9. ASPETTI PNEUMOLOGICI

GIOIA PIATTI

Le infezioni respiratorie

Sebbene gli studi di mortalità nei soggetti affetti da s. di Down (SD) riportino come cause più frequenti di morte i difetti cardiaci congeniti e le infezioni respiratorie (1,2), le problematiche pneumologiche sono meno conosciute e studiate rispetto a quelle che interessano altri organi ed apparati.

Uno studio di sopravvivenza della durata di 10 anni (3), effettuato in Irlanda, ha dimostrato come la mortalità maggiore in questi soggetti si ha nel periodo compreso tra la nascita ed il primo anno di vita, e che circa il 20% delle morti è dovuto ad infezioni; la polmonite rappresenta la complicanza più frequente della malattia cardiaca congenita ed il tasso di mortalità per infezioni respiratorie in soggetti senza cardiopatia congenita è circa il doppio di quello osservato in soggetti di pari età, non affetti da SD.

Nello studio di Yang et al. (1), effettuato su circa 18.000 soggetti con SD, l’incidenza di polmonite, influenza ed infezioni respiratorie da aspirazione aumenta con l’età.

Questo dato era già stato riportato da Balarajan et al. (4) che annoverava la broncopolmonite come causa più frequente di morte nei soggetti più vecchi e la cardiopatia congenita come causa più frequente nel giovane.

Le patologie del tratto respiratorio inferiore sono anche una delle cause più comuni di ospedalizzazione (5), indipendentemente dalla coesistenza o meno della cardiopatia congenita, sebbene in quest’ultimo caso la durata del ricovero tenda ad essere più prolungata, la gravità dell’infezione tenda ad essere maggiore e sia più frequente la necessità di supporto ventilatorio durante il ricovero. i bambini con SD, probabilmente per l’incoordinazione faringea (6), ed i soggetti più anziani, in cui spesso si associano l’obesità ed alterazioni neurologiche come la demenza, sono anche più predisposti all’aspirazione tracheale (7).

Le infezioni respiratorie e soprattutto la polmonite sono ancora più frequenti quando i soggetti sono istituzionalizzati, come dimostrato dallo studio di Van Allen et al. (8), effettuato su 38 casi affetti da SD, ricoverati presso un centro per individui con ritardo mentale e seguiti per un periodo di 12 anni: oltre la metà di questi soggetti, durante la permanenza presso questo centro ha sviluppato una polmonite; la ricorrenza dell’evento ed il recupero incompleto erano maggiori quando le capacità motorie del soggetto erano ridotte.

Anche Chaushu et al. (9), paragonando l’incidenza delle infezioni respiratorie ricorrenti (definite come presenza di tre o più episodi di bronchite, tonsillite, sinusite, otite media, raffreddore comune, faringite nell’ultimo anno, oppure di interventi chirurgici di tonsillectomia o adenoidectomia) nei soggetti affetti da SD istituzionalizzati e non, hanno osservato che nel primo gruppo le infezioni respiratorie ricorrenti sono più frequenti, con incidenza circa doppia rispetto al gruppo che vive in ambiente domestico: il più elevato stress psicososociale avrebbe un ruolo etiopatogenetico importante.

Oltre alle infezioni respiratorie, il soggetto Down è predisposto ad infezioni della cute, delle mucose e dell’apparato gastroenterico (10): la causa dell’ aumentata suscettibilità alle infezioni nel soggetto con SD è incerta. Da una parte, vi sono anomalie immuno-ematologi-che (al cui capitolo si rimanda per un’analisi più approfondita) che potrebbero giustificare questo fenomeno, come ad es. la presenza di neutrofili alterati e con vita più breve (11); sono state segnalate linfopenia ed eosinopenia (12), così come sono state riportate alterazioni dell’immunità cellulo-mediata e delle immunoglobuline seriche (13, 14).

Per quanto concerne i polimorfonucleati neutrofili, è stato segnalato (15) che la percentuale di cellule non vitali in circolo è circa 6 volte maggiore nella SD rispetto ai soggetti normali; queste cellule presenterebbero anche un deficit di chemiotassi (16,17), mentre la capacità di fagocitosi, il burst ossidativo e l’espressione di alcuni markers di superficie sarebbe normale.

Riguardo ai linfociti, da molti anni sono note alterazioni anatomopatologiche a carico del timo, che presenta ipoplasia, scarsa differenziazione della corticale e della midollare e corpuscoli di Hassall con aspetti degenerativi (18). La presenza di un deficit funzionale dei linfociti T nella SD è evidenziabile dopo stimolazione in vitro con fitoemoagglutinina (19): dopo i 10 anni di età, la risposta allo stimolo diventerebbe progressivamente deficitaria; sarebbe inoltre comune una compromissione delle prove cutanee di ipersensibilità di tipo ritardato.

Un recente studio (14) condotto per valutare i deficit immunitari in soggetti dismorfici conferma come nella SD si riscontrino anomalie immunologiche più frequentemente che in altri gruppi, con diminuzione soprattutto nel numero di linfociti B e NK.

Cocchi et al. (13) hanno seguito per i primi 5 anni di vita 30 bambini con SD per studiare il trend temporale di alcune funzioni del sistema immunitario come il numero di globuli bianchi, il numero di linfociti CD4+, CD8+, NK, i livelli di immunoglobuline e di zinco. Essi hanno riscontrato che il numero assoluto di globuli bianchi decresce dal 3°-4° mese di vita in poi e si mantiene stabile nel corso dei primi cinque anni, pur essendo i valori medi nelle diverse età un po’ ridotti rispetto alla popolazione di controllo; il numero assoluto di linfociti segue il trend temporale della popolazione normale, ossia si riduce gradualmente dal 6° mese di vita in poi, sebbene i valori medi nei soggetti Down siano un po’ inferiori; i linfociti CD4+ si riducono progressivamente fino ai tre anni e mezzo d’età e poi si stabilizzano, anche se i valori medi sono inferiori alla norma; al contrario, i linfociti citotossici CD8+, che nei soggetti normali sono stabili fino a 24 mesi, nel soggetto Down aumentano dal 9° mese di vita fino ai 5 anni; il rapporto CD4/CD8 decresce rapidamente dal 3°-6° mese di vita e poi rimane stabile fino ai 5 anni; i linfociti natural killer tendono ad aumentare nel periodo compreso tra i 18 mesi e 4 anni, in modo abbastanza simile ai soggetti normali benché in questo caso raggiungano un plateau a 18-24 mesi e poi decrescano per mantenersi stabili fino ai 5 anni. In questo studio i livelli di immunoglobuline non differiscono da quelli dei soggetti normali. I livelli di zinco sono mediamente nella norma e tendono ad abbassarsi dopo i 3 anni di età; livelli più bassi sono eventualmente riscontrabili durante l’infanzia o l’adolescenza, per cui la supplementazione di zinco sotto i cinque anni di età non sarebbe necessaria.

A questo proposito, anche altri Autori (20) hanno somministrato zinco, secondo un disegno cross-over con placebo per un periodo di 6 mesi, a 64 bambini con SD di età compresa tra 1 e 19 anni: essi, pur riscontrando valori basali sierici di zinco bassi ed un aumento del 150% dei valori rispetto a quelli basali dopo il trattamento, non hanno evidenziato benefici valutabili in termini clinici, come incidenza di infezioni, né in termini laboratoristici, considerati i livelli di immunoglobuline, di complemento, le conte linfocitarie totali o per sottopopolazioni. Gli stessi Autori avevano dimostrato precedentemente (21) nello stesso gruppo di soggetti con SD di età pediatrica che i livelli di IgM sono più bassi rispetto alla popolazione di controllo e che i valori aumentano con l’età in entrambi i gruppi; le IgG e le IgA aumentano con l’età in misura maggiore nel soggetto Down, e inoltre i soggetti Down hanno conte linfocitarie più basse, un minor numero di linfociti T helper, suppressors e citotossici. Anche Burgio et al. (10,19) avevano riscontrato la tendenza di questi soggetti ad avere bassi livelli di IgM ed alti livelli di IgG sierici, oltre la frequente presenza di autoanticorpi.

Loh et al. (22) hanno studiato le immunoglobuline e le sottoclassi delle IgG in 26 bambini con SD che accusavano infezioni respiratorie ricorrenti: mentre non riscontravano alterazioni delle IgM e delle IgG totali, gli Autori riportavano un deficit di IgG4 in oltre la metà dei soggetti. Questo sottogruppo di IgG sarebbe coinvolto nella risposta ad antigeni polisaccaridici ed è l’unico in grado di attivare il complemento per via alternativa, pur rappresentando meno del 10% delle IgG circolanti (23).

Chaushu et al. (24) hanno evidenziato come i soggetti Down con infezioni respiratorie ricorrenti presentino un deficit di secrezione salivare (10% rispetto ai soggetti sani) ed una ridotta secrezione di IgA e IgM salivari; al contrario, i soggetti Down che non hanno infezioni respiratorie ricorrenti hanno spesso una secrezione salivare comunque ridotta (45% rispetto a soggetti non Down), ma livelli di immunoglobuline salivari maggiori, con riduzione prevalente delle IgA, mentre le IgM sarebbero entro i limiti fisiologici.

Nel tentativo di far luce sui meccanismi che possono condizionare una propensione alle infezioni respiratorie, anche noi abbiamo condotto uno studio (25) per valutare la clearance mucociliare in 18 soggetti con SD, di età compresa tra 1 e 48 anni, con un’anamnesi positiva per rinite, sinusite, otite, tosse o produzione di muco, in fase di stabilità clinica. Lo studio della motilità delle cilia respiratorie ha evidenziato la presenza di un deficit di clearance mucociliare nella SD, poiché il valore medio del battito ciliare è risultato inferiore alla norma (media: 7 ± 2.82 Hz vs 10.94 ± 0.65 Hz nei soggetti normali). Oltre la metà dei soggetti esaminati presentava un movimento ciliare di tipo fibrillante, senza metacronalità; lo studio delle cilia respiratorie al microscopio elettronico non ha tuttavia rivelato anomalie ultrastrutturali, consentendo di escludere difetti ciliari primitivi e di attribuire le suddette alterazioni della clearance mucociliare alle infezioni ricorrenti dell’albero respiratorio e quindi di considerarle, con buona probabilità, eventi secondari.

In modo simile, un altro studio condotto successivamente (26) ha confermato l’assenza di anomalie ultrastrutturali delle cilia nella s. di Down. È peraltro da segnalare che in letteratura è stato anche riportato il caso di un soggetto Down di 8 anni, con una storia di infezioni ricorrenti del tratto respiratorio superiore, presenza di bronchiettasie e situs solitus, che all’esame ultrastrutturale dimostrava un insolito difetto ciliare, ovvero una conformazione a “U” delle subunità A del cilio, anziché ad “O”: gli Autori concludevano per una diagnosi di discinesia ciliare primitiva associata a SD.

Un altro aspetto molto interessante ed oggetto di numerosi studi, specialmente negli ultimi anni, riguarda le alterazioni del metabolismo ossidativo che correlano da una parte, con l’aumentata incidenza di infezioni e dall’altra, con le alterazioni neurologiche, l’invecchiamento precoce ed altre patologie degenerative come la cataratta: nella SD infatti, uno degli enzimi cardine del metabolismo ossidativo è la superossido-dismutasi, codificata proprio dal cromosoma 21, presente nella sindrome in triplice copia. i polimorfonucleati neutrofili dei soggetti Down presentano aumentati livelli di questo enzima (circa 50% in più) che converte l’anione superossido in perossido di idrogeno, contribuendo alla suscettibilità alle infezioni causate da microrganismi che richiedono la presenza di anione superossido per poter essere distrutti (16,27), come ad es. S. aureus, C. albicans e Aspergillus. Le infezioni stafilococciche rappresentano un problema comune nella SD (28).

Livelli aumentati di superossido-dismutasi sono stati evidenziati non solo nei polimorfonucleati neutrofili, ma anche negli eritrociti, nei linfociti, nei fibroblasti e nelle piastrine


Simbolo

Nome

BTG3

Famiglia BTG, membro 3

MRPL39

Proteina mitocondriale ribosomale L39

ATP5J

Fattore 6 di accoppiamento mitocondriale

GABPA

Fattore di trascrizione della proteina di legame GA, subunità alfa (60 kDa)

BACH1

Fattore di trascrizione 1 (basic leucin zipper)

SOD1

Superossidodismutasi-1, solubile (sclerosi laterale amiotrofica dell'adulto)

CRYZL1

Cristallino tipo zeta (chinone reduttasi)

ATP50

ATP sintetasi che trasporta H+, complesso mitocondriale F1, subunità O

MRPS6

Proteina mitocondriale ribosomale S6

DSCR1

Regione 1 critica della s. di Down

CBR1

Carbonil reduttasi 1

CBR3

Carbonil reduttasi 3

SH3BGR

Proteina ricca di acido glutammico con dominio SH3

NDUFV3

NADH deidrogenasi (ubichinone), flavoproteina 3 (10 kDa)

SNF1LK

Chinasi simil SNF-1

C21orf2

Open reading frame del cromosoma 2 (proteina mitocondriale)

Tab. 1 Geni sul cromosoma 21 coinvolti nel metabolismo ossidativo e nella produzione di energia: tratto da Roizen et al. (31).


(29,30). Sul cromosoma 21 inoltre vi sono ben 16 geni che codificano per altre molecole coinvolte nel metabolismo ossidativo e nella produzione di energia a livello mitocondriale (31): essi sono riportati in Tab. I. In un gruppo di 20 soggetti con SD in fase di stabilità clinica e 16 soggetti di controllo noi abbiamo valutato la presenza di 8-isoprostano, marcatore di perossidazione lipidica e quindi di stress ossidativo, nel condensato esalato (EBC) e nel sangue venoso: in entrambi i tipi di campioni biologici abbiamo osservato livelli aumentati di 8-isoprostano (dati non pubblicati), confermando come nella SD il metabolismo ossidativo sia incrementato. L’interesse di queste osservazioni risiede anche nella possibilità di monitorare in questi soggetti lo stress ossidativo e l’efficacia di eventuali trattamenti antiossidanti con metodiche non invasive come quella del condensato esalato.

Le alterazioni anatomiche dell'albero tracheobronchiale

Cooney et al. nel 1982 (32) e nel 1988 (33), con il metodo delle conte radiali di Emery e Mithal (34) che valuta la complessità dell’acino polmonare, hanno descritto importanti alterazioni dell’anatomia polmonare nella SD. i polmoni sono caratterizzati dalla presenza di ipoplasia: il numero di alveoli totale e l’area della superficie alveolare sono diminuiti, il volume alveolare medio è circa raddoppiato, i dotti alveolari sono dilatati (v. Fig. 1) ed inoltre nei setti alveolari sarebbe presente una doppia rete capillare (v. Fig. 2), come quella solitamente presente solo durante la vita intrauterina ed i primi mesi di vita (questa funzionalmente è meno efficace della rete singola e scompare in genere nel primo anno e mezzo di vita). Gli Autori concludono che nella SD si avrebbe un insufficiente processo di alveolarizzazione delle unità polmonari terminali distali ai bronchioli respiratori, processo che solitamente comincia dopo la nascita per completarsi all’età di 8 anni circa.


Preparato istologico di tessuto polmonare in un soggetto normale (a) e in un soggetto Down (b): in quest'ultimo si può notare la marcata ectasia dei dotti alveolari e la presenza di grandi alveoli che denotano un'ipoplasia acinare. (Tratto da (32). Pubblicato con permesso della Massachussetts Medical Society, MMS invoice number RY 2008-2646).

Macroscopicamente, i polmoni dei soggetti Down hanno un aspetto poroso (v. Fig. 3) per la dilatazione degli alveoli e dei dotti alveolari. Il dato interessante è che l’alterazione polmonare è indipendente dalla coesistenza o meno di cardiopatia congenita.
La complessità degli acini polmonari si è dimostrata invece normale durante la vita intrauterina,
per cui si ipotizzano differenti meccanismi di regolazione della crescita polmonare prima e dopo la nascita, essendo importanti in epoca prenatale i fattori materno-placentari, indipendentemente da quelli genetici del feto. Poiché il processo di formazione degli alveoli nella vita postnatale procede unitamente alla formazione di una rete di elastina-collagene, che serve ad ancorare gli alveoli, è possibile che la sintesi di questa rete sia geneticamente controllata ed alterata nei soggetti con SD, anche per un possibile squilibrio tra sistema proteolitico ed antiproteolitico.

Aspetto macroscopico polmonare in un soggetto normale (a) e di tipo francamente poroso in un soggetto Down di 11 mesi (b) e in un soggetto Down di 27 anni (c). (Tratto da (33). Pubblicato con permesso di Wiley-Liss Inc, sussidiaria di John Wiley & Sons Inc.).


La crescita postnatale del numero di alveoli comporta parallelamente un processo di ristrutturazione vascolare con incremento di circa 35 volte il volume capillare: nel soggetto Down, in cui si avrebbe un pattern capillare/alveolare immaturo, questo non avviene e ciò potrebbe spiegare la precoce insorgenza di ipertensione polmonare in soggetti Down con cardiopatia congenita.

Yamaki et al. (35) hanno studiato campioni bioptici e necroscopici di tessuto polmonare di 28 soggetti Down che dovevano essere sottoposti ad intervento chirurgico cardiaco: essi confermano sostanzialmente la presenza di ipoplasia polmonare e la carenza di fibre elastiche nelle pareti alveolari; inoltre, poiché dopo l’intervento chirurgico i soggetti Down sviluppano frequentemente insufficienza respiratoria con enfisema interstiziale per le pressioni utilizzate che sovradistendono gli alveoli ipoplasici, consigliano in questi soggetti di utilizzare durante l’anestesia basse pressioni nelle vie aeree, per evitare questa complicanza.

Altre alterazioni polmonari sono state segnalate, come la presenza di piccole multiple cisti subpleuriche che si rinvengono però quasi esclusivamente nei soggetti con cardiopatia congenita (36): benché gli Autori descrivano il caso di due bambini con cardiopatia congenita e cisti subpleuriche che hanno manifestato un decorso clinico sfavorevole, ipertensione polmonare ed insufficienza cardiorespiratoria terminale, le cisti subpleuriche non comportano in genere sintomi specifici, e a volte sono un riscontro radiologico occasionale, meglio visibili con TC piuttosto che con la radiologia convenzionale (v. Fig. 4). È stato ipotizzato che siano dovute alla combinazione di una ridotta numerosità alveolare e ad un anomalo tessuto connettivale alveolare, con conseguente distensione degli spazi alveolari. Le cisti si sviluppano molto probabilmente nella vita postnatale come dimostrato dall’assenza di tale patologia nei feti con sD e anche dalla loro localizzazione nella zona subpleurica, laddove lo sviluppo alveolare e delle vie aeree procede nei primi anni della vita postnatale.

La presenza di cisti nel polmone comporta una riduzione della superficie di scambio gassoso e può influire su alcuni aspetti della meccanica polmonare come lo spazio morto, il ritorno elastico, il mismatch ventilazione/perfusione e il lavoro respiratorio: é probabile tuttavia che sia la coesistenza con la cardiopatia congenita a determinare il loro significato funzionale. Gli Autori suggeriscono che i bambini con sD affetti da cardiopatia congenita ed ipossiemici vengano studiati con TC del torace per verificare la presenza o meno di questa patologia e che una volta identificata, essi vengano sottoposti ad uno stretto follow-up.

È stato peraltro segnalato anche un caso di malattia cistica polmonare in assenza di cardiopatia congenita (37).

Tra le anomalie meno frequenti vengono annoverate la presenza di 11 coste, e quella di uno sterno ipersegmentato cioè con due centri di ossificazione del manubrio (38).

Per quanto concerne le vie aeree, sono state riportate diverse anomalie come stenosi sot-toglottica, stenosi tracheale, bronco tracheale (cioè bronco che origina dalla trachea sopra la carena)(38), ma la reale incidenza di queste anomalie non è conosciuta. Bertrand et al. (39) hanno esaminato con fibrobroncoscopia 24 soggetti Down con sintomi respiratori ricorrenti ed hanno riscontrato anomalie delle vie aeree nel 75% di essi: il reperto di più frequente riscontro è stato la laringomalacia, ma anche tracheomalacia e presenza di bronco tracheale. Anche in questo caso gli Autori sottolineano la raccomandazione che tutti i bambini con s. di Down con suggestiva morbidità respiratoria vengano studiati endoscopicamente per la possibile presenza di anomalie delle vie aeree, in modo che una diagnosi precoce possa evitare complicanze respiratorie in seguito a trattamenti medico-chirurgici. Un’elevata frequenza di anomalie delle vie aeree è stata segnalata anche da Sànchez (40) in un gruppo di 16 bambini con s. di Down.

Aboussouan et al. (41) hanno misurato il diametro interno della trachea, valutando le radiografie del torace in proiezione anteroposteriore e laterale ed hanno rilevato diametri tracheali più piccoli del normale: queste osservazioni potrebbero giustificare una prolungata assistenza ventilatoria post-operatoria, concorrere alle alterazioni respiratorie durante il sonno ed impongono la necessità di utilizzare nei soggetti Down tubi per intubazione più piccoli.

Recentemente è stata segnalata un’incidenza insolitamente alta (58%) di danno polmonare acuto (ALI) e di sindrome da distress respiratorio (ARDS) (46%) in bambini affetti da SD ventilati meccanicamente (42).

Ipertensione polmonare

Anomalie cardiache congenite sono presenti in circa il 40% dei bambini con SD (12); le più comuni sono in ordine di frequenza: i difetti settali ventricolari, le comunicazioni atrioventricolari, difetti arteriosi settali e persistenza del dotto arterioso. Queste anomalie vengono solitamente corrette chirurgicamente nella prima infanzia ed hanno una buona prognosi.

La presenza di canali di comunicazione atrioventricolari o di setto interventricolare spesso porta allo sviluppo di ipertensione polmonare: infatti lo shunt destro-sinistro che si determina comporta un incremento del flusso ematico polmonare che danneggia le cellule endoteliali e può ridurre la produzione da parte di queste di ossido nitrico, potente vasodilatatore (43). L’incidenza di ipertensione polmonare sembra tuttavia essere maggiore di quello che ci si può aspettare in base alla gravità del difetto cardiaco, come dimostrato dal lavoro di Chi et al. (44). Questi Autori hanno esaminato 69 bambini con SD e oltre 300 soggetti di controllo, entrambi con diversi tipi di cardiopatia congenita, che dovevano essere sottoposti a cateterizzazione cardiaca, ed hanno riscontrato che la maggior parte dei soggetti Down aveva pressioni polmonari superiori alla norma, dimostrando così un’elevata propensione al danneggiamento del letto vascolare polmonare.

Anche Kawai et al. (45), paragonando soggetti Down con cardiopatia congenita con soggetti non Down con anomalie cardiologiche simili, hanno osservato che i soggetti Down sviluppano ipertensione polmonare più rapidamente ed hanno una maggior persistenza della stessa dopo la chirurgia cardiaca.

Vi sono diverse motivazioni che possono spiegare l’insorgenza di ipertensione polmonare nella SD: nei soggetti con cardiopatia congenita che comporta uno shunt destro-sinistro si determina un’arteriolopatia ipertensiva, mentre quando la cardiopatia congenita non è presente, altri fattori entrano in gioco, come l’ipoplasia polmonare in primo luogo, vista la riduzione complessiva del letto vascolare unitamente a quella della superficie alveolare totale, poi l’ostruzione cronica delle vie aeree superiori (46) e le apnee ostruttive nel sonno (47), entrambe possibili cause di ipossiemia.

Cannon et al. (48) hanno documentato nei soggetti con SD affetti da cardiopatia congenita ed ipertensione polmonare una minor risposta all’inalazione di ossido nitrico sulle resistenze vascolari polmonari.

Uno studio recente (49) riporta un’anomala produzione di ossido nitrico da parte delle cellule endoteliali nella SD.

L’anomala produzione di ossido nitrico e l’aumentato rischio di ipertensione polmonare nella popolazione generale sono associati ad alcuni polimorfismi genetici di eNOS, ACE, AT1R e BMPR2: in alcuni soggetti Down con cardiopatia congenita ed ipertensione polmonare si riscontrerebbe la mutazione di BMPR2 (50).

Shehata e Abramowski (51) hanno descritto il caso di un neonato vissuto fino all’età di 3 mesi, che aveva anomalie cardiologiche (comunicazione atrioventricolare) e che ha sviluppato una severa ipertensione polmonare a causa di una displasia dei capillari alveolari, sebbene non vi siano state altre segnalazioni simili nella SD.

Valutazione funzionale respiratoria

Purtroppo le valutazioni funzionali respiratorie nella SD riportate in letteratura sono scarsissime, perché non sempre è facile ottenere una perfetta collaborazione nell’esecuzione delle manovre necessarie da parte dei soggetti.

Pastore et al. (52) sono riusciti ad effettuare un test funzionale respiratorio in 18 su 42 soggetti con SD di età pediatrica, esenti da cardiopatie congenite, ed hanno potuto osservare un quadro di normalità in 10 di essi, mentre 8 presentavano una riduzione della capacità vitale forzata: questi ultimi erano anche i soggetti meno collaboranti e con QI più basso. La difficoltà maggiore nell’esecuzione della prova consisteva nell’effettuare un’inspirazione completa. 37 soggetti dello stesso gruppo sono stati sottoposti anche ad un test da sforzo cardiorespiratorio con treadmill e solo 3 di essi hanno presentato una normale tolleranza allo sforzo, mentre gli altri dimostravano una ridotta o bassa tolleranza (27 e 7 soggetti, rispettivamente), con incremento della frequenza cardiaca e pressione arteriosa sistemica più elevata rispetto a soggetti di controllo di pari età.

Fernhall et al. (53) applicando analogamente il test da sforzo con treadmill giungeva a conclusioni simili in 47 soggetti adulti con SD, riscontrando un picco ridotto di uptake dell’ossigeno ed un picco più basso di ventilazione/minuto, ed evidenziando in conclusione un minor grado di benessere cardiovascolare rispetto alla popolazione normale.

Anche il nostro gruppo ha effettuato una valutazione spirometrica in 18 soggetti con SD senza cardiopatia congenita, registrando una riduzione della capacità vitale forzata (FVC), del volume espiratorio massimo al primo secondo (FEV1) e un aumento dell’indice di Tiffeneau (FEV1/FVC) in 10 dei 18 soggetti esaminati (54).

Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS)

È riportato che la prevalenza dell’OSAS nel bambino con s. di Down varia tra il 30% e il 50%, mentre non vi sono dati certi nell’adulto.

Shott et al. (55), valutando con polisonnografia 65 bambini Down nei primi 5 anni di età (età media: 3.5 anni), ha documentato un’incidenza del 57%, rispetto ad un’incidenza di

0.7% - 2% osservabile nella popolazione pediatrica generale. Pertanto, data l’elevata incidenza e poiché tale disturbo viene spesso sottovalutato dai genitori, gli Autori raccomandano di eseguire un esame polisonnografico in tutti i bambini Down all’età di 3-4 anni.

Anche lo studio di De Miguel-Diez et al. (56) su 108 bambini con SD (1-18 anni) ha dimostrato mediante polisonnografia una prevalenza di OSAS del 54.6%.

In letteratura sono anche riportate prevalenze molto più alte (57) (97% in bambini Down russatori), e molto più basse (58), addirittura non dissimili da quelle della popolazione normale (considerato l’indice di apnea/ipopnea).

È da tener presente che l’OSAS può essere una delle cause reversibili di ipertensione polmonare in questi soggetti: il suo trattamento può consentire una normalizzazione della pressione arteriosa polmonare (46).

La sintomatologia dell’OSAS può essere sfumata ed alcuni sintomi possono già essere presenti nella SD possono pertanto passare inosservati: sonnolenza diurna, scarsa performance scolastica, problemi comportamentali e, nei soggetti più giovani, ritardato sviluppo e scarso benessere (59, 60).

Resta et al. (61) hanno effettuato uno studio polisonnografico in 6 adulti con SD: 5 di questi presentavano un’indice di apnea/ipopnea > 10, consentendo una diagnosi di OSAS; nel 81.2% dei casi gli eventi erano di tipo ostruttivo e nel 10.8% di tipo centrale.

Durante il sonno vi sono due fattori fondamentali per il mantenimento della pervietà delle vie aeree superiori che ne impediscono il collasso durante l’inspirazione: la conformazione delle vie aeree superiori e la funzione della muscolatura faringea. Nei bambini solitamente la causa più comune di ostruzione delle vie aeree superiori é l’ipertrofia tonsillare o adenoidea; nel soggetto con SD, oltre a queste cause predisponenti per le apnee nel sonno, si possono


Apnea

arresto respiratorio della durata di almeno 10 sec.

Ipopnea

riduzione del flusso aereo > del 50%

Apnea centrale

mancanza di flusso aereo e dei movimenti toracici e addominali per assenza dell'impulso a partenza dai centri respiratori

Apnea ostruttiva

ostruzione al flusso nelle vie aeree mentre persiste l'attività del diaframma

Apnea mista

arresto respiratorio centrale seguito da apnea ostruttiva

Indice di alterazione respiratoria (RDI)

numero di apnee centrali, ostruttive o miste ed ipopnee per ora di sonno

Indice di apnea/ipopnea (AHI)

numero di apnee o ipopnee ostruttive rispetto alle apnee ed ipopnee miste
che si verificano in un’ora di sonno (nei bambini è normale un valore < 1)

Tab. 2 Definizioni dei termini impiegati nella sindrome delle apnee ostruttive.


Gravità dell'OSAS

Indice di apnea/ipopnea (AHI)

LIEVE

1-5

MODERATA

5-10

GRAVE

>10

Tab. 3 Gravità dell'OSAS nel bambino; tratto da: Marcus et al. (60)


aggiungere l’ipoplasia mandibolare, la macroglossia relativa alle piccole dimensioni della cavità orale, l’accorciamento del palato, la minor dimensione del rinofaringe, la probabile riduzione del tono della muscolatura faringea nel quadro di un’ipotonia generalizzata, e talora la stenosi delle coane; inoltre molti soggetti con SD sono sovrappeso o francamente obesi.

Il trattamento dell’OSAS nella SD è ancora incerto (62). Per la prevenzione di questo disturbo è importante prevenire l’obesità, privilegiando diete ricche di fibre e povere di calorie e grassi.

La supplementazione di ossigeno nella notte con cPAP non è facilmente tollerata (63).

La presenza di un rinofaringe ristretto e l’ipertrofia adenoidea relativa, quest’ultima sovente aggravata dalle infezioni respiratorie ricorrenti, spesso già richiedono l’adenoidectomia (64) indipendentemente dall’esistenza di OSAS.

L’adenotonsillectomia rappresenta comunque il trattamento chirurgico tradizionale nei bambini con SD affetti da OSAS, anche se circa solo 1/3 dei pazienti non presenta più alterazioni polisonnografiche dopo l’intervento che quindi avrebbe solo un’efficacia parziale; sono stati tentati anche approcci chirurgici più aggressivi come l’aggiunta di faringoplastica laterale senza miglioramento dei risultati (65).

Altre procedure chirurgiche sono l’uvulopalatofaringoplastica, glossectomie parziali o correzioni combinate dei tessuti molli e scheletrici (66), per aumentare lo scheletro facciale e ridurre contemporaneamente l’eccesso di tessuto molle al fine di incrementare al massimo il calibro delle vie aeree.Una ragione del fallimento del trattamento chirurgico dell’OSAS nella SD è che l’ostruzione delle vie aeree superiori è presente a diversi livelli ed è difficile da trattare: quale sia il miglior approccio chirurgico è pertanto ancora oggetto di discussione.

Asma bronchiale

Forni et al. (67) hanno studiato l’incidenza di asma bronchiale nella SD esaminando 545 famiglie ed hanno trovato una prevalenza più bassa rispetto alla popolazione generale.

L’incrementata apoptosi dei granulociti potrebbe spiegare oltre l’aumentato rischio di infezioni anche la bassa incidenza di asma bronchiale, in quanto sarebbe un fattore protettivo di infiammazione cronica (11).


Tumore polmonare

Se si eccettuano la leucemia e i tumori del testicolo, i soggetti con SD hanno una bassa incidenza di sviluppo di tumori solidi e, tra questi, anche il tumore del polmone è rarissimo (1).

Certamente questi soggetti hanno una ridotta esposizione a fattori ambientali come fumo di sigaretta, alcool, ed alcune esposizioni professionali. D’altra parte, sul cromosoma 21 sono localizzati importanti geni soppressori che quindi sarebbero presenti in triplice copia nelle cellule dei soggetti Down i quali avrebbero una minor probabilità di perdere questi geni rispetto agli individui normali che ne hanno due. È anche possibile che le cellule nel soggetto Down moltiplicandosi più lentamente, abbiano minore opportunità di errori di replicazione nei geni coinvolti nella genesi del tumore; inoltre l’incrementata apoptosi delle cellule triso-miche favorirebbe l’eliminazione di mutazioni aggiuntive.


Alterato metabolismo di farmaci respiratori

I soggetti Down hanno un’aumentata sensibilità agli effetti tossici di diversi agenti terapeutici. È da ricordare tra questi la teofillina, farmaco che subisce un intenso metabolismo ossidativo.

Benché esso sia meno diffusamente utilizzato rispetto al passato, è da segnalare che nel soggetto Down potrebbe essere necessario utilizzare dosi differenti da quelle comunemente impiegate nella popolazione generale. Sono infatti stati riportati casi di alterata farmacocinetica della teofillina (68), correlabili ad una ritardata od inibita maturazione del sistema del citocromo P450.


FOLLOW-UP pneumologico

Le linee guida dell’American Academy of Academy of Pediatrics (69) raccomandano che il bambino con SD venga attentamente valutato e monitorato nel primo mese di vita per quanto riguarda le infezioni respiratorie. Nel primo anno di vita è raccomandata la vaccinazione antipneumococcica insieme alle altre vaccinazioni di legge, a meno che non vi siano specifiche controindicazioni. Durante la prima infanzia e l’adolescenza deve essere posta attenzione alla possibile occorrenza della sindrome delle apnee ostruttive: in tal caso il bambino deve essere valutato dallo specialista.

Le Linee guida per i soggetti adulti con SD (70) non consigliano controlli periodici pneumologici, ma raccomandano l’invio allo specialista quando insorga un problema respiratorio o si sospetti una sindrome delle apnee ostruttive.

Noi crediamo che, alla luce delle possibili e svariate problematiche respiratorie che possono appalesarsi nella SD, una prima visita pneumologica e, quando possibile, una misurazione della funzionalità respiratoria, possano e debbano essere programmate in tutti i soggetti e che sia opportuno pianificare le visite di controllo in base all’esistenza o meno delle specifiche patologie.


Vaccinazioni di interesse pneumologico

Nella SD è stata osservata una diminuita risposta anticorpale ad antigeni virali e batterici (71,72): ad es. la risposta anticorpale al vaccino antipneumococcico sembra essere minore (73) e potrebbe conseguirne una protezione meno duratura rispetto a quella classica (cinque anni). Uno studio più recente 2006 (74) conferma che nella SD vi è un minor risposta anticorpale alla vaccinazione antipneumococcica rispetto a soggetti di controllo, sebbene si raggiunga comunque un livello protettivo e pertanto l’effettuazione della vaccinazione in questi soggetti è comunque raccomandabile, specialmente se ad alto rischio di infezione pneumococcica e con infezioni ricorrenti.

Philip (75) ha osservato una diminuita risposta linfoproliferativa ed anticorpale in vitro per il tossoide tetanico e per antigeni del virus influenzale A e B; già Gordon nel 1971 (76) aveva riferito una minor risposta anticorpale dopo somministrazione di vaccino antinfluenzale. Non sono presenti in letteratura dati più recenti relativi alla vaccinazione antinfluenzale, anche se riteniamo che questa sia comunque da effettuarsi, specie nei soggetti con infezioni respiratorie ricorrenti.

Per quanto riguarda il vaccino per la pertosse è stato osservato che il titolo anticorpale nei soggetti Down è minore, pur raggiungendo livelli protettivi; peraltro non sono stati osservati effetti collaterali (77).


Trattamenti immunostimolanti

È stato condotto un solo studio sugli effetti della somministrazione di immunostimolanti nella SD (78) su 26 soggetti di età pediatrica con infezioni respiratorie ricorrenti: a 14 di essi veniva somministrato pidotimod per 90 giorni con beneficio sulla frequenza, gravità e durata degli episodi infettivi rispetto al gruppo di controllo non trattato (12 soggetti).

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Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Umberto Ambrosetti - Valter Gualandri
VERSIONE EBOOKLa sindrome di Down è una patologia nota da tempo nei suoi aspetti morfologici, neuropsichiatrici ed organici. La presente raccolta di saggi, basati sull’attenta analisi della letteratura specialistica filtrata dall’esperienza diretta di ogni Autore, vuole essere una puntualizzazione per il Medico di base e per lo Specialista. Si è cercato di fornire uno strumento agile, ma completo e scientificamente aggiornato, per potere affrontare le varie patologie che non sono “speciali” perché colpiscono una persona Down, ma vanno inquadrate in una cornice particolare in quanto presenti in un soggetto con caratteristiche organiche e cliniche “particolari”. Questo testo non vuole essere uno strumento che induca ad una eccessiva medicalizzazione delle persone Down, le quali non debbono essere considerate “pazienti” ma individui soggetti a rischi clinici polimorfi, rischi che dobbiamo individuare e controllare, esercitando una medicina preventiva a tutti i livelli. Il lavoro, che ha visto impegnati un gran numero di esperti quotidianamente coinvolti nei vari ambiti specialistici per migliorare le condizioni di vita di queste donne e uomini vuole essere di aiuto nella comprensione e gestione delle manifestazioni di questo complesso quadro clinico provocato da una piccola quantità di DNA in eccesso sul cromosoma 21.