1.3.2 Diagnostica strumentale

1.3.2 Diagnostica strumentale

1.3.2.1 Diagnostica strumentale “test soggettivi” (rilievi psicoacustici-comportamentali)
1.3.2.1.1 Audiometria tonale

L’esame audiometrico tonale è il test più comunemente eseguito per valutare la sensibilità uditiva. Esso permette di misurare la soglia di percezione uditiva per i toni puri nel campo di frequenze da 0.125 a 8 kHz, in intervalli di ottava (un ottava = raddoppio della frequenza). Il test viene eseguito tramite un generatore di segnali acustici, l’audiometro, tarato in decibel “hearing level” (dB HL) secondo standard internazionale (ISO 1975).

In generale si considera clinicamente normoudente un soggetto con una soglia entro i 20 dB HL. Un livello di soglia pari a 95 dB HL è considerato invece il limite oltre il quale un paziente ha un utilizzo praticamente nullo del canale uditivo. La Tabella I riporta una classificazione funzionale, in ragione di diversi livelli di soglia come media fra 0,5 e 4 kHz.

A partire dalla VI-VII decade di età gli individui presentano un innalzamento progressivo di soglia alle alte frequenze. Non è immediatamente chiaro se ciò rappresenti un normale fenomeno di senescenza dell’apparato uditivo (presbiacusia) o piuttosto la conseguenza dell’accumularsi nel tempo di fattori lesivi aspecifici (socioacusia).

Il rilievo separato delle soglie inviando gli stimoli per via aerea (in cuffia) e per via ossea (con un vibratore all’osso della mastoide o della fronte) permette di distinguere due tipi principali di sordità: le ipoacusie trasmissive e le ipoacusie neurosensoriali. Nelle prime la soglia per via ossea è normale e quella per via aerea è innalzata, nelle seconde le due soglie, innalzate, dovrebbero coincidere. Nelle forme di tipo “misto” l’innalzamento di soglia è determinato dal sommarsi di una quota neurosensoriale e una quota trasmissiva. Nel caso vi sia una grande differenza tra le soglie delle due orecchie, si rendono indispensabili procedure di mascheramento consistenti nell’utilizzo di un rumore inviato nell’orecchio non in esame, allo scopo di rendere più preciso il rilievo delle soglie dell’orecchio testato. Nella Figura 1 sono riportati tre esempi di ipoacusia ed i simboli che per norma internazionale indicano nell’audiogramma l’orecchio esaminato ed il tipo di soglia con o senza mascheramento, tenendo presente che convenzionalmente il colore rosso è usato per il lato destro ed il blu per il lato sinistro.


Livello uditivo (dB HL)
Grado della sordità
<20
Assente
20-39
Lieve
40-69
Moderato
70-94
Severo
>95
Profondo

Tab. I. Classificazione delle perdite uditive.


Fig. 1. L’audiogramma riporta di norma i risultati dei due orecchi. Qui per semplicità si ogni schema è riportata solo la soglia di un orecchio. con tre esempi di ipoacusia, differenziati in base alle soglie per via aerea e via ossea.


La diagnosi audiometrica tonale di ipoacusia trasmissiva indica una disfunzione localizzata nell’orecchio esterno o medio, l’origine della quale non può essere precisata in carenza di un esame otoscopico, micro-otoscopico ed impedenzometrico. La diagnosi di ipoacusia neurosensoriale indica una disfunzione a carico della coclea o del nervo o delle vie uditive centrali, la cui sede non può essere precisata senza ulteriori indagini. Particolari profili della soglia audiometrica tuttavia possono essere più frequentemente associati ad alcuni fattori lesivi (Fig. 2), anche se tali reperti non consentono di per sé di porre una precisa diagnosi causale.

Anche l’entità della perdita uditiva è con una certa approssimazione associabile a particolari condizioni patologiche come riportato nella Tabella II. La sordità trasmissiva non può manifestarsi con un’ipoacusia di oltre 70 dB HL, perché i suoni ad intensità superiore benché inviati per via aerea vengono trasdotti alla coclea dalle vibrazioni delle ossa craniche. Le sottoclassi nelle ipoacusie neurosensoriali hanno un valore indicativo, perché in realtà le lesioni possono essere distribuite in proporzione diversa e non prevedibile, rispettivamente a cellule cigliate esterne, interne, neuroni cocleari.

L’esecuzione dell’esame audiometrico tonale, così come dei test “sovraliminari” in seguito descritti, essendo basata su un modello operativo stimolo-risposta, richiede una collaborazione attiva e un certo grado di attenzione da parte del paziente. 


Fig. 2. Alcuni caratteristici profili della soglia uditiva sono associabili con maggior probabilità ad alcune forme cliniche di sordità.


Ipoacusie trasmissive
Soglia uditiva
Patologia orecchio medio
Fino a 35 dB HL
Perforazione timpanica
Fissità catena ossicini
Versamento endotimpanico
35- 50 dB HL
Disgiunzione catena
Grave fissità della staffa
60-70 dB HL
Orecchio medio escluso (gravi malformazioni)
Ipoacusie neurosensoriali
Soglia uditiva
Patologia orecchio interno
Fino a 55 dB HL
Lesione cellule cigliate esterne
Oltre 55 dB HL
Lesione cellule cigliate esterne e Cellule cigliate interne
Anacusia
Orecchio interno/nervo esclusi
Fino a 30-40 dB HL
Possibilità di lesione limitata al nervo acustico

Tab. II. Classificazione delle più frequenti cause di ipoacusia.


I simulatori, gli individui con livelli di vigilanza abbassati, o con ridotte capacità attentive possono produrre risultati falsi o inaffidabili, per es.: soglie più elevate del reale. Nei bambini un esame audiometrico tonale convenzionale può essere eseguito con sufficiente attendibilità solo a partire dai 3-4 anni di età; in età precedenti si utilizzano procedure particolari tendenti a motivare il piccolo paziente a dare risposte attendibili.

Per tutti gli esami audiometrici una controindicazione relativa è rappresentata dalla presenza di cerume nel condotto uditivo esterno. Questa condizione talvolta responsabile di un notevole fastidio soggettivo, può causare un’ipoacusia trasmissiva di 20-30 dB. Se l’indagine audiometrica è richiesta nel sospetto di un’ipoacusia da rumore (tecnoacusia), il paziente dovrebbe essere esaminato 16 ore dopo la fine del turno di lavoro, per evitare che un innalzamento temporaneo di soglia dato da fenomeni di affaticamento uditivo (TTS), falsi i risultati.

Si ritiene che i rilievi di soglia per via aerea abbiano un margine di errore (test-retest) di ± 5 dB e di ± 10 dB per via ossea. È consigliabile tuttavia una certa cautela qualora si confrontino i dati ottenuti in centri diversi, in quanto non sempre la taratura degli strumenti e le condizioni di rumorosità degli ambienti d’esame sono ottimali. Tali fattori possono condizionare in modo talvolta rilevante le misure di soglia. La durata dell’esame audiometrico tonale è variabile fra 10 e 20 min.


1.3.2.1.2 Test sopraliminari

La finalità di questi test è di definire la sede della lesione responsabile di un’ipoacusia neurosensoriale, se cocleare o retrococleare. L’importanza di individuare lesioni retrococleari sta nel fatto che molto spesso queste sono sostenute da una patologia espansiva (ad esempio neurinoma del n. 8°, tumori del tronco cerebrale, dell’angolo ponto-cerebellare) per la quale sono necessari precoci e specifici approfondimenti neuroradiologici.

I test sopraliminari si suddividono in indagini per rivelare il fenomeno del recruitment (tipico delle lesioni cocleari) e indagini per svelare un adattamento neurale patologico (tipico delle lesioni del n.8°). Nella Tabella III sono riportati i test oggi più utilizzati; la scelta dipende dalla configurazione audiometrica e dalla strategia globale dell’esaminatore.

Comunemente questi test vengono somministrati in una batteria costituita da almeno 2 test per tipo, in modo da avere un controllo incrociato dei dati: ad esempio recruitment presente ed adattamento normale, o adattamento patologico e recruitment assente. 


A) Test per svelare il fenomeno
del “recruitment”
B) Test per svelare la presenza
di “adattamento patologico”
- S.I.S.I. (Short Increment Sensitivity Index)
- A.B.L.B. (Auditory Binaural Loudness
Balance)
- Test di Fowler-Reger
- Test di Luescher
- Soglia soggettiva del fastidiooglia soggettiva del fastidio
- S.T.A.T. (Supra Threshold Adaptation Test)
- Test di Carhart
- Test di Rosenberg

Tab. III. Test sopraliminari.


I risultati combinati di questi test permettono l’identificazione corretta di lesioni del n.8° nell’ordine del 45-65% con percentuali di “falsi allarmi” nell’ordine del 20-25%. La sensibilità diagnostica nei confronti delle cocleopatie è più elevata, pari a circa il 70-90%.

L’esecuzione di questi test richiede un’attenzione maggiore che non il semplice esame audiometrico tonale, poiché al paziente sono richieste prestazioni più complesse come ad esempio individuare minime variazioni di sensazione uditiva che si succedono nel tempo o durante varie prove. Poiché la maggioranza di questi test si avvale di stimoli d’intensità superiore alla soglia del paziente, la loro esecuzione è subordinata all’esistenza di residui uditivi almeno nell’ordine di 70-80 dBHL. Risultati di incerta interpretazione possono talvolta verificarsi indagando ipoacusie monolaterali con una differenza di soglia maggiore di 50-60 dB rispetto all’orecchio migliore.

La somministrazione di una batteria di 4 test può durare da 10 a 20 minuti a seconda dei test impiegati.


1.3.2.1.3 Audiometria vocale

I test di audiometria vocale oggi sono prevalentemente usati per valutare l’efficienza del sistema uditivo nei confronti di stimoli verbali. I risultati quindi vengono per lo più utilizzati in chiave funzionale in vista di una riabilitazione, o per misurare l’efficacia di un trattamento sul piano delle funzioni comunicative, ad esempio un trattamento chirurgico o protesico, della sordità.

La stimolazione è costituita da liste di parole o frasi, solitamente 10-20 per lista, che sono inviate al paziente ciascuna a una determinata intensità, in cuffia o in campo libero. I materiali verbali che sono utilizzati nelle prove di audiometria vocale sono stati scelti con procedure particolari in modo che ogni test, standardizzato e inciso su supporto magnetico (nastro o CD), rappresenti un “campione” della lingua italiana. Il paziente deve ripetere le parole o le frasi, mentre le risposte, giudicate dall’esaminatore, sono espresse in % di riposte corrette. I dati permettono di definire una funzione d’intelligibilità (% risposte corrette sulle varie intensità cui viene inviata ogni lista). Come per ogni funzione psicometrica i punteggi variano da 0 a 100% con un tipico andamento sigmoidale. All’interno di questa variazione è invalso l’uso di identificare sulla funzione tre tipici punti: l’intensità di stimolazione in cui si raggiunge il 100% (definita “soglia di intellezione”), l’intensità in cui si raggiunge il 50% (“soglia di percezione”), l’intensità in cui si raggiunge lo 0% (“soglia di detezione”). Nei normoudenti, nei soggetti con ipoacusia trasmissiva, o neurosensoriale da lesione cocleare, l’intensità corrispondente al 50% di risposte corrette coincide, entro ± 10 dB, con la soglia audiometrica media per i toni fra 0,5 e 2 kHz. Nelle cocleopatie l’andamento complessivo della funzione di intelligibilità, permette di valutare l’effetto delle distorsioni percettive di intensità e frequenza, che, tipiche di queste patologie, possono avere una rilevante influenza sulla discriminazione dei messaggi verbali, ad esempio impedendo il raggiungimento del 100% di risposte corrette. Anche con elevate intensità di stimolazione (Fig. 5).

Individui con disfunzione del nervo cocleare, della via uditiva centrale localizzate al tronco o con lesioni alla corteccia uditiva, possono avere invece prestazioni notevolmente peggiori rispetto a quelli prevedibili in base alla soglia uditiva per toni puri. Tali risultati sono meglio evidenziati con reattivi vocali particolari (audiometria vocale a bassa ridondanza) o inviando il materiale contestualmente a livelli prefissati di rumore. Queste prove hanno la finalità di porre il paziente in condizioni degradate di ascolto, quali si verificano usualmente nell’ascolto negli ambienti naturali.


Fig. 5. Audiogramma vocale. Una lista di 10-20 parole è inviata per ogni intensità. Si calcola la percentuale di risposte correttamente ripetute in funzione dell’intensità per determinare la funzione di intelligibilità. L’esempio riportato mostra come una persona con un’ipoacusia, per raggiungere le stesse percentuali del normoudente necessita di una maggiore intensità del segnale. In questo caso di ipoacusia neurosensoriale l’intelligibilità massima resta al di sotto del 100% anche per intensità elevate, e ciò è indice di una distorsione della percezione uditiva.


Benchè il materiale verbale sia costituito da parole e frasi che fanno parte del patrimonio linguistico comune, occorre tener presente che le prestazioni di ogni paziente possono essere influenzate dalle sue capacità mnemoniche, dalla conoscenza della lingua, e da scelte casualmente corrette. Perciò la variabilità (test-retest) delle percentuali di intelligibilità, dipendente anche dal numero di parole o frasi che costituiscono la lista può essere elevata.

Mentre un tempo si assegnava all’audiometria vocale un rilevante potenziale diagnostico nell’individuare lesioni retrococleari o centrali, oggi quest’utilizzo ha subito un ridimensionamento a favore delle tecniche di diagnosi per immagine (TAC, RMN) e dei potenziali uditivi evocati. L’audiometria vocale conserva tuttavia la sua importanza come strumento per valutare le capacità di comunicazione del paziente. Come tale, trova un largo utilizzo in campo riabilitativo (cfr. audiometria protesica) e nelle situazioni di sordità in cui la percezione uditiva residua compromette specialmente le capacità di comunicazione verbale (sordità infantile, presbiacusia).

L’audiometria vocale è eseguibile nei bambini a partire da 6-7 anni di età. Risultati sufficientemente attendibili si possono ottenere a età inferiori, ricorrendo a una tecnica di rilevamento detta “a scelte multiple per immagine”, dove il bambino deve indicare tra 4-5 figure l’immagine corrispondente alla parola stimolo inviata.

Nell’adulto, la durata dell’esame, limitato alla sola funzione di intelligibilità è di 10-15’. La somministrazione di prove con rumore può prolungare i tempi fino a 40-50’.

1.3.2.2 Audiometria infantile
1.3.2.2.1 Audiometria a risposte incondizionate (Reattometria)

Gli esami reattometrici erano utilizzati come metodi di “screening” della sordità in età neonatale o nella prima infanzia fino a 6-10 mesi. Oggi sono stati sostituiti da metodi più affidabili (otoemissioni, ABR), tuttavia nell’indisponibilità di queste tecniche, essi conservano una certa validità per una valutazione approssimativa dell’udito nella prima infanzia. I risultati della reattometria si basano sulle reazioni riflesse motorie (di solito reazioni involontarie di allarme o variazioni comportamentali) osservabili in risposta a stimolazioni di intensità relativamente elevata (Fig. 1).

La Tabella I riporta le più importanti risposte comportamentali associate all’età e all’intensità degli stimoli uditivi. La progressiva maturazione del sistema nervoso centrale permette risposte sempre più complesse.


Fig. 1. Le risposte motorie incondizionate diventano più complesse con la maturazione.


ETÀ
STIMOLI
dB SPL
VOCE
dB SPL
RISPOSTE
(latenza<2 sec)
0-4mm
50-70
40-60
Apertura occhi,
blink, risveglio
4-9 mm
30-50
40-50
Lateralizzazione
orizzontale
9-14 mm
25-30
10-20
Localizzazione
orizz-verticale

Tab. I. Risposte comportamentali nelle varie fasce di età.


Nel contempo tuttavia esse sono largamente influenzate dal livello di vigilanza e dal grado individuale di maturazione neuro-muscolare, dalla rumorosità ambientale e dai criteri utilizzati dall’esaminatore stesso nel giudicare i movimenti del bambino. La finalità dell’esame non è diretta a determinare una soglia uditiva, ma piuttosto di individuare i soggetti con risposte inconsistenti o assenti a stimoli di elevata intensità. La reattometria cioè serve solo a isolare una parte della popolazione in cui si potrebbe verificare l’evenienza di individuare soggetti ipoacusici.

La maggior parte dei neonati normoudenti reagisce chiaramente a stimoli d’intensità pari a 60-70 dB SPL. La percentuale dei neonati con risposte assenti o dubbie al test (sospetti di sordità) è del 10-20% sul totale degli esaminati: fra essi l’incidenza di soggetti effettivamente ipoacusici è molto bassa (0.8-1,5 su 1000 nati). Le elevate percentuali di risultati falsi positivi e quindi gli alti costi di gestione per convalidare i risultati con altri esami diagnostici, sconsigliano l’utilizzo, almeno nei paesi sviluppati, l’uso della reattometria come strumento di screening neonatale.

1.3.2.2.2 Audiometria a risposte condizionate

Rappresenta il metodo di prima scelta per eseguire un esame audiometrico in un bambino di età compresa tra 1 e 3 anni. Il bambino viene condizionato a dare delle risposte comportamentali (girarsi verso la sorgente sonora, premere un pulsante per attivare un gioco ecc.) in risposta agli stimoli uditivi. Come rinforzo positivo, cioè piacevole per il bambino, sono utilizzate luci colorate, giocattoli e filmini di animazione (Fig. 2).

Fattibilità e attendibilità dell’esame dipendono in larga misura dall’esperienza dell’esaminatore e dalla sua capacità di instaurare un rapporto di motivazione costruttiva col bambino. Le soglie possono essere rilevate per via aerea, per via ossea, ed in campo libero qualora il bambino non sia disposto ad indossare una cuffia. La stimolazione in campo libero viene invece sempre effettuata per valutare il funzionamento di una protesi (cfr. audiometria protesica). Si ritiene che la variabilità dei valori di soglia (test-retest) sia più ampia che nell’adulto, stimabile nell’ordine di ± 20 dB, data la difficoltà dei bambini a mantenere livelli costanti di attenzione e motivazione. In bambini con disturbi comportamentali, difetti intellettivi, o età mentale inferiore all’età cronologica, si possono frequentemente osservare risultati di dubbia interpretazione. In questi casi, se il rilievo di soglia si limita alla sola audiometria comportamentale, si possono commettere gravi errori diagnostici (ad esempio giudicare normale un bambino gravemente ipoacusico).


Fig. 2. Quando il bambino percepisce lo stimolo inviato in cuffia preme un pulsante che fa ripartire un filmino. (condizionamento operante).


APPROFONDIMENTO


Quasi tutti i test uditivi comportamentali eseguibili in bambini molto piccoli derivano da applicazioni già utilizzate nel campo della psicologia evolutiva per valutare lo sviluppo dello schema senso-motorio. Essi sono eseguibili nel 90-95% dei bambini fra 1 e 2 anni di età. La risposta motoria ai suoni è presente nella maggior parte dei casi, è facile da osservare, e può essere condizionata a partire dai 5-6 mesi di età. La finalità del rinforzo positivo, costituito ad esempio da un giocattolo luminoso che si accende quando il bambino ruota il capo nella direzione di provenienza del suono, è di contrastare il fenomeno di abitudine che interviene invariabilmente dopo poche risposte. Anche con questi accorgimenti tuttavia, per raccogliere dati sufficientemente affidabili è necessario suddividere il test in numerose sessioni, anche in giorni diversi. Per questo motivo si ritiene che l’ambito riabilitativo sia quello ideale in cui applicare tali tecniche, dove l’indagine può essere aiutata dalla famigliarità del bambino con l’ambiente e con il personale.

Le tecniche più usate sono definite come “conditioned orienting response audiometry” (COR), “visual reinforcement audiometry” (VRA) e “play audiometry”. La prima, di fatto un’audiometria di localizzazione, usa come risposta la rotazione del capo verso la sorgente sonora con il rinforzo di un giocattolo luminoso. Nella seconda il bambino deve rivolgersi alla sorgente o fornire qualsiasi risposta comportamentale prima del rinforzo visivo, e questo viene inviato solo se il bambino risponde coerentemente allo stimolo sonoro. Le tecniche di audiometria-gioco (“play audiometry”) sono basate su uno schema generale in cui la risposta comportamentale allo stimolo è costituita da un’azione “di gioco”. Secondo l’interesse del bambino, il “gioco” può essere il completamento di una costruzione di cubi, infilare anelli in uno stelo, mettere in moto un giocattolo, avviare il filmino di un cartone animato ed altri ancora. Nell’audiometria-gioco l’esaminatore deve motivare il bambino nella continuazione del gioco, incoraggiandolo dopo ogni risposta.

Qualsiasi tipo di stimolo può essere usato con questo tipo di audiometria: alcuni esaminatori iniziano l’esame con stimoli verbali (brevi richiami), per poi passare agli stimoli utili per valutare le funzioni uditive di interesse. Gli stimoli devono essere correttamente calibrati in intensità sia nelle condizioni di invio in cuffia che in campo libero. Dal punto di vista operativo il problema più importante è di definire la soglia uditiva almeno per le frequenze importanti per lo sviluppo del linguaggio (0.5-2 kHz), oppure la definizione di soglia per le frequenze medio-gravi (0.25-1 kHz). Questa seconda evenienza è rappresentata dai casi già sottoposti ad indagini elettrofisiologiche (ABR, ECochG), con le quali la stima della soglia uditiva è limitata al campo di frequenze 2-4 kHz (cfr. potenziali evocati).


Stime di soglia (1-2 anni)

La tecnica più utilizzata è rappresentata dal COR. L’attenzione del bambino dura molto poco, quindi l’esaminatore deve essere abile ad ottenere il massimo di informazione con il più piccolo numero di stimoli. Per tale motivo l’esame può limitarsi a rilevare la soglia a 0,5 e 2 kHz. In condizioni ottimali si è dimostrato che in bambini normoudenti è possibile definire livelli di soglia di appena 15 dB al di sopra dei valori standard per gli adulti (0 dB HL). Nei bambini di 1-2 anni queste tecniche audiometriche possono fornire risultati erronei specialmente nei casi di sordità severa o profonda. In questi casi la conduzione dell’esame può essere problematica per le difficoltà di condizionamento poiché un bambino sordo molto probabilmente non ha acquisito la capacità di rispondere in modo consistente ai suoni, né a localizzarli nello spazio.


Stime di soglia (2-3 anni)

Per i bambini nella fascia di età fra 2 e 3 anni, il metodo di scelta per le stime di soglia è costituito dalla audiometria-gioco. La procedura può usare anche rinforzi visivi o tangibili (piccoli premi). È chiaro che con questo metodo assume ancora più importanza che nell’audiometria di localizzazione la relazione che viene ad instaurarsi fra esaminatore e bambino, sia durante la fase del primo approccio, che successivamente quando si stabiliscono le “regole” della risposta, ed infine durante la conduzione del test.

Le tecniche di audiometria-gioco oltre che misurare la soglia uditiva, rappresentano oggi l’unico mezzo per valutare il guadagno funzionale delle protesi uditive. In particolare le procedure di regolazione fine degli impianti cocleari utilizzano l’audiometria-gioco per definire i livelli ottimali ed il campo dinamico della stimolazione elettrica sui vari canali. Se da un lato la progressiva famigliarità del bambino con gli esaminatori può facilitare l’esecuzione dei test, d’altra parte questi possono durare più a lungo, data la necessità di ricercare risposte per un numero elevato di canali di stimolazione. Perciò è necessario avere a disposizione una vasta scelta di modalità di risposta per sostenere nel tempo l’interesse del bambino, e suddividere il test in diverse sessioni.

Vi sono alcune eccezioni alla eseguibilità dell’audiometria-gioco in bambini fra 2 e 3 anni. Se un bambino di 3 o più anni non è in grado di fornire risposte deve essere sospettata la presenza di problemi extra-uditivi, ad esempio comportamentali, mentali, di maturazione.

1.3.2.3 Diagnostica strumentale “test oggettivi” (misure impedenzometriche, potenziali uditivi evocati, otoemissioni)
1.3.2.3.1 Impedenzometria

L’esame impedenzometrico, comprensivo di timpanometria e di reflessometria cocleo-stapediale, dovrebbe sempre eseguito insieme all’audiometria tonale. Infatti, esso consente la raccolta di una serie di dati obiettivi, riguardanti la funzionalità dell’orecchio medio e dei riflessi endotimpanici (arco riflesso: stimolo sonoro-orecchio interno-nuclei cocleari-nucleo del VII-contrazione muscolo stapedio). Questi ultimi hanno notevole importanza nella diagnosi differenziale delle ipoacusie neurosensoriali. Lo strumento (impedenzometro, Fig. 1) misura l’impedenza offerta dall’orecchio medio al passaggio dell’energia acustica, e le sue variazioni in funzione delle condizioni di elasticità/rigidità del complesso membrana timpanica- catena ossiculare, o della contrazione del riflesso stapediale.


Fig. 1. Schema dei componenti di un impedenzometro. Il sistema è completato da un generatore di toni puri (qui non rappresentato) per l’evocazione dei riflessi stapediali.


L’energia acustica che è utilizzata come “probe” è inviata nell’orecchio esterno per mezzo di una sonda ed è solitamente fornita da un tono a bassa frequenza (220 Hz) e intensità elevata (90 dB SPL). In parte questa energia è trasferita all’orecchio interno, in parte viene assorbita per gli attriti, in parte viene restituita dalle componenti elastiche del timpano e dell’orecchio medio. Quest’ultima quota di ritorno è raccolta da un microfono collocato nella stessa sonda. La grandezza dell’energia di ritorno è in funzione inversa della capacità dell’orecchio medio di trasferire energia all’orecchio interno, dipendente a sua volta da reattanza e resistenza (determinanti dell’impedenza) del sistema. La contrazione riflessa del muscolo stapediale è bilaterale, ed è prodotta da stimoli tonali d’intensità elevata (circa 85 dBHL nel normoudente), presentati nell’orecchio ipsi o controlaterale all’orecchio in cui si effettua la misura di impedenza. L’unità di misura dell’impedenza acustica è l’ohm acustico, ma in campo clinico si utilizza un’unità di misura arbitraria, la “compliance” o “cedevolezza” (espressa in cm3 d’aria equivalenti) più rispondente a rappresentare la cedevolezza delle strutture elastiche di membrana timpanica-catena ossiculare. I rilievi impedenzometrici non richiedono una collaborazione attiva da parte del paziente; è solo necessaria un minimo di cooperazione durante il posizionamento della sonda impedenzometrica nell’orecchio esterno ed un minimo di quiete durante l’esame. La parte terminale della sonda è costituita da un tappo di materiale duro-elastico, che deve chiudere ermeticamente il condotto uditivo esterno. Sono molto rari i casi in cui, per una difettosa conformazione del condotto, non è possibile posizionare correttamente la sonda.

Flogosi acute o croniche del padiglione (herpes oticus, dermatiti eczematose essudative del padiglione, otiti esterne) o processi suppurativi dell’orecchio medio a timpano aperto, rappresentano controindicazioni all’esame impedenzometrico, sia per la possibile diffusione della flogosi favorita dalle manovre di posizionamento della sonda, sia per l’eccessivo dolore che il suo inserimento può provocare. Una controindicazione relativa può essere costituita dalle perforazioni timpaniche recentemente riepitelizzate, perché sussiste il rischio che le variazioni di pressione durante le misure, provochino lo strappo dell’area cicatriziale. Il condotto uditivo esterno e la superficie della membrana timpanica devono essere perfettamente liberi da residui di cerume, per evitare errori di misura talvolta molto grossolani.

Quasi tutti gli impedenzometri sono dotati di un apparato scrivente, con il quale viene tracciato il timpanogramma che rappresenta l’andamento dinamico della “compliance” timpanica, cioè in funzione di una variazione di pressione indotta nel condotto uditivo esterno. Quando vi è uguale pressione tra orecchio esterno e orecchio medio (tale condizione nel normale si verifica a valori di pressione atmosferica) la cedevolezza della membrana timpanica e delle strutture elastiche dell’orecchio medio sarà massima, se vi è invece un gradiente pressorio la cedevolezza diminuisce, evidenziando una condizione in cui la capacità di vibrare della membrana timpanica è in varia misura ridotta. La “compliance” viene testata aumentando la rigidità della membrana timpanica. Ciò è possibile facendo variare la pressione aerea nel condotto uditivo esterno da +200 a -600 mm di H2O, valori entro i quali è possibile rilevare la massima “compliance” (con orecchio normale attorno a 0 mm H2O). La Figura 2 riporta i principali tipi di timpanogramma, normale e patologici. I timpanogrammi normali (A) indicano una normale risposta meccanica dell’orecchio medio: si registrano nei soggetti normoudenti e negli individui con ipoacusia neurosensoriale. Gli altri (B,C,D) sono associati a condizioni di funzionamento anomalo dell’orecchio medio, che può essere responsabile di un’ipoacusia trasmissiva di grado molto variabile. I timpanogrammi di tipo C indicano una depressione aerea nella cassa timpanica, dovuta a disfunzione della tuba uditiva. I timpanogrammi di tipo D indicano una flaccidità timpano-ossiculare, dovuta ad esempio a disgiunzione della catena degli ossicini. I timpanogrammi di tipo B (curva piatta) indicano la mancanza di aria nella cassa del timpano, condizione che più frequentemente si osserva nel corso delle otiti essudative a timpano chiuso.


Fig. 2. Classificazione: Timpanogramma A: normale, C: depressione aerea endotimpanica, D: discontinuità della catena ossiculare, B: versamento endotimpanico.


Avvertenza: il solo dato timpanometrico non è sufficiente di per sé a precisare una pur semplice diagnosi di funzione uditiva, la quale deve scaturire come minimo dalla lettura d’insieme e dall’integrazione dei dati impedenzometrici (timpanometria e reflessometria stapediale), dell’esame audiometrico tonale e del quadro obiettivo otoscopico.


Test di funzionalità tubarica

Trovano un utilizzo nella valutazione pre-operatoria di pazienti candidati a interventi chirurgici sull’orecchio medio, o nella valutazione degli effetti della terapia dell’insufficienza tubarica, od ancora nella valutazione delle capacità di compenso tubarico per l’idoneità ad attività sub-acquee. Se la membrana timpanica è integra, si valuta, attraverso il tracciato timpanometrico, l’entità delle variazioni della pressione aerea endotimpanica conseguenti a manovre che facilitano l’apertura della tuba uditiva (manovra di Valsalva, deglutizione). Tali variazioni, in condizioni di normalità, sono nell’ordine dei 20-30 mm H2O. Se la membrana timpanica è perforata l’esame assume il significato di una manometria tubarica, e la misura esprime la pressione che deve essere applicata alla cassa del timpano per provocare l’apertura meccanica della tuba. Se con pressioni superiori a 400 mm H2O ciò non si verifica, la tuba viene considerata bloccata e ciò sta ad indicare una situazione sfavorevole ad una eventuale chirurgia funzionale dell’orecchio (v. paragrafo 1.2.1.6).


Reflessometria timpanica

Queste misure sono basate sulle variazioni di impedenza dell’orecchio medio conseguenti alla contrazione del riflesso stapediale. In tal modo è possibile vedere se il riflesso è presente o assente, e se è presente determinare la minima intensità sonora necessaria per eccitarlo (soglia del riflesso stapediale). Lo stimolo, costituito da toni puri d’intensità superiore a 75-85 dB HL, è applicato ipsilateralmente all’orecchio dove è effettuato il rilievo impedenzometrico quindi attraverso la stessa sonda, e in un secondo tempo all’orecchio controlaterale attraverso una cuffia. In tal modo è possibile esplorare le due vie, ipsi e controlaterale, dell’arco efferente del riflesso cocleostapediale. Trattandosi di un arco complesso, vi sono numerose condizioni patologiche che possono influenzare in modo differente i risultati dell’indagine. Ricorderemo qui solo quelle di più frequente osservazione, accennando solo alle condizioni in cui i riflessi possono risultare alterati per una anormale impedenza timpanica che può “nascondere” la contrazione dello stapedio, o per la presenza di una ipoacusia trasmissiva dell’orecchio che riceve lo stimolo. In tal caso l’intensità dello stimolo che arriva alla coclea è attenuata e insufficiente per scatenare il riflesso. Una condizione relativamente frequente di assenza del riflesso stapediale è l’otosclerosi: il blocco della platina della staffa nella finestra ovale impedisce la mobilizzazione dell’ossicino, provocando la scomparsa o grossolane modificazioni del riflesso stapediale. Questo reperto permette di individuare la malattia anche in stadi molto precoci.


Fig. 3. Audiogrammi e soglie dei riflessi stapediali in ipoacusia da cocleopatia ed ipoacusia da lesione del nervo cocleare.


A) Disfunzioni dell’arco afferente: nelle ipoacusie neurosensoriali da cocleopatia la soglia del riflesso stapediale sia ipsi che controlaterale all’orecchio interessato è ben conservata. (test di Metz). Nelle ipoacusie da lesione retrococleare la soglia del riflesso è invece di norma innalzata o non rilevabile. Fenomeni di adattamento patologico, tipici delle lesioni del nervo VIII possono essere studiati con la reflessometria, prolungando nel tempo la contrazione del m. stapedio (test di Anderson o “decay” impedenzometrico). La sensibilità dell’indagine reflessometrica nei confronti di lesioni retrococleari è nell’ordine dell’80% (Fig. 3).

B) Disfunzioni della porzione centrale dell’arco riflesso: la presenza di lesioni espansive del tronco encefalico intra o extra-assiali, e lesioni demielinizzanti, o degenerative del SNC, (M. di Friedreich, eredoatassia famigliare) o vascolari (s. di Wallemberg) localizzate al tronco possono modificare sia il quadro delle soglie dei riflessi stapediali (assenza bilaterale dei riflessi controlaterali), sia alterarne i parametri dinamici, come ad esempio il tempo di comparsa, l’ampiezza, il decadimento temporale.

C) Disfunzioni dell’arco efferente: le paralisi del facciale centrali e periferiche sono responsabili della scomparsa dei riflessi stapediali nell’orecchio omolaterale alla paralisi. La persistenza del riflesso stapediale in corso di paralisi del 7° indica che la sofferenza neurale è localizzabile nella porzione extra-petrosa del decorso del nervo. Nelle paralisi “a frigore” la presenza del riflesso o la sua ricomparsa, ha un valore prognostico favorevole rispetto al ricupero funzionale del nervo.

Audiologia e Foniatria
Audiologia e Foniatria
Martini A. - Prosser S. - Aimoni C. - Bovo R. - Ciorba A. - Trevisi P.
VERSIONE EBOOKQuesto manuale è principalmente indirizzato agli studenti che frequentano corsi in cui si richiede una conoscenza dei disordini del sistema uditivo-vestibolare e del sistema fonatorio. Lo scopo per cui è stato scritto era di disporre di un testo agile da suggerire agli studenti come complemento ai trattati di ORL comunemente in uso. Gli argomenti sono suddivisi in tre parti (AUDIOLOGIA, VESTIBOLOGIA e FONIATRIA). La prima riguarda il sistema uditivo e comprende l’anatomo-fisiologia, i principali mezzi di indagine diagnostica, la clinica (comprese le malattie dell’orecchio esterno e medio), nozioni di base di otochirurgia e i sussidi protesici (protesi uditive, protesi impiantabili, impianti cocleari). La seconda è dedicata ai disordini vestibolari periferici e centrali: la parte clinica è preceduta da una descrizione dell’anatomo-fisiologia e dei mezzi diagnostici del sistema vestibolare. La terza parte riguarda i disordini della voce e del linguaggio, in particolare quelli dell’età evolutiva. Nella trattazione dei vari argomenti si è cercato di mantenere uno schematismo per facilitare un apprendimento abbastanza veloce dei temi essenziali. Molti temi sono stati ampliati da “approfondimenti” che abbiamo ritenuti opportuni per meglio spiegare la patologia e la clinica. Questi sono stati evidenziati a stampa diversa, e potranno essere utilizzati secondo i programmi individuali di studio o, augurevolmente, solo per curiosità. L’Audiologia-Foniatria, benché presente nell’ordinamento delle facoltà mediche come specialità autonoma, non ha trovato almeno in Italia un’ampia diffusione nel servizio sanitario nazionale. Questo manuale si propone quindi come mezzo di aggiornamento anche per il medico generico e lo specialista ORL, che diventano molto spesso i primi a fronteggiare patologie di tipo audio-vestibolare e foniatrico anche di elevata occorrenza, che tuttavia possono richiedere una base aggiornata di conoscenze specifiche per essere adeguatamente inquadrate. Questo volume è stato scritto “a più mani”, ma tutti i capitoli sono stati oggetto di discussione “assieme” e rappresenta 20 anni di esperienza maturata tra un gruppo di colleghi-amici nell’Audiologia di Ferrara.