro basilare. Fra i farmaci del s.n.c. (neurolettici, antidepressivi, ansiolitici, antieepilettici) si ricordano gli effetti collaterali di antidepressivi triciclici ed inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) consistenti in visione sfocata, difetti accomodazione, sonnolenza, cefalea, tremore, tachicardia, ipotensione ortostatica. Tale effetti si configurano spesso come disturbo di equilibrio e vertigine ortostatica. Inoltre si ricorda come le benzodiazepine possano talvolta produrre, soprattutto nei pazienti anziani, una ridotta coodinazione motoria e conseguentemente aumentare il rischio di cadute, ma anche diplopia con vertigine ed atassia. I disturbi d’equilibrio indotti da questi farmaci assunti per lungo tempo, possono persistere anche per qualche mese dopo la sospensione (sindrome da sospensione).

2.3.3 Pseudovertigini

Questo termine è usato per definire sintomi soggettivi spesso vagamente definiti e descritti come senso di stordimento, lipotimia, capogiro, confusione, incertezza della postura, testa leggera, galleggiamento, leggerezza. Tali sensazioni non sono originate da una condizione patologica, sebbene risultino spesso correlate ad aspetti di tipo nevrotico e ad un generico stato emotivo di allarme. Esistono varie manifestazioni, denominate dall’occasione scatenante i sintomi:

– Vertigine da altezza

– Vertigine da spazi aperti

– Vertigine da spazi chiusi

– Vertigine da affollamento

– Vertigine da inusuale percezione visiva (optic art)

– Vertigine da relatività del movimento

– Vertigine da nistagmo otticocinetico

– Vertigine da perdita dell’orientamento

– Cinetosi.


Tali forme originano da una imperfetta elaborazione delle informazioni sensoriali (“mis-match sensoriali”) che dovrebbero dar luogo alla normale percezione spaziale Ad esempio la vertigine d’altezza è prodotta da una incoerenza fra riferimenti visivi (in basso e lontani) e le afferenze propriocettiva e vestibolare che segnalano una base d’appoggio vicina e stabile. Modificare la propriocezione, per esempio stendendosi a terra, riduce la vertigine. Poiché il prodotto dell’elaborazione finale che si traduce in percezione spaziale è sotto il controllo dei sistemi cognitivi (attenzione, memoria) ed è influenzato dal sistema dell’emotività, queste forme risentono molto delle componenti psicologiche individuali. L’abitudine all’esposizione dei pattern sensoriali scatenanti risolve progressivamente ogni sintomo.

Nella usuale routine clinica in molti pazienti (10-25% secondo le casistiche) la conclusione diagnostica eziologica è di pseudovertigine. Talvolta l’iter diagnostico è lungo, comprendente esame funzionale (normale), immagini (normali), visita neurologica (normale), perché i sintomi per la loro stessa vaghezza impongono di escludere condizioni patologiche severe. Le pseudovertigini possono configurarsi in vere e proprie fobie (agorafobia, acrofobia, claustrofobia) nei soggetti con tratti di personalità nevrotica, oppure manifestarsi nel contesto di psicosi franche, od ancora assumere la forma di attacchi di panico. Per questi casi è indicato un trattamento psicologico o psichiatrico.

L’ultima forma dell’elenco, la cinetosi, comprende i tipici fenomeni di mal d’auto, mal di mare, mal d’aria, tutti originati da mis-match sensoriale. In questi casi le afferenze provenienti dai recettori labirintici determinate dal tipo di movimento (curve della strada, rullio e beccheggio), le afferenze propriocettive date dal posizionamento del corpo – solitamente seduto – e le afferenze visive (ambiente visivo a tutto campo, vicino durante la lettura in auto, o lontano in nave o aereo) producono nell’insieme un segnale percettivo di incongruenza spaziale, responsabile della vertigine e di rilevanti reazioni neurovegetative.

2.3.4 Vertigine nell’infanzia

Alla nascita i recettori vestibolari sono completamente maturi. Al contrario il sistema di integrazione vestibolare e le risposte motorie maturano progressivamente con lo sviluppo.

Le linee diagnostiche seguono quelle adottate per gli adulti. L’anamnesi può presentare difficoltà perché i bambini quando soggetti ad attacchi di vertigine spesso manifestano solo pallore, pianto e sonnolenza. La presenza di un deficit vestibolare cronico può essere considerata in casi di ritardato sviluppo delle funzioni motorie, specie se associate ad ipoacusia congenita (Tab. IX).

Gli strumenti diagnostici da utilizzare nei bambini devono essere adeguati all’età. In bambini sotto i 4-5 anni spesso occorre limitarsi all’osservazione delle capacità di movimento, della capacità visiva, della posizione della testa e della postura eretta e seduta. La ricerca del Ny spontaneo con occhiali di Frenzel è abbastanza facile anche facendo assumere al bambino le posizioni atte a svelare un Ny parossistico. Entro questa età è anche possibile eseguire un test con rotazione pendolare smorzata mentre il bambino è in braccio alla mamma. La registrazione del Ny indotto può risultare più faciloe con tecniche di video-nistagmografia piuttosto che attraverso gli elettrodi. Nei bambini il Ny indotto è molto variabile, talvolta ampio e disritmico, pertanto si valuta solo in termini di presenza o assenza, unilaterale o bilaterale. Le stimolazioni termiche si possono eseguire a partire dai 6-7 anni di età, ma il valore diagnostico del Ny ha le stesse limitazioni del Ny indotto da stimolazione pendolare. Solo dopo i 12-15 anni il Ny indotto assume i caratteri dell’adulto.

La diagnosi delle vertigini infantili è difficile e richiede quasi sempre l’intervento di altri specialisti, compreso il genetista cui vanno indirizzate le forme associate ad ipoacusia congenita. Benché le categorie nosografiche cui attribuire l’origine dei sintomi siano le stesse dell’adulto, alcune forme sono ritenute particolarmente frequenti nell’infanzia: la vertigine benigna parossistica e gli equivalenti emicranici. 



Sordità sindromiche

VestiboloOrecchio internoAltri organiEreditarietà

Usher I

+

+

Occhio

A R

Usher II

-

+

Occhio

A R

Usher III

+/-

+

Occhio

A R

Refsum

+

+

Occhio, cuore, nervi

A R

Waardenburg

+/?

+

Orbita, pelle (pigmentaz)

AD

Alport

+

+

Rene, occhio

AD, AR, X

BOR

+

+

Rene, fistole branchiali

AD

Pendred

+/-

+

Tiroide

AR

Jerwell-Lange

+/?

+

Cuore

AR

Tab. IX. Sindromi genetiche con ipoacusia associata a difetti vestibolari. Una forma di sordità genetica non sindromica in cui è stato dimostrato un interessamento vestibolare è la DFNA9. (AR autosonica recessiva, AD autosomica dominante, X x-linked.).


Le due forme hanno molti elementi clinici in comune, pertanto possono essere difficili da differenziare. Le crisi iniziano fra i 3 e gli 8 anni, con inizio improvviso, senza fenomeni di aura. Il bambino impallidisce, talvolta manifesta nausea e vomito, cerca di un sostegno cui aggrapparsi. La risoluzione, dopo qualche minuto è completa. Gli esami neurologico e di funzionalità vestibolare sono quasi sempre normali, solo in pochi casi si può evidenziare una iporeflettività labirintica uni- o bilaterale. Non è sicuro se una parte di queste forme sia interpretabile come equivalenti emicranici. In qualche caso i pazienti manifestano più tardivamente una tipica sintomatologia emicranica, spesso già presente come tratto di famigliarità. Nei casi in cui si può escludere una patogenesi emicranica si ammette una patogenesi infiammatoria periferica ricorrente, senza una eziologia certa. Meno frequenti rispetto a queste forme, sono manifestazioni di vertigine con caratteri francamente periferici, che possono insorgere in età adolescenziale come malattia di Meniere all’esordio. Differenziare questi primi episodi di m. di Meniere da una forma emicranica può richiedere un’attenta osservazione longitudinale, in quanto spesso l’ipoacusia di accompagnamento della m. di Meniere può essere fugace e circoscritta al singolo episodio vertiginoso. Un’altra forma relativamente frequente nell’infanzia si ritiene conseguente a contusioni craniche anche di lieve entità che possono dar luogo a crisi di vertigine posizionale parossistica da cupulo o canalo-litiasi. Infine una patologia da differenziare da un disordine vestibolare sono le crisi di assenza, che talvolta per la vaghezza con cui un bambino è in grado di descrivere una vertigine possono essere scambiate con quest’ultima.

Audiologia e Foniatria
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio. Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso. Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva. Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità. L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate. Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.