11. PROBLEMATICHE AUXOLOGICHE ED ENDOCRINE

BERARDO DI NATALE • GIOVANNA WEBER • GIUSEPPE CANNALIRE • GIUSEPPE CHIUMELLO

ACCRESCIMENTO STATURO-PONDERALE

Il pattern di crescita del bambino affetto dalla sindrome di Down differisce notevolmente da quello della restante popolazione; nel paziente con sindrome di Down (SD), infatti, è presente un difetto di crescita fin dalla nascita. Addirittura in alcuni casi è stato osservato un ritardo di crescita intrauterino, rilevabile ecograficamente già a partire dalla 15^-16^ settimana gestazionale.
Secondo un recente studio, il neonato con SD peserebbe alla nascita approssimativamente da 180 a 370 grammi meno della restante popolazione dopo una gravidanza della durata media di 38 settimane gestazionali (1,2). La lunghezza media alla nascita è di circa 0,5 DS inferiore rispetto al neonato sano (3). Anche la circonferenza cranica risulta essere diminuita: alla nascita il valore della circonferenza cranica del neonato Down è di 1 DS inferiore alla media, tale valore raggiunge le 2 DS nel lattante di 5-6 mesi di vita (4). Un altro recente studio, condotto su un campione di 105 neonati affetti da SD conferma questi dati (5).
ACCRESCIMENTO STATURALE

Per i bambini con SD sono state realizzate apposite curve per il monitoraggio auxologico.
Tali morfogrammi di crescita, attualmente disponibili e relativi alla popolazione Statunitense (4), Francese (5), Olandese (6) e Svedese (7), sono molto utili per descrivere il pattern di crescita staturo-ponderale di questi pazienti e per identificare uno scarto accrescitivo che potrebbe essere attribuibile all’insorgenza di patologie quali celiachia, ipotiroidismo, infezioni recidivanti (7,8).
Non sono attualmente disponibili morfogrammi relativi alla popolazione Italiana, esistono morfogrammi relativi esclusivamente alla popolazione della Sicilia (9).
Dai morfogrammi di crescita proposti, ed in particolare secondo gli studi di Cronck et al (Tab. 1, 3, 5, 6, 8, 9), si evidenzia come nei pazienti con sindrome di Down il ritardo di crescita sia maggiormente evidente nei primi due anni di vita rispetto ai controlli (Tab. 2, 4, 7, 10) (3,10). Non è chiaro, al momento, il motivo per cui il difetto di crescita avvenga prevalentemente in questo periodo (10).


MASCHI


Tab. 1 Tabella di crescita per popolazione Down (2-18 anni): Cronk, CE, Crocker, AC, Pueschel, SM, et al. Growth charts for children with Down syndrome. 1 month to 18 years of age. Pediatrics 1988; 81:102. 

Tab. 2 Tabella di crescita per popolazione italiana (0- 18 anni): Cacciari E, Milani S. Balsamo A et al. Italian. cross-sectional growth charts for height, weight and BMI (2 to 20 yr). J Endocrinol Invest. 2006 Jul-Aug; 29(7):581-93.


Una causa dello scarso accrescimento nel lattante con SD potrebbe essere l’alimentazione non sufficiente dovuta a difficoltà nell’allattamento: l’ipotonia del neonato Down nelle prime settimane e la presenza di un’eventuale patologia associata che comporti ospedalizzazioni, può rendere infatti difficile l’allattamento al seno (11).

Lo scarso accrescimento staturale si rende inoltre maggiormente manifesto quando si raggiunge il momento della pubertà, generalmente lievemente anticipata rispetto alla popolazione normale ed accompagnata ad un’incremento o spurt puberale diminuito (5,7,10). La maturazione sessuale nei soggetti Down, infatti, generalmente non si accompagna al rapido incremento della velocità di crescita tipico di quest’età. Si ha invece un maggiore avanzamento dell’età ossea rispetto all’età staturale, con saldatura relativamente precoce delle cartilagini di accrescimento. Questo avanzamento dell’età ossea al momento della pubertà


FEMMINE


Tab. 3 Tabella di crescita per popolazione Down (218 anni): Cronk, CE, Crocker, AC, Pueschel, SM, et al. Growth charts for children with Down syndrome. 1 month to 18 years of age. Pediatrics 1988; 81:102. 

Tab. 4 Tabella di crescita per popolazione italiana (0-18 anni): Cacciari E, Milani S. Balsamo A et al. Italian. cross-sectional growth charts for height, weight and BMI (2 to 20 yr). J Endocrinol Invest. 2006 Jul-Aug; 29(7):581-93.


inverte il trend di maturazione ossea, riportata come lievemente arretrata nel paziente con SD prepubere (12).

La bassa statura del bambino con SD non è armonica: è caratterizzata dalla relativa brevità degli arti inferiori, con dimensione del tronco e degli arti superiori normale (12).

Il deficit di crescita è particolarmente evidente nei pazienti con SD associata a grave cardiopatia (3,6).

Secondo un recente studio, la statura media definitiva raggiunta dai pazienti affetti da SD sarebbe di 157 cm per i maschi e di 144 cm per le femmine (13). Il raggiungimento di tale statura avverrebbe relativamente presto sia nel maschio (16 anni), che nella femmina (15 anni). Nonostante il ritardo di crescita, la differenza in termini di statura definitiva tra i due sessi è sovrapponibile alla restante popolazione (7).


MASCHI


Tab. 5 Tabella di crescita per popolazione Down (0-36 mesi peso e lunghezza): Cronk, CE. Growth of children with Down's syndrome: birth to age 3 years. Pediatrics 1978; 61:564. 

Tab. 6 Tabella di crescita per popolazione Down (0-36 mesi circonferenza cranica): Palmer, CG, Cronk, C, Pueschel, SM, et al. Head circumference of children with Down syndrome (0-36 months). Am J Med Genet 1992; 42:61.


Per chiarire se alla base dello scarso accrescimento proprio del paziente con SD vi sia un’alterazione nella produzione dell’Ormone Somatotropo, sono stati effettuati alcuni studi che hanno evidenziato una normale secrezione di ormone della crescita in questi pazienti, pur in presenza di un’alterata regolazione neuroendocrina a livello ipotalamo-ipofisario (14-15).

I valori di IGF1, ovvero del principale effettore periferico dell’ormone della crescita, sono risultati normali durante l’infanzia e lievemente diminuiti rispetto alla norma al momento della pubertà, quando non aumentano diversamente da quanto avviene nella popolazione generale (16,17).

Studi effettuati su feti affetti dalla SD hanno invece evidenziato livelli sierici di IGF-2 e dei recettori per l’insulina e dell’IGF1 normali (18)

È stato proposto il trattamento con Ormone della Crescita con risultati differenti.

Secondo uno dei primi studi effettuati, dopo 6 mesi-1 anno di terapia si otterrebbe un aumento della velocità di crescita pari al 100% con un concomitante aumento dei valori di IGF1 e di IGF2 (15). È stato riportato anche un aumento della circonferenza cranica di questi pazienti dopo tale terapia (12).

Uno studio più recente effettuato su 15 pazienti Down che, all’età media di 7,4 mesi di


Tab. 7 Tabella di crescita per popolazione generale (0-2 anni peso, lunghezza e circonferenza cranica): Gairdner D., Pearson J. A growth charts for premature and other infants. Arch. Dis. Child. 1971 Dec; 46(250):783-789.


vita, hanno iniziato la terapia con Ormone della Crescita alla dose di 0,2 mg/kg/settimana, conferma che in tali pazienti lo scarto staturale presentato all’inizio della terapia (-1,8 DS rispetto alla restante popolazione) si è ridotto fino a raggiungere un valore di -0,8 DS dopo 3 anni di terapia. Questa inversione del trend di crescita si è contrapposta al campione di pazienti con SD non trattati in cui il decremento staturale ha raggiunto il valore di -2,2 DS all’età di circa 3 anni e 7 mesi di vita (scarto staturale medio presentato da questo campione ad inizio terapia: - 1,7 DS) (20). In questo studio non sono stati evidenziati effetti significativi sulla circonferenza cranica.

Inoltre, nell’ipotesi che il trattamento con Ormone della Crescita possa in qualche modo favorire lo sviluppo neuromotorio di questi soggetti, è stata effettuata una valutazione comparata nel campione dei pazienti trattati e non, senza evidenza di significative differenze (17).

Sempre in questo studio non sono stati osservati effetti collaterali e breve termine della terapia con Ormone della Crescita (17).

in un recente studio italiano sono stati trattati 10 soggetti (3 maschi e 7 femmine) affetti da SD, in epoca pre/peripuberale per un periodo di circa 3 anni. i pazienti sono stati ricontrollati al termine della terapia ed a distanza di 10 e di 15 anni dalla sospensione del trattamento. È emerso che la terapia con GH ha comportato un incremento della velocità di crescita di questi soggetti e un miglioramento della statura definitiva di 5,2 cm nei maschi e 7,3 cm nelle


FEMMINE


Tab. 8 Tabella di crescita per popolazione Down (0-36 mesi peso e lunghezza): Cronk, CE. Growth of children with Down's syndrome: birth to age 3 years. Pediatrics 1978; 61:564. 

Tab. 9 Tabella di crescita per popolazione Down (0-36 mesi circonferenza cranica): Palmer, CG, Cronk, C, Pueschel, SM, et al. Head circumference of children with Down syndrome (0-36 months). Am J Med Genet 1992; 42:61.


femmine. In occasione del controllo a distanza non è stata riscontrata alcuna alterazione del quadro ematologico, delle concentrazioni di HbAlc, della funzione tiroidea e nella funzionalità epatica, a testimonianza dell’assenza di effetti collaterali della terapia con GH in soggetti affetti da sindrome di Down e suggerendone pertanto l’utilità di impiego (19).

L’impiego di tale Ormone è suggerito anche da un secondo studio svedese effettuato su 5 pazienti che ha evidenziato come 6 mesi di trattamento con Ormone della Crescita abbiano raddoppiato la velocità di crescita di questi pazienti riportando il valore di IGF1 nei limiti per età (19).

Secondo i dati del KIGS 2007 della Pfizer International Growth Database 2007 (23) 72 pazienti (44 maschi) prepuberi con SD, trattati per un anno con Ormone della Crescita hanno ricevuto un netto beneficio in termini accrescitivi. Anche in questo caso l’incidenza di effetti collaterali a breve termine è stata minima: in un caso è stata riportato lieve edema periferico transitorio all’inizio della terapia.

Una parte dei pazienti con SD trattati presentavano all’inizio del trattamento valori di Ormone della Crescita ai limiti inferiori alla norma (picco medio di GH rilevato 8 mcg/l


Tab. 10 Tabella di crescita per popolazione generale (0-2 anni peso, lunghezza e circonferenza cranica): Gairdner D., Pearson J. A growth charts for premature and other infants. Arch. Dis. Child. 1971 Dec; 46(250):783-789.


con valori compresi tra 1,2-21,4). Il recupero staturale di questo sottocampione di pazienti è risultato maggiore rispetto ai pazienti con SD e valori normali di Ormone della Crescita. Tale dato potrebbe suggerire, differentemente a quanto è stato evidenziato finora in letteratura, che una delle cause dello scarso accrescimento nei pazienti con sindrome di Down in età prepuberale possa essere il deficit di ormone della crescita.

in conclusione, i dati forniti dalla letteratura, pur dimostrando il beneficio in termini accrescitivi della terapia con ormone della crescita, non forniscono dati a lungo termine su tale terapia e sui suoi effetti collaterali; in particolare alla luce dell’evidenza che nel soggetto con SD il rischio di Leucemia si manifesta con maggiore frequenza rispetto agli individui con cariotipo normale. Riteniamo che siano necessari ulteriori studi che verifichino l’efficacia e gli effetti metabolici dell’Ormone della Crescita in ampie casistiche di pazienti Down prima di raccomandarne l’utilizzo.

Accrescimento ponderale

Per quanto riguarda l’accrescimento ponderale, nella prima decade di vita, il peso del bambino Down, rapportato alla propria altezza, non si discosta molto da quello dei coetanei. A partire dalla seconda decade in poi, in circa il 50% degli individui, sia maschi che femmine, si rileva la tendenza ad un eccesso ponderale, che deve essere attentamente monitorato (4).

Infatti, a partire da tale periodo, la prevalenza di obesità (intesa come BMI > 27,8 kg/m2 nei maschi e maggiori di 27,3 kg/m2 nelle femmine) sarebbe maggiore che nella normale popolazione: 45% rispetto al 33% nei maschi e 56% rispetto al 36% nelle femmine secondo uno dei primi studi condotti su questo argomento. Il peso medio da adulti dei pazienti con SD sarebbe di 71 kg per gli uomini (BMI 28,8 kg/m2) e di 64 kg per le donne (BMI 30,8 kg/m2) (13).

Questa situazione di sovrappeso è in gran parte legata a fenomeni genetici, in particolare le persone con SD avrebbero un consumo energetico a riposo ridotto (24), ma anche all’eccessiva introduzione di cibo, spesso condizionata da un esagerato senso di fame (22).

Secondo un recente studio, inoltre, il livello di Leptina, sostanza secreta dal tessuto adiposo con funzione di riduzione dell’appetito, in donne affette dalla SD sarebbe diminuito rispetto alla norma. Tale dato potrebbe essere essenziale nel chiarire l’eziopatogenesi dell’obesità nel soggetto con SD (22).

Bisogna considerare che l’aumento ponderale determina una riduzione dell’attività fisica creando un circolo vizioso che favorisce l’instaurarsi di un’obesità vera e propria, che aggrava, specie nell’età evolutiva, alcune patologie legate alla SD ed in particolare le patologie ortopediche.

Inoltre il sovrappeso influisce sulle più importanti tappe dello sviluppo psicomotorio, in quanto rende difficile la partecipazione della persona con SD alle comuni attività della vita di relazione, come le attività sportive, che sono fondamentali per la socializzazione.

Il controllo della crescita e la prevenzione dell’obesità devono iniziare precocemente e devono prevedere consigli dietetici, attività fisica ed inserimento sociale (25).

Importante nei primi mesi di vita è l’allattamento materno. Il basso tasso di allattamento materno nel bambino con SD è stato attribuito all’alta frequenza di ricovero alla nascita, al basso peso, ad alterazioni motorie della lingua, all’ipotonia generalizzata, all’età materna avanzata. Tuttavia i bambini con SD hanno un maggior rischio di infezioni, patologie autoimmuni, oltre che di obesità, ed è ben noto il ruolo protettivo del latte materno nei confronti di tali patologie (11). È raccomandato inoltre lo svezzamento in tempi adeguati (11).

La dieta dovrebbe essere programmata in modo tale da privilegiare cibi ricchi di nutrienti, con un alto contenuto di fibre, poveri di grassi e calorie. Dovrebbe essere tenuta in considerazione la supplementazione di calcio e vitamina D nei pazienti con sindrome di Down adulti ed istituzionalizzati dal momento che è stato dimostrato che in tali pazienti la densità ossea è ridotta rispetto ai controlli (26). È stata infatti riscontrata in questi soggetti una ridotta mineralizzazione ossea con elevati valori di osteocalcina. Secondo tale studio (26), l’effetto di un anno di terapia con calcio e vitamina D sarebbe efficace nel diminuire il livello di osteocalcina e paratormone e nell’aumentare quello di 25 oH vitamina D.

La ridotta massa ossea nel paziente con SD risulta essere statisticamente correlata all’ipotonia muscolare ed alla scarsa mobilità. per tale motivo è opportuno consigliare a questi pazienti uno stile di vita attivo ed un esercizio fisico regolare al fine di migliorare il tono muscolare e ritardare lo sviluppo dell’osteoporosi (25).

Pubertà

Nei pazienti con SD l’età di comparsa dei primi segni di sviluppo puberale risulta essere lievemente anticipata rispetto alla restante popolazione (7). È stata riscontrata, in particolare, l’associazione tra pubertà anticipata ed ipotiroidismo nel soggetto Down (35,36).

Per spiegare tale meccanismo sono stati effettuati studi in vitro che hanno dimostrato come livelli sovrafisiologici di TSH possano portare ad un’attivazione dei recettori per l’FSH mimandone l’azione e possono addirittura arrivare a determinare quadri di iperstimolazione ovarica nelle femmine e testicolare nei maschi con aumento nella dimensione dei testicoli senza altri segni di virilizzazione (36).

In termini di sviluppo dei caratteri sessuali, sia i caratteri primari che secondari del ragazzo con SD non differiscono da quelli della restante popolazione (37).

Discorso analogo vale per le ragazze con SD, il cui ciclo mestruale è generalmente normale e regolare (38). Anche l’età media di insorgenza del menarca è sovrapponibile a quella della popolazione generale: 13 anni e 8 mesi nell’adolescente Down rispetto ai 13 anni e 6 mesi nella popolazione generale, secondo uno studio danese (38).

La sindrome premestruale può manifestarsi con episodi di comportamento autistico e crisi comiziali in coincidenza con (o appena prima) il ciclo mestruale (38). Le pazienti possono rispondere alla terapia con piridossina, pillola anticoncezionale a basso dosaggio, diuretici in fase premestruale e medrossiprogesterone.

L’insorgenza della menopausa per le donne con SD è precoce (47,1 anni) rispetto alle donne con ritardo mentale senza SD (49,3 anni) ed alle donne senza ritardo mentale (51 anni) (42).

Le donne con SD sono inoltre fertili e possono restare gravide. Per tale motivo le linee guida raccomandano un esame pelvico nelle donne con SD che sono sessualmente attive o con problemi mestruali (38) ed uno stretto follow up ostetrico in caso di gravidanza. Occorre un’attenta sorveglianza anche durante il parto: l’ipoplasia della pelvi frequente nelle donne Down può rendere difficoltoso il parto per via transvaginale (39).

È stato documentato che da gravidanze di pazienti con SD sono venuti alla luce neonati sani. Tuttavia è stata rilevata un aumentata incidenza di prematurità nel neonato e di basso peso alla nascita rispetto all’età gestazionale (39).

La capacità riproduttiva è invece diminuita nei maschi. La sterilità nei maschi è stata attribuita ad un’insufficienza gonadica parziale e ad un difetto nella spermatogenesi (40). Alcuni soggetti non possono avere un’erezione completa e l’eiaculazione può non essere possibile. in altri, la capacità di avere un rapporto è analoga a quella dei coetanei. i maschi con SD che manifestano desiderio sessuale verso l’altro sesso possono ricercare il rapporto sessuale completo, pur prediligendo il legame affettivo. Sono stati riportati rari casi di figli di uomini affetti da SD (41,42).

un altro problema che si presenta nel maschio affetto dalla SD è il criptorchidismo, che si manifesta con un incidenza del 6,5% (43). Alla base dell’aumentata incidenza di crip-torchidismo sembra esserci un meccanismo ormonale legato ad un’alterata produzione di gonadotropine ed in particolare a diminuiti livelli intrauterini di LH ed androgeni durante la fase embrionale di discesa testicolare. Tale meccanismo sembrerebbe essere prevalente nel soggetto Down rispetto alla restante popolazione così da determinare l’aumentata incidenza del testicolo ritenuto (44).

In particolare il problema non è tanto l’infertilità del testicolo ritenuto quanto la sua possibile degenerazione in tumore. È oggetto di discussione, infatti, il fatto che il criptorchi-dismo possa essere un fattore di rischio aggiuntivo per il seminoma, tumore che, nel paziente con SD, si manifesta già di per se in frequenza aumentata (44,45). In particolare è stato osservato che nel paziente con sD l’aumentata incidenza di criptorchidismo non si accompagna ad un aumento dell’incidenza di seminoma come nella restante popolazione (44,46). Tale dato suggerisce che l’aumentata prevalenza di tumori testicolari nella SD non è direttamente correlata all’aumentata prevalenza di criptorchidismo. Si può quindi ipotizzare che alla base del tumore testicolare in questa sindrome vi siano altri fattori predisponenti legati al quadro genetico e cromosomico. Per tale motivo, nel paziente con SD è necessario monitorare la possibile insorgenza del tumore testicolare indipendentemente del criptorchidismo ed è necessario valutare attentamente i possibili effetti collaterali della terapia chirurgica.

Tiroide

I disordini della tiroide sono comuni nella SD e si presentano sia come ipotiroidismo che come ipertiroidismo e hanno una prevalenza variabile in base all’età.

Gli studi presenti in letteratura riportano una prevalenza di ipotiroidismo variabile in base alla popolazione studiata dal 3 al 54% (47,48).

In uno studio longitudinale effettuato su un campione di 85 pazienti Down con più di 25 anni, è stata riscontrata una prevalenza di ipotiroidismo del 30% con un insorgenza del problema prima degli 8 anni di età nella metà dei casi (49).

L’ipertiroidismo viene invece mediamente riscontrato in una percentuale che va dal 2,3 al 2,5% della popolazione (49).

I disordini a livello della tiroide sono comuni anche in età pediatrica come confermano Tuysuz e Beker (50), che in un recente studio condotto su un campione di 320 bambini con SD di età compresa tra i 5 giorni di vita ed i 10 anni, hanno riscontrato alterazioni della funzionalità tiroidea in 90 pazienti, ovvero nel 28% dei casi. Nella maggior parte dei casi (72%) si trattava di ipotiroidismo compensato con valore di FT4 normale o ai limiti inferiori di norma e un valore di TSH aumentato. Solo il 7% aveva avuto la diagnosi di ipotiroidismo congenito. Nei restanti pazienti la diagnosi di ipotiroidismo veniva posta più tardivamente. Nessuno presentava ipertiroidismo.

Studi di prevalenza hanno inoltre dimostrato che nel soggetto con SD le alterazioni della funzionalità tiroidea si manifestano con un rapporto femmina-maschio pari a circa 2:1 (53).

L’ipotiroidismo congenito nei neonati con SD si manifesta con un’incidenza fino a 20 molte maggiore rispetto alla popolazione generale (massima incidenza riportata 1/141 nei pazienti con SD rispetto a 1/3000 nella popolazione generale) (53).

È stato dimostrato che mediamente il valore di TSH rilevato allo screening neonatale per la popolazione Down è maggiore rispetto alla popolazione normale (9.76 rispetto 3.96 mIU/L) in presenza di valori di T4 nei limiti di norma, ma diminuiti mediamente rispetto alla normale popolazione ed in presenza di valori di TBG nei limiti di norma (52).

Dagli studi effettuati per chiarire l’eziopatogenesi dell’ipotiroidismo congenito nel soggetto Down, si evidenzia che raramente questo si associa ad una disgenesia o ad un’agenesia ghiandolare (59). In questo il soggetto Down differisce notevolmente dalla popolazione normale dove circa l’80-85% dei casi di ipotiroidismo congenito permanente è attribuibile a disgenesia tiroidea.

In passato si era ipotizzato che alla base dell’ipotiroidismo congenito nel neonato Down vi potesse essere il passaggio materno di anticorpi antitiroide (in particolare anticorpi antirecettore del TSH) ma è stato dimostrato che la prevalenza di anticorpi rivolti contro la tiroide nella madri di bambini con SD è sovrapponibile a quella della restante popolazione.

È stata posta l’ipotesi che l’elevata presenza in gravidanza di HCG (gonadotropina corionica umana), riscontro tipico della SD, possa influenzare la regolazione della tiroide del feto (59). In particolare, in considerazione delle simile struttura biochimica del TSH e della HCG, si è ipotizzato che quest’ultima potesse antagonizzare l’azione del TSH in gravidanza e determinare l’ipotiroidismo congenito (60).

Gli studi molecolari effettuati fino ad oggi hanno dimostrato che la bioattività del TSH nel soggetto Down, che non presenta altri fattori di rischio per tireopatia, è normale ed hanno così escluso che l’aumentata produzione di TSH possa essere attribuibile ad una sua inefficacia (54,55). Tuttavia tali studi non escludono che possa comunque esserci un’alterazione nella regolazione centrale della produzione del TSH.

Tale disregolazione permarrebbe anche successivamente al periodo neonatale come conferma uno studio molto recente condotto su un’ampia casistica di pazienti con SD, senza apparenti sintomi e segni di ipotiroidismo e con valori di ormoni liberi nei limiti di norma, in cui venivano riscontrati valori di TSH mediamente aumentati rispetto alla popolazione generale (60).

Generalmente i neonati affetti da SD che allo screening della funzionalità tiroidea presentano un valore di tiroxina normale o inferiore, con valori di TSH superiori a 10 mU/L, sono posti in terapia con Tiroxina.

Non c’è accordo tuttavia unanime sull’inizio della terapia in questi soggetti: secondo Selikowitz, che ha effettuato uno studio longitudinale di 5 anni su 101 bambini con SD, non si evidenzierebbero differenze di altezza e di sviluppo (quoziente di sviluppo) in pazienti non trattati con TSH > 10 mIU/L e in pazienti con TSH normale (57).

Differentemente, secondo un altro recente studio longitudinale su 85 pazienti Down, circa un quarto dei pazienti presentanti un valore di TSH maggiore di 10 mIU/L ed un valore di FT4 basso o ai limiti inferiori di norma avrebbero ottenuto un giovamento in termini di incremento staturale dalla terapia (48).

Il consenso sul trattamento di questi pazienti non è unanime anche perché si è osservato che in alcuni l’ipertireotropinemia è transitoria e i pazienti possono tornare ad una condizione di eutiroidismo anche in assenza di terapia (58). È di notevole interesse a questo proposito la recente osservazione sul follow up a distanza che ha dimostrato che frequentemente un paziente con SD può passare da uno stato di eutiroidismo ad uno stato francamente patologico.

Per quanto riguarda l’ipotiroidismo acquisito, questo interessa il 20% dei bambini con SD (4) e la sua incidenza aumenta con l’avanzare dell’età (50).

La causa più frequente di ipotiroidismo è l’autoimmunità: circa l’11% dei soggetti adulti produce autoanticorpi contro la tiroide (63), anche se si possono ipotizzare altri meccanismi eziopatogenetici quali alterazioni ipotalamiche o una resistenza periferica all’azione degli ormoni tiroidei (51).

La positività autoanticorpale non è presente nei primi anni di vita ma viene riscontrata dopo gli 8 anni di vita (48). Tuttavia sono stati segnalati anche casi di presenza di autoanticorpi in lattanti (64).

Sicuramente la presenza di autoanticorpi è correlata al quadro cromosomico che rende maggiormente suscettibile il paziente all’autoimmunità (49,53). Non è attualmente chiaro, però, perché tale suscettibilità si manifesti dopo gli 8 anni di vita. Ulteriori studi sull’argomento sarebbero utili per chiarire l’eziologia di questo timing biologico-immunitario.

Nel paziente con sD possono essere presenti anticorpi anti-tireoglobulina, anti-tireo-perossidasi, anti-recettore del TSH, in concentrazioni variabili e non sempre associati ad alterazioni della funzionalità tiroidea: nella maggior parte dei casi di tiroidite autoimmune il riscontro di anticorpi anti-tiroide precede anche di anni le manifestazioni cliniche.

I sintomi di presentazione dell’ipotiroidismo sono la stitichezza, l’ipotonia muscolare, la secchezza della cute la diminuizione o la regressione dello sviluppo intellettivo. Tuttavia è bene tenere presente che la presentazione clinica del paziente Down ipotiroideo non trattato può consistere in uno scarto accrescitivo staturale (49) e nell’insorgenza di pubertà precoce (18). Riportati anche casi di depressione dell’umore e di versamento pericardico associati a quadri di ipotiroidismo non trattato (53,66).

Clinicamente non è facile valutare il deficit della funzionalità tiroidea in quanto i sintomi ad esso relativi sono già comuni in questi bambini, mentre il rallentamento o la regressione dello sviluppo intellettivo può essere erroneamente riferito ad un disturbo delle condizioni neuropsichiche dell’individuo. Per tale motivo i controlli periodici della funzionalità tiroidea sono indicati al fine di non misconoscere una condizione di ipotiroidismo che potrebbe peggiorare lo sviluppo neuromotorio (53).

il monitoraggio clinico e laboratoristico deve anche valutare la possibile insorgenza di altre patologie a genesi autoimmune come il diabete mellito di tipo 1 autoimmune, la celiachia e l’epatite autoimmune. Tali patologie, si manifestano con maggiore frequenza in pazienti con SD e tiroidite autoimmune (53).

In alcuni casi, nonostante la presenza di autoanticorpi, il paziente mantiene una condizione di eutiroidismo. Se invece tale riscontro si associa all’ipertireotropinemia ed a valori di ormoni liberi inferiori alla norma è necessario iniziare il trattamento.

Da un punto di vista terapeutico, oltre alla Tiroxina, è stato proposto l’utilizzo del solfato di zinco. Tale sostanza sarebbe efficace, secondo alcuni autori, nel ristabilire la condizione di eutiroidismo in associazione alla Tiroxina.

Questa teoria si basa sul riscontro, avvenuto in alcuni pazienti ipotiroidei con SD di bassi livelli sierici di zinco (67). Non esistono tuttavia attualmente sufficienti evidenze scientifiche a conferma di questa ipotesi.

Anche nell’ipertiroidismo siamo di fronte a una malattia autoimmune e il primo trattamento è l’utilizzo di farmaci antitiroidei (68). Il solo trattamento farmacologico, però, garantisce una remissione a lungo termine solo in una minoranza dei soggetti, rendendo necessario, nella restante maggioranza dei pazienti, il ricorso alla chirurgia o alla terapia con Iodio 131.

Tale trattamento è riservato soprattutto a soggetti adulti, e comunque dopo gli 11 anni ed occorre un’attenta valutazione in termini di costi e benefici.

In conclusione vi é comune accordo nella letteratura internazionale sull’alta incidenza di patologia tiroidea fra i pazienti con SD e quindi sulla necessità di un controllo dei parametri di funzionalità tiroidea in tutti i pazienti affetti.

Diabete

Il rischio di diabete di tipo 1 nel paziente con SD risulta essere aumentato (71,72,73). Secondo uno studio olandese effettuato su bambini di età inferiore a 14 anni risulterebbe che il rischio di diabete di tipo 1 è di più di 3 volte maggiore nella popolazione affetta da SD rispetto alla restante popolazione (incidenza annua di 50 contro 12.4 per 100.000 per anno) (74). Secondo un altro studio, l’incidenza stimata di diabete di tipo 1 nei pazienti con SD di età superiore ai 9 anni sarebbe addittura 8 volte maggiore rispetto alla restante popolazione della stessa età (incidenza annua 335 contro 40 per 100.000) (73).

La causa di questo fenomeno non è del tutto chiara ma è verosimilmente legata all’aumen-tata predisposizione verso patologie autoimmuni.

È stato ipotizzato che nel paziente con SD possa essere maggiore la prevalenza dell’aplo-tipo DRB1*03-DQA1*0501-DQB1*0201 (DR3-DQ2), correlato al diabete di Tipo 1 così come ai disordini di natura disimmune della tiroide ed al morbo celiaco. Tale ipotesi, però, è stata confutata da un recente studio che ha evidenziato come, nel paziente con SD, la correlazione del diabete con gli antigeni di istocompatibilità HLA sia sovrapponibile a quella della restante popolazione (75). Diversamente tale studio ha evidenziato valori maggiori di autoanticorpi (77,78), in particolare dell’autoanticorpo GAD, nei pazienti con SD rispetto alla media dei controlli con diabete autoimmune.

Il mappaggio di alcune regioni del cromosoma 21 e studi statistici di prevalenza in 253 famiglie Danesi, hanno suggerito l’esistenza di sequenze geniche su questo cromosoma che potrebbero contribuire a determinare la suscettibilità genetica per il Diabete di tipo 1 (76).

Alcuni autori hanno inoltre evidenziato che il diabete di tipo 1 nel paziente con SD si presenta più precocemente: uno dei primi studi effettuati sull’argomento ha evidenziato un picco di incidenza a 8 anni di vita (79). Uno studio più recente, condotto su 59 individui affetti da SD e con diabete di tipo 1, ha evidenziato che il 22% della popolazione sviluppava tale patologia già a partire dall’età di 2 anni. Tali dati, tuttavia, non sembrano discostarsi molto dal trend osservato nella restante popolazione. Mentre, in passato si riteneva che il picco di insorgenza del diabete di Tipo 1 si avesse all’età di 14 anni (79), attualmente stiamo osservando un anticipo nell’età di comparsa di tale patologia: nella casistica della clinica

Pediatrica dell’Ospedale San Raffaele circa il 35% dei pazienti con Diabete di tipo 1 esordisce prima dei 5 anni.

Le caratteristiche del diabete di tipo 1 nel paziente con SD sembrano essere sovrapponibili alla restante popolazione sia in termini di modalità di insorgenza che di risposta alla terapia insulinica: il paziente Down con diabete di tipo 1 in terapia insulinica presenta valori di emoglobina glicata sovrapponibili a quelli della restante popolazione diabetica in trattamento (80).

In termini di complicanze, è stata osservata una diminuita incidenza di retinopatia diabetica (76). Tale dato singolare, meritevole di conferma da parte di ulteriori studi, potrebbe suggerire l’esistenza nel paziente Down di fattori protettivi per tale patologia (76).

È necessario chiarire che il bambino affetto da SD è anche a rischio di Diabete di tipo 2.

In particolare è stato riscontrata un’aumentata insulino-resistenza espressa in termini di HOMA (Homeostasis Model Assesment). Un recente studio condotto su 15 adolescenti affetti da SD, infatti, ha evidenziato in questi pazienti valori maggiormente elevati di HOMA e di insulinemia basale a digiuno rispetto a ragazzi sani dello stesso sesso, età, BMi e stadio puberale (81). La causa di questa insulino-resistenza va ricercata nell’eccesso di tessuto adiposo causato dalla ridotta attività motoria e della significativa riduzione del dispendio energetico a riposo.

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Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Umberto Ambrosetti - Valter Gualandri
VERSIONE EBOOKLa sindrome di Down è una patologia nota da tempo nei suoi aspetti morfologici, neuropsichiatrici ed organici. La presente raccolta di saggi, basati sull’attenta analisi della letteratura specialistica filtrata dall’esperienza diretta di ogni Autore, vuole essere una puntualizzazione per il Medico di base e per lo Specialista. Si è cercato di fornire uno strumento agile, ma completo e scientificamente aggiornato, per potere affrontare le varie patologie che non sono “speciali” perché colpiscono una persona Down, ma vanno inquadrate in una cornice particolare in quanto presenti in un soggetto con caratteristiche organiche e cliniche “particolari”. Questo testo non vuole essere uno strumento che induca ad una eccessiva medicalizzazione delle persone Down, le quali non debbono essere considerate “pazienti” ma individui soggetti a rischi clinici polimorfi, rischi che dobbiamo individuare e controllare, esercitando una medicina preventiva a tutti i livelli. Il lavoro, che ha visto impegnati un gran numero di esperti quotidianamente coinvolti nei vari ambiti specialistici per migliorare le condizioni di vita di queste donne e uomini vuole essere di aiuto nella comprensione e gestione delle manifestazioni di questo complesso quadro clinico provocato da una piccola quantità di DNA in eccesso sul cromosoma 21.