Breve introduzione all’educazione sessuale nell’adolescenza

La richiesta di interventi educativi rivolti ad adolescenti in merito all’infinito crogiulo della loro sessualità tesa tra emozioni, modi di pensare, bisogni di essere, capacità di desiderare e modi di godere, è in rialzo. A sollecitarli sono spesso insegnanti o genitori in difficoltà verso l’esplosione quasi epidemica delle nuove espressioni di varianza di genere dei loro allievi e figli. Gender fluid, Genderqueer, Agender, Bigender, Transgender, Greygender, Crossdresser, Drag Queen, Drag King, sono terminologie che, oltre ad indicare particolari posizioni assunte dall’adolescente rispetto al tradizionale binarismo di genere, incombono enigmaticamente su genitori disorientati. In questo confuso contesto di bisogni e aspettative accade pure che si confonda l’agire educativo con l’atto terapeutico. Si auspica che il primo operi anche nella direzione del secondo, ma è bene tenere distinti i campi. 


L’atto educativo origina nell’assumere sino in fondo la verità del sapere, ovvero il fatto che nessun sapere è nella condizione di dire tutta la verità. Il sapere dell’educatore ha una faglia, un vuoto, non è un tutto pieno, non è mai ciò che colma la mancanza, ma ciò che la produce e la preserva. Certo l’educando, quando già non risucchiato nel godimento del oggetto tecnologico o della sostanza, auspica che il sapere dell’educatore si travasi in lui, ma l’atto educativo non si risolve nel riempire un vuoto quanto piuttosto in un vuoto da aprire, perché il processo educativo è nel rendere il luogo del sapere un luogo della mancanza che permetta di aprire buchi nel discorso sessuale già costituito nella testa dell’adolescente. In assenza di questo movimento non si genera nulla di vivo, al contrario la faglia che attraversa il sapere dell’educatore crea una mancanza che traumatizza ogni discorso costituito. In ciò è la materia incandescente del processo educativo che non inquadra, non uniformizza, non produce allievi ma accende il desiderio di sapere, di andare oltre all’angolo cieco del proprio sapere. In questa accezione l’atto dell’educare non è inteso come mera esplicazione guidata di potenzialità già inscritte nell’adolescente, ma come movimento che sospinge, trascina l’educando sino a farlo divergere dal sentiero già tracciato delle sue conoscenze sessuali, per spingerlo verso l’inedita possibilità di decentrarsi dal proprio Io, dai suoi fantasmi di padronanza e aprirsi alla possibilità di fare esperienza della vita come apertura illimitata. È un auspicabile movimento di trascendenza dal sé che si oppone alla chiusura tipica del godimento otturante dei comportamenti di dipendenza, questo si necessitante di un intervento terapeutico. 


Definire il confine temporale dell’adolescenza non è un’operazione semplice. Se il suo esordio possiamo farlo coincidere con la pubertà fisiologica, il suo termine è quanto mai flessibile e, per certi versi, anche ambiguo. Per certo l’adolescenza è un’età critica, e a chi, esasperato da qualche sua eccessiva espressione, viene da domandarsi a che cosa serva si può rispondere che la sua ragione d’essere è consentire l’acquisizione dell’identità di persona (non solo quella sessuale), intesa nei termini di conquista di una rappresentazione di sé com’essere indipendente, con un proprio percorso di vita ed un senso di valore e unicità della propria personalità. Sperimentarsi com’essere sessuato, prendere decisioni che riguardano la propria sessualità ed imparare a relazionarsi in maniera sessuale contribuisce, appunto, alla formazione dell’identità di persona. La sessualità in adolescenza sembra pertanto essere, in linea generale, al servizio della costruzione dell’identità di persona. Per quanto lo sviluppo psicosessuale inizi molto prima dell’adolescenza, e la strutturazione dell’identità sessuale sia un processo che impegna l’intera esistenza, è nel periodo adolescenziale che il soggetto deve fare i conti con una maturata capacità sessuale e imparare a viverla in una relazione paritaria. È una faccenda complessa: da un lato si è chiamati ad accettare e integrare le nuove sensazioni genitali e a godere dell’esperienza sessuale, ma dall’altro bisogna imparare a controllare i propri impulsi e ad integrarli in una relazione affettiva rispettosa delle esigenze del partner. Ma non basta, infatti, è anche richiesta l’acquisizione della capacità di valutare le conseguenze del proprio comportamento, sia sul piano relazionale che riproduttivo. In questa prospettiva, la conquista della capacità sessuale, sperimentata all’interno del laboratorio adolescenziale, non è solo un compito evolutivo ma anche un’attività che espone l’adolescente a rischi gravosi, gravidi di conseguenze sul piano evolutivo e sul piano della realizzazione esistenziale che, a ragione, permette di definire l’agito sessuale dell’adolescente come comportamento potenzialmente “a rischio”. 


Molti fattori convergono nello spingere l’adolescente fuori casa, lontano dai genitori dell’infanzia: la sessualizzazione del corpo, la nuova forza muscolare, il bisogno di socializzare e il bisogno di conoscenza. Questi sono a ragione ritenuti i registi delle imprese degli adolescenti ma soprattutto rappresentano i motori che avviano il doloroso processo di ricontrattazione del potere all’interno della famiglia, d’eclissi dello splendore delle immagini idealizzate dei genitori dell’infanzia, d’abbandono degli inanimati, ma pieni di vitalità, utensili infantili con i quali si sono fatti veri e propri prodigi. Un’estesa trattazione di questi “motori” non compete l’attuale introduzione, tuttavia è utile una sottolineatura, soffermandosi maggiormente sulla “sessualizzazione del corpo”, per rischiarare lo scenario entro cui si dipana la vicenda sessuale e amorosa dell’adolescente. 

La sessualizzazione del corpo ovvero la maturazione sessuale, che si esprime attraverso la capacità d’eccitamento sessuale e di raggiungimento dell’orgasmo, e la sua rappresentazione mentale, che si esprime sotto forma di curiosità e desiderio sessuale, e la consapevolezza di essere divenuti capaci di generare, rivoluzionano drammaticamente la politica degli investimenti affettivi e relazionali. L’adolescente incomincia a guardare oltre le mura familiari. Il suo nuovo corpo richiede di essere portato fuori casa per entrare in contatto con il corpo del figlio di un’altra famiglia e con questi conoscere le promesse del nuovo desiderio. Per alcuni adolescenti non è però una faccenda così lineare, infatti, è proprio la forte marcatura esogamica della stimolo sessuale a suscitare una certa resistenza se non ostilità. Il nuovo corpo sessuale e i suoi desideri ingovernabili sono ritenuti essere i responsabili della rottura delle illusioni e delle appartenenze infantili. Non tutti gli adolescenti hanno voglia o sono pronti a piegarsi alle urgenti richieste di quest’invasore delle dolci consuetudini della nicchia affettiva primaria. Il nuovo desiderio porta quindi lontano e questo verosimilmente lo rende colpevole, poiché induce la rottura con la famiglia, conduce alla clandestinità, al segreto, al disinvestimento dalle figure tanto amate dell’infanzia per sostituirle con nuovi idoli che, per lo meno in apparenza, non hanno nessuna somiglianza con quelli antichi poiché sorti da nuovi bisogni. I vecchi genitori non sono più necessari: questa è la colpa del corpo sessuato. Il nuovo desiderio non spinge verso un corpo qualsiasi, anche quello più a portata di mano del papà o della mamma, con il quale vi è una consolidata consuetudine di vicinanza, ma proprio verso i corpi dei coetanei, probabilmente per un calcolo della specie che preferisce garantirsi la sopravvivenza inducendo l’accoppiamento tra i suoi membri più giovani. L’adolescente è in lutto poiché il nuovo corpo lo costringe a cercare fuori casa ciò che serve per la sua soddisfazione. Non è un compito spiacevole in sé ma certamente costringe a rinunciare, almeno in parte, alla conservazione dell’appartenenza infantile. Il rapporto dell’adolescente con il corpo è particolare, in nessun’altra epoca della vita accade di odiare ed amare il proprio corpo con passione così intensa. Il corpo è usato (inciso, tatuato, marchiato, dipinto e vestito) non per renderlo più gradevole e desiderabile (questo avverrà in un tempo successivo), ma per fini più narcisistici, nel senso che la sua manipolazione non sembra avere come meta l’amore di coppia, ma un referente più indefinito, ideale, fortemente investito nella mente dell’adolescente, cioè “gli altri”, la propria generazione. Tutto questo lavorio ha come fine la colonizzazione emotiva del proprio nuovo corpo e l’espressione, a beneficio dei colleghi coetanei, delle nascenti rappresentazioni del Sé, utilizzando appunto il linguaggio del corpo. 


Non potendo né volendo in questa introduzione considerare gli innumerevoli temi che costituiscono l’intrico dell’adolescenza va la pena però di dire, per ultimo, qualcosa sulla attuale cattiva fama dell’innamoramento presso gli adolescenti attuali. Si intravede nelle peripezie amorose degli adolescenti la paura dell’amore e quindi un certo tentativo di schivarne i pericoli e gli affanni. Probabilmente questo nuovo atteggiamento origina dagli attuali processi educativi e dalla nuova qualità affettiva della famiglia. Del resto è la famiglia l’ambito relazionale dove si è amati e si impara ad amare e farsi amare. Gli adolescenti di “una volta” non ci sembra avessero troppa paura dell’amore, anzi lo ricercavano attivamente e si dispiacevano se questo non arrivava con la sua passione violenta e i suoi patemi. Ora i ragazzi sembrano essere piuttosto guardinghi, non è infrequente sentirli pronunciare frasi come “è troppo presto per impegnarsi” e altre ancora che coprono inequivocabilmente la paura di immergersi nell’amore. Meglio studiare, godersi gli amici, rubacchiare un po’ di sesso senza impegno, fumarsi qualche spinello, insomma l’amore non sembra godere di eccelsa fama tra gli adolescenti attuali. È un atteggiamento curioso ed è stimolante cercare di capire perché questi ragazzi rifuggono l’amore che è una via, tra le poche disponibili, per regalare un senso alla vita. 

Perché ciò accada ha probabilmente a che fare con la spiccata fragilità narcisistica degli adolescenti attuali. Sono stati idolatrati, protetti dalle frustrazioni, amati per diritto e per statuto, sono vissuti in un contesto di diffuso e spesso acritico consenso, sono stati i gioielli scintillanti dei genitori anche quando, a ben guardare, si sarebbe potuto scorgere la ruggine. Giungono perciò agli appuntamenti adolescenziali impreparati ad affrontare le frustrazioni in generale e anche quelle amorose. Questi ragazzi così fragili sono poco propensi a rispondere con energia alle difficoltà proposte dal nuovo contesto socio relazionale che è così diverso da quello che hanno goduto durante l’infanzia. Ecco, allora, che gli abbandoni scolastici, l’uso di sostanze leggere, le imprese devianti ci parlano della spiccata fragilità narcisistica di questa generazione. Ciò che più conta, però, ai fini della comprensione degli aspetti che sostengono la tendenza degli adolescenti a licenziarsi dai compiti amorosi, è il risultato dell’idealizzazione amorosa associata alla fragilità narcisistica. I ragazzi si rendono conto di idealizzare molto l’oggetto d’amore. Nulla d’insolito: non c’è amore senza forti idealizzazioni del partner. L’idealizzazione, tuttavia, induce un’emorragia di valore necessaria per costruire un grande oggetto d’amore, in altri termini si può dire che l’innamoramento comporti uno svuotamento del Sé. Ciò può generare un sentimento di meschinità amorosa che nasce dai terrificanti confronti fra lo splendore dell’oggetto d’amore e la propria pochezza, figlia della nostra prodigalità al servizio dell’idealizzazione. Accade quindi che nei soggetti più fragili l’idealizzazione, parte invariante dell’amore adolescenziale, e il conseguente impoverimento del Sé, siano un’esperienza intollerabile. Da che cosa possa dipendere la difficoltà a tollerare un’esperienza fisiologica della vita amorosa è difficile dirlo, tuttavia, riteniamo che la famiglia affettiva possa rendere molto suscettibili i ragazzi all’esperienza di perdita di valore a vantaggio del proprio oggetto d’amore. Probabilmente, essere adorati da chi si ama, senza fare alcunchè per meritarselo, è un elemento che entra in gioco nella difficoltà ad amare, se l’amore fa sentire meschini. I genitori di questi adolescenti hanno, invece, vissuto esperienze affettive infantili molto diverse, e per loro l’aver trovato nell’amore fuori della famiglia quel clima d’umiliazione masochistica, di meschinità, di doversi accontentare della benevolenza del partner, significava rivivere pagine scelte dei primi amori domestici, tutti intrisi di brucianti umiliazioni narcisistiche. Sentirsi di valere poco faceva pertanto parte integrante dell’esperienza amorosa e non faceva quindi paura. I ragazzi d’oggi vogliono invece essere ben sicuri di essere adorati e se s’innamorano si appassionano più alla passione dell’altro che non all’altro. In questi casi si rifugge l’amore o se si è già preda dell’innamoramento bisogna dimettersi da questo nell’attesa che si rinforzi un po’ il sé e si diventi così in grado di tollerare il confronto con il proprio doppio senza soccombere alla sensazione della propria meschinità e morire di invidia nel contemplare la sua perfezione e bellezza. 

Un altro motivo di disimpegno dalla coppia, che s’intravede nelle trame amorose adolescenziali, è la paura della dipendenza mentale. Un tempo, la schiavitù amorosa era ambita dagli adolescenti. Essere mentalmente dominati dalla rappresentazione del proprio oggetto d’amore ed essere così costretti a pensarci in continuazione era un serio indizio che l’amore era sopraggiunto ed era valutata un’esperienza buona. Schivare la compagnia cercando la solitudine per meglio gustarsi l’immagine dell’amato stabilmente insediatasi nella mente poteva anche provocare dolore ma era anche festeggiato come l’ingresso in altri pensieri che non fossero quelli aventi per oggetto le trame affettive infantili. L’innamoramento era, infatti, un segnale della liberazione dal dominio delle immagini familiari. Non a caso il primo amore era tenuto sempre un po’ segreto poiché conteneva quest’aspetto eversivo. Oggi, l’atteggiamento degli adolescenti verso il vissuto di dominazione mentale da parte del proprio oggetto d’amore non ha buona fama e per alcuni di loro è certamente da rifuggire. Per questi ragazzi la rappresentazione mentale dell’amata è un nemico, e non una bell’invenzione dell’amore che li accompagna nella vita. Accade spesso che siano innamorati della propria partner e apprezzino la sua compagnia, ma non tollerino assolutamente la presenza della sua immagine nella loro mente quando lei è fisicamente assente, questo li fa sentire troppo invischiati in una relazione. Probabilmente a quest’età non possono permettersi di vedere crescere nella propria mente l’immagine di una persona che chiede grand’attenzione poiché la loro autonomia, appena conquistata, è ancora fragile e richiede molte cure. Alla luce di questa dinamica si può azzardare che l’atteggiamento verso la coppia, di almeno una parte degli adolescenti, sia mutato: la coppia è ancora utile e ambita per realizzare la crescita ma non è un passaggio obbligatorio, almeno nei primi anni dell’adolescenza. 


Ecco tratteggiate solo alcune criticità di quel magma che è la terra di mezzo dell’adolescenza. Ma questo poco mi auguro possa aiutare a dare valore a chi sul campo opera per educare nel tentativo di contagiare i nuovi figli del nostro tempo con la testimonianza del proprio desiderio al fine di stanarli, di farli aprire, di illuminare l’angolo cieco del loro sapere adolescenziale ed aprirlo a nuovi orizzonti. 


Prof. Carlo Rosso Presidente Società Italiana di Psicopatologia Sessuale

La sessualità è una parte fondante della vita di tutte le persone, siano essi adulti o adolescenti, e definire se stessi passa anche attraverso il delicato percorso di costruzione della propria identità sessuale. Il tema della sessualità in adolescenza sembra essere per molti adulti difficile da affrontare, dal contenuto incerto, la cui gestione viene spesso delegata con sollievo ad altri. 


Cosa si intende con “sessualità”? 

Con il termine “sessualità” ci si riferisce agli aspetti culturali, sociali, relazionali e psicologici del comportamento sessuale umano. Essa è una dimensione complessa, esperita in maniera diversa da ognuno di noi. Di frequente la sessualità viene confusa con la “genitalità”, che indica il funzionamento dell’apparato riproduttore e il piacere strettamente interconnesso a quest’ultimo, delineando quelle che sono le pratiche sessuali vere e proprie. 


La sessualità coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano ed è un concetto complesso. Approcciarsi alla sessualità adulta, acquisendo la capacità di vivere serenamente questa dimensione della vita è uno dei compiti evolutivi dell’adolescenza. La sua ottimale realizzazione getta le fondamenta nell’acquisizione di competenze quali la regolazione emotiva, l’accettazione delle sensazioni corporee, la regolazione degli impulsi e la valutazione critica dei propri comportamenti. Essa ricopre un ruolo centrale negli anni dell’adolescenza e partecipa attivamente al passaggio dalla mera dimensione riproduttiva alla piena consapevolezza della complessità della sessualità adulta. Lo sviluppo psicosessuale comporta negli adolescenti la distanza dall’infanzia e li avvicina all’età adulta, lasciandoli però sprovvisti della piena consapevolezza di quali siano i suoi fini e i suoi confini. 


Grazie all’avvento della tecnologia e alla diffusione su larga scala del Web e dei social network, la percezione della sessualità e la sua manifestazione sono cambiate sia nei più giovani che negli adulti. L’eccessiva accessibilità e fruibilità di piattaforme dedicate, ha alimentato molti dubbi negli esperti e soprattutto nei genitori. Molteplici ricerche hanno evidenziato come i ragazzi siano attratti da una sessualità appagante e artefatta a discapito della sua dimensione reale. Questo rende ancora più complessa la comprensione di ostacoli e difficoltà che possono invece incontrare in occasione delle loro prime esperienze sessuali. La pornografia ha giocato un ruolo fondamentale nella lotta tra il reale e l’immaginario. Essa rappresenta un terreno fertile per la compensazione alla solitudine relazionale, ma anche il luogo nel quale potersi rifugiare e poter vedere realizzati i propri desideri socialmente inaccettabili. Questo loop erotico virtuale non fa, però, altro che alimentare le insicurezze e false credenze soprattutto tra i più giovani, che avendo poca o nessuna esperienza “reale” arrivano a credere che quello sia l’unico modo possibile per fare sesso e per esperire la propria sessualità. Questa erronea convinzione può avere molteplici ripercussioni psicologiche sui ragazzi, che possono manifestare sentimenti di frustrazione e insicurezza quando scoprono che le cose non vanno esattamente così.

Come posso parlare di sessualità a un adolescente? 

Durante il periodo preadolescenziale i genitori più volte si domandano quale sia il momento più consono per parlare del sesso e di come funziona, ai propri figli. La risposta a questo quesito non è particolarmente semplice e si discosta dal senso comune. I genitori tendono ad aspettare che siano i figli a porre loro le giuste domande. Non è raro che essi si sottraggano al loro compito educativo e lascino che il mondo educhi al sesso i propri figli. D’altro canto, i ragazzi trovano difficoltà a parlare di sessualità con gli adulti, poiché è un argomento che provoca imbarazzo. Essi manifestano la paura del giudizio e quest’ultima li induce a preferire canali di informazione diversi rispetto a quelli familiari. Un dialogo aperto e sereno in famiglia evita di connotare il sesso come un “tabù”. Le ricerche hanno evidenziato che parlare di sesso sin da quando i figli sono bambini rende i genitori meno impacciati e più predisposti a rispondere alle curiosità poste sull’argomento. Normalizzare questo aspetto della vita permette di educare i figli alla naturalità dell’atto, distaccandoli dalla vergogna. Nella fase adolescenziale può essere più difficile instaurare un dialogo privo di imbarazzo, un’alternativa può essere quella di mettergli a disposizione libri sul tema, consultare insieme il web dimostrando così di comprendere il loro imbarazzo, ma di ritenere particolarmente importante per loro possedere le informazioni necessarie.

Perché fare educazione sessuale a scuola? 

I ragazzi iniziano ad avere rapporti sessuali prima del completamento della maturità psicosessuale. Da questo dato si evince come sia fondamentale informare e formare i giovani, attraverso programmi specifici, al fine di poter fornir loro gli strumenti necessari per avere una sessualità pienamente consapevole. L’educazione sessuale permette di poter incrementare il rispetto della dimensione corporale, evitare la propagazione di modelli preconfezionati e rigidi, ridurre le distorsioni cognitive e i comportamenti sessuali a rischio e costruire relazioni interpersonali fondate sul rispetto. 


L’educazione sessuale non si deve limitare alla mera divulgazione, ma deve poter favorire il pieno sviluppo dei ragazzi, sotto molteplici punti di vista. Instaurare un clima di fiducia, basato sulla comunicazione e sull’ascolto, permettere ai professionisti di informare in maniera corretta i ragazzi sul complesso, ma affascinante, argomento delle relazioni interpersonali e della sessualità. 


La letteratura ha dimostrato come i ragazzi che affrontino percorsi di educazione sessuale, incentrati sullo sviluppo psico-relazionale e socio-affettivo, manifestino un maggior bagaglio di competenze e una maggior consapevolezza sul proprio corpo e su quello altrui, non solo a livello anatomico, ma anche funzionale, sociale e relazionale. L’educazione sessuale all’interno del contesto scolastico risponde alle esigenze dei ragazzi stessi, che coinvolti in un periodo così delicato della loro vita, manifestano apertamente il bisogno di ricevere nozioni ottimali e non filtrate dal senso comune o dal gruppo dei pari. 


Dialogare di sessualità con gli adolescenti, vuol dire inglobare tutte le sfaccettature che li caratterizzano. Per ogni adolescente la sessualità assume un significato del tutto personale, che viene declinato nelle peculiari e caratteristiche dimensioni affettive e relazionali. Quest’ultime si strutturano in base ai percorsi di vita e alle modalità con cui le persone entrano, in maniera del tutto originale, in contatto con la realtà. 


Il modo in cui ciascuno realizza e vive la sessualità è influenzato da tanti fattori diversi: l’ambiente familiare in cui si cresce, gli incontri fatti, il contesto storico e culturale nel quale si è immersi, le esperienze traumatiche che possono lasciare segni, il credo religioso e molti elementi biologici. Per questo motivo non è possibile parlare di «una» sessualità, ma di «molte» sessualità possibili. 


Le differenze nel modo di interpretare la sessualità, quindi, non vanno necessariamente intese come patologiche, ma interpretate come l’espressione unica, personale e originale della propria individualità. 


Per l’adolescente confrontarsi con i temi della sessualità significa sperimentare i cambiamenti del corpo, le diverse modalità di esprimere il proprio essere maschio o femmina e anche l’oggetto del proprio orientamento sessuale. 


Educare alla sessualità significa guidare i ragazzi e le ragazze lungo il loro percorso di maturazione psicosessuale, spesso tortuoso, fatto di incertezze, pericoli e stereotipi con cui confrontarsi. L’obiettivo è che ciascuno trovi il proprio modo di esprimere se stesso, che possa fare scelte libere e consapevoli, rispettose di sé e dell’altro. 


Alla luce di ciò, tutti coloro che si occupano di adolescenti possono fare la loro parte nell’educare alla sessualità: dagli insegnanti, agli educatori, agli allenatori e ai genitori. La famiglia è sicuramente il primo contesto in cui si può fare una buona educazione alla sessualità, in quanto è il primo modello relazionale a loro disposizione. Renderlo un tema trattabile attraverso un dialogo costante può rappresenta il primo step di una buona vita sessuale.

La salute sessuale e riproduttiva è un importante aspetto della crescita e dello sviluppo in particolare in età adolescenziale, averne cura fin dall’infanzia è indispensabile per evitare che patologie o comportamenti scorretti e dannosi possano compromettere la fertilità futura. La salute sessuale, intesa come stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale, non riguarda solo l’assenza di malattie della sfera sessuale, ma anche i comportamenti che possono causare dei malfunzionamenti. Inoltre, comprendere l’importanza di conoscere il proprio corpo e i propri segnali garantisce maggiori possibilità di riconoscere e affrontare eventuali problematiche. 


L’educazione sessuale, pertanto, è qualcosa di più di un mero trasferimento di informazioni di tipo medicosanitario. Essa è strettamente connessa con l’educazione all’affettività e le relazioni, con il rispetto dei diritti umani. L’educazione all’affettività e sessualità deve essere appropriata per l’età e aiutare a far maturare nei bambini e negli adolescenti le competenze che li renderanno capaci di determinare autonomamente la propria sessualità e le proprie relazioni nelle varie fasi dello sviluppo.

Il supporto di professionisti è necessario quando vi è bisogno di informazioni complesse e di tipo tecnico (es. quelle riguardanti la contraccezione, le modalità di contagio delle infezioni sessualmente trasmesse, l’interruzione della gravidanza e le leggi esistenti a riguardo, la presenza di centri di ascolto sul territorio). 


Sono diverse le iniziative presenti in Italia che si occupano del tema. In Emilia-Romagna, dal 2013, è attivo il progetto “W l'amore” rivolto agli studenti delle terze classi delle scuole secondarie di primo grado e dei contesti educativi extrascolastici con lo scopo di promuovere benessere e competenze nella sfera affettiva e sessuale. 


Gli obiettivi generali sono i seguenti: 

  • Favorire l’espressione e la condivisione dei sentimenti e delle emozioni in un contesto di accettazione e di promozione; 
  • Creare occasioni di manifestazione dei propri sentimenti positivi verso se stessi e verso gli altri, 
  • Condividere l’importanza delle “carezze”, in quanto atto di empatia e tenerezza verso il corpo altrui 
  • Riflettere sulla propria ed altrui corporeità, anche in relazione alla dualità maschio/femmina; 
  • Creare occasioni di manifestazione di timori o paure sui temi in oggetto. 
  • L’identità in genere: chi sono io?; L’autoconoscenza; Le emozioni: consapevolezza e possibilità di espressione e di gestione; Io sto bene quando… io sto male quando… 
  • Individuare le risorse di ognuno: quali abilità sono necessarie per capire l’altro? • Individuare i limiti di ognuno: analisi degli eventi avversi e traumatici nelle diverse fasi dello sviluppo per legittimare la presenza di ostacoli nel vivere adeguatamente il proprio corpo, le proprie emozioni e la loro libera espressione

CONOSCERE PER CONOSCERSI 

La SISPSe dal canto suo si occupa di educazione all’affettività e alla sessualità partendo dal contesto delle comunità psichiatriche, ambito in cui il tema della sessualità si sovrappone a quello del disturbo. Questa esperienza ha permesso di evolvere a progetti focalizzati sui giovani e a perseguire l’obiettivo primario della nostra società, la prevenzione. Si è, pertanto, intrapreso un percorso di educazione nelle scuole secondarie, cercando di rispondere alle esigenze, ai bisogni e alle domande di insegnanti, genitori e degli stessi ragazzi. Il progetto mira ad aiutare i preadolescenti ad aumentare le informazioni e a potenziare attitudini e abilità riguardanti le relazioni interpersonali, l’affettività e la sessualità, con l’obiettivo di vivere questa dimensione della propria vita in modo consapevole e sicuro, rispettoso di sé e degli altri, oltre ad individuare precocemente problematiche che possono interferire con uno sviluppo sano. Il nostro progetto dal titolo “Conoscere per conoscersi” nasce dalla richiesta di alcune scuole secondarie di far fronte a problematiche emerse sul tema. 

Il progetto si è strutturato in 6 incontri, ognuno dei quali focalizzato su tematiche specifiche e articolato in una parte frontale e una esperienziale. Di seguito la declinazione degli incontri e i loro contenuti. Ogni incontro è propedeutico al successivo e va inteso come un percorso che partendo dalla consapevolezza di sè e delle proprie emozioni, passa attraverso la percezione del corpo e delle sue sensazioni, per giungere all’erosione del pregiudizio e all’accettazione di sè, nel rispetto dell’altro.
Primo incontro: Educazione all'affettività 
L’educazione all’affettività ha l’obiettivo di sviluppare l’intelligenza emotiva a partire dalla consapevolezza delle proprie sensazioni, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti e di accrescere le abilità affettive con l’obiettivo di favorire una buona relazione interpersonale. 

Quali sono le principali funzioni necessarie per una buona regolazione emotiva? 

La metacognizione è intesa come capacità del soggetto di compiere operazioni cognitive sulle proprie e altrui condotte psicologiche, nonché la capacità di utilizzare tale conoscenza a fini strategici per la soluzione di compiti e per padroneggiare specifici stati mentali fonte di sofferenza soggettiva (Semerari, 1999). La stessa metacognizione si distingue in: autoriflessività, comprensione della mente altrui decentramento e mastery: 

- L’autoriflessività si intende come la capacità di riconoscere le proprie operazioni cognitive (pensare, sognare, ricordare), di comprendere le relazioni di causalità tra i propri stati interni e tra essi ed eventuali variabili sociali o relazionali, di distinguere tra le proprie rappresentazioni interne e la realtà, di comprendere i propri stati emotivi (gioia, rabbia, tristezza,…)
 
- Decentramento: Abilità del soggetto di rappresentarsi il funzionamento mentale delle altre persone
 
- Mastery: Capacità del soggetto di rappresentarsi i problemi psicologici in termini di problemi da risolvere. Capacità di elaborare strategie adeguate alla risoluzione del compito 

Le principali abilità affettive sono pertanto la consapevolezza e la distinzione tra percepire, sentire e agire, il controllo degli impulsi emotivi e la coscienza delle conseguenze delle proprie azioni, la capacità di condividere i propri sentimenti e di comprendere quelli altrui.

Il primo incontro ha come obiettivo quello di riuscire a fornire al ragazzo informazioni sulle sue emozioni e sulla sessualità intesa come capacità espressiva dell’individuo nella sua globalità, inserita quindi in un contesto fortemente educativo di sviluppo della personalità. Al fine di non cadere in una pura e semplice informazione sessuale si intende completare l’educazione alla sessualità con le dimensioni relazionale, affettiva, di intimità condivisa, di narrazione reciproca. 

La teoria alla base di questo approccio è quella dei sistemi motivazionali, in quanto ci aiuta a comprendere le basi biologiche, etologiche, psicologiche e intersoggettive legate alla relazione e all’incontro con l’altro, partendo dal loro sviluppo e arrivando a comprendere come agiscono nelle relazioni affettive e sessuali.

Cosa sono i sistemi motivazionali e a cosa servono? 

I sistemi motivazionali si fondano su disposizioni innate, selezionate nel corso dei processi evoluzionistici, e costituiscono tendenze e propensioni ad agire verso obiettivi specifici, capaci di regolare il nostro comportamento e le nostre emozioni in vista di una meta ben definita. La motivazione è un processo che avvia, guida e mantiene i comportamenti mirati. Essa è lo stimolo, cosciente o meno, all’azione volta in direzione del raggiungimento di un obiettivo desiderato (sia di natura biologica che sociale). 

Le motivazioni primarie indicano quelle motivazioni che svolgono la funzione di soddisfare i bisogni primari quali fame, sete, sonno, sessualità ecc. le motivazioni secondarie sono invece motivazioni acquisite o apprese dal contesto e dall’ambiente di vita, non necessariamente legate a motivazioni pratiche (es. bisogno di fare amicizia o di autoaffermarsi). Autori come Darwin, Ekman, Bowlby, Panksepp e Gilbert condividono la tesi centrale che, in vista del raggiungimento di determinati obiettivi adattivi, esistono dei sistemi psicobiologici frutto dell’evoluzione, omologhi nell’uomo e negli animali, che regolano sia i comportamenti ma anche le emozioni utili a raggiungere l’obiettivo desiderato. Tali sistemi sono detti sistemi motivazionali. 

I sistemi motivazionali possono essere influenzati dall’apprendimento e dalla cognizione, talvolta spesso al di fuori della consapevolezza. Le disposizioni innate alla relazione sociale, in particolare, divengono coscienti in forma di esperienze emozionali. 

Un sistema motivazionale è dunque un sistema cerebrale e mentale che regola il comportamento e le emozioni in vista di una meta ben definita. Esso è un sistema funzionale complesso, concepito come simile ai sistemi fisiologici, dunque non “meccanico” come l’istinto, né “idraulico” come la “pulsione” ma, come l’istinto e la pulsione, è “universale” e “naturale”, cioè presente in tutti i membri della stessa specie (Liotti, 2016).

Bowlby, partendo dagli studi etologici, individua nelle predisposizioni o tendenze innate (distinte dagli istinti propriamente detti) quegli elementi che determinano il funzionamento psichico. Per Bowlby il più importante dei sistemi motivazionali è quello dell’attaccamento, il cui significato evolutivo è l’aver consentito la sopravvivenza dei cuccioli d’uomo nella avverse condizioni ambientali preistoriche. La teoria dell’attaccamento è la prima applicazione alla psicologia clinica della scoperta di sistemi motivazionali innati che spingono alla costituzione di legami intersoggettivi in vista di scopi sovraordinati di sopravvivenza come, nel caso dell’attaccamento, la protezione dai predatori. L’elemento della Teoria dell’Attaccamento che maggiormente ha permesso di ampliare gli orizzonti teorici e clinici è proprio la concettualizzazione di motivazioni innate che spingono alla costruzione di legami interpersonali e che guidano la costruzione dei significati personali allo scopo di adattarsi all’ambiente attraverso le relazioni (Farina, Liotti, 2011).

Per primo Lorenz aveva compreso che, anche in specie semplici come le oche selvatiche, esistono motivazioni innate a formare legami e che queste sono dotate di sistemi cognitivi aperti, ovvero capaci di apprendere dall’esperienza concreta, per regolarne i comportamenti e le aspettative e per meglio adattarsi all’ambiente interpersonale (Lorenz, 1974; 1989). 


Ogni emozione umana presuppone l’intervento dei processi cognitivi superiori dell’uomo. In Italia Liotti, seguendo la proposta di Gilbert, ha ipotizzato la presenza di alcuni sistemi motivazionali interpersonali (SMI) che attivano e regolano singoli e distinti aspetti dello scambio interumano: 


  • gli SMI di attaccamento volto alla ricerca di cura e conforto in situazioni di pericolo o dolore; 
  • gli SMI di accudimento, volti all’offerta di cura e conforto in situazioni di pericolo o dolore; 
  • lo SMI agonistico per la definizione del rango sociale; 
  • lo SMI sessuale per la regolazione dei comportamenti seduttivi implicati nella formazione della coppia; 
  • lo SMI cooperativo (evoluzionisticamente più moderno e raffinato) per la cooperazione tra pari in vista di un obiettivo comune (Liotti, 1995).

Qual è il ruolo delle emozioni? 

Le emozioni sono modalità di funzionamento dei sistemi motivazionali interpersonali e possono essere avvertite consapevolmente. Quando due persone si incontrano, dunque, il loro scambio intersoggettivo è sempre regolato e motivato dagli SMI che, di conseguenza, si attivano. 

Il sistema motivazionale dell’attaccamento è finalizzato all’ottenimento di aiuto e vicinanza protettiva da parte di un’altra persona individuata come idonea e che si individua primariamente nella figura materna. Il sistema si attiva, quindi, sin dalla nascita, per poi assumere il controllo di emozioni e comportamenti nelle situazioni di dolore, pericolo, percezione di vulnerabilità e solitudine nelle diverse fasi dello sviluppo. 

Il sistema è reciproco a quello dell’attaccamento. Esso rappresenta l’offerta di cura e supporto all’altro, agevolando le possibilità di sostentamento di altri individui all’interno del proprio gruppo. Il sistema è attivato dai segnali di richiesta di conforto e protezione emessi da un altro individuo, a sua volta motivato dal sistema di attaccamento, o dalla percezione della sua fragilità/condizione di difficoltà. Le emozioni derivanti dagli ostacoli al raggiungimento della meta del sistema sono ansia, compassione, tenerezza o colpa per il mancato accudimento. Al disattivarsi del sistema, invece, si provano emozioni di sollievo, tenerezza protettiva e gioia, in quanto si percepiscono come appagati i propri bisogni di cura e conforto. 

Il sistema della sessualità è finalizzato alla formazione e al mantenimento della coppia. Il sistema è attivato da segnali fisiologici interni all’organismo, come variazioni ormonali, legati all’attrazione, al bisogno di vicinanza fisica e da segnali comportamentali di corteggiamento emessi da un altro individuo per raggiungere questo obiettivo. Esso pertanto si riferisce non solo all’atto sessuale, ma anche ai passaggi che conducono alla formazione della coppia stessa. Quando si incontrano ostacoli nel raggiungimento della meta perseguita dal sistema si attivano emozioni di pudore, paura del rifiuto e gelosia. Tali sentimenti sono spesso fonte di sofferenza nell’individuo, verosimilmente in quanto non se ne conosce l’origine. Fornire agli adolescenti gli strumenti per comprendere la naturalezza di queste emozioni li mette nella condizione di poterle gestire con maggiore efficacia e di autorizzarsi a provarle. La percezione dell’avvicinarsi della meta invece può essere collegata all’esperienza emotiva del desiderio e piacere erotico. L’orgasmo pone termine all’attivazione del sistema, che può essere disattivato anche dall’attivazione di altri SMI. All’interno della coppia sessuale può naturalmente verificarsi l’attivazione di altri SMI (attaccamento-accudimento, agonistico, cooperativo) con il conseguente arricchimento di forma e qualità della relazione. 

Il sistema agonistico è finalizzato alla definizione dei ranghi di potere e di dominanza/sottomissione per regolare all’interno di un gruppo i ruoli. Nelle relazioni interpersonali l’agonismo potrebbe rappresentare un elemento di sbilanciamento dei ruoli all’interno della coppia e dagli ostacoli nel raggiungimento della meta perseguita dal sistema derivano le emozioni di: paura da giudizio, vergogna, umiliazione, tristezza da sconfitta e invidia, associate a quelle di collera da sfida, trionfo, orgoglio, disprezzo, superiorità nel momento in cui si percepisce la sconfitta. Ci troviamo nuovamente di fronte ad emozioni complesse, che però vengono percepite e vissute sia dagli adolescenti che dagli adulti, se pur con gradi di intensità differenti, e possono in entrambi i casi condurre a delle difficoltà nella relazione. 

Il sistema cooperativo ha come meta il conseguimento di un obiettivo comune, più facile da raggiungere attraverso un’azione congiunta. Il sistema è attivato dalla percezione degli altri individui come “pari”, quindi in un assetto di vicinanza che si trasmette attraverso segnali quali il sorriso e lo sguardo. Gli ostacoli al raggiungimento della meta perseguita dal sistema sono associati ad emozioni di colpa, rimorso, isolamento, sfiducia, odio per il tradimento. Il raggiungimento della meta invece porta a provare conforto, gioia da condivisione, lealtà, amicizia, sicurezza e fiducia. 

Comprendere quali sistemi attivano un determinato tipo di emozione significa riuscire a trasmetterlo, attraverso un linguaggio comprensibile ai ragazzi e fornirgli un utile strumento di autosservazione, e potenziare le loro abilità sociali e relazionali.
Le domande e i temi che spesso coinvolgono gli adolescenti sono: 

  • Il cambiamento: cosa accade al mio corpo? Mi piace? Mi disgusta? Come cambiano i pensieri? 
  • Aspettative: quali sono i modelli di riferimento di ognuno? Quali sono le fonti a cui attingo per informarmi? Il rischio di stereotipi e pregiudizi relativi all’essere uomo e all’essere donna presenti nel contesto familiare, sociale e mediatico possono influenzare la concezione di se stessi e del mondo. 
  • Le fasi dell’amore: cosa vuol dire essere innamorati? Come lo riconosco? Come sto con lui/lei? Quali sono le emozioni che mi trasmette. Come posso capire se sono ancora innamorata e come si lascia? Litigare significa lasciarsi? I modelli relazionali e familiari di riferimento incidono e modificano il modo in cui i giovani possono approcciarsi alle relazioni. 
  • Nessuno mi vuole! Come ci si sente nel non essere scelti mentre gli altri intorno a noi cominciano a fare le loro prime esperienze? Quali emozioni suscita e come posso fare per cambiare la situazione se non mi piace o per fare capire agli altri che mi va bene così? 
  • L’amore tossico: riconoscere le relazione buone da quelle problematiche passando attraverso la propria percezione della relazione e di se stessi all’interno di essa. Concetti come quello di assertività nelle relazioni, autoconsapevolezza, empatia, comprensione dei sentimenti dell’altro, capacità di comunicare, uso sicuro di internet, pornografia.

I genitori, spesso depositari di dubbi e incertezze su questi argomenti dovrebbero essere coinvolti durante l’intero percorso attraverso incontri informativi iniziali, in cui si raccolgono le loro esigenze e i loro dubbi e preoccupazioni. Un percorso formativo sui temi propri dell’adolescenza e un incontro di restituzione e valutazione del progetto. Inoltre, si stanno recentemente sviluppando programmi di supporto all’adolescenza già negli istituti scolastici, come ad esempio gli sportelli psicologici. Le famiglie devono autorizzare il ragazzo a partecipare alle iniziative riguardanti il supporto psicologico, l’educazione affettiva e sessuale. Le risposte degli stessi genitori ai programmi formativi rappresentano un primo elemento di confronto e informazione sul tema. 


È ancora diffusa in Italia la concezione di educazione all’affettività e alla sessualità intesa come programma incidentale, cioè che risponde ad eventi avversi sul tema (es. atti di bullismo tra ragazzi su questioni legate all’orientamento sessuale). L’obiettivo del nostro progetto è di prevenire e proporre questi programmi senza che vi siano eventi avversi che li rendano necessari. L’educazione sentimentale o emotiva, intende pertanto costruire un alfabeto delle percezioni/emozioni/sentimenti, orientare i ragazzi nella costruzione e nel consolidamento di relazioni amicali e intime, nella gestione di una vita di coppia costruttiva, questo anche come forma di prevenzione della violenza di genere.

Educazione all'affettività e alla sessualità
Educazione all'affettività e alla sessualità
Affrontare il tema della sessualità in adolescenza
A cura di: Carlo Rosso, Antonella Contarino, Massimo Bartoli, Marco Corica, Simone Magno, Marcello Paltrinieri, Sofia Minni, Domiziana Ponticelli, Veronica Tatti, Erica Cosentino, Daniele Di Meglio, Elena Santucci, Maura Garombo La richiesta di interventi educativi rivolti ad adolescenti in merito all’infinito crogiulo della loro sessualità tesa traemozioni, modi di pensare, bisogni di essere, capacità di desiderare e modi di godere, è in rialzo. A sollecitarlisono spesso insegnanti o genitori in difficoltà verso l’esplosione quasi epidemica delle nuove espressioni divarianza di genere dei loro allievi e figli. Gender fluid, Genderqueer, Agender, Bigender, Transgender,Greygender, Crossdresser, Drag Queen, Drag King, sono terminologie che, oltre ad indicare particolari posizioniassunte dall’adolescente rispetto al tradizionale binarismo di genere, incombono enigmaticamente su genitoridisorientati. In questo confuso contesto di bisogni e aspettative accade pure che si confonda l’agire educativo conl’atto terapeutico. Si auspica che il primo operi anche nella direzione del secondo, ma è bene tenere distinti icampi.