Capitolo 18
Traiettoria, Tempo, Talenti/Trappole

A

 questo punto, hai il tuo Perché, con P maiuscola, hai il tuo obiettivo ben posto, intelligente. Cosa devi fare? Devi fare. Punto. Sì, ma cosa? Beh, hai il motivo per il quale costruire il tuo ponte (il tuo Perché), hai deciso dove puntare il tuo ponte, su quale sponda vuoi arrivare, su quale sponda vuoi che ti porti il tuo ponte, giusto? In quanto tempo ecc ecc. (Hai deciso di fare il cardiochirurgo perché (tuo perché), entro X anni. Ottimo Adesso che sai dove puntare il ponte, devi capire come costruirlo. Devi capire cosa e quando fare. Che traiettoria devi fare per arrivare alla laurea? Quanto tempo ci vorrà? Se l’obiettivo è laurearti, la traiettoria può essere relativamente semplice. Passare X esami uno dopo l’altro. Come avrai capito, avendo posto il tuo obiettivo in modo corretto, molte di queste informazioni ce le hai. Magari non le avevi quando hai iniziato a porti il problema dell’obiettivo, ma ti servivano e spero che te le sia andate a trovare (esempio, numero di esami, date degli esami, date delle lezioni, professori da contattare in caso di bisogno, orari di ricevimento, libri di testo da comprare ecc). Tutto quello che è la pianificazione dei lavori per il tuo ponte. Puoi vedere gli esami come i pilastri da costruire, ognuno con le sue regole ed esigenze, libri, esercizi ecc. Qualche capitolo fa ti ho dato un MINI MINI metodo di studio, sempre basato sul metodo PONTE, semplicemente utilizzando Tempo e Traiettoria. Trovi un metodo di studio che ti facilita il lavoro, e lo segui. Poi T di Tempo: ti serve ritmo, costanza, perseveranza. non puoi pensare di raggiungere grandi traguardi da un giorno all’altro. Tempo e ritmo. Meglio mezz’ora a piedi tutti i giorni piuttosto che otto ore di corsa nel fine settimana. Migliori di più, coltivi un’abitudine e non ti fai male con mezz’ora al giorno. Se vai a correre e non sei allenato, ed esageri, rischi di rimanere con le gambe doloranti per giorni. Non ha senso. Non si tratta di “andare piano” piuttosto che andare veloci”. Si tratta di andare nel modo giusto, e il modo giusto non è rimanere fermi tutta la settimana e fare le corse la domenica. Il modo giusto è fare ogni giorno qualcosa. Quanto? Dipende da quanto vuoi correre e dalla tua situazione di oggi. Devi essere realistico, e devi prendere l’abitudine di correre. L’obiettivo NON è correre, l’obiettivo è diventare un corridore. C’è una sottile enorme differenza. Sono un corridore se tutti i giorni mi infilo i calzoncini e vado mezz’ora a correre, o se lo faccio una volta ogni tanto? Io sono stato entrambe le cose, per necessità, per scarso interesse nella corsa, e indubbiamente è più producente la mezz’ora giornaliera, che poi aumenta regolarmente, sia come tempo, sia come intensità. Ci vuole tempo per trasformare una nuova azione in un’abitudine (vedi più giù SANE ABITUDINI). Se non hai mai studiato ai ritmi di un universitario (normale quando sei matricola) devi semplicemente prendere questa nuova abitudine. Devi diventare uno studente (modello) universitario, quello che va alle lezioni, prende appunti, studia e di conseguenza passa gli esami. 


Ci vuole il tempo necessario per ogni cosa, e un percorso, una traiettoria per raggiungere l’Obiettivo che ci diamo, per evitare di girare a tondo o andare nella direzione sbagliata. Fin qui è chiaro. Ora bisogna fare poi attenzione alle trappole (procrastinazione, scarso focus, distrazioni di mille generi, poca disciplina ecc). Molto spesso le trappole sono i nostri stessi talenti, se ci “approfittiamo di loro” pensando che non serva impegnarci. Sì, perché "un talento senza azioni per coltivarlo e svilupparlo è come una Ferrari chiusa in garage, coperta e senza benzina. " (Coach Claudio) Coltivare invece il nostro talento è una delle cose migliori che possiamo fare, per farlo crescere, evolvere, sviluppare. Il talento è la nostra Ferrari, è l’auto che ci può permettere di andare veloci e facilmente. Il lavoro e l’impegno che ci metteremo nell’imparare come guidare al meglio la nostra Ferrari sarà cosa farà uscire la nostra Ferrari dal Garage e ci farà correre veloci verso i nostri obiettivi. Vedremo più avanti su quali talenti puntare e come distinguerli, anche come trovarli se crediamo ancora di non averne. Ora solo un breve accenno alle trappole: le trappole sono ostacoli che non vediamo. La distinzione fra Trappola e Ostacolo è molto piccola, io ho deciso di separarli semplicemente perché alcuni tipi di ostacoli sono veramente difficili da riconoscere, e quindi possono non solo farci inciampare, possono proprio portarci fuori strada senza che ce ne accorgiamo. Un conto è un sasso che mi blocca il cammino. Lo vedo, ci posso inciampare, poi mi rialzo e posso toglierlo dalla strada, per non trovarmelo tra i piedi la prossima volta. Altra storia è una trappola, un buco nascosto da rami e foglie. Ci metto il piede sopra e in un attimo mi trovo in una fossa dalla quale è molto difficile uscire.

Traiettoria

Traiettoria: abbiamo capito dove andare, chi diventare. Abbiamo un perché abbastanza forte da togliere ogni dubbio. Adesso dobbiamo scegliere come arrivare dove vogliamo. La riva su cui vogliamo arrivare è decisa, è scelta. Ora dobbiamo capire da dove stiamo partendo, cosa ci serve per arrivare alla meta. In che direzione dobbiamo puntare il nostro ponte. La traiettoria è proprio questa. Idealmente i ponti sono dritti, perché la minor distanza tra due punti è una linea retta. Certo, se parliamo di mondi ideali, di pezzi di carta con due puntini e niente in mezzo. Nella vita reale possiamo trovarci di fronte ostacoli, anzi, ci troveremo di sicuro davanti a ostacoli più o meno piccoli, più o meno grandi, più o meno riconoscibili. Prima di iniziare a costruire il nostro ponte, quindi, dobbiamo decidere che strada prendere. A questo punto dobbiamo contare il fattore TEMPO. Ci vuole tempo per qualsiasi cosa abbia un senso. Se vuoi contraddirmi, scrivimi pure, sarò contento di trovare cose che hanno un senso che si possono avere, raggiungere, ottenere in poco tempo. Qualcuno potrebbe dirmi che un orgasmo è questione di secondi. Certo. Questo però è sempre la punta di un iceberg, la conclusione di un processo che dura ben più di qualche secondo. C’è tutto il resto del rapporto, e ancora prima c’è quello che ha portato al rapporto. Detto questo, ciò non vuol dire che devi cercarti la traiettoria più lunga, questo no. Solo che devi, dobbiamo, essere pronti a investire tempo in ciò che vogliamo costruire. La fretta non è quasi mai una buona consigliera. La fretta il più delle volte nasce da scarsa o errata pianificazione. È un’ottima consigliera – la fretta – se siamo inseguiti da una tigre. Allora sì. Una tigre vera, non immaginaria. (Vedrai nel capitolo delle paure, che molte sono invece immaginarie). Quindi possiamo vedere la traiettoria come il metodo che vogliamo usare per arrivare al nostro obiettivo. Se l’obiettivo è diventare il numero uno di un argomento, dobbiamo mettere in conto di studiare, approfondire, frequentare seminari (ora con quelli online è molto più semplice di prima, vale la pena approfittarne), quali autori seguire, quali gruppi sui social, quali canali YouTube, quali libri leggere e così via. Può sembrare una traiettoria lunga, ma non lo è. Una volta prese abitudini coerenti (es: ogni mattina 30 min per leggere un libro, 20 min per un video YouTube... mentre faccio jogging ascolto un audiolibro) vedrete che non sarà difficile. Diventeranno tante piccole abitudini che ti permetteranno di aumentare esponenzialmente le vostre conoscenze di quel determinato argomento. Ma l’università non basta? La domanda è mal posta. La domanda giusta è “fino a che livello di conoscenza mi porta l’università?” e la risposta a questa domanda è un’altra domanda “a che livello di conoscenza vuoi arrivare? A quella universitaria, ottima, che ti permette di essere in concorrenza con tutti i tuoi colleghi, o a un livello in cui non c’è competizione?” Ti ho sentito, ma tutti diventano fenomeni ci sarà comunque concorrenza fra fenomeni. Intanto ti consiglio il capitolo “Scarsità vs Abbondanza”, poi, ti faccio notare che l’argomento specifico che piace a te, anche se piacesse a tutti i tuoi compagni, avrebbe sempre più domanda che offerta. Perché là fuori non c’è la città, non c’è l’Italia, c’è il mondo. Siamo sette miliardi di persone. A quanti serve uno specialista iper preparato in questo argomento? A più persone di quante possano raggiungerne uno. Senza parlare del fatto che essendo ognuno diverso, anche se diventiamo specialisti dello stesso argomento, per piccolo che sia, ognuno di noi avrà le sue peculiarità. 


L’importante è non voler tutto subito, libri, corsi, audiolibri, seminari. Altrimenti rischi di essere sopraffatto da quello che ti sembra di dover fare subito. Come se dovessi fare i trenta esami tutti assieme. Parti col tuo ritmo (approfondisco più avanti), un mattone per volta, un pilastro per volta e avrai il tuo ponte. Una volta costruito potrai allargarlo, metterci più corsie mentre le altre permetteranno il collegamento tra le sponde. Vedi, c’è chi crede che con l’esame di maturità si smetta di studiare. Può essere se decidi di fermarti, ma ti assicuro che se segui il metodo PONTE, trovi il tuo Perché, esprimi i tuoi talenti e sviluppi i tuoi punti di forza, vedrai che sarà un piacere continuare a studiare. Altrimenti significa che non sei nel posto giusto. Torna indietro e rifai i passaggi, perché se non vedi l’ora di arrivare a casa per stare con la famiglia, vuol dire che sei una persona sana (di principi, di mente, e hai il tuo equilibrio casa-lavoro), ma se non vedi l’ora di scappare dall’ufficio... allora sei quanto meno nell’ufficio sbagliato (due motivazioni diverse per la stessa azione arrivano da perché diversi). Si risolve tutto. Basta cambiare. Ti aiuto a trovare il modo di vincere gli ostacoli e sconfiggere la paura al cambiamento. Un passo per volta. Adesso scegli la traiettoria (Facoltà, piano di studi, master, tipo di azienda a cui mandare CV, sono tutti esempi di traiettoria, e ognuna di queste ha altre traiettorie al suo interno, così come un ponte è composto da pilastri e ogni pilastro è composto da mattoni). A volte poi, succede di dover cambiare traiettoria, perché succede qualcosa di imprevisto. Questo non è un problema. Il problema c’è solo se cambi destinazione, se decidi di non andare dove stavi andando, di non raggiungere quella sponda. Il ponte lo puoi fare anche curvo per aggirare un ostacolo, o più alto per sorvolare l’ostacolo. Può andare un po’ più lento perché bisogno scavare fondamenta più profonde per un determinato pilastro. Poco importa. L’importante è che tu non distogli il tuo focus dal tuo obiettivo, dal tuo sogno, dalla vita che vuoi realizzare.

Controvento

Sì, mi ostinavo a fare, fare, fare. Quando ho visto che le telefonate erano poco redditizie, che le centinaia di mail che mandavo non venivano nemmeno aperte, allora (sempre perché credevo che fosse giusto così) ho iniziato a visitare i potenziali clienti “a freddo”, come si dice in gergo. Qualcosa di molto simile a un’imboscata. Dal momento che all’epoca i potenziali clienti erano showroom di arredo bagno, era molto semplice. Mi presentavo senza appuntamento (perché non riuscivo a prenderne, né telefonando, né scrivendo mail), facevo un giro come fossi un potenziale cliente, e non appena qualcuno si accorgeva di me mi presentavo con qualcosa del tipo “Buongiorno, mi chiamo Claudio Allavena, passavo di qui e ho visto la vostra bellissima vetrina. Sono nel settore, lavoro per la... produciamo bellissimi arredi. Ci conoscete? Chi si occupa di questi prodotti? Posso avere un contatto?...” A volte mi andava bene e riuscivo anche a fare l’appuntamento sul momento, se il proprietario era in sala mostra e aveva tempo. Allora tornavo alla mia fiat Punto (parcheggiata abbastanza lontana da non essere vista) a prendere i listini e tornavo a fare la mia presentazione. Devo aver recitato la storiella del “passavo di qui per caso” così tante volte che alla fine ci credevo anche io. Ero così convincente che le mie presentazioni aumentavano di continuo. Quello che però non avevo calcolato erano i costi. Quanto mi costava andare in lungo e in largo per la Rep. Ceca (per darti un’idea, un’estensione paragonabile al triveneto, con un decimo delle autostrade), in macchina, tra diesel, alberghi (presunti tali) e pasti al sacco? Quanto mi costava in termini di tempo? Certo, tornassi indietro direi a questo benintenzionato volenteroso agente: fermati due o tre mesi, studia il ceco, leggiti un paio di libri di vendita, cercati un mentore e poi vai alla carica! Con la strategia giusta, gli strumenti giusti (primo fra tutti una padronanza migliore della lingua ceca). Non c’era ancora Google Maps, dove basta scrivere il nome di un’azienda per trovarne indirizzo e strada più veloce per raggiungerla. C’erano le cartine geografiche. Ne avrò consumato a decine. Su ognuna i punti vendita che trovavo on line.

Di colori diversi in base al tipo di prodotto che volevo proporre. Perché mi ostinavo a lavorare “al contrario”? Controvento con l’ascia rotta? Perché non avevo idea di come si facesse questo lavoro. Non avevo nessuno a insegnarmelo, quindi non mi rendevo conto di tutti gli errori che stavo facendo. E soprattutto ero ossessionato dal senso di libertà che mi dava questo lavoro. Ero ancora arrabbiato, iracondo con il mio lavoro precedente, per essere stato licenziato senza motivo (il motivo c’era ma era sbagliato/illegale), per aver dato molto e ricevuto il benservito, per aver lavorato più ore dell’orologio per aziende (secondo me) col senso di meritocrazia chiuso nell’armadio, un armadio di cui avevano perso le chiavi. Ero accecato dalla rabbia, la stessa rabbia che mi faceva continuare a prendere a testate gli alberi senza sentire dolore. Solo, in giro per la Rep. Ceca nella mia punto, però mi sentivo libero. Libero di fare cosa volevo, di visitare quanti clienti volevo, di costruirmi qualcosa di mio. Finalmente padrone del mio futuro. Pensavo: basta aprire venti clienti, poi trenta e inizieranno ad arrivare le commissioni, le provvigioni che mi renderanno libero, e potrò finalmente magari fermarmi a pranzo, abbandonare le bettole in cui dormo per passare a qualche albergo un po’ più decente... potrò evitare di viaggiare tanto, arrivare in albergo a mezzanotte con sveglia alle sei del mattino per ripartire, cambiare città, trovare altri clienti ecc. ecc. ecc. Ci sono riuscito, questo è vero, ma nel modo meno economico e meno “ecologico”. Avevo la “traiettoria” completamente sbagliata. E come hai capito, non è stato il massimo della vita. Oltre alla traiettoria sbagliata, un altro problema (tornando ai capitoli precedenti sulle opinioni), qual era la mia opinione, che non avevo alcun diritto di avere? Semplice: “si fa così”. Perché credevo che “si facesse così?” Ti spiego dopo nel capitolo sulle CREDENZE cosa succede nella nostra mente. Comunque sia, un paio di aziende mi avevano detto di fare così, perché loro hanno sempre fatto così e basta. Ma a me servivano opinioni di agenti, miei colleghi, non di aziende! Ed essendo novellino in quel lavoro, in quell’ambiente, ho creduto ciecamente a cosa mi hanno detto. Non ho verificato niente. Se mi sento dire ora “si fa così, abbiamo sempre fatto così”, ci metto poco a fargli cambiare idea o a lasciarli nei loro problemi. Erano anche buone opportunità, io non ero preparato per coglierle al meglio. Non sapendo ribattere all’“abbiamo sempre fatto così”, mi fidavo. Quindi, visto che puoi imparare dagli errori degli altri, ecco i miei. Vedi di non copiarmeli. Prima di partire con una traiettoria a testa bassa, cerca di capire se qualcun altro l’ha già usata e come gli è andata, se ti può consigliare qualcosa, soprattutto se ha raggiunto i risultati. Per questo motivo ti parlo dei miei errori, perché li ho capiti e ho capito come non commetterli (lo dicono i risultati che ho avuto dopo). Altrimenti sarei soltanto uno dei tanti chiacchieroni che vogliono insegnare sulla base del nulla.

Una risorsa finita

Fermo restando che se il tuo progetto ritarda non devi agitarti, anzi devi calmarti, capire il perché e rimediare, detto questo, una sana fretta male non fa. E ripeto “sana”. Infatti non demordere quando le cose si fanno più complicate e più lunghe del previsto, è una cosa. Perdere tempo è tutt’altro. Ti spiego perché. L’unica risorsa finita, in questa vita, è il tempo. È così finita che non sappiamo nemmeno quanto ne abbiamo. Non possiamo sapere se ci rimangono decenni, anni, mesi o giorni. Detto questo, tutti ne abbiamo la stessa quantità giornaliera. 1440 minuti ogni giorno, per ognuno di noi. È come se ogni mattino ci svegliassimo con 1440 euro sul conto. Poi sta a noi come spenderli. Se investirli, regalarli, investirli (sprecarli) in cose futili. Sta a noi fare 1440 scelte al giorno. Magari non proprio così tante, ma sicuramente molte. Faccio questo? Faccio quell’altro? Aspetto? Rimando? Delego? La più grande scelta da fare, sempre, è quanti di questi minuti dedicare a noi stessi, ai nostri progetti, ai nostri sogni, e quanti a quelli degli altri. Non è un fatto di puro egoismo, è un fatto di priorità: "se non sei tu a mettere te stesso come prioritario nella tua vita, nessuno lo farà per te" Coach Claudio. "Se i tuoi sogni non sono prioritari per te, non lo saranno per nessun altro" Coach Claudio.

Ci vuole TEMPO

TEMPO: Ci vuole tempo per far germogliare un seme, ci vuole tempo per tramutare un bruco in farfalla, ci vuole tempo per crescere un figlio, ci vuole tempo per parecchie cose importanti. Non c’è Amazon Prime per queste cose. Per coltivare un affetto, un’amicizia, una relazione, un amore, ci vuole tempo cura e attenzione. Bisogna per forza di cose imparare a essere pazienti. In questo la società di oggi non ci aiuta affatto, anzi, ci fa sembrare questi concetti come obsoleti, cose da vecchi decrepiti che “perdono tempo ad aspettare”. Qui le trappole si complicano. Per esempio la realtà aumentata è una descrizione distorta, perché semplicemente non è realtà, è finzione. Dovremmo chiamarla finzione aumentata (tanto dal sembrare reale). Poi possiamo discutere su tutti gli usi positivi che si possono fare e spero si faranno di questa tecnologia. Intanto iniziamo a non confondere i giovani con descrizioni e nomi fuorvianti. Cosa c’entra la realtà aumentata con la pazienza e il tempo? C’entra nel momento in cui tutto ciò che vediamo tramite uno schermo, un cellulare o tramite occhiali 3d viene equiparato alla realtà, quando invece le regole del virtuale sono completamente diverse. Ma Amazon Prime sul serio mi porta in 24-48 ore quello che voglio! Certo, vero, ma sono oggetti! Se vuoi un libro te lo porta. Poi devi leggerlo. E per leggerlo ci vuole tempo, e per leggerlo e capirlo magari un po’ più di tempo, senza parlare poi del fatto che se lo vuoi anche imparare, ricordartelo, mettere in pratica cosa hai letto allora il tempo aumenta. Te lo scarichi come e-book in un nano secondo. Poi? Poi ci vuole tempo. Con Amazon Prime e compagnia (non voglio entrare nell’etica dell’azienda) il servizio è ottimo, il punto è che non ci porta conoscenza, non ci porta esperienze, non ci porta affetti, non ci porta competenze. Il rischio che corriamo è fare confusione con queste cose, è abituarci a volere e avere “tutto subito” e poi a pretendere di avere anche “tutto subito” nelle relazioni, nei risultati, nelle competenze. Simon Sinek ha fatto studi molto approfonditi su questi effetti della tecnologia soprattutto sulla generazione Z (alla quale molto probabilmente appartieni tu che stai leggendo). In sintesi corri (anche noi un po’ più maturi ovviamente) il rischio di non dare il giusto tempo alle cose importanti, addirittura ad essere stressato, insoddisfatto, scontento se i risultati non arrivano subito quando invece i risultati che cerchi hanno semplicemente bisogno di tempo per arrivare. 


Detto questo, la proprietà fondamentale del tempo è che è l’unica risorsa veramente finita di cui disponiamo. Dovremo tenerne più conto e non perderlo continuamente in cose che non ci piacciono e soprattutto che non ci servono. Ma svilupperemo anche questo.
Tempo, in musica, si traduce in ritmo, frequenza. Un tot di battute al minuto.
Chi ci ruba il tempo lo vediamo più avanti quando parlerò delle trappole e “Ladri di tempo”, solo un po’ di pazienza.

Abitudini

“Siamo quello che facciamo ripetutamente, l’eccellenza quindi non è un’azione, ma un’abitudine”, Aristotele. Datemi un’abitudine e cambierò il Mondo, Coach Claudio. Può sembrare esagerata questa frase, ma contiene un’importantissima verità: Quando riusciamo a costruirci abitudini vincenti di successo diventiamo vincitori di successo, così come quando riusciamo a costruirci abitudini produttive, diventiamo produttivi ecc. Quando ci lasciamo vincere da abitudini negative, entriamo in loop autolesionisti e autodistruttivi. Ti faccio qualche esempio di abitudini che possono farti risparmiare tempo, poi ti consiglio di leggere il libro di Michale Heppell “guadagnare un’ora al giorno (e vivere felici) – La tua 25a ora” – Fare sport ascoltando audiolibri (se stai studiando un esame, puoi registrarti quando leggi ad alta voce o ripassi ad alta voce, e poi riascoltarti, magari anche a velocità x2, finché capisci cosa dici”– Ascoltare riassunti di libri, prima di comprarli (Mia applicazione preferita è 4Books di Marco Montemagno. 

Studiare in gruppo: quando non sai una cosa, fai prima a chiedere che a cercare (e sii pronto a rendere il favore) – se passi molto tempo sui mezzi pubblici scrivi gli appunti su un taccuino tascabile, da leggere mentre viaggi (e non guidi!). IMPORTANTISSIMO: quando siamo “overwhelmed” cioè sovraccarichi, confusi, non sappiamo da dove iniziare, il vero motivo non è che abbiamo troppe cose da fare (quelle non finiranno mai, ed è vero che a volte mettiamo troppa carne al fuoco), ma è perché non sappiamo cosa fare adesso per prima cosa! Mi spiego meglio: la sensazione di panico, quel credere di non riuscire a gestire tutto, di non riuscire a fare tutto in tempo è data dal fatto che non abbiamo dato un ordine, una priorità, e poi un tempo dedicato sul nostro calendario a tutte queste attività. Sul serio? Non ti sembra così semplice vero? Ecco come funziona la nostra mente: finché non abbiamo deciso cosa fare per la prossima ora (o mezz’ora, o settimana) la nostra mente cerca di capire cosa fare. Inizia ad analizzare tutte le attività che ci siamo ripromessi di fare e va in cortocircuito. (Lo stato mentale di semi panico di cui parlavamo, “overwhelmed”). Come si risolve? Si risolve dedicando tempo proprio a questa analisi una volta al mese per il piano mensile, una alla settimana per il piano settimanale, pochi minuti al giorno la sera (meglio) per il piano del giorno successivo. In questo modo il nostro cervello non deve continuamente ricordarsi cosa deve fare, e mettere in ordine. Lo fai una volta bene, e poi aggiorni in base a cosa sei riuscito e non riuscito a fare. Una volta deciso che con gli amici esci il venerdì sera, il sabato sport, la domenica in famiglia (mi raccomando, è un esempio a caso), la mattina alle 6.00 palestra, alle 8.00 colazione, dalle 9.00 alle 12.00 primo blocco di studio e così via... vedrai che l’ansia sparirà. Inoltre, se stai mettendo troppa carne al fuoco, te ne accorgi quando metti tutto nero su bianco, perché non trovi il tempo sul calendario per fare tutto. Quindi decidi a cosa dare la priorità e cosa spostare avanti o eliminare dalle tue attività. Tutto non si può fare, vero, ma è anche vero che abbiamo sempre ampi margini per gestire meglio il nostro tempo e la nostra vita. Se cerchi on line come si programmano i big, penso a Elon Musk con task da 15 min, Bill Gates, e compagnia (loro sono i casi estremi), vedrai quante cose riescono a gestire, vedrai che bloccano tempo tutte le settimane per pianificare nel dettaglio l’agenda della settimana successiva, e così quella mensile, per non parlare dei piani di lungo periodo. Loro pensano per decenni, non per mesi. Per questo motivo raggiungono obiettivi straordinari. 

Col tempo, senza perdere tempo.

Chi fai entrare con le scarpe sporche?

Riceviamo ogni giorno migliaia e migliaia di informazioni, che lo vogliamo o no, che lo decidiamo o no, che le scegliamo noi o no. Sono così tante queste informazioni che il nostro cervello ha bisogno di filtrare tra cosa “ricordarsi”, su cosa porre attenzione, e cosa scartare. Pensa solo al percorso che fai per andare all’università: avrebbe senso ricordarsi tutte le auto che hai visto per strada? Tutte le persone che erano sull’autobus? Tutte le canzoni che ha passato la radio? Certo che no. Quindi il cervello seleziona, e ci fa “vedere” solo cose che per noi hanno un senso, in modo da non inondarci la mente. A questo punto, tra le informazioni che passano il setaccio della mente, ne avremo di molti tipi: ottimiste, pessimiste, buone, cattive, di fonti autorevoli, di sentiti dire, utili o no. È un’ottima abitudine chiedersi, prima di decidere di accettare un’informazione che ci arriva, se la fonte sia autorevole, se deve essere verificata, se questa informazione ci aiuta o no. Questo lo sviluppiamo poi nel capitolo SENTI CHI PARLA, ma visto che siamo nel capitolo dedicato al tempo, per ogni video che vedi, ogni reel, ogni puntata della tua serie tv preferita, chiediti sempre se vale il tempo che ti “costa”, perché quello non tornerà. Sono esagerato? Sono stufo di sentire gente che dice di non avere tempo per mettersi in forma, dedicarsi alla propria salute, fare qualsiasi cosa per migliorarsi, passare più tempo di qualità con la famiglia e poi sentire che seguono questo e quello, che hanno sentito dire che... che l’ultima stagione della serie xyz se la sono fatta in un weekend... anche qui, perché tutto questo tempo perso? Perché c’è molta gente che non vede l’ora che arrivi il weekend una volta a settimana, e le ferie due volte all’anno per evadere da un lavoro che non gli piace! Ma non è meglio cambiare questo lavoro e non doversi “stordire” di serie tv (per rimanere su stordimenti soft) per non pensare alla settimana passata e a quella che verrà? Capisco svagarsi, ogni tanto staccare la spina guardando qualcosa di leggero. Quello che non capisco è che sono queste persone quelle che si lamentano, che le cose non vanno, che non hanno avuto la promozione, che la paga è poca, che il governo... che il covid ... e il tempo che potrebbero usare per migliorare la LORO situazione lo investono in... svago. Qualcuno potrebbe dire che sono polemico, ma non voglio essere simpatico, voglio aiutarti ad aprire occhi e mente.

Abitudini bis

Le abitudini hanno una prerogativa fondamentale: vanno in automatico. Per questo sono così importanti. È fondamentale capire cosa siamo abituati a fare, come siamo abituati a impiegare il nostro tempo, così come è importantissimo capire come siamo abituati a pensare. L’abitudine poi non deve per forza prenderci molto tempo. Deve però essere costante. Meglio 15 min al giorno che 8 h in un weekend (ti ricordo il già citato libro di Caroline Buchanan “la regola dei 15 minuti – come smettere di rimandare e prendere il controllo della tua vita in un quarto d’ora”). Quando dobbiamo imparare qualcosa (esempio parlare una lingua straniera, suonare uno strumento) non serve la full immersion (che invece serve per gli esami). È molto più efficace la sana abitudine di imparare due parole nuove al giorno, durante la pausa pranzo, suonare 15 minuti tutte le sere prima di cena. Perché? Il motivo scientifico te lo risparmio, il punto è che una volta passato il blocco iniziale, vinta l’inerzia al cambiamento, allora poi va tutto da solo in automatico. Non so se hai notato ma entrambe le buone abitudini degli esempi sopra, le ho legate a un avvenimento preciso che si ripete già per i fatti suoi tutti i giorni: imparare due parole nuove al giorno, durante la pausa pranzo e suonare 15 minuti tutte le sere prima di cena. Perché? Perché così ci ricordiamo! Ma mi metto un remind sul cellulare. Sì lo so, ne uso troppi anche io, ma basta con questi smartphone, sarà ora di tornare noi più smart! Se te lo dimentichi (lo smartphone) va tutto a rotoli perché non sai cosa fare? Ogni tanto capita anche a me, mi capitava soprattutto quando ero sempre in giro per clienti, da una città all’altra. Se mi si bloccava il cellulare o dimenticavo in albergo i fogli stampati del programma, rischiavo di fare casino con gli appuntamenti, ma bastava fare due respiri profondi, a volte più di due, far mente locale, scrivere due appunti su un pezzo di carta, cercare una cabina telefonica (un telefono pubblico) fare un paio di chiamate e ripartire. No, i numeri di telefono dei clienti (come quelli degli amici) non li avevamo sul cellulare, li avevamo su una comodissima agenda di carta e copertina in pelle o simil pelle. E la noia tutti gli anni per chi voleva riscriversi tutti i numeri sull’agenda/rubrica dell’anno nuovo! Altro che “Siri, sincronizza contatti”... sembra il medioevo e invece erano solo qualche decina di anni fa. Torniamo a noi, aiutiamo il nostro cervello a ricordarsi della nuova abitudine, “legandola” mentalmente a un’altra. Io lo facevo per le flessioni: prima di ogni doccia flessioni (10 poi 15 poi 20 e cosi via). Funzionava. E non potevo farmi la doccia se non avevo fatto le mie flessioni. Mi divertivo così a “stressarmi e motivarmi” da solo, e funzionava. Ti sento! Perché ho smesso? A pensarci ora, semplice, non ho imparato bene a fare le flessioni, non mi sono fatto controllare da un personal trainer, probabilmente bastava chiedere a un amico, una volta ogni tanto, si sarebbe accorto che ero asimmetrico, e a forza di sforzare malamente mi sono fatto male. Niente che un po’ di riposo e fisioterapia non abbia risolto, ma dal momento che anche questa è una lezione utile, la condivido. "Solo perché fai qualcosa da molto tempo, non significa che tu la faccia bene. Ogni tanto, fatti controllare!" ,Coach Claudio. Tornando alle abitudini: fanno l’effetto di una goccia cinese. A forza di gocce si perfora la pietra.

"Uovo oggi o Gallina domani"

Ogni tanto dovremo smetterla di rispondere a tutte le domande che ci fanno, non trovi? Però questa domanda mi ha sempre affascinato e vorrei rispondere con delle domande/ipotesi. Mero esercizio retorico? Non proprio. Dietro a questo si nasconde l’importanza dei dettagli, l’importanza di avere ben definito i confini del gioco, le regole, i limiti. A ogni variazione nello spazio circostante, cambia la risposta. Fatti trasportare e non preoccuparti se ti sembrerà di esserti perso un pezzo o due. Poco importa. Quindi pronti e via: meglio un uovo oggi o una gallina domani? Prima risposta: se l’uovo me lo mangio oggi, domani non ho niente, o mi dai la gallina domani? Se mi dai la gallina oggi, mi fa un uovo oggi e uno domani? Ma cosa devo darle da mangiare? Sicuro che mi fa un uovo al giorno? E se vado a controllarla ogni due giorni? Sicuro che ne trovo due per volta? O se li mangia? Ok, allora Gallina oggi. Così domani ho ancora la gallina e ho due uova. Ah... gallina oggi non era prevista? E perché? Allora dipende da quanto ho fame. Oggi da mangiare ne ho, e ne ho anche per domani. Quindi l’uovo te lo puoi tenere. Portami la gallina domani. Sempre a patto che faccia un uovo al giorno. Le galline di cioccolata di Pasqua non sono ammesse. E devono essere VIVE e IN SALUTE! E devono adattarsi a mangiare cosa ho da dargli. In modiche quantità. 

Ok, quindi, se stanno così le cose, siamo d’accordo: oggi non mi porti niente ma domani mi porti la gallina. Se invece, per qualche strano motivo, sto morendo di fame… cosa ne dici? meglio l’uovo o la gallina? Con la gallina mangio di più, ma non sono mica una volpe! Mi aiuti tu a spennarla e cucinarla? Puoi darmi almeno un po’ di sale e pepe? Me la posso fare allo spiedo. Puoi portarmela già morta? Mi fa senso uccidere una gallina. No, non l’ho mai fatto ma l’ho visto fare e mi fa un po’ senso. Credimi. Rischierei di morire di fame. Poi l’istinto di sopravvivenza vincerebbe (almeno spero) e me la mangerei cruda e pure viva, probabilmente. Ma se torniamo a noi, se puoi, portamela morta e spennata. L’uovo oggi non mi serve. Sono stato a pranzo da mia zia, sì, ha sempre paura che non mangi abbastanza. Tra lei e mia madre hanno proprio il terrore di vedermi dimagrire... sono a posto fino a dopodomani. Però domani portami la gallina. No no, non mi serve che faccia le uova. Sono un carnivoro, non un vegan. Ha, no, i vegan mi sa che ti dicono di tenerti sia l’uovo sia la gallina... o no? devo chiedere a Olda (il mio amico che è anche vegano). Va beh. Quindi ci siamo. Sempre gallina domani, viva per le uova, o spennata (e ovviamente morta) da mettere allo spiedo. Mah, aspetta un attimo. La gallina fa le uova, ma mica in eterno. Lo so, mio papà le faceva morire di vecchiaia, cioè le coccolava e allevava finché non morivano da sole, ma di solito quando invecchiano e vanno in menopausa, e non fanno più uova, diventano carne per il brodo. Di solito. Quindi? Quanti anni ha questa gallina? Perché se è lì lì per andare in menopausa... forse è meglio un uovo. Sicuramente se l’uovo è fecondato e mi darà un pulcino, che poi diventerà una gallina, che inizierà a fare uova per tutta la sua vita iniziata da poco. Quindi, ricapitolando, io preferirei una gallina domani, ma se per caso è vecchia, allora potrei ripensarci e preferire un uovo già oggi. Lo so, mi dovrò mettere a covarlo io finché si schiude... Ma poi chi le insegna a beccare? E cosa cazzarola mangia un pulcino? Vermicelli? E chi glieli dà i vermicelli da mangiare? Io no di certo! Ma poi mi muore... e non mi fa le uova. Ho capito, è un mezzo casino quasi intero. La domanda era? Se è nato prima l’uovo o la gallina? 


NOOO!!! Se è meglio una gallina oggi o un uovo domani! No cazz…, il contrario! Se preferisco un uovo oggi o una gallina domani! Eccolo. Così ha senso tutto quello che abbiamo detto finora. Ma la gallina, sei sicuro che sia una gallina? Sai distinguere una gallina da un gallo? Perché del gallo me ne faccio poco! (Posso farci solo del brodo... o fargli fecondare qualche gallina). Vuoi vedere che tra uovo e gallina, quello che è arrivato prima è il gallo??? E perché non c’è nella storia?? Cazz.., se ne dimenticano sempre qualche pezzo! Poi si lamentano che non sappiamo rispondere. Beh, il gallo non lo voglio. Non ho un pollaio pieno di galline da fecondare. Però sarebbe bello. Avrei già galline e uova da mangiare, potrei avere uova da covare e trasformare in altri pulcini, altre galline. Vuoi un uovo oggi o una gallina domani? Ma che me ne faccio se sono VEGANOOO!!!??? Voglio un quintale di TOFU, con l’uovo e la gallina facci cosa vuoi, un allevamento, una frittata, un pollo allo spiedo con l’uovo in bocca, un uovo in una gallina allo spiedo, cosa vuoi. E se sono FRUTTUVIANO? Hai uno psicologo bravo? Il coach lo so che va di moda (per questo mi diverto e lavoro come un pazzo) ma non mi basta: davanti a problemi seri, rimedi seri: psicologo, psichiatra, squadra di psichiatri! Ah no, aspetta! Se sono fruttuviano la risposta è super scontata e semplice.

Se sono fruttuviano

Semplicissima e scontata, non ci sono dubbi. Dammi la gallina che le tiro il collo! Ma che cosa dici! FRUTT - UVIANO vuol dire che mangi solo FRUTTA, no?!! Non puoi tirare il collo alla gallina!! A parte il fatto che credevo che FRUTT-UVIANO mangiasse solo FRUTTA E UVA, ma va bene lo stesso. Sta gallina mi becca tutta l’uva e mi fa morire di fame. Le tiro il collo e ho risolto il problema! YEAHHHH Quindi hai capito? Come si fa a rispondere a uovo o gallina, oggi o domani, se non si fanno altre tre o quattrocentocinquanta domande?? Eh ma vuoi mettere sempre il pelo nell’uovo! Ah ah, no è! Non scherziamo! Se c’è un pelo nell’uovo io l’uovo NON LO MANGIO! Mi fa schifo! 

Fine di questo delirio semi-serio, spero di aver dimostrato che per rispondere a una domanda, molto spesso, bisogna fare altre domande per capire il contesto, e soprattutto che per persone diverse la risposta sarà diversa.

Ritmo

Tempo, in musica, si traduce in ritmo, frequenza. Un tot di battute al minuto. Ogni brano musicale ha il suo tempo, a volte cambia e quando lo fa, cambia per tutti gli strumenti che suonano assieme e che quindi devono seguire lo stesso tempo, lo stesso ritmo. E cosa interessa il tempo per finire l’università? Semplice, per studiare è meglio 1’ora al giorno tutta la settimana, piuttosto che otto ore il sabato (o un altro giorno a piacimento). Perché? Ci sono solo sette giorni in una settimana, un’ora al giorno fa sette ore. Se ne faccio otto tutte di sabato, ho lavorato un’ora in più. Bravo, questo è quello che dice la matematica elementare. Il problema però è più complesso e potrebbe essere esposto così: qual è il rendimento migliore tra: A) lavorare un’ora al giorno da lunedì a domenica comprese, B) lavorare otto ore consecutive di sabato specificando che: (qui chi non è patito di matematica e fisica può saltare al prossimo capitolo, ti avviso subito) – il coefficiente di attenzione cala dopo 40 minuti, per riprendere l’attenzione, dopo 40 min, bastano 5 min di pausa, la prima volta, 10 min la seconda pausa, 15 la terza. Poi serve una pausa di almeno un’ora tra le prime 4 e le seconde 4 ore – che dopo 3 ore consecutive il rendimento cala nonostante le pause del 10% ogni 15 minuti... Ti fai aiutare da un prof di matematica e calcoli... sto scherzando, ho scritto cose inventate. Verosimili sì, vere non lo so, verificate sicuramente no. Perché tutto questo inventare? Per sottolineare il fatto che otto ore di fila non avranno mai lo stesso risultato di un’ora al giorno, perché in otto ore ci si stanca, si rende meno. Ci siamo? Per preparare un esame studierai sicuramente più di un’ora al giorno. Il punto è che è meglio avere un ritmo costante, piuttosto che concentrare tutto all’ultimo (cosa che succede molto spesso). 


Quindi dobbiamo pianificare e controllare bene i nostri progressi e prendere le dovute contromisure in tempo, senza agitarci (sana abitudine). Pensaci bene: decidi per studiare un’ora al giorno. Arriva sabato e c’è un imprevisto a cui non puoi sottrarti. Cosa succede? Perdi un’ora su sette. Se avessi deciso di studiare tutto sabato, cosa sarebbe successo? Quanto avresti perso? Tutto, giusto? Fai le ore che hai pianificato, sia lunedì sia martedì. Mercoledì come ti senti? E come ti sentiresti mercoledì se stessi aspettando sabato per iniziare a studiare? Lo so che qualcuno preferisce le “full immersion” e non sono di certo io a condannarle, ma sono da fare per ripassare, non per studiare, per accelerare, non come passo standard. Altrimenti sarebbe come andare in auto sempre col motore fuori giri. Alla lunga si rompe. Alla lunga ci stancheremmo così tanto da perdere tutto il “terreno preso”. Perché ci vuole anche il riposo. Fondamentale (ho detto riposo, non perdere tempo su netflix). Di nuovo, ci vuole il contesto. Non esistono regole che valgono sempre in ogni situazione. Non qui in questo libro intendo. È come pretendere che la gravità funzioni ovunque. Sì, ovunque. Ma sulla Luna è diversa, su Marte ancora diversa, sul sole non ci proverei nemmeno a vedere se e come funziona, ancora meno in un buco nero. 


Ok? Mi raccomando, applica tutto con giudizio. Non c’è nessun miglior maestro dell’esperienza, e per testare su di te, l’esperienza degli altri rischia di essere fuorviante, perché non potrai mai metterti esattamente nella stessa situazione in cui era o è un’altra persona. Non è complicato. Vuoi assicurarti che una regola funzioni? Applicala, chiedi consiglio a chi già la applica con successo (a chi applica senza successo, per cortesia, non chiedere niente), e fai le tue esperienze. C’è chi preferisce studiare teoria al mattino e fare esercizi il pomeriggio, chi al contrario, chi preferisce fare un po’ e un po’, chi un giorno teoria e un giorno pratica/esercizi. La strategia è la stessa: concentrarci su una cosa alla volta (come ho spiegato meglio nel paragrafo “iper focus”). Il modo in cui possiamo applicarla può cambiare. Cerca il ritmo più congeniale a te, al resto dei tuoi impegni, della tua vita, e seguilo. Diventerà una sana abitudine. Sanissima direi. (Tranquilla, tranquillo, riprenderò più volte questi concetti nel libro in SANE ABITUDINI 100% 1440 80-20 …) 

Poi ovviamente, otto ore al giorno producono più di un ora al giorno quando siamo allenati, preparati, motivati. Lo specifico perché non vorrei essere preso troppo alla lettera e che qualcuno pensasse di potersi laureare studiando un ora al giorno ☺.

TALENTI

Per prima cosa iniziamo col definire cosa si intende per talento: il talento è “una abilità innata nel fare qualcosa” (Wikyonary.org). Si può considerare un dono (del Signore se ci credi, dell’universo o qualsiasi entità credi che ci sia “al di sopra di noi”). Dire di avere talento a fare una determinata cosa significa prendersi una bella responsabilità: quale? quella di usare il nostro talento al meglio, quindi di impegnarci e “lavorare sodo” per dar modo a questo nostro talento di esprimersi al meglio. Conosco persone più talentuose di me in molti campi, che hanno raggiunto molto meno di me, perché semplicemente hanno contato solo sul proprio talento o peggio, lo hanno completamente trascurato. Li ho battuti tutti con la pratica, l’esperienza, la professionalità. Mio fratello è un musicista professionista, è in grado di suonare qualsiasi spartito gli si metta davanti “a prima vista” (significa che non ha bisogno di provarlo o solfeggiarlo o ascoltarlo, semplicemente legge e suona). Generi diversi, strumenti diversi (Ne suona tre per lavoro, altri due per hobby). Riesce a suonare (quando costretto) anche con l’influenza. Quando ascolta la registrazione del mio assolo di tromba, in chiesa, quando ero un giovane adolescente, dice che pochi lo avrebbero suonato così bene. 


Avevo talento. Ok, cosa suono io adesso? Il clacson nel traffico (anche se poi mi blocco da solo perché non ha senso), un po’ la chitarra, ancora meno il piano. La tromba la suono molto molto molto peggio di come la suonavo trent’anni fa. Cosa cambia tra me e mio fratello? Semplice, trent’anni di studio e di pratica, pratica, pratica. Mentre lui si diplomava e poi laureava al conservatorio io mi laureavo al Politecnico. Mentre lui suonava nei primi gruppi blues/rock/ska io lavoravo e nel tempo libero facevo altro. Adesso mentre io nel tempo libero leggo libri sul coaching e la crescita personale, lui suona uno dei suoi strumenti e si migliora. Posso dire di aver “sprecato” il mio talento per la musica? Certo che sì. Non ero meno talentuoso (secondo me ero anche meno talentuoso di lui, ma comunque a sentire lui ero molto più talentuoso di musicisti che ora sono professionisti). Ho “coltivato” altri talenti, ho dedicato il mio tempo ad altro ed eccomi qui. Non sono certo un esempio per chi vuole fare musica o vivere di canzoni (ne ho scritte veramente tante, mai pubblicato niente). Adesso col senno del poi ho anche capito perché: non ci ho mai creduto veramente. Non ho mai creduto di avere un talento. Mi facevano male le labbra, a suonare la tromba, e mi passava la voglia. Proprio quando avrei dovuto continuare e fortificare i muscoli. Va bene così, un po’ di rammarico per non aver fatto lo scrittore di canzoni, quello sì, ma non è detto che Vasco non decida da un giorno all’altro di cantare qualcosa di mio, e mi faccia diventare famoso anche come autore di canzoni :-) Quindi, se hai dei talenti, sappi di avere dei semi: sull’asfalto non crescono e soprattutto nemmeno senza acqua, sole e luce. E TEMPO. Il Tempo, in musica, come abbiamo visto poco sopra, è sinonimo di velocità, di ritmo. Tutto importantissimo per crescere, coltivare i propri talenti, costruire i propri ponti. Meglio un mattone al giorno, che otto mattoni ogni domenica o 40 mattoni il primo di ogni mese. Perché? Matematicamente sono di più sia 8 a settimana, sia soprattutto 40 il primo del mese. Il problema è che finiscono, non c’è ritmo, difficilmente diventa un’abitudine. Invece un mattone al giorno diventa un’abitudine e in men che non si dica, si è finito il ponte, senza lo sforzo concentrato della sfacchinata una volta a settimana, o una volta al mese. Questo non vale per tutto, non è una regola assoluta. È semplicemente una regola che ci aiuta a proseguire per la nostra strada. Un po’ come è più semplice, una volta che si è partiti, continuare. Invece di fermarsi troppo a lungo, e poi essere “freddi” per ripartire. CITAZIONE: Robert De Niro nel film Bronx rivolto al figlio: "Ricordati, la cosa più triste nella vita è il talento sprecato."

Talenti, Punti di forza e Abilità

Prima di addentrarmi nel discorso a parlare dei talenti, di come si manifestano e come si coltivano, voglio parlarti dei punti di forza. Premetto che sto attingendo le definizioni del guru mondiale dei punti di forza, Marcus Buckingham, il quale dice che se il talento è innato, può essere controproducente dedicarci tempo e impegno se questo talento non ci rende felici. Se questo talento ci costa fatica. I veri punti di forza invece, sono proprio attività che ci rendono sempre più forti, perché ci piacciono a tal punto da farci perdere la cognizione del tempo, ci rendono liberi, non vediamo l’ora di dedicarcisi. Sono azioni che ci rinvigoriscono. I talenti possono essere punti di forza, ma possono anche non esserlo. Se so fare molto bene una cosa, non significa che debba farla per forza, perché se non mi rende felice, è solo una “abilità” che devo cercare di delegare a chi la fa con piacere. Io ho capito che fare il coach è un mio punto di forza quando mi sono reso conto che – con mio grande stupore – ero in grado di concentrarmi sulla sessione e sulla persona che si stava affidando a me, anche quando le cose “attorno” stavano andando male. Esempio concreto: litigo con la mia compagna, entro in sessione e mi trasformo. Non lascio entrare i sentimenti negativi nella sessione, tra me e la persona che sto ascoltando. Quando vendevo invece (che sicuramente è una mia abilità perché so farlo molto bene) mi portavo tutto dietro, e l’effetto sulle vendite era catastrofico, a dir poco. Sia che si trattasse di una discussione avuta, di un problema di denaro, di una qualsiasi preoccupazione. Tutto sparisce se mi metto l’abito da coach (la mia camicia chiara, il gilet blu e a seconda dei casi anche la cravatta rossa). Si chiama “stato di flow”, il flusso. Entri nel flusso e sei in iper focus, così iper concentrato su quello che fai che il resto svanisce. Quindi, per il resto del capitolo, prendiamo per buono che parlo di Talenti riferendomi a delle attività che facciamo molto bene, più di altri, per le quali abbiamo doni innati, e che soprattutto ci fanno stare bene mentre le facciamo (quindi sono anche punti di forza). Li possiamo considerare i talenti buoni.

Come riconoscere un talento?

Fin qui credo sia semplice: coltivo il mio talento e trovo la felicità (lo dicevano anche gli antichi greci, te ne parlo meglio nel capitolo della E). Ma, cosa succede se punto tutto su qualcosa che NON è un talento? Io credo di essere un fenomeno in bici e invece nonostante mi alleni più degli altri, più duramente degli altri, meglio degli altri non riesco ad arrivare nemmeno a metà classifica? Beh, partire da queste basi e voler vincere un Giro d’Italia sarebbe andarsi a cercare delusioni e fallimenti perpetui. Ti dirò più avanti in questo capitolo come sia pericoloso ascoltare gli altri quando vogliono abbassarci l’asticella. Te lo anticipo perché potrebbero nascere fraintendimenti che è meglio stroncare sul nascere: in questo caso ci serve anche il confronto con gli altri. Torniamo al punto quindi: come capisco che sono portato o meno? Se ho un talento o no per qualcosa? Il talento è una abilità innata che viene sempre notata dagli altri, più che da chi ce l’ha. Per questo gli altri ci sono di grande aiuto nel capire se siamo di fronte a un talento sul serio. I talenti e le trappole vanno a braccetto in questo capitolo, per molti motivi. Il primo è che se ci sbagliamo e scambiamo per un talento una nostra “abilità”26 – che invece non è un talento – rischiamo di correre come pazzi per raggiungere una meta, correndo nella direzione sbagliata.



Se infatti decido di dedicare tutta la mia vita al calcio pensando di essere un talento, ma non arrivano i risultati, è perché non ho un talento per il calcio. Semplice. Posso sforzarmi quanto voglio, allenarmi quanto voglio senza arrivare ad avere i risultati che invece avrei dedicando lo stesso tempo e lo stesso impegno a un vero talento. Faccio una piccola parentesi: se mi piace il calcio e sono scarso, sicuramente diventerò migliore con l’allenamento e l’impegno. Potrò vincere la Champions League? No. Potrò essere felice? Questo dipende dagli obiettivi che mi pongo col calcio. Se mi piace giocare a calcio e non mi interessano le coppe, ma mi interessa tenermi in forma, stare all’aria aperta con gli amici e divertirmi, ottimo. Ho trovato una cosa, un hobby che mi rende felice. Posso farlo, non sarò mai deluso se non giocherò in serie A. Infatti, non voglio dire che dobbiamo dedicarci SOLO ai nostri talenti. Voglio dire invece che se mi dedico a qualcosa che non mi dà risultati fuori dal comune, nonostante il mio impegno, l’uso di metodi usati da chi è più bravo, allenatori competenti ecc. questa attività non è un talento. Può essere una passione ed è soggettivo. Il Talento invece si misura in rapporto agli altri. Se gli altri fanno molta più fatica di me a correre, e per me è semplice, ho il talento della corsa. Se per me (ti parlo adesso di me stesso) è naturale ascoltare le persone e interessarmi a loro, e vedo che invece sembra essere difficile per gli altri, se vedo che gli amici vengono a confidarsi con me più che con gli altri, se vedo che sconosciuti mi raccontano le loro vite e si dicono sorpresi di avermi raccontato cose così personali, conoscendomi da poco, bene, posso ipotizzare di avere il talento dell’ascolto. Ma che talento è? Cosa me ne faccio? Chi ha bisogno di questa dote? Mi viene in mente che un po’ tutti, nella vita di tutti i giorni, per avere migliori rapporti interpersonali. Comunque sia nel lavoro questa dote aiuta psicologi, counselor, coach, venditori, consulenti, dottori, chiunque abbia a che fare con altre persone, in fin dei conti... qualcosa mi dice che questo talento lo sto usando e, infatti, mi sento bene ad ascoltare le persone. Mi devo “allenare” (formare, migliorarmi, informarmi)? Sì, certo, se voglio farlo bene. Ascoltando le persone rischi di portarti le loro storie a casa e di “dissanguarti energeticamente”, se non fai attenzione. Ma con la pratica e lo studio (del coaching e altre strategie) adesso posso ascoltare meglio le persone, i loro problemi, con un distacco sano che mi permette di aiutarle meglio, senza per questo sentirmi stremato e sopraffatto dai loro problemi. Ma torniamo a capire se ho un talento o me la sto solo raccontando, cioè credo di averlo ma non è vero. Ecco i segnali che ti fanno capire di avere un talento: 

  1. Questa cosa ti riesce molto facilmente 
  2. Questa abilità la senti innata 
  3. Ti riesce molto meglio che alla maggior parte delle altre persone (sì, qui bisogna confrontarsi con gli altri) 
  4. Ricevi complimenti/riconoscimenti/premi quando lo fai (e ascoltare i commenti altrui)27
  5. Quando fai questa attività ti sento bene 
  6. Quando sei concentrato/a a fare questa attività perdi la cognizione del tempo 
  7. Non vedi l’ora di svolgere questa attività 
  8. Ricordi con piacere i momenti in cui ti occupi di questa attività 
  9. Svolgere questa attività ti carica, ti fa sentire più energetico, energica.

Non devi per forza avere tutti questi punti realizzati, ma più ne hai, più sei di fronte a un tuo talento. 

Abbastanza tempo 

Ti ho sentito “non ho ancora abbastanza esperienza per avere riconoscimenti in questa attività”. Ottima osservazione, sono molto orgoglioso di te. Sul serio. Hai appena svelato un aspetto importantissimo: non possiamo capire se è un vero talento fin quando non ci dedichiamo “abbastanza tempo”. Quanto vuol dire abbastanza? Vedremo più avanti, nell’appendice “10.000” che per diventare un Pro in qualsiasi attività dobbiamo dedicarci molto molto tempo, 10.000 ore appunto (meno se seguiti da un coach). Il punto è che un talento spunta ben prima di 10.000 ore, ma è sempre vero che se vogliamo essere sicuri di avere o non avere un talento a ping pong dobbiamo almeno prendere una racchetta in mano, giusto? E quindi? E quindi un consiglio spassionato è quello di provare. E provare più cose che puoi. Impara cose nuove, coltiva interessi e passioni e avrai più possibilità di trovare tuoi talenti. “Mi stai dicendo di cambiare facoltà finché non trovo quella che mi piace di più?!” ... Così mi sembra un po’ esagerato, ma sicuramente, se non ti senti ancora di aver trovato la tua strada, fermati e pensa: cosa ti piace fare? cosa ti piacerebbe fare? cosa non ti piace fare? E riduci le possibilità, poi scegli. Non hai altro modo che provare. Lo so che “JEDI” diceva “Fare o non fare, non esiste provare”, e ha ragione, ma non è questo il contesto. Per capire se una cosa ti piace o no devi provare, poco da discutere. Vedrai che molte cose non ti passerà nemmeno per l’anticamera del cervello di provarle. Chiediti perché. Magari ci sono degli aspetti che sono cose che non ti piacciono. Quindi scarti a priori alcune attività. Bene, adesso che sai cosa non ti piace, continua a cercare. Ti rimando al bonus PONTE PER SCEGLIERE L’UNIVERSITÀ, sia che tu la debba scegliere, sia che tu non sia sicura sicuro della scelta fatta. Anche se sei già al terzo anno. Poco importa. Dovrai fare altre scelte.

Punti di forza Vs Talenti

A questo punto devo specificare una differenza tra due aspetti che possono confondersi, tra i talenti e i punti di forza. Un punto di forza è un’attività che ci riesce bene, che ci piace e ci rende felici. Può essere un talento e può essere anche semplicemente un’attività che ci piace così tanto da averci fatto investire le famose 10.000 ore a studiarla e migliorarla. Quindi meglio un punto di forza o un talento? Meglio entrambi, intanto per iniziare. Cioè un talento che abbiamo coltivato così tanto da farne anche un punto di forza. Sì, perché se è solo un talento naturale ma non lo coltiviamo, serve veramente a poco e non possiamo farne un punto di forza, un’attività sulla quale contare. Perché verremmo sopraffatti da chi non ha il nostro talento ma ha la passione e quindi si impegna per migliorare costantemente questa attività. Se non ci credi, prova a pensare al tuo calciatore o atleta preferito/preferita, se non si allenasse, se mangiasse al McDonald e si ubriacasse tutti i giorni. Se pesasse centocinquanta chili credi che avrebbe le stesse doti che ha ora? Potrebbe avere il miglior destro del mondo, o il miglior sinistro o il miglior colpo di testa, il miglior dritto, il miglior rovescio, la miglior schiacciata ma se non riesce a correre dietro al pallone o alla palla se ne fa poco! Quindi qual è il punto? Trova i tuoi talenti, capisci quali ti fanno stare bene e migliorali. Fanne dei veri punti di forza, quando ti fanno stare bene. Non siamo tenuti ad allenare tutti i nostri talenti, ma è vero che anche secondo me, come secondo De Niro nel film Bronx è un peccato sprecarli. Se poi hai il dono per la danza ma vuoi fare l’avvocato, fai l’avvocato. Decidi tu della tua vita. Devi però essere sicuro o sicura che la scelta sia tua, che il perché sia abbastanza forte. Poi vai dove ti porta il cuore. Se comunque ballare ti fa sentire bene pensaci a fondo prima di scartare questo talento. Altra cosa è se ti viene naturale ma non ti piace. Altrimenti ti stai solo nascondendo dietro un dito, forse per paura di fallire, forse al contrario per paura del successo. Quindi il talento nasconde una trappola, anzi, rischia di essere nascosto da una trappola, che molto spesso è paura.

Talenti invisibili

Ci sono situazioni in cui il nostro talento può essere qualcosa di cui non vediamo un’utilità, a volte non vediamo nemmeno che si tratta di un talento. Basta porci le domande del capitolo precedente e verificare. Magari siamo semplicemente sempre ottimisti e sorridenti, ce lo dicono tutti, nessuno è al nostro livello, è una cosa che salta all’occhio a chiunque ci conosca. Bene. Come possiamo usare questo talento? Che lavoro ha bisogno di sorridere ed essere ottimista? Questa è un’ottima domanda, un punto di partenza alla ricerca di un uso costruttivo del nostro talento. Puoi chiedere a Zio Google e farti un’idea. Saresti sorpreso/a dai lavori o le professioni che possono aver bisogno di talenti che a noi non sembrano monetizzabili. Tornando al sorriso ci sono professionisti (per lo più donne) che ne hanno fatto la loro professione. Qualcuna cura col sorriso, qualcuna gira il mondo parlando degli effetti positivi del sorriso, qualcun’altra studia il sorriso e i suoi effetti sul comportamento e/o sulla salute. Ricordati che mai come in questo periodo storico si possono monetizzare le passioni più diverse. Sempre a patto di impegnarci e trovare la strada giusta per noi.

Trappole

Torniamo ora alla formula del Coaching: Performance = potenziale meno interferenze. Aggiungiamo le note di Coach Claudio e diventa: Performance = (potenziale x azioni) meno (interferenze x autosabotaggi). Perché questa aggiunta? Perché molto spesso ci dimentichiamo dell’importanza delle azioni, del FARE (vedi La legge del Fare di Coach Stefano Del Serra). E poi anche perché le interferenze vengono ingigantite, moltiplicate dai nostri autosabotaggi. I nostri autosabotaggi sono delle vere e proprie interferenze interne, certo, e sono così forti da moltiplicare l’effetto negativo delle interferenze che sono invece indipendenti dal nostro volere, dai nostri pensieri. Vedila così: un insegnante che mi dice che non ce la posso fare è sicuramente un sabotatore, è un’interferenza al mio cammino. Poi ci sono io, e se anche io mi dico (autosabotandomi) “il professore ha ragione”, allora l’effetto di quello che mi ha detto il professore diventa esponenziale (non me ne vogliano i matematici se uso queste parole senza il preciso significato matematico). 


Perché ti parlo di autosabotaggi nel capitolo delle Trappole? Semplice, ci sarai già arrivato: gli autosabotaggi e i sabotaggi esterni sono tutte trappole. Qualche interferenza è semplicemente un ostacolo, qualche altra è anch’essa una trappola. Poco importa, andranno sempre a diminuire la mia performance. Sabotaggi esterni e autosabotaggi sono TRAPPOLE (se nella parola Ponte ci fosse stata una “s” ora parlerei si sabotaggi 😊 

Veniamo quindi a definire cosa sono le trappole. Le trappole sono modi di pensare (nostri o degli altri), atteggiamenti, comportamenti, abitudini che invece di portarci verso i nostri obiettivi, ci frenano, ci portano fuori strada, ci danneggiano. Diventano i nostri LIMITI. Quando ci accorgiamo di avere dei limiti (esempio: non riesco a passare Analisi 1, o diritto o altro) e ci ripetiamo che è impossibile, che è insuperabile e mille altre cose che ingigantiscono il problema, allora questo diventa un altro limite. In questo caso, possiamo ricordarci di questa frase/gioco di parole: "I LIMITI LI IMITI” “per uscir dai LIMITI, basta che IMITI" (coach Claudio). Cosa vuol dire? Semplice, che per uscire dai nostri limiti ci basta imitare chi ne è già uscito. Ci sono persone che insegnano qualsiasi cosa, anche a far parlare i pappagalli: pensa che un ex ingegnere della Motorola, qualche decennio fa, ha creato proprio un business on line insegnando a parlare ai pappagalli... diventato miLLLionario. C’entrerà forse Freud perché a proposito di imitare, mi è venuto in mente proprio un esempio con i pappagalli. 


Tornando a noi: per il 99,99% dei limiti che ci si presentano, c’è sempre qualcuno che li ha superati, e può aiutarci a fare lo stesso. Su, un po’ di ottimismo, lo so che qualcuno starà pensando: “sì, e perde tempo ad aiutare me!”

Vedrai che basterà cercare e chiedere aiuto e le persone che hanno già passato il tuo limite, saranno ben liete di aiutarti. Se ti chiederanno del denaro in cambio, e il prezzo sarà equo, ottimo. Entrambi farete un affare. Molti, vedrai, che lo faranno gratis. Basta andare in biblioteca, o in libreria. Ora il “sapere”, o meglio, le informazioni, sono ovunque, su YouTube in forma di video, su internet in forma di siti web, blog, social media di esperti. Non so se quando leggerai queste parole il mio canale YouTube sarà già on line, e quanti contenuti gratuiti avrà, comunque quello è il mio piano. Più diamo, più aiutiamo, più ci torna indietro. 


Torniamo alle trappole: da dove arrivano? Possono arrivare dall’esterno. Basta avere un genitore che ci ha ripetuto che non siamo in grado di... che siamo stupidi o altro, e siamo belli che intrappolati in un circolo vizioso di pensieri, che portano azioni, che portano risultati a dimostrare che cosa ci hanno sempre detto, e che quindi crediamo sia la verità, è proprio la verità. Una chiocciola che implode. Un “rinchiocciolamento”, per tornare a uno dei significati del titolo del libro. Mi spiego meglio: se da piccoli, indifesi, disarmati ci hanno messo in testa il seme del “non sei capace” o “sei negato con la grammatica” o “sei una schiappa nello sport”, queste informazioni si sono accumulate fino a diventare la nostra realtà, fino a diventare per noi vere, delle credenze. Stessa cosa se i nostri genitori ci hanno abituati ad avere tutto senza doverci guadagnare niente, senza lavoretti a casa, senza compiti extra, senza riordinare la nostra cameretta. Anche senza parole ci hanno ripetuto qualcosa del tipo “cade tutto dal cielo, ho tutto perché me lo merito, perché sono speciale, non devo faticare per avere niente”. Iniziamo a crederci, poi arriviamo agli esami e senza aver studiato ci bocciano, o al primo colloquio di lavoro non ci assumono e in un nanosecondo la nostra realtà sparisce, rimaniamo soli, smarriti, senza la terra sotto i piedi e ci rinchioccioliamo ugualmente senza capire il perché. Infatti, la credenza non è altro che qualsiasi cosa noi crediamo fermamente vera. Su questa credenza noi basiamo la realtà. Se la credenza è un limite, avremo una realtà limitata, se la credenza è una favola, la nostra realtà lo è altrettanto e si infrangerà con la prima esperienza che non confermi la favola. 

Come si formano queste credenze? In 4 modi principalmente. Li vediamo tutti con calma nel prossimo capitolo.

Metodo Ponte
Metodo Ponte
Come laurearsi senza rinchiocciolirsi