IL CROMOSOMA 21
Il cromosoma 21 è il più piccolo cromosoma umano: le due copie del cromosoma, che ogni individuo presenta, costituiscono circa lo 1,5% del DNA totale della cellula (1).
I dati inerenti l’anatomia di questo cromosoma risultano moderatamente differenti a seconda dei metodi di analisi del DNA utilizzati (2).
Le variabili riscontrate possono essere:
• Numero di geni (sequenze di DNA che determinano specifiche sequenze di proteine) secondo i diversi database: 212 - 261 - 284 - 274 - 364.
• Lunghezza fisica del cromosoma 21: 33,5 megabasi per il braccio lungo; 5-15 megabasi per il braccio corto.
• Distanza genetica: 61,7 - 67,3 centiMorgan.
Numerose ricerche scientifiche si sono indirizzate a costruire un atlante (catalogo o mappa di espressione) dei geni del cromosoma 21 avvalendosi della corrispondenza tra numerosi geni del cromosoma 21 umano e quelli ortologhi del topo presenti sui cromosomi 16, 17 e 10 dell’animale (3).
il presupposto tecnico di questi studi si basa sulla valutazione dell’espressione genica in diversi stadi dello sviluppo embrionale nel topo; in questo modo è stato possibile “distribuire” l’attività biologica dei geni nei tessuti e/o organi che si sviluppano nei diversi stadi embrionali.
Un’altra linea di ricerca prevede l’identificazione di sequenze nucleotidiche che non codificano per alcuna proteina; tali sequenze, denominate CNG (Conserved Non-Genic), si trovano nella regione del cromosoma 21 dove sono presenti pochi geni (2) e sono straordinariamente conservate fra topo e uomo.
Nella trisomia 21 tutti i geni che vi sono localizzati sono presenti in triplice copia (3): tre sono le possibili conseguenze di tale squilibrio genico:
1) effetti primari: aumento dell’espressione dei geni del cromosoma trisomico proprio perché presenti in sovrappiù: il rapporto di espressione fra un gene in triplice copia ed un gene “normale” dovrebbe essere di 1,5 : 1; in altri termini per ogni prodotto genico “normale” è presente una proteina e mezza del gene triplice;
2) effetti secondari: alterazione della espressione di altri geni localizzati su altri cromosomi sempre come conseguenza mediata della triplice presenza di ciascun gene del cromosoma 21;
3) effetti terziari: alterazione di altri geni riferibile a fenotipi cellulari/biochimici a loro volta dovuti alla condizione trisomica.
Gli effetti primari sono stati ritenuti i più verosimili e logici: il metodo di verifica ha analizzato i livelli di RNA-messaggero di geni ortologhi del topo. Ebbene solo il 37% dei 78 geni sul cromosoma 16 dell’animale, analoghi a quelli del cromosoma 21 umano, è risultato sovrae-spresso secondo la proporzione attesa di 1,5 volte quella normale; infatti, la sovraespressione genica era presente in proporzione minore in 45 geni e maggiore di 1,5 in 18 geni. Tale fenomeno riscontrato potrebbe essere interpretato nel senso che solo pochi geni sono responsabili del quadro clinico della SD: in parole semplici, pochi geni del cromosoma 21 interferiscono su altri geni localizzati su altri cromosomi condizionandone la attività di sintesi proteica: la stessa interferenza potrebbe verificarsi da parte di prodotti genici (proteine) sempre riferibili al cromosoma 21. Questo fenomeno complesso va sotto il nome di “transregolazione”. Si può proporre a titolo di esempio il gene SOD1, presente sul cromosoma 21, la cui espressione fenotipica è l’enzima Cu-Zn-Superossidodismutasi (4).Tale gene SOD1 si trova sul cromosoma 21 ed è, dunque, presente in triplice dose nelle persone Down con un’attività che è il 150% del normale. La Cu-Zn-Superossidodismutasi consente la trasformazione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS)1 in H2O2 (acqua ossigenata), di per sé instabile perché libera ossigeno monoatomico.
Le ROS (1) hanno una vita brevissima perché scaricano l’alta energia di cui sono dotate su strutture molecolari o cellulari (6). Alcune conseguenze di questo fenomeno sono l’ossidazione del triptofano, il deficit di sintesi di serina e di 5-HiAA, la lipoperossidazione di membrana, la nitrazione delle proteine, la produzione de desossi-guanosina e i danni nella struttura del DNA e dei cromosomi. Tali processi sono implicati nell’invecchiamento cellulare. Per il mantenimento delle ROS a livelli normali devono avvenire delle reazioni di bilanciamento catalizzate da due enzimi, la catalasi e la glutationeperossidasi, che si trovano in cromosomi diversi dal 21. Da tali reazioni si eliminano le ROS ottenendo acqua “normale” (7). in sostanza, nella sD il rapporto:
SUPEROSSIDODISMUTASI / CATALASI + GLUTATIONE PEROSSIDASI
è superiore a 1 (8).
La conseguenza ultima è che si generano ROS in eccesso rispetto alle possibilità di smaltimento. L’accumulo di ROS produce i fenomeni sopraelencati che clinicamente simulano il quadro psicologico e fisico della senescenza, fenomeno anticipato nelle persone Down (9).
Alcuni geni presenti sul cromosoma 21 e, di conseguenza, espressi in modo anomalo nei Down, sono:
nel braccio lungo del cromosoma 21
• gene per la sintesi del precursore della sostanza amiloide (quella correlata con la sindrome di Alzheimer),
• oncogene per la leucemia mieloide acuta,
• geni per la sintesi dei nucleotidi adenosina e guanosina (riparazione del DNA) dei danni che potrebbero essere provocati proprio dai radicali liberi.
nella regione critica
• gene per la funzionalità tiroidea
• gene per il metabolismo della serina
• geni per la sintesi del collagene
• geni correlabili con la miopia
• gene per il metabolismo dell’acido folico.
A tali geni sopra elencati sembra molto plausibile attribuire un ruolo “eziologico” nelle corrispondenti patologie che caratterizzano la SD, non è, però, ancora risolto il problema di individuare il meccanismo che porta dalla condizione trisomica al fenotipo Down (10).
In sostanza si dibattono in letteratura due ipotesi o teorie:
1) le manifestazioni fenotipiche sono tutte riconducibili alla triplice dose dei geni del cromosoma 21. I geni sopra elencati confermerebbero questa ipotesi, anche se per altri sintomi non è ancora stato individuato il gene o i geni responsabili.
2) la correlazione genotipo-fenotipo sarebbe meno univoca, nel senso che la condizione trisomica determinerebbe un’instabilità genomica generale con le conseguenze ben note. Alcune osservazioni sui topi sembrerebbero avvalorare questa seconda ipotesi (11).
Si può fondatamente prevedere che in futuro con il proseguire delle conoscenze scientifiche si otterranno risultati ancora più significativi e completi.