1.3 Semeiotica clinica e strumentale

1.3.1 Raccolta dei dati anamnestici - Esame obiettivo

1.3.1.1 Anamnesi

Il motivo della visita, cioè la ragione per cui il paziente è stato inviato allo specialista (ipoacusia, acufeni, vertigini, otalgia...), può essere l’inizio del colloquio con il paziente, ma non si deve limitare a questo perché potrebbe essere riduttivo o fuorviante per arrivare ad una diagnosi. Spesso infatti i pazienti tendono a considerare lo specialista solo come il medico di quel particolare organo/funzione e quindi non interessato ad eventuali altre patologie o sintomi concomitanti.

Non ci soffermeremo qui sull’importanza dell’anamnesi familiare, non solo per le patologie strettamente ereditarie, ma anche per quelle dismetaboliche, vascolari (ecc.) o di quella fisiologica/sociale (età, sesso, nazionalità, occupazione usi e costumi particolari – tabagismo, uso di alcool e droghe, caccia... – ecc.) e patologica remota (malattie durante la gravidanza, modalità del parto, allergie, farmaci di uso abituale – in particolare diuretici, antibiotici, analgesici/antiinfiammatori, contraccettivi... – ecc.).

Per quanto riguarda quella patologica recente, rimandiamo ai vari capitoli (patologia otologica, ipoacusie genetiche, tecnopaie, patologie vestibolari...).

In ogni caso è importante: determinare la sede, la periodicità, la durata, la gravità, le caratteristiche, i fattori esacerbanti o di remissione, se vi sono stati episodi precedenti; se vi sono stati traumi, pregressi interventi chirurgici e ovviamente la terapia seguita fino al momento della visita e i suoi effetti. Ricordiamo qui solo i principali sintomi:

Segni otologici

– otodinia/otalgia

– otorrea

– otorragia

– prurito

– sensazione di orecchio chiuso

– (vertigine)

– (paralisi del facciale)

– (cefalea).

Segni uditivi

– ipoacusia

– acufeni

– earfulness (sensazione di orecchio pieno)

– recruitment

– diplacusia

– iperacusia.

Segni vestibolari

– vertigine

– disorientamento spaziale

– ridotto controllo motorio

– disequilibrio/instabilità

– insicurezza

– ansietà/panico/paura/fatica.

1.3.1.2 Esame obiettivo

Il paziente va sempre esaminato seduto e di fronte, con una buona illuminazione. È sempre bene che la valutazione otologica sia preceduta da un esame della faccia (simmetria, forma e colore degli occhi, forma del naso e della bocca, movimenti dei muscoli facciali...), del cranio (forma, capelli...) e del collo (presenza di cisti e/o fistole mediane o laterocervicali, linfoadenopatie, forma e consistenza della ghiandola tiroide, presenza di eventuali pterigi...). Particolare attenzione va poi posta all’articolazione temporo-mandibolare (presenza di dolore-scrosci all’apertura...) e alla mobilità del collo.

Utile poi è completare la valutazione ORL, in particolare va ispezionata la cavità orale (lingua, palato molle, presenza di secrezioni dal rinofaringe… ), le fosse nasali, il rinofaringe e soprattutto la laringe (v. in foniatria). Dobbiamo infatti ricordare che molte patologie otologiche/audiologiche possono essere parte di un quadro patologico generale (genetico, infettivo, immunologico, neoplastico...).

L’esame obiettivo dell’orecchio comprende l’esame del padiglione nel suo complesso (posizione rispetto alla linea zigomatico-temporale, presenza di eventuali appendici e/o fistole, forma, consistenza, colorito, eventuale dolorabilità, eventuale presenza di edema e/o iperemia retroauricolare...); solo successivamente si procede alla esplorazione del condotto uditivo esterno (configurazione, dolorabilità, presenza di cerume, altre secrezioni, corpi estranei, neoformazioni...) e della membrana timpanica (MT), tenendo ben presente la eventuale presenza di restringimenti del lume del condotto, la cui forzatura con l’introduzione dell’otoscopio, può essere particolamente dolorosa e produrre facilmente sanguinamento. Per visualizzare il condotto, può essere necessario rimuovere il materiale estraneo: questo può richiedere l’uso di irrigazione, aspirazione, pinzette. L’utilizzo dell’otoscopio a pila dovrebbe essere limitato all’esame della MT. L’utilizzo dell’otomicroscopio (o microscopio chirurgico) è indispensabile per un inquadramento più preciso delle alterazioni della MT e della cassa timpanica (in caso d perforazione); può essere eseguito sia a paziente seduto, sia supino (sempre meglio se si eseguono manovre come l’aspirazione o si utilizzano strumenti chirurgici).

Per visualizzare la MT, in caso di cue stretto o collassato (in particolare bambini e anziani), è utile spostare delicatamente il padiglione indietro e verso l’alto nell’adulto, indietro e in basso nel bambino. L’osservazione della MT comprende la valutazione della sua integrità, colore, trasparenza, eventuale presenza di liquido o neoformazioni nell’orecchio medio. Per valutare la mobilità della MT è utile l’uso dell’otoscopio pneumatico. Esamineremo di seguito alcuni sintomi particolarmente rilevanti.

1.3.1.3 Otodinia e otalgia

Otodinia: dolore auricolare causato da una lesione dell’orecchio; può essere provocata (per es. da un foruncolo del cue) o spontanea (per es. in corso di otite media acuta, ma anche di neoplasia del cue-orecchio medio) e di carattere continuo, parossistico, intermittente, pulsante. La sede può essere superficiale, profonda, circoscritta o irradiata.

Otalgia: dolore auricolare non causato da lesione dell’orecchio, è solitamente sintomo di una affezione extra auricolare. Per otalgia riflessa si intende quando è sintomo di lesione infiammatoria o ulcerativa della lingua, dei denti, della faringe, della laringe. Si parla di otalgia nevralgica quando si accompagna a nevralgia del trigemino, del glossofaringeo, del ganglio sfeno-palatino (sindrome di Sluder), stilalgie.

Clinica. L’esame clinico di un paziente che riferisce dolore all’orecchio deve iniziare dall’orecchio esterno, per poi procedere all’orecchio medio. Andranno successivamente prese in considerazione le fonti di dolore riflesso (v. Tabb. I, II e III).


Orecchio esterno

Foruncolosi

Otite esterna

Pericondrite del padiglione

Eczema del cue

Congelamento del padiglione

Herpes simplex e zoster oticus

Tumori benigni e maligni

Otomicosi

Miringite bollosa

Traumi del cue e MT

Orecchio medio

Otomastoidite acuta

Otite baro-traumatica

Complicanze otomastoidite

Tab. I. Cause di otodinia.


Cavità orale

Glossiti e stomatiti di varia natura

Sindrome di Costen

Carie dentali e pulpite

Processi infiammatori acuti e cronici, degenerativi dell’ATM

Tumori maligni lingua

Scialoadenite acuta

Faringe

Faringite e tonsillite acuta

Flemmoni e ascessi peritonsillari

Processi infiammatori specifici

Aneurisma carotide interna

Nevralgia glossofaringeo

Abnorme lunghezza processo stiloideo

Corpi estranei

Tumori maligni del rinofaringe, regione faringotonsillare, base lingua, ipofaringe

Esiti di tonsillectomia, adenoidectomia

Laringe

Artrite-artrosi articolazione crico-tiroidea

Processi pericondritici

Tumori maligni

Corpi estranei

Esofago

Corpi estranei

Ernia iatus

Esofagite corrosiva acuta

Tumori maligni

Colonna cervicale

Colpo di frusta

Artrosi cervicale

Faccia e collo

Parotite epidemica

Tiroidite acuta

Artrite ATM

Abnorme lunghezza processo stiloideo

Tab. II. Cause di otalgia.


TUMORI DEL CUE


Sintomatologia aspecifica

Stadio avanzato:dolore, secrezione ematica/fetida,ipoacusia,

acufeni,vertigini, deficit nervi cranici 

TUMORI PADIGLIONE


Dolore scarso, assente

Secrezione fetida acquosa emorragica
Sanguinamento

TUMORI LINGUA


Dolore spontaneo o alla deglutizione, irradiazione auricolare,nevralgia del glossofaringeo in fase avanzata

Emorragia, fetor ex ore, difficoltà all’apertura bocca

TUMORI TONSILLARI

Inizio assente o aspecifico, successivamente dolore spontaneo

o alla deglutizione con irradiazione auricolare

Tumefazione indolore dei linfonodi cervicali
Versamento endotimpanico ipsilaterale (segno precoce)
Trisma, emorragia, fetor ex ore
Difficoltà ad aprire la bocca e all’assunzione dei cibi

TUMORI LARINGE

Raucedine, tosse stizzosa, disfagia e voce “ da patata calda

in bocca”

Dolore auricolari di tipo trafittivo
Dispnea,odinofagia, tosse con espettorato ematico, fetor ex ore

TUMORI IPOFARINGE

Tumefazione linfonodale indolente monolaterale angolo mandibolare

Scialorrea
Odinofagia, disfagia
Raucedine, dispnea, espettoratto ematico

Tab. III. Sintomatologia delle patologie del distretto cervico-faciale.

1.3.1.4 Otorrea

Definizione. Per otorrea si intende la fuoriuscita di secrezione dal condotto uditivo esterno. La secrezione può essere sierosa, purulenta, muco-purulenta.

Clinica. Il paziente deve essere interrogato sui sintomi concomitanti (dolore, ipoacusia, acufeni, vertigini), su eventuali traumi e malattie sistemiche, assunzione di farmaci. Quando i sintomi sono unilaterali, si esamina prima l’orecchio sano. L’esame comprende l’ispezione del padiglione e della regione periauricolare, con valutazione di eventuali tumefazioni e dolorabilità. L’esame del condotto può richiedere la delicata rimozione del secreto (meglio con aspirazione); andrà controllato l’aspetto della cute del cue, eventuali edemi, neoformazioni, stenosi. Andrà quindi visualizzata la MT per verificarne l’integrità.

Diagnosi differenziale. La differenziazione principale è tra otorrea dal cue o dall’orecchio medio tramite una MT perforata. Tutte le patologie dell’orecchio esterno e medio (v. cap. 1.4.1 e 1.4.2) possono essere causa di otorrea.

1.3.1.5 Otorragia

Definizione. Per otorragia si intende la fuoriuscita di sangue dal cue. Può essere la conseguenza di un trauma dell’orecchio esterno, della MT o dell’osso temporale; ma può anche essere la conseguenza di un processo infiammatorio o neoplastico del cue o dell’orecchio medio.

Clinica. Il paziente deve essere interrogato sui sintomi concomitanti (dolore, ipoacusia, acufeni, vertigini), su malattie sistemiche, assunzione di farmaci. Ma soprattutto andranno rilevati eventuali traumi della regione auricolare o cranica, se vi è stata perdita di coscienza o deficit neurologici post-traumatici. Quando i sintomi sono unilaterali, si esamina prima l’orecchio sano. L’esame comprende l’ispezione del padiglione e della regione periauricolare, con valutazione di eventuali tumefazioni e dolorabilità. L’esame del condotto può richiedere la delicata rimozione del secreto (meglio con aspirazione); andrà controllato l’aspetto della cute del cue, eventuali edemi, neoformazioni, stenosi. Andrà quindi visualizzata la MT per verificarne l’integrità o la presenza di versamento ematico nell’orecchio medio (emotimpano).

Diagnosi differenziale. La differenziazione principale è tra otorragia dal padiglione /cue o dall’orecchio medio tramite una MT perforata. Cause possibili di otorragia sono: ferite del padiglione, ferite del condotto, severe flogosi del cue o dell’orecchio medio, tumori del cue o dell’orecchio medio (v. cap. 1.4.1.4.2), traumi dell’osso temporale (v. cap. 1.4.3.2.2.4). Va ricordato che particolarmente nell’anziano, nel paziente che assume farmaci anticoagulanti, nelle sindromi emorragiche generalizzate, anche minime manovre a livello del cue, possono provocare otorragia.

1.3.1.6 Prurito

Il prurito è un comune e spiacevole sintomo di molte malattie della cute (per es. dermatite atopica, orticaria, ecc.); riferito all’orecchio (di solito conca e cue) è un sintomo frequente sia in patologie dell’orecchio esterno (in particolare dermatiti eczematose, otite esterna diffusa, ecc.) ma anche come conseguenza di una otorrea persistente dall’orecchio medio o in malattie sistemiche (diabete, epatopatie, insufficienza renale, ecc.) o in malattie psicocutanee. Recentemente è stato riportato che alcuni pazienti dopo vaccinazione antinfluenzale hanno riferito prurito auricolare per circa tre settimane (Br J Med Pract, 2002).


A. Prurito nelle patologie dell’orecchio esterno

Va esaminato attentamente il padiglione e il condotto per evidenziare alterazioni della cute (arrossamento, edema, desquamazione, croste, ulcerazioni, secrezioni...) e la eventuale presenza di alterazioni della cute in altri distretti. Il prurito è frequente in affezioni quali la dermatite eczematosa, l’otite esterna, l’otomicosi (v. dopo) e in dermatosi quali la psoriasi e la dermatite seborroica del cuoio capelluto.


B. Prurito nelle malattie sistemiche

Soprattutto quando il quadro obiettivo a livello dell’orecchio esterno è “normale”, va indagata la eventuale presenza di malattie sistemiche. Le malattie che più frequentemente possono comportare prurito generalizzato sono le epatopatie, il diabete, l’insufficienza renale cronica, i linfomi, le sindromi emorragiche, la cachessia neoplastica.


C. Prurito nelle malattie psicocutanee

Il prurito può essere riferito da pazienti che non presentano alcuna delle situazioni prima descritte. In questi casi va posta una diagnosi differenziale con forme di origine psichica o psichiatrica (neurodermite, escoriazioni neurotiche, autolesionismo, ecc.).

Per “prurito primario” si intende una condizione in cui non si evidenzia nessuna delle condizioni prima descritte.

Terapia. L’inibizione del grattamento è di per sé benefica per migliorare la qualità della vita del paziente e permettere un trattamento della malattia di base. Non esistono però trattamenti scientificamente provati. Abitualmente si utilizzano cortisonici topici (meglio in pomata o crema), anche se è da raccomandare al paziente di non utilizzarli per periodi prolungati; recentemente è stato suggerito, nelle forme resistenti, l’uso topico del tacrolimo o dell’estratto acquoso di Si-Wu-Tang. Nei casi di persistenza e resistenza agli usuali trattamenti, opportuna la collaborazione con il dermatologo.

1.3.1.7 Ipoacusia

Sordità/ipoacusia/handicap/disability

Spesso nel linguaggio comune definiamo “sordità” un qualsiasi difetto uditivo; in realtà questa semplificazione può comportare alcune incomprensioni ed indurre in errore in particolare sul piano delle indicazioni terapeutiche. Una “sordità” parziale di tipo trasmissivo, come nell’otite catarrale del bambino, ha vantaggio dalla terapia medica farmacologica o termale; una simile ipoacusia trasmissiva, come nell’otosclerosi, può trovare un ottimo rimedio da un intervento chirurgico; una “sordità” di grado medio e di tipo neurosensoriale potrà trarre beneficio solamente da una protesizzazione acustica; mentre una “sordità” grave/gravissima potrà trarre beneficio solo da un impianto cocleare.

Il termine sordità deve essere applicato solo a quei soggetti che hanno un deficit uditivo così grave da non poter trarre vantaggio da nessuna amplificazione acustica (WHO, 1980). In tutti gli altri casi va utilizzato il termine ipoacusia. Inoltre per comprendere meglio anche il trattamento possibile, dobbiamo aver chiaro le cause, la sede, il tempo di comparsa, la gravità e se sono presenti altre patologie concomitanti.

Il termine “disablements” è stato introdotto dalla World Health Organization (WHO) “classification of impairments, disabilities and handicaps” nel 1980, come terminologia unificante che poteva essere applicata agli effetti di tutti i tipi di disordini, da quelli uditivi a quelli motori.

Nei successivi aggiornamenti, si è ritornati al vecchio termine “disabilities”. Nei documenti più recenti (Beta-2 draft, WHO 1999), si è passati dai termini negativi (impairment, disability, handicap...) ad una terminologia “neutra”, come attività, partecipazione, funzione del corpo e struttura.

Le ipoacusie possono essere classificate in base a:

1) epoca di inizio

2) causa di lesione

3) sede di lesione

4) gravità (grado di interessamento)

5) se isolate o accompagnate da altri segni o sintomi.


1) Rispetto all’epoca di inizio, l’ipoacusia può essere:

a) congenita: la condizione è presente alla nascita (o periodo immediatamente successivo) ma non risulta necessariamente da fattori ereditari;

b) acquisita: l’inizio della perdita si è verificato dopo la nascita; per le forme genetiche si utilizza di solito il termine “delayed” (solitamente tradotto in italiano in “ritardata”), con una differenziazione in “early onset” (precoce) e “late onset” (tardiva).

Sempre in rapporto all’epoca di inizio, l’ipoacusia/sordità viene detta pre-linguale quando compare prima dell’acquisizione del linguaggio (entro i primi 12-18 mesi di vita), post-linguale quando compare dopo tale periodo.

2) Rispetto alla causa di lesione, l’ipoacusia può essere:

a) endogena ereditaria-genetica, quando la causa è intrinseca al soggetto (per es. endogena congenita: sindrome di Waardenburg, endogena acquisita: presbiacusia, otosclerosi);

b) esogena (o da cause ambientali), quando la causa è estrinseca al soggetto (per es. esogena congenita: sordità da rosolia in gravidanza; esogena acquisita: sordità da meningite, da parotite, da streptomicina).

3) Rispetto alla sede, l’ipoacusia può essere:

a) periferica, di tipo:

trasmissivo: quando è dovuta ad un difetto o malattia dell’orecchio esterno o medio;

sensoriale, da alterazione dell’apparato recettoriale (organo del Corti, membrana basilare, stria vascolare, liquidi labirintici), esempi tipici la malattia di Menière, l’ipoacusia da farmaci ototossici, il danno da rumore, tutti nella fase iniziale;

neurale, da alterazione delle fibre e dei neuroni del ganglio dello Scarpa, ad esempio molte ipoacusie virali (spesso si utilizza il termine “neurosensoriale” come comprensivo delle due forme “sensoriale” e “neurale”, sia perché queste sono a volte difficili da distinguere tra loro, sia perché spesso i due tipi di lesione sono concomitanti, per es. in una malattia di Menière o in una ipoacusia da rumore, in stadio avanzato);

misto, quando è in parte trasmissiva ed in parte neuro-sensoriale, ad esempio in un’otosclerosi avanzata;

b) centrale, quando sono coinvolte le vie uditive centrali rostralmente al nervo cocleare.


Recentemente è stato introdotto il termine neuropatia uditiva ad indicare un quadro di interessamento della via uditiva con recettore cocleare sostanzialmente indenne e a prevalente interessamento della sinapsi o delle fibre postgangliari fino ai nuclei cocleari; questo quadro può essere di difficile diagnosi; la causa può essere genetica (per es. da mutazione del gene otoferlina) o da causa virale, anossica, ecc.


Fig. 1. Classificazione delle ipoacusie rispetto la gravità (dopo L’European Group on Genetics of Hearing Impairment, HEAR, 2001).


4) Rispetto alla gravità, possiamo classificare l’ipoacusia in (Fig. 1):

– lieve: 20-40 dB

– moderata: 41- 70 dB

– grave: 71- 94 dB

– profonda: ≥95 dB.

5) Rispetto alle frequenze:

– basse: fino e compreso 500 Hz

– medie: oltre i 500 e fino ai 2000 Hz

– alte: oltre i 2000 Hz e fino a 8000 Hz

– ultra-alte: sopra gli 8000 Hz.

6) Rispetto alla forma dell’audiogramma (v. Fig. 2):

– in salita dalle basse frequenze: differenza di ≥15 dB dalla soglia della bassa frequenza peggiore alle alte frequenze;

– sulle frequenze medie o a cucchiaio: differenza di ≥15 dB tra la soglia delle frequenza media peggiore e quella delle basse e alte frequenze;

– sulle alte frequenze;

• in caduta lenta: differenza tra 15 e 29 dB tra la media di 500 e 1000 Hz e la media di 4000 e 8000 Hz;

• in caduta rapida: differenza ≥30 dB tra le stesse frequenze;

– pantonale: differenza ≤15 dB tra la media delle soglie 250/500 Hz, la media 1000/2000 e 4000/8000 Hz.

7) L’ipoacusia può presentarsi inoltre:

a) isolata (o non-sindromica);

b) sindromica, cioè come parte di una più ampia serie di disordini o segni che interessano altri organi o apparati (v. dopo per un approfondimento di questo aspetto).


Fig. 2. Classificazione delle ipoacusie in base alla frequenza (dopo L’European Group on Genetics of Hearing Impairment, HEAR, 2001).

BIBLIOGRAFIA

Stephens D 2001 Terminology and definitions. Audiological terms in A Martini, M Mazzoli, D Stephens, A Read Definitiond, Protocols & Guidelines in Genetic Hearing Impairments, London, Whurr, 9-14.
World Health Organization 1980 International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps.
Geneva: World Health Organization.
World Health Organization 1997 ICIDH-2: International Classification of Impairments, Activities and Partecipations. Geneva: World Health Organization.
World Health Organization 1999 ICIDH-2: International Classification of Functioning and Disability.
Beta-2 draft, full version Geneva: World Health Organization.

1.3.1.8 Acufeni

Definizione. Con il termine di acufene, di origine greca (akouein, udire e phanein, apparire), si definisce una sensazione uditiva che origina all’interno del soggetto che la percepisce (acufene soggettivo), in assenza di uno stimolo sonoro ambientale, riferita all’uno o all’altro orecchio, talvolta localizzata al centro della testa. Esiste anche un acufene definito oggettivo, molto più raro dell’acufene soggettivo, generalmente di origine vascolare o meccanica, percebile anche da parte dell’esaminatore che valuta il soggetto.

Vanno distinte dagli acufeni le allucinazioni uditive, che corrispondono alla percezione da parte del soggetto, di voci o frammenti di brani musicali, generati solitamente da patologie che interessano il lobo temporale o l’ippocampo.

Epidemiologia. Gli acufeni costituiscono un sintomo uditivo molto frequente, interessando circa il 7-10% della popolazione generale: molto più ridotta è invece la percentuale di soggetti che lamentano un acufene invalidante, tale da compromettere le attività della vita quotidiana, relazionali, professionali, affettive e/o la qualità del sonno (0.5%).

Gli acufeni interessano entrambi i sessi, con una lieve predominanza per quello maschile, in relazione a una sua maggiore esposizione al rumore; l’età di insorgenza è intorno ai 50 anni, con una tendenza ad aumentare fino a 60-65 anni.

Tutte le sedi che costituiscono la periferia uditiva nonché le vie uditive centrali fino alla corteccia, possono essere responsabili della comparsa dell’acufene, sebbene sia la coclea ad essere più spesso coinvolta nella sua insorgenza.

Eziopatogenesi. Esistono diverse teorie patogenetiche ritenute responsabili della comparsa degli acufeni:

1) disaccoppiamento tra le stereociglia e la membrana tectoria;

2) ruolo del sistema efferente olivo-cocleare mediale e laterale: il S.N.C. modula l’attività dell’organo di Corti tramite il fascio olivo-cocleare, i cui nuclei sono situati nel tronco encefalico;

3) analogie tra l’acufene e il dolore cronico: probabilmente una ridotta attività inibitoria svolta dalle fibre amieliniche potrebbe essere coinvolta nella comparsa dell’acufene.

Eziologia.Nella maggior parte dei casi l’acufene soggettivo, isolato o più spesso associato ad altri sintomi uditivi, è la conseguenza di una cocleopatia, ad insorgenza acuta o progressiva.

Qualora gli acufeni soggettivi non siano associati a una cocleopatia, sarà necessario ecludere una patologia extra-otologica (rara), una sindrome di Costen (disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, ATM), un disordine stomatologico, cause flogistiche naso-sinusali.

Tra le cause otologiche coinvolgenti l’orecchio esterno, va ricordata l’occlusione del condotto uditivo esterno per presenza di un tappo di cerume o corpo estraneo, l’otite esterna diffusa. Anche nel caso di patologie flogistiche a carico dell’orecchio medio (otosalpingite, otite media acuta con perforazione della MT) o di sequele timpanosclerotiche, si osserva la presenza di acufeni, in relazione ad un’aumentata vascolarizzazione della mucosa infiammatoria e/o per modificazione della meccanica timpano-ossiculare.

In presenza di un acufene unilaterale, va esclusa la possibilità di una lesione retro-cocleare, ad esempio uno schwannoma vestibolare (vedi capitolo 1.4.3.2.2.6 acufeni).

Audiologia e Foniatria
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio. Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso. Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva. Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità. L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate. Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.