Come si è visto in precedenza, il sistema vestibolare è in grado di adattarsi a deficienze recettoriali grazie ai cosiddetti fenomeni di compenso. Anche i disturbi di equilibrio e la vertigine di origine centrale possono essere modificati dai fenomeni di compenso, in misura variabile secondo il meccanismo eziopatogenetico che li ha determinati. Questi fenomeni possono essere facilitati dalla riabilitazione. La finalità della riabilitazione di una sindrome vestibolare, periferica o centrale, pertanto non è terapeutica, ma quella di ripristinare le funzioni alterate per migliorare la qualità di vita. L’indicazione generale ad una riabilitazione è nella persistenza di sintomi da lesioni stabilizzate del sistema vestibolare (periferico o centrale), di solito sostenuta da una scadente integrazione visivo-vestibolare-propriocettiva e da disordini motori associati.
Una riabilitazione è controindicata nei casi con patologie in rapida evoluzione, e nei casi in cui è prevedibile un insuccesso, come nei soggetti con sindromi neuro-psichiche e con patologie evolutive del sistema nervoso centrale, o soggetti del tutto privi di motivazione. Sommariamente, la riabilitazione vestibolare può essere diretta a potenziare le seguenti funzioni:
1) Abitudine: attraverso la reiterazione di movimenti o posizioni correlati con la vertigine.
2) Controllo posturale: correggere le asimmetrie posturali, aumentare la mobilità attorno al baricentro, favorire l’interazione visivo-propriocettiva (marcia accidentata ad occhi aperti e chiusi).
3) Interazione visuo-vestibolare: inseguimento ripetuto di mire visive stazionarie o in movimento, stimolazioni otticocinetiche, esercizi di rifissazione visiva.
4) Attività fisica generale: in base ad età, motivazioni, concomitanti patologie.
I piani di riabilitazione devono essere individualizzati e programmati dopo un accurato studio del paziente circa le sue attitudini motorie, posturali e visive. Tipicamente i soggetti giovani hanno un beneficio dalla riabilitazione più pronto e consistente che i soggetti anziani. Questi ultimi infatti possono avere rallentati i meccanismi di plasticità e meno efficienti i meccanismi di sostituzione.
In popolazioni miste affette da disordini vestibolari periferici e centrali, e sottoposte a programmi di riabilitazione vestibolare si riportano percentuali di miglioramento a lungo termine nell’ordine dell’80%. Va tuttavia considerato che tale percentuale include molti casi in cui i disturbi tendono spontaneamente a recedere, indipendentemente dalla riabilitazione.
Uno dei fattori che più frequentemente ostacolano il buon esito della riabilitazione è l’assunzione di farmaci del sistema nervoso centrale (Tab. XII).
Farmaci/sostanze
Alterazione
psico-motoria
Rischio cadute
Effetto vestibolare avverso
Benzodiazepine
+++
+++
Ritardo di compenso
Antidepressivi
++
++
Induce s. vestib. centrale
Antipsicotici
+++
+(?)
Ritardo di compenso
Anti-ipertensivi
++(?)
Alcool
+++
+++
Induce s. vestib. centrale
Anti-istaminici
+
(sonnolenza)
Ritardo di compenso
Tab. XII.
2.5.1. Principali schemi di trattamento
Il compenso vestibolare, trattato in uno dei capitoli precedenti, avviene attraverso due principali meccanismi: di adattamento-abitudine-plasticità, e di sostituzione. I primi contribuiscono a ricalibrare il guadagno dei riflessi vestibolari. I secondi si basano sulla mutua sostituzione delle funzioni sensoriali deficitarie (vestibolare, visiva, somato-sensoriale), sul potenziamento delle risposte motorie (guadagno dei pursuit lenti) e di strategie motorie più generali. La riabilitazione vestibolare ha la finalità di promuovere questi meccanismi di compenso, rimuovendo le cause che in molti casi ne ostacolano l’evoluzione, e riportando il paziente al completo controllo dei movimento oculari e corporei, ed infine ad una normalizzazione della percezione spaziale. Nella maggior parte delle forme di disordine vestibolare periferico, il ricupero della funzione si attua in un periodo di poche settimane, benché i sintomi tendano talvolta a durare più a lungo. Ciò può essere causato da una persistente asimmetria del guadagno dei riflessi vestibolari. Le ragioni di un incompleto compenso possono essere diverse, ad esempio nel caso di una malattia di Meniere per causa della stessa progressione della malattia, nel caso di una vertigine emicranica per causa dell’intermittenza dei sintomi, nel caso di sindromi vertiginose centrali per causa del coinvolgimento di altri sistemi, cardio-vascolare, neuro-motorio, cognitivo od altri. Ne consegue che il termine “riabilitazione vestibolare” può anche assumere un significato molto ampio, se nella definizione s’includono, oltre a trattamenti specificamente volti al potenziamento dei riflessi vestibolari anche trattamenti per migliorare le interazioni fra sistema vestibolare e tutti gli altri sistemi ad esso connessi. Infatti, nella sua accezione più ampia la riabilitazione vestibolare è tipicamente multidisciplinare, perché ad essa concorrono frequentemente competenze di tipo fisiatrico, internistico, psichiatrico. Qui ci soffermeremo brevemente sui trattamenti riabilitativi più comunemente utilizzati nei pazienti con disordini vestibolari periferici, rimandando a testi specifici per quanto riguarda tecniche di riabilitazione più complesse, basate sull’impiego di strumentazioni speciali (piattaforme oscillanti, stimolazioni visive, realtà virtuale).
In via generale un programma riabilitativo può essere iniziato dopo la risoluzione della sintomatologia acuta, e dopo che sia stata formulata una diagnosi funzionale e causale. Come ogni tipo di riabilitazione, inoltre, la motivazione del paziente è di fondamentale importanza per ottenere i risultati aspettati. Usualmente, una volta scelto il protocollo e spiegate le modalità, il paziente esegue gli esercizi a domicilio. La durata dei trattamenti è variabile, da poche settimane a qualche mese. In caso di risposta al trattamento i primi benefici sono percepiti già dopo qualche giorno.
I primi schemi di esercizi da applicare a pazienti con vertigini sono stati proposti parecchi decenni fa (Cawthorne e Cooksey, 1945). La Tabella XIII riporta lo schema base degli esercizi, ma esistono numerose varianti che sono utilizzate comunemente con esiti positivi nel 60-80% dei casi.
Come si vede questi esercizi mirano a potenziare il controllo visuo-motore e vestibolo-spinale, ed inoltre a migliorare la capacità di movimento a occhi chiusi sfruttando solo le informazioni vestibolari e propriocettive.
Un esempio di esercizi in parte derivati dai precedenti sono finalizzati a migliorare i meccanismi di sostituzione e sono utilizzabili in pazienti con difetti vestibolari cronicizzati, associati a problemi della propriocezione o motori. Questi casi sono frequenti nei pazienti anziani, dove un deficit vestibolare periferico bilaterale, tende ad aggravare le conseguenze di qualunque disordine motorio. Si tratta di una successione a difficoltà crescente, che ha come scopo il potenziamento dell’integrazione visuo-motoria e dell’informazione propriocettiva.
1) Marcia sul posto vicino ad una parete (2-3 min) ad occhi aperti
2) Marcia sul posto vicino ad una parete ad occhi chiusi
A) A letto
1) Movimenti oculari, lenti e rapidi: alto-basso, destra-sinistra, convergenza.
2) Movimenti del capo, lenti e rapidi: flesso-estensione sagittale e laterale.
B) Seduti:
1) e 2) come sopra
3) movimenti circolari delle spalle
4) flessioni anteriori verso il pavimento
C) In piedi:
1) come A 1), A 2), B 3)
2) da seduto in piedi a occhi aperti e chiusi
3) lanciare una palla da una mano all’altra sopra il livello degli occhi
4) lanciare una palla da una mano all’altra dietro le ginocchia
5) da seduto in piedi con contemporanea rotazione del tronco
D) In movimento:
1) ruotare attorno ad una persona lanciandosi una palla.
2) camminare avanti ed indietro a occhi aperti e chiusi
3) camminare avanti ed indietro a occhi aperti e chiusi su piano inclinato
4) camminare avanti ed indietro a occhi aperti e chiusi su gradini
5) attività motorie con accelerazioni seguite da stop
Tab. XIII. Esercizi di Cawthorne e Cooksey (1945).
3) Marcia sul posto vicino ad una parete sopra un materasso ad occhi aperti
4) Marcia sul posto vicino ad una parete sopra un materasso ad occhi chiusi
Ripetizione degli stessi esercizi al centro della stanza.
In questa successione i livelli di difficoltà sono dati dall’allontanamento dalla parete come punto di sicurezza, dalla chiusura degli occhi (potenziamento vestibolo-spinale), dal camminare su superficie morbida (potenziamento della propriocezione) L’insieme degli esercizi e la progressione possono essere personalizzati in relazione alle difficoltà del paziente, e all’evoluzione del compenso.
Una seconda categoria di esercizi intendono favorire i processi di abitudine vestibolare (VHT: vestibular habituation training). Sono indicati in pazienti nei quali il mancato compenso dopo un disordine vestibolare periferico si manifesta con vertigini scatenate da movimenti rapidi o da cambiamenti di posizione. Il concetto di abitudine vestibolare assume che la vertigine sia scatenata da un segnale di errore originato in qualche punto del sistema vestibolare. La ripetizione dello stimolo responsabile dell’errore causa un declino della risposta (vertigine) se essa è stimolo-specifica. Il trattamento consiste in 19 esercizi (Tab. XIV) dapprima condotti passivamente, durante i quali vengono annotati i sintomi provocati. Si individuano così le manovre che causano vertigine, e queste vengono consigliate al paziente, da eseguire piuttosto velocemente.
1)
Da supino a seduto con testa in posizione mediana
2)
Da supino a seduto fianco sinistro
3)
Da supino a seduto fianco destro
4)
Da supino a seduto
5)
In posizione eretta ruotare la testa a destra
6)
In posizione eretta ruotare la testa a sinistra
7)
In posizione seduta dalla posizione con naso sul ginocchio sinistro alla posizione con l’orecchio destro sulla spalla destra
8)
Stessa manovra partendo da naso su ginocchio destro
9)
Ruotare la testa in senso antiorario
10)
Ruotare la testa in senso orario
11)
Oscillazione della testa in avanti
12)
Da seduto ad eretto
13)
Oscillare la testa alternativamente avanti ed indietro
14)
Da seduto a supino con capo iperesteso
15)
Da supino a seduto
16)
Da seduto a supino con testa iperestesia e ruotata a destra
17)
Ritornare a seduto
18)
Da seduto a supino con testa iperestesia e ruotata a sinistra
19)
Ritornare a seduto
Tab. XIV. Esercizi per abitudine vestibolare.
Fig. 22. Esercizi che facilitano l’abitudine vestibolare.
Uno schema di esercizi, molto semplificato, ma ugualmente basato sulla facilitazione dell’abitudine è rappresentato nella Figura 22.
Il paziente è invitato ad eseguire la successione 1, 2, 3 per 4-5 volte, con ogni posizione mantenuta 20-30 secondi, durante la quale deve fissare un punto davanti a sé. La successione viene ripetuta con capo ruotato a destra ed a sinistra. L’esercizio può essere eseguito mattina e sera, con velocità variabili, secondo la sintomatologia che può accompagnare i movimenti. Questo tipo di trattamento risulta molto utile per aumentare la soglia di tolleranza alla vertigine. Tipicamente, gli esercizi di abitudine vestibolare non comprendono esercizi specifici di coordinazione fra movimenti oculari e del capo, né di potenziamento delle sostituzioni visive e propriocettive.
Una variante semplificata di questi esercizi, facile da utilizzare in quanto proposta come protocollo fisso, è rappresentata dalla tecnica “five” (Tab. XV). Gli esercizi sono ridotti a cinque, da ripetere ognuno 5 volte per seduta, durante un periodo di almeno 15 giorni. Ogni posizione va mantenuta per 20-30 secondi o fino alla scomparsa della vertigine, se questa compare in seguito alle manovre.
1)
Scuotere la testa velocemente a destra e a sinistra per 20 volte, all’arresto fissare un punto in avanti
2)
Da seduto ruotare la testa a destra e stendersi supini fissando un punto sulla parete
3)
Come punto 2) ruotando la testa a sinistra
4)
Da seduto a supino, fissando un punto sul soffitto e ritorno a seduto
5)
Da seduto a supino con testa penzoloni oltre il bordo del lettino, e ritorno a seduto con fissazione di un punto in avanti
Tab. XV. Tecnica “five”.
Fig. 23. Punto di mira.
Una terza categoria di esercizi è diretta al potenziamento di una specifica funzione. Un esempio è rappresentato dagli esercizi di “punto di mira” (Fig. 23) che si prefiggono di migliorare il guadagno del riflesso vestibolo-oculomotore. Il paziente deve fissare una piccola immagine a contorni netti (nero su bianco) posta a 30 cm. mentre muove alternativamente la testa a velocità crescente.
I movimenti sono eseguiti sul piano orizzontale, verticale, e laterali (verso la spalla destra e sinistra). La velocità è regolata al massimo per mantenere l’immagine a fuoco. L’ampiezza dei movimenti può essere limitata a 10-15° nei casi di cervicalgia, senza che l’esercizio perda in efficacia. Questi esercizi, da ripetere un paio di volte al giorno, possono essere iniziati molto precocemente una volta che la sintomatologia di un deficit vestibolare periferico sia scomparsa.
Come si è più sopra accennato, benché gli esercizi descritti siano tipicamente consigliati nel ricupero di un disordine vestibolare periferico, la riabilitazione vestibolare può rivelarsi utile anche in forme in cui sia interessato il sistema vestibolare centrale, come ad esempio pazienti con esiti di trauma cervicale, o meno frequentemente pazienti con malattie cerebellari o degenerative del s.n.c. In questi casi la riabilitazione fisiatrica di un difetto centrale dell’equilibrio potrà comprendere esercizi di facilitazione sensoriale (visuo-vestibolo-propriocettiva) finalizzati a migliorare la stabilità nello spazio durante le normali attività. È evidente che programmi così complessi richiedono la valutazione accurata di ogni paziente (età, funzioni cognitive, patologia, assunzione di farmaci, grado dei difetti funzionali, condizione neuro-psicologica), per poter essere adeguati alle necessità individuali.
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio.
Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso.
Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva.
Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità.
L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate.
Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.