24. ASPETTI OCULARI

MANITTO MARIA PIA • MARTINA ELISABETTA • VIGANÒ MAURIZIA • RAMA PAOLO
Introduzione

Le anomalie oculari presenti nella sindrome di Down (SD) sono molteplici, ma nessuna di queste, anche se tipica, risulta patognomonica della malattia. Anche l’assortimento per numero e gravità dei segni coesistenti in ogni singolo soggetto presenta un’importante variabilità interindividuale.

Le alterazioni possono colpire qualsiasi struttura del bulbo oculare (annessi, cornea, cristallino, retina) e quindi, per praticità descrittiva, verranno analizzati ordinati secondo un criterio anatomico.

Prima di affrontare la trattazione della clinica è utile una premessa sulle modalità di esecuzione della visita oculistica nei soggetti trisomici.

Una visita oculistica completa richiede l’esecuzione di test oggettivi e di test soggettivi. Nei primi è l’esaminatore che rileva ispettivamente e/o strumentalmente le misurazioni (ne sono un esempio la tonometria, la topografia corneale, l’esame del segmento anteriore e del segmento posteriore) mentre all’esaminato è richiesta unicamente una collaborazione di tipo passivo, ovvero di mantenere una precisa e stabile posizione, solitamente seduti con la testa appoggiata alla mentoniera dello strumento, e di seguire con lo sguardo le istruzioni via via impartite dall’esaminatore stesso. i test soggettivi, invece, consistono nella raccolta di informazioni attraverso le risposte dirette del soggetto in esame (ne sono un esempio l’acuità visiva, la valutazione della visione stereoscopica, l’esame del campo visivo), e richiedono pertanto una collaborazione attiva e la necessità di comunicare secondo linguaggi codificati (esempio lettura di lettere, numeri...). È intuitivo, quindi, che il ritardo psicomotorio caratteristico della sindrome, anche se molto variabile da soggetto a soggetto, possa compromettere totalmente o comunque ridurre l’attendibilità di questi rilievi. Occorre pertanto che il personale che si dedica alla valutazione di questi pazienti abbia dimestichezza con metodologie di esame usate meno frequentemente dagli oculisti, attuabili anche in condizioni di scarsa collaborazione dell’esaminato (ad esempio valutazione del fundus oculi con l’oftalmoscopia indiretta invece che alla lampada a fessura). Solitamente gli specialisti più idonei all’utilizzo di queste strumentazioni sono gli oftalmologi pediatri, in quanto la visita oculistica di un soggetto non collaborante di qualsiasi età ricalca di pari passo la valutazione dei bambini di età prescolare.

La parziale e spesso imprecisa esecuzione dei test visivi non compromette comunque la possibilità di inquadrare e trattare le eventuali patologie oculari, anche per quanto riguarda la prescrizione di lenti. La scelta della correzione ottica adeguata avviene principalmente attraverso l’esame della refrazione in cicloplegia, che si ottiene con l’instillazione di collirio cicloplegico e midriatico. Nei soggetti trisomici è consigliato unicamente l’utilizzo di colliri a base di tropicamide che va preferita, per i suoi minori effetti collaterali, alle altre molecole disponibili (in particolare atropina e ciclopentolato) (1). Il ricorso alla narcosi diagnostica, infine, è molto raro e limitato prevalentemente alla necessità di misurare il tono oculare nei sospetti di glaucoma congenito. Gli eventuali interventi chirurgici, invece, (esempio: cataratta, cheratoplastica, ...) che spesso nella popolazione normale sono eseguiti in anestesia locale, nei soggetti con SD richiedono l’anestesia generale e quindi lo specialista, che ne valuti la necessità, deve sempre rapportarne l’indicazione anche allo stato di salute generale del paziente (ad esempio concomitanza di cardiopatia...).

Anomalie degli annessi

Epicanto

Le pieghe epicantiche sono pieghe verticali bilaterali di cute che si estendono dalla palpebra superiore o inferiore verso il canto mediale. Nella razza caucasica tendono ad essere distribuite simmetricamente (superiore ed inferiore), mentre nella razza orientale originano dal lato mediale della palpebra superiore e si estendono medialmente prima di dissiparsi.

Nei soggetti Down, in cui i tratti orientali sono più accentuati, tali pieghe possono poi determinare frequentemente la presenza di epiblefaron. ovvero di un’alterazione della normale posizione delle ciglia in senso verticale (pseudo-trichiasi) con conseguente sfregamento sulla superficie corneale ad ogni ammiccamento. Tipicamente è coinvolta la palpebra superiore e, contrariamente a quanto accade nella popolazione generale, non si riscontra la fisiologica tendenza alla diminuzione dell’incidenza con l’età (53% a sette anni in soggetti con SD vs 4.2% della popolazione generale). Dal momento che la sintomatologia oggettiva (epifora) e soggettiva (fotofobia conseguente alle erosioni meccaniche dell’epitelio corneale) tendono ad essere riferite abbastanza raramente, sia per la ridotta sensibilità corneale dei soggetti trisomici sia perché l’epicanto diminuisce l’esposizione dei difetti epiteliali, queste anomalie vanno specificamente ricercate durante l’esecuzione della visita oculistica (2).

Infine poiché la presenza di epicanto può mimare uno strabismo, anomalia oculare che anch’essa si ritrova molto frequentemente nei soggetti Down, è necessario programmare una prima valutazione ortottica già a partire dai 6-8 mesi d’età.

Floppy eyelid syndrome

La sindrome della “floppy eyelid” (FES) è un disturbo spesso misconosciuto e quindi sottodiagnosticato. È caratterizzata da un’eccessiva lassità della palpebra superiore (eventualmente anche inferiore) che tende prontamente all’eversione quando viene sollevata meccanicamente verso l’alto (ad esempio durante il sonno per lo sfregamento del viso sul cuscino) o, nei casi più gravi, spontaneamente (3). La facilità dell’eversione palpebrale, particolarmente frequente nei soggetti con SD, deve essere tenuta presente anche dall’oftalmologo perché può “complicare” le normali manovre effettuate durante la visita oculistica, come l’instilla-zione del cicloplegico, e rendere a volte difficile anche la semplice visualizzazione del bulbo oculare quando il soggetto è non collaborante e deve essere immobilizzato.

Secondo alcuni autori la lassità palpebrale è dovuta alla riduzione della densità e ad anomalie strutturali a carico dell’elastina tarsale, indotte sia da fattori genetici che da stress meccanico cronico (ad esempio lo sfregamento diretto del bulbo oculare) (4).

La FES va sempre sospettata in caso di congiuntiviti croniche papillari che rispondono scarsamente alla terapia medica (ad esempio con lubrificanti oculari), in quanto un intervento precoce con l’occlusione notturna delle palpebre e/o la correzione chirurgica possono prevenire perdite visive anche gravi dovute alle complicanze corneali (in particolare il leucoma con perdita della trasparenza del tessuto corneale)

Ostruzione congenita del dotto nasolacrimale

L’ostruzione congenita del dotto nasolacrimale è una condizione clinica molto comune caratterizzata, nelle prime settimane di vita ed in assenza di segni infiammatori congiuntivali, dalla comparsa di lacrimazione e di episodi ricorrenti di secrezione mucopurulenta, che tende a depositarsi in formazioni crostose sul bordo palpebrale. L’assenza di infiammazione della congiuntiva è facilmente evidenziabile in quanto l’occhio all’interno rimane “bianco” (la sclera sottostante alla congiuntiva trasparente mantiene il suo colore normale). Nei soggetti con SD si riscontra un’incidenza più elevata di questa patologia (attorno al 20%) rispetto alla popolazione generale. Nella maggior parte dei casi, soprattutto nella popolazione generale, l’ostruzione è dovuta alla presenza di una membrana a livello della valvola di Hasner situata alla fine del dotto nasolacrimale. Questa membrana solitamente tende ad una dissoluzione spontanea nei primi 6-12 mesi di vita, facilitata da un trattamento conservativo basato sull’esecuzione di uno specifico massaggio, detto massaggio idrostatico di crigler (che consiste nella compressione del sacco nasolacrimale dall’alto verso il basso), dall’igiene palpebrale e dall’uso saltuario di antibiotici topici (5).

Spesso nei soggetti trisomici il quadro è però complicato dalla presenza di anomalie anatomiche complesse del sistema di drenaggio delle lacrime, quali ispessimento osseo a livello del dotto nasolacrimale, turbinati inferiori sporgenti anteriormente, atresia dei puntini lacrimali o dei canalicoli. in questi casi l’ostruzione congenita del dotto nasolacrimale non si risolve spontaneamente ma necessita di appropriate scelte chirurgiche, non sempre accompagnate da risultati postoperatori ottimali al primo tentativo (6).

Blefarite

L’infiammazione del bordo palpebrale (blefarite) è un’evenienza di frequente riscontro nei soggetti affetti da SD ed è talvolta associata ad infiammazione, spesso cronica, del bulbo oculare con iperemia congiuntivale e talvolta secrezione. La terapia consigliata si basa sull’igiene accurata, quotidiana e continuata del bordo palpebrale, anche nei periodi di apparente remissione dei sintomi, meglio se eseguita con l’utilizzo di “compresse caldo-umide” di cotone e detergenti specifici. L’uso di farmaci (cortisone, antibiotici) è da riservarsi in casi selezionati (ad esempio quelli complicati da calazi ) e per periodi di tempo limitati (7).

Sviluppo del sistema visivo

Nei soggetti affetti da SD è frequente il riscontro di deficit visivi importanti (4/10 o meno) nel 40-45% dei casi, valori che non possono essere spiegati unicamente con fattori motivazionali o di attenzione.

Il ritardo nello sviluppo, ed i bassi valori raggiunti nell’età adulta, supportano l’idea che vi siano delle anomalie nella fisiologia del sistema visivo dei soggetti trisomici sia a livello della formazione delle immagini (degradazione della qualità ottica) (8) che della loro elaborazione (anomalie della corteccia visiva) (9); questi dati sono confermati dal fatto che non c’è apparente correlazione tra la presenza di errori refrattivi e la performance visiva dei soggetti Down (10).

La frequenza dei difetti di refrazione tra i neonati con SD è sovrapponibile a quella riscontrata nella popolazione generale; ma, invece di ridursi con l’età come avviene nella popolazione normale, la distribuzione si allarga e la prevalenza di errori refrattivi significativi nei bambini Down aumenta, fino a raggiungere il 60-70% (11). È evidente quindi che, nella maggior parte dei soggetti trisomici, il fisiologico processo di emmetropizzazione non si realizza.

È ugualmente molto comune (50% circa) il riscontro di deficit accomodativi, che tendono ad aumentare in incidenza con l’età e sono associati più frequentemente ai difetti refrattivi di grado più elevato. La riduzione dei valori normali di accomodazione già in età precoce (probabilmente dovuta a fattori di origine centrale come la deficienza colinergica) (12), causando lo sfocamento delle immagini nella visione da vicino, potrebbe spiegare almeno parzialmente la possibilità di sviluppo di miopie elevate in alcuni soggetti (13).

Si trovano frequentemente valori di astigmatismo superiori ad una diottria che spesso presentano una curiosa simmetria e costanza nell’inclinazione obliqua dell’asse probabilmente dovuta a propria volta all’inclinazione obliqua della fessura palpebrale (occhi “a mandorla”) tipica dei soggetti Down (14).

Nei soggetti trisomici è frequente anche il riscontro di strabismo (21-44%), nella maggior parte dei casi convergente (esotropia), anche se nella popolazione Down orientale è descritta una prevalenza consistente anche della forma divergente (exotropia). Inoltre la stereoacuità è presente solo in un terzo dei soggetti ed è spesso grossolana (15).

Anche la prevalenza di ambliopia attorno al 15-20% è notevolmente aumentata se rapportata ai valori riscontrati nella popolazione generale (2-2.5%) (16).

Per i motivi sovraesposti è imperativo che venga effettuato nei soggetti Down un programma di screening visivo ed ortottico precoce e continuato nel tempo, per l’individuazione dei soggetti a rischio di sviluppare deficit visivi: la prescrizione precoce della correzione ottica (eventualmente anche per vicino) per migliorare l’acuità visiva influirà positivamente anche sul loro sviluppo generale.

NISTAGMO

Il nistagmo è un segno di frequente riscontro nei soggetti affetti da SD. Si tratta per lo più della forma “latente/ manifesto” che in particolare si associa ad esotropia congenita e che, tipicamente, si evidenzia e/o si accentua con l’occlusione di un occhio (17).

Più raramente può trattarsi di nistagmo sensoriale (ad esempio per la presenza di cataratta congenita bilaterale o anomalie retiniche che comportino grave ipovisus congenito).

Cornea

Cheratocono

Il cheratocono è una patologia non infiammatoria della cornea in cui si verifica uno sbancamento e assottigliamento della stessa. Questo produce un astigmatismo irregolare tendenzialmente miopico che si modifica nel tempo, spesso non correggibile con lenti tradizionali da occhiale.

Ha una prevalenza media di circa 54,5 casi su 100.000 persone e un’incidenza di un caso su 2000 (50-230 casi su 100.000 persone) (18)..L’esordio e l’evoluzione sono variabili, raramente è congenito. Di solito si rende manifesto verso la pubertà e progredisce sino ai 35-40 anni per poi stabilizzarsi (18).

Si tratta di una condizione bilaterale, ma che frequentemente coinvolge in modo asimmetrico i due occhi. Il rischio di perforazione corneale spontanea legato all’assottigliamento corneale è una condizione assai rara (18).

Le conoscenze sulla patogenesi sono ancora incomplete. Diversi fattori suggeriscono una componente genetica: presenza di familiarità, incidenza elevata in gemelli, associazioni con malattie genetiche. Tra le diverse patologie di natura genetica, la SD presenta un’associazione elevata con il cheratocono; è stata infatti riportata un’incidenza da 10 a 300 volte superiore rispetto alla popolazione generale (19). I pazienti con cheratocono sembrano avere un’anomalia nel metabolismo del collagene, parte costituente dello stroma corneale. Il gene che codifica la catena alfa-1del collagene tipo VI è sito sul cromosoma 21. È stato perciò ipotizzato un legame tra questo gene e l’elevata incidenza del cheratocono nei pazienti con SD (20).

I segni clinici sono differenti in base alla severità della malattia. Allo stadio iniziale si può notare:

- Anello di Fleischer: visibile dall’oculista come una linea gialla marrone o verdastra che forma un anello spesso incompleto alla base del cono.

- Strie di Vogt: visibili dall’oculista come linee verticali biancastre nello stroma corneale secondarie alla deformazione corneale.

Aspetti tipici dello stadio evoluto sono:

- Riduzione dello spessore corneale

- Opacità superficiali e stromali (Fig. 1)

- Edema di insorgenza acuta (cheratocono acuto) per rottura della membrana di Descemet

(Fig. 2). Sembra che il cheratocono acuto sia più frequente nei cheratoconi associati a SD (21). Il quadro esordisce con brusco calo della vista accompagnato o meno da dolore, iperemia, epifora, fotofobia e si nota un rigonfiamento e opacamento della cornea (Fig. 3). Nella maggior parte dei casi l’edema si risolve spontaneamente nel giro di 3-4 settimane. In letteratura si sono evidenziati rarissimi casi di perforazione spontanea in cheratocono acuto (22-23).

La diagnosi di cheratocono viene effettuata dall’oculista, in base alla presenza dei segni clinici, alla deformazione delle mire cheratometriche e nei casi avanzati anche sulla base della semplice ispezione esterna. Infatti all’osservazione laterale la cornea può presentare un aspetto di tronco di cono e protrude in avanti più del normale, oppure, tenendo sollevata la palpebra superiore e facendo guardare in basso il paziente, si evidenzierà un aumento della curvatura della palpebra inferiore per la protrusione corneale (segno di Munson) (Fig. 4).

Comunque l’esame strumentale specifico per la diagnosi (anche nelle forme iniziali in cui si ha il sospetto senza evidenze cliniche) è la topografia corneale (Fig. 5).

Il cheratocono provoca un astigmatismo irregolare spesso difficile da correggere con lenti da occhiale.

È importante sottolineare che la capacità visiva necessaria deve essere sufficiente alle esigenze di vita e di lavoro del paziente. Va perciò incoraggiato l’uso dell’occhiale che rimane un valido aiuto anche se il paziente non raggiunge la capacità visiva massima.

Nel caso di scarsa acuità visiva con occhiale, l’alternativa è l’uso di lenti a contatto rigide gas permeabili che in pazienti con SD non viene frequentemente consigliato a causa delle difficoltà di applicazione e di gestione. in alcuni casi si possono ottenere discreti risultati anche con lenti a contatto morbide da cheratocono o lenti sclerali.

Quando non è possibile un recupero visivo con l’occhiale o con la lente a contatto, di solito nel cheratocono evoluto, si rende necessario un approccio chirurgico che consiste nell’intervento di trapianto corneale (cheratoplastica). La cheratoplastica può essere fatta a tutto spessore (perforante) (Fig.6) o parziale (lamellare). La scelta dipende dal grado di evoluzione del cheratocono, anche se nei pazienti Down, quando possibile, sarebbe da preferire la cheratoplastica lamellare per i minori rischi di rigetto e per la maggior resistenza ai traumi.

Dopo il trapianto non è necessario eseguire terapie immuno soppressive sistemiche in quanto la cornea è un tessuto avascolare (privo di vasi linfatici e vasi sanguigni). L’intervento può durare circa 30-60 minuti e nei soggetti con SD va eseguito in anestesia generale.

La fase più delicata è il decorso postoperatorio in quanto il paziente deve evitare traumi, fare attenzione alle infezioni quindi regolarsi nell’ambiente e nell’igiene, seguire la terapia e i controlli necessari, perché anche una deiscenza della sutura, se non diagnosticata in tempo, può comportare gravi complicazioni (24). Il rischio di rigetto nella cheratoplastica perforante per cheratocono, definito come episodio di rigetto e non come fallimento del trapianto per colpa del rigetto, varia dal 10 al 25 % a seconda delle casistiche. Il singolo episodio di rigetto, se trattato precocemente e correttamente, non espone ad alcun rischio di scompenso del lembo e di solito la cornea recupera la trasparenza in un periodo variabile di una-tre settimane in relazione anche alla intensità del rigetto. Il periodo di maggior rischio per il verificarsi del rigetto è quello compreso fra il terzo e il sesto mese, quando si rimuove la sutura e ogni qual volta l’occhio si infiamma.

Un paziente sottoposto a intervento di cheratoplastica perforante non ha limiti nel leggere, usare il computer, portare pesi, fare attività fisica o ogni altra cosa fosse richiesta. L’unica accortezza, che deve essere mantenuta per tutta la vita, è quella di evitare accuratamente i traumi all’occhio.

La cicatrice del trapianto rimane una zona di debolezza per tutta la Fig. 5 Topografia corneale: diagnosi di cheratocono vita, quindi nel fare sport ed in ogni altra attività in cui si è esposti al rischio di traumi è bene usare degli occhiali protettivi.

Cristallino

Cataratta

Il termine cataratta indica un’opacità del cristallino che può essere di entità, forma, grandezza e localizzazione variabile con ripercussioni funzionali ovviamente diverse da caso a caso.

Opacità del cristallino, nella loro complessità, sono pressoché presenti in tutti i soggetti affetti da SD.

La forma più frequente è quella “a goccia di cera” (“coronary cerulean lens opacities”): opacità multiple, di piccole dimensioni, soprattutto localizzate nella porzione più periferica del cristallino (corticale). Dal momento che queste piccole opacità difficilmente coinvolgono il punto centrale della lente oculare e che risultano intervallate da ampi spazi trasparenti, solitamente la presenza esclusiva di cataratta a goccia di cera consente una buona acuità visiva e non richiede pertanto chirurgia. La capacità visiva risulta alterata, invece, se si associano forme a localizzazione centrale (come le forme suturali importanti o le forme polari soprattutto posteriori).

Meno frequente è la forma nucleare densa o completa congenita, che invece, come nella popolazione normale, deve essere operata precocemente (se realmente congenita va eseguita la chirurgia nei primi tre-quattro mesi di vita) per le gravi conseguenze ambliopiche (solitamente così profonde da essere difficilmente recuperate anche con un tempestivo intervento e con un adeguato programma di riabilitazione visiva, attraverso l’uso di correzione ottica differenziata per lontano e per vicino e l’utilizzo di occlusione dell’occhio adelfo nei casi monolaterali). Nei soggetti con SD in cui si renda necessaria l’estrazione del cristallino, viene inserita la lente intraoculare artificiale sostitutiva secondo gli stessi protocolli in uso per gli altri soggetti, anche se va posta una particolare attenzione oltre alle più frequenti problematiche intraoperatorie ( scelta della lente per età, dimensioni del bulbo, coesistenza di altre patologie oculari) anche a quelle postoperatorie (in particolare necessità di “compliance” per l’instillazione di colliri ed evitare traumi contusivi che potrebbero comportare un dislocamento della lente stessa) (25).

I soggetti con trisomia 21, inoltre, sono predisposti ad un invecchiamento precoce e quindi allo sviluppo di cataratta “senile” in età inferiore rispetto alla media della popolazione normale.

In conclusione il riscontro di “cataratta”, ovvero di opacità del cristallino, è molto frequente, mentre molto più raramente si pone indicazione all’intervento chirurgico.

Glaucoma congenito

Il glaucoma congenito è, come nella popolazione normale, un’evenienza rara. Risulta però di fondamentale importanza un suo riscontro precoce per poter instaurare il prima possibile una terapia (farmacologica e/o chirurgica) che permetta almeno di limitare i danni (26). I segni sospetti sono dati dalla presenza di un diametro corneale elevato (valori medi normali 10 mm alla nascita, 11 mm dopo il primo anno di vita) ed edema corneale associati ad intensa lacrimazione e fotofobia. All’esame oftalmoscopico del fundus può essere evidenziata un’escavazione patologica del disco ottico. La conferma diagnostica si ottiene mediante esame in narcosi che consente di eseguire un attento esame dell’angolo camerulare (gonioscopia), la misurazione precisa della pressione intraoculare (tonometria) e la stima degli eventuali danni alle fibre del nervo ottico attraverso la valutazione della papilla ottica.

La terapia del glaucoma congenito, anche se può avvalersi dell’utilizzo di farmaci ipotonizzanti, è sostanzialmente chirurgica.

Anomalie del fundus (retina e disco ottico)

Non esistono anomalie del fundus tipiche della SD.

Di frequente riscontro nei miopi elevati sono la coroidosi miopica (evidenziabile coma ampie zone di atrofia più o meno associate a rotture della membrana di Bruch al polo posteriore) e le degenerazioni retiniche periferiche (soprattutto la degenerazione a “palizzata”).

un rilevante problema di diagnosi differenziale che spesso si presenta all’oculista che segue i pazienti trisomici è posto dal riscontro di disco ottico rilevato (27-28). Spesso si tratta di un’anomalia congenita (definita pseudopapilledema) che non comporta nessun disturbo per il paziente e non presenta alcun carattere evolutivo. La diagnosi di pseudopapilledema rispetto al papilledema patologico (ad esempio da ipertensione endocranica e da pseudotumor cere-bri), però, si esegue per esclusione e quindi teoricamente richiede approfondimenti. Alcune caratteristiche cliniche (assenza di emorragie retiniche, aspetto dell’emergenza dei vasi del disco ottico, assenza di congestione vasale e stazionarietà del quadro al follow-up) indirizzano verso la diagnosi di pseudopapilledema piuttosto che edema vero e proprio ma solitamente diventa necessario escludere la presenza di ipertensione endocranica ed altre patologie del nervo ottico attraverso indagini più invasive quali la risonanza magnetica (encefalo ed orbite) e la puntura lombare (29).

In letteratura sono riportati case report di patologie rare del segmento posteriore in soggetti affetti da SD, quali (ialosi asteroide) (30) e amaurosi congenita di Leber (31).

Conclusioni

L’interessamento oculare nella SD è molteplice e praticamente sempre presente in tutti i pazienti anche se in modo variabile da soggetto a soggetto (32-33).

Nessuna anomalia è patognomonica della sindrome ma si può trovare (eventualmente con frequenze diverse) anche nella popolazione generale.

Le scelte terapeutiche per ogni singola problematica possono differire rispetto ai protocolli applicati nella popolazione generale, non tanto per il fatto che il soggetto sindromico possa presentare manifestazioni cliniche differenti, ma anche, e soprattutto, per la diversa gestione che il medico si trova costretto a scegliere in conseguenza alle diverse potenzialità di collaborazione e di compliance del soggetto affetto da trisomia 21.

Infine sottolineiamo la necessità di un precoce e continuo follow-up oculistico dei soggetti Down anche in assenza di sintomatologia.

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Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Umberto Ambrosetti - Valter Gualandri
VERSIONE EBOOKLa sindrome di Down è una patologia nota da tempo nei suoi aspetti morfologici, neuropsichiatrici ed organici. La presente raccolta di saggi, basati sull’attenta analisi della letteratura specialistica filtrata dall’esperienza diretta di ogni Autore, vuole essere una puntualizzazione per il Medico di base e per lo Specialista. Si è cercato di fornire uno strumento agile, ma completo e scientificamente aggiornato, per potere affrontare le varie patologie che non sono “speciali” perché colpiscono una persona Down, ma vanno inquadrate in una cornice particolare in quanto presenti in un soggetto con caratteristiche organiche e cliniche “particolari”. Questo testo non vuole essere uno strumento che induca ad una eccessiva medicalizzazione delle persone Down, le quali non debbono essere considerate “pazienti” ma individui soggetti a rischi clinici polimorfi, rischi che dobbiamo individuare e controllare, esercitando una medicina preventiva a tutti i livelli. Il lavoro, che ha visto impegnati un gran numero di esperti quotidianamente coinvolti nei vari ambiti specialistici per migliorare le condizioni di vita di queste donne e uomini vuole essere di aiuto nella comprensione e gestione delle manifestazioni di questo complesso quadro clinico provocato da una piccola quantità di DNA in eccesso sul cromosoma 21.