36. ESPRESSIONE SONORA
E
MUSICOTERAPIA

LORENZA VIGORELLI • MASSIMILIANO GAVAZZI

L'impronta sonora

Il ruolo della musica e del mondo sonoro ha rivestito una grande importanza nella storia dell’uomo fin dall’antichità. Infatti, la musica sembra essere un mezzo di comunicazione primordiale, al servizio dei legami sociali, uno dei fondamenti di ogni civiltà. i primi strumenti musicali furono costruiti dall’uomo più di 35.000 anni fa: strumenti a percussione, flauti fabbricati con ossa e scacciapensieri forse sono serviti ai primi uomini per comunicare prima ancora di sviluppare un linguaggio articolato.

È importante sottolineare come oggi gli antropologi mettano in primo piano la capacità della musica di fondare una comunità.

Ne è prova il fatto che musica, ritmi, canti e danze ricoprivano una parte fondamentale nei riti di guarigione, nelle manifestazioni religiose, nei momenti celebrativi.

Anche nelle occupazioni quotidiane e nel lavoro la dimensione sonora ha rappresentato una funzione organizzativa nella vita di una comunità: ad esempio le mondine nei campi di riso o gli schiavi neri nei campi di cotone, cantavano per alleviare la loro condizione lavorativa e sociale, rafforzando anche la coesione tra individui della comunità.

Non di meno fare e ascoltare musica ha svolto negli ultimi decenni un ruolo di primo piano nell’identificazione di diverse culture giovanili, caratterizzandole in modo inconfondibile.

L’interesse per il mondo musicale, di recente, ha coinvolto anche l’ambito delle neuroscienze: la ricerca ha evidenziato significative relazioni tra musica e cervello e ha indagato su come produrre e ascoltare musica possa influenzare il nostro sistema nervoso.

È noto che il senso musicale ha origine prima della nascita sin dall’inizio della vita dentro al grembo materno.

Nel periodo prenatale il feto percepisce attraverso il liquido amniotico, dapprima in forma tattile-pressoria, e poi anche in forma acustica, rumori e suoni interni ed esterni alla madre.

Fin da quando nel grembo materno l’apparato uditivo si sviluppa, il feto è in grado di sentire (intorno al 4° mese); la nostra esistenza è immersa in un “bagno di suoni” (1).

Il feto è in una condizione tale da sentire amplificati tutti i rumori dell’organismo materno, battito cardiaco e voce in primis, la respirazione e il fluire della circolazione sanguigna e percepisce, in minor misura, anche i suoni provenienti dall’esterno: la voce del padre o di altri familiari, i rumori dell’ambiente casalingo e del contesto sociale. Senza dimenticare le sonorità delle proprie funzioni vitali.

Non stupisce che gli studi recenti di Peter Heppert (2) abbiano evidenziato come il feto, due settimane prima della nascita, sia in grado di riconoscere la differenza tra un tema musicale ascoltato quotidianamente dalla madre per settimane e un’altra canzone; infatti la sensibilità alla musica nell’ultimo periodo di gravidanza è già altamente sviluppata e una melodia fatta ascoltare ripetutamente al feto continua ad essere riconosciuta e preferita anche dopo la nascita.

La relazione primaria madre-bambino è ricchissima di elementi ritmico melodici, la madre che culla, che canta e che recita le prime nenie sono figure, per così dire, ontologiche dello sviluppo umano.

Queste prime esperienze sonore costituiscono dunque una traccia fondamentale che va ad iscriversi nella storia di ognuno di noi e che rende l’uomo “naturalmente musicale”.

La musicoterapia

La musicoterapia ha natura relazionale e si fonda su due elementi: la musica e la terapia: “È nel rapporto tra questi due elementi che si trova la specificità dell’intervento musicoterapico che non ha nulla di magico e si configura ora come relazione di aiuto, ora come sostegno, ora anche come possibilità di esplorare, attraverso i suoni, le emozioni più profonde” (3).

Musicoterapia non è applicare terapie musicali o sonore in cui intervalli altezze e altri elementi sono prescritti come medicine da somministrare senza alcun riguardo per le esperienze soggettive del paziente e per il valore estetico che sempre accompagna l’esperienza musicale (4).

Per musicoterapia si intende un intervento di carattere preventivo-riabilitativo-terapeu-tico che utilizza l’espressione musicale in senso lato, finalizzandola alla stimolazione e allo sviluppo di funzioni quali l’affettività, la motricità, il linguaggio ecc. (5).

Il termine musica va inteso, nella sua più ampia accezione, come il rapporto uomo/suono, come il risultato di suono-movimento-ritmo.

Il suono, patrimonio che appartiene all’universale, viene proposto come una possibile risorsa per favorire un’integrazione armonica degli aspetti relazionali, emozionali e cognitivi della persona, per facilitare, ampliare e incrementare le potenzialità espressive e comunicative.

L’intervento musicoterapico secondo i bisogni può concentrarsi sugli aspetti fisici, emozionali, mentali, comportamentali o sociali.

Prendendo spunto dalla classificazione di Kenneth Bruscia (6) che individua dieci principali tipi d’intervento, elenchiamo alcuni degli obiettivi di un intervento musicoterapico:

• Favorire la libera espressione di sé attraverso l’utilizzo della voce (voce cantata, voce

parlata ecc.), dei suoni ( corporei, ambientali e musicali) e degli strumenti musicali.

• Facilitare e ampliare le possibilità comunicative della persona, in particolare in persone con deficit di linguaggio o disturbi della comunicazione.

• Favorire la creazione di connessioni tra sensazioni corporee, sentimenti, emozioni, immagini, memorie e pensieri.

• Attivare funzioni quali la memoria e l’attenzione con attività d’ascolto, imitazione/rispecchiamento sonoro, regole di turnazione.

• Favorire una maggiore consapevolezza e regolazione dei propri stati d’animo attraverso la capacità della musica di veicolare sentimenti ed emozioni.

In un percorso di musicoterapia, solo per citare alcuni esempi, esperienze quali: l’improvvisazione strumentale, l’ascolto musicale, il dialogo sonoro, il canto e i giochi ritmici e motori, favoriscono una migliore espressione di sé, delle proprie emozioni, attivano funzioni quali la memoria, l’attenzione e consentono inoltre di raggiungere un maggior controllo della propria impulsività e una migliore coordinazione e organizzazione del movimento. Gli ambiti d’intervento di questa disciplina possono spaziare (attraverso differenti modalità d’approccio e diverse teorie metodologiche) dal campo educativo, preventivo, riabilitativo, terapeutico.

L’intervento può rivolgersi a bambini, adolescenti, adulti, anziani e può essere individuale o di gruppo.

La musicoterapia nella sindrome di Down

Partendo dal presupposto che ogni essere umano è unico e irripetibile, portatore di una sua storia e resta, qualunque sia la sua patologia somatica, “il prodotto di una congiunzione tra un equipaggiamento neurofisiologico di base e un particolare vissuto che può modulare pressoché all’infinto questo assetto di base” (7), senza addentrarci nel quadro clinico, prenderemo in esame l’intervento musicoterapico in relazione ai tratti comportamentali più spesso riscontrati nel soggetto con sindrome di Down (SD).

La loro attenzione e il loro interesse per il mondo sonoro-musicale e la predisposizione naturale ad esprimersi attraverso comportamenti musicali fa sì che l’applicazione della musicoterapia risulti particolarmente idonea ed efficace.

Attraverso una serie di esperienze condotte sul campo cercheremo di illustrare come un percorso di musicoterapia possa facilitare e sostenere aspetti evolutivi inerenti all’area emotiva, affettiva, cognitiva e relazionale.

Alcune funzioni che sembrano essere particolarmente instabili e carenti trovano nelle attività musicali un’opportunità di sviluppo e di rinforzo.

Abbiamo potuto rilevare, per esempio, come l’esperienza di ascolto sonoro che prevede il riconoscimento dei timbri, il rispetto dei turni, l’alternanza suono-silenzio faciliti e migliori le capacità attentive allungandone in modo sensibile i tempi.

In particolare, l’attenzione inizialmente discontinua diventa nel tempo più stabile e si evidenzia come un bisogno riconosciuto e condiviso dagli stessi soggetti nel proseguire del percorso. si rivolgono ai bisogni della sfera motoria i parametri legati al ritmo, al timbro, alla melodia e all’intensità.

Il binomio musica movimento è in questo caso inscindibile, la musica che qui va intesa nella sua più ampia accezione (strumenti musicali, oggetti sonori, voce, suoni ambientali, ecc.) serve a facilitare la percezione corporea e a fornire il tempo e la qualità del movimento.

Elementi sonori diversi o contrastanti suggeriscono la ricerca di qualità di movimento contrapposte: lento-veloce, pesante-leggero, continuo-spezzato.

L’esperienza dei contrasti contempla inevitabilmente la diversificazione dei movimenti e delle sensazioni ad essi collegati favorendo una maggiore consapevolezza del proprio corpo e un maggiore controllo della motricità.

Ulteriore obiettivo è quello di sollecitare l’ampliamento e arricchimento del repertorio gestuale che in alcuni soggetti può rivelarsi povero e stereotipato; la proposta di ascolto sarà, infatti, la più ampia possibile proprio per evitare il rischio di incorrere nella ripetitività sonora e gestuale.

sul versante relazionale abbiamo rilevato come la richiesta affettiva possa manifestarsi con un eccessivo bisogno di contatto corporeo e con una certa difficoltà di separazione, rischiando di compromettere uno sviluppo adeguato della relazione.

La tecnica di musicoterapia del dialogo sonoro (8), che offre la possibilità di comunicare e ‘dialogare’ nella distanza attraverso la voce o gli strumenti musicali, si rivela particolarmente efficace.

Lo strumento rappresenta, in questo caso, il tramite della comunicazione e dello scambio, il suono si carica di affettività e il soggetto, in particolare il bambino, comprende che si può restare in contatto e che ci si può voler bene anche nella distanza.

Il suono, diventa, per usare le parole del pediatra e psicoanalista D.W Winnicott (9), l’oggetto transizionale: il peluche che si fa sostituto nell’assenza dell’altro, così come la voce della mamma, in particolare il canto, può consolare e sostenere il piccolo anche nella distanza.

Il risultato sarà un’organizzazione più adeguata della relazione.

Sul versante emozionale abbiamo potuto osservare come in alcuni casi risulti difficile e faticoso il riconoscimento dei propri stati d’animo e l’espressione del proprio vissuto emotivo.

Questa difficoltà può generare un disagio che frequentemente vede la sua manifestazione in comportamenti di eccessiva inibizione o di aggressività e oppositività.

A questo proposito riportiamo l’esempio di una bambina Down di 11 anni, il cui comportamento oppositivo si manifesta con molta determinazione soprattutto nella resistenza ad accettare nuove proposte; la sua modalità di risposta prevede un No che viene espresso ancora prima di valutare l’attività presentata e che cela in parte la sua paura delle novità.

Una strategia che il terapista ha messo in atto per superare il rifiuto e per far sì che il momento critico non diventasse una sterile contrapposizione di intenti, è stata quella di rispondere al suo No con un si’ accompagnato con il suono del pianoforte.

È nato un gioco di botta e risposta, in cui a turno, attraverso l’uso dell’intensità, ognuno poteva sottolineare e sostenere con minore o maggiore vigore la propria convinzione.

Si è delineata così una nuova attività, il gioco del ‘si e del No’, che ha permesso alla bambina di affrontare con minore resistenza l’accettazione del nuovo.

L’uso del pianoforte e del canto ha permesso di investire il suo NO di differenti significati e sfumature e di abbandonare l’iniziale comportamento oppositivo.

Anche l’utilizzo di musiche in grado di evocare e veicolare stati d’animo come per esempio gioia, paura, tristezza, può facilitare l’identificazione delle proprie emozioni e migliorare l’espressione e la comunicazione di sé.

culturalmente in occidente al modo musicale maggiore si associa un carattere allegro, mentre al modo minore si associa un carattere malinconico.

Abbiamo spesso rilevato come lo stimolo musicale si traduca in una manifestazione corporea mimico-gestuale in relazione al contesto musicale e renda il soggetto più consapevole di ciò che sta provando, permettendogli di riconoscere, comunicare e regolare in modo più adeguato le proprie emozioni.

Conclusioni

Abbiamo cercato di illustrare con una serie di esempi come l’applicazione della musicoterapia si riveli particolarmente significativa e idonea nella SD anche in merito a quanto già esposto rispetto all’attenzione e all’interesse dimostrati da questi soggetti per la dimensione musicale.

Ci preme però sottolineare che questa naturale inclinazione va sfruttata nelle sue più ampie possibilità e deve avvalersi di interventi mirati in funzione di specifici bisogni e di una crescita affettiva e cognitiva, altrimenti rischia di rivelarsi un’oasi protettiva, un rifugio e non una spinta a crescere.

BIBLIOGRAFIA

1. Fornari F., Psicoanalisi della musica, Milano: Longanesi:, 1984.

2. Weinberger N., Nati per il rock?, Mente e Cervello, 2005:52-53.

3. Caterina R., Bunt L., Musicoterapia. In: Enciclopedia della musica, Torino: Einaudi 2002,:419.

4. Caterina R., Bunt L., Musicoterapia. In: Enciclopedia della musica, Torino: Einaudi 2002,:442.

5. AA.VV., Enciclopedia della musica, Milano: Garzanti,1996:586.

6. Bruscia K., Definire la musicoterapica, Roma: Ismez, 1993.

7. Marcelli D., Psicopatologia del bambino, Milano: Masson, 1984:244-246.

8. Scardovelli M., Il dialogo sonoro, Bologna: Cappelli,1992.

9. Winnicott D.W., Gioco e realtà, Roma: Armando Editore, 1974.


BIBLIOGRAFIA DI APPROFONDIMENTO

- Benenzon R., La nuova musicoterapica, Roma: Phoenix, 1997.

- Manarolo G., Borghesi M., Torino: Cosmopolis, 1998.

- Bruscia K., Definire la musicoterapica, Roma: Ismez, 1993.

- Dogana F, Suono e senso. Milano: Franco Angeli,1983.

- Fornari F., Psicoanalisi della musica, Milano: Longanesi, 1984.

- Gilardone M., Musicoterapia e disturbi della comunicazione, Omega Edizioni, 2005.

- Boxill E.H., La musicoterapia per bambini disabile, Omega Edizioni, 2005.

- Gaita D., Il pensiero del cuore, Milano: Bompiani, 1991.

- Marcelli D., Psicopatologia del bambino, Milano: Masson,1984.

- Pavlicevic M., Musicoterapia applicata al contesto, Roma: Ismez, 2004.

- Ricci Bitti P.E., Regolazione delle emozioni e arti-terapie, Roma: Carocci, 1998

- Postacchini P.L, Ricciotti A, Borghesi M., Lineamenti di Musicoterapia, Roma: Carocci, 1997.

- Scardovelli M., Il dialogo sonoro, Bologna: Cappelli,1992.

- Stern D.N., Il mondo interpersonale del bambino, Torino: Bollati Boringhieri, 1987.

- Watzlavick P., Helmick Beavin J., Jackson D., Pragmatica della comunicazione umana, Roma: Astrolabio, 1971.

- Winnicott D.W., Gioco e realtà, Roma: Armando Editore, 1974.

Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Inquadramento clinico, chirurgico e riabilitativo della persona con sindrome di down
Umberto Ambrosetti - Valter Gualandri
VERSIONE EBOOKLa sindrome di Down è una patologia nota da tempo nei suoi aspetti morfologici, neuropsichiatrici ed organici. La presente raccolta di saggi, basati sull’attenta analisi della letteratura specialistica filtrata dall’esperienza diretta di ogni Autore, vuole essere una puntualizzazione per il Medico di base e per lo Specialista. Si è cercato di fornire uno strumento agile, ma completo e scientificamente aggiornato, per potere affrontare le varie patologie che non sono “speciali” perché colpiscono una persona Down, ma vanno inquadrate in una cornice particolare in quanto presenti in un soggetto con caratteristiche organiche e cliniche “particolari”. Questo testo non vuole essere uno strumento che induca ad una eccessiva medicalizzazione delle persone Down, le quali non debbono essere considerate “pazienti” ma individui soggetti a rischi clinici polimorfi, rischi che dobbiamo individuare e controllare, esercitando una medicina preventiva a tutti i livelli. Il lavoro, che ha visto impegnati un gran numero di esperti quotidianamente coinvolti nei vari ambiti specialistici per migliorare le condizioni di vita di queste donne e uomini vuole essere di aiuto nella comprensione e gestione delle manifestazioni di questo complesso quadro clinico provocato da una piccola quantità di DNA in eccesso sul cromosoma 21.