Capitolo 21
Strane malattie

Accontentite

Q

uindi vediamo quando “accontentarsi” è una buccia di banana che ci fa cadere pericolosamente. Abbiamo visto che ci serve essere sanamente egoisti, e che comunque dobbiamo essere grati. Essere contenti di ciò che abbiamo. Vedi, non significa desiderare di rimanere così per sempre. Paragonarci a chi sta peggio è pericoloso, anche ingiusto. L’unico modo di paragonarsi a chi sta peggio è sapere esattamente cosa lo ha portato lì. Accontentarsi non è sempre sbagliato. È molto simile all’essere grati. L’importante è non usarle entrambe le cose come scuse per non dare il meglio di quello che possiamo. Questo è il mio personalissimo pensiero. Riesco sempre a dare il meglio? No. Ma ci provo e mi impegno sempre per farlo. Chi può dirci dove possiamo arrivare, cosa possiamo raggiungere, quali ponti possiamo costruire? Nessuno. Solo noi. Sta a noi fissare i nostri obiettivi, come abbiamo visto nel capitolo O. Quando mi dico che non ho raggiunto l’obiettivo (perché ti ricordo che deve essere misurabile e avere una scadenza), non mi flagello. Di solito almeno l’obiettivo minimo lo raggiungo quindi mi fermo e capisco cosa fare meglio per migliorare e raggiungere quello target più ambizioso al più presto. Ri-pianifico tutto e riparto da capo. Volevo finire di scrivere questo libro a giugno, credo (l’ho scritto in queste pagine), ora è il 23 agosto 2022, sono abbondantemente fuori. Ho fallito? Sì, non ho raggiunto l’obiettivo, non significa che non finirò il mio libro. C’è una bella differenza. Ho anche già capito i motivi, quindi il prossimo andrà decisamente meglio. Mi accontento di essere in ritardo? No, faccio del mio meglio per finirlo entro fine mese. Secondo la nuova pianificazione sto andando bene. Ho abbassato l’asticella? Certo, ci ho tirato una testata, mi sono fatto anche un po’ male, e l’ho messa un po’ più bassa (allungato il tempo per scrivere il libro) ma perché mi sono reso conto che dove ho preso la testata non c’era un’asticella, c’era un trave che non si è mosso di un millimetro. Mi rimbalzano ancora i neuroni in testa solo a ripensarci. Quello ormai non lo tiro giù. Giugno 2022 è passato da un pezzo :-). E perché non ho cancellato le date dal libro? Aah, bella domanda. Risposta semplice, “sembrare un fenomeno” non fa di me un fenomeno, voler sembrare fenomeno mi farebbe sentire uno che vuole sembrare ciò che non è, migliore di come è realmente. E io non voglio sembrare niente di diverso da quello che sono. Questo mi rende a mio modo di vedere il “fenomeno” che voglio vedere nello specchio. Inoltre, a modo mio, mi sento un fenomeno. 


L’accontentite ha un innesco non appena ci si accontenta di qualcosa smettendo di muoversi verso il vero “oggetto del desiderio”, quando l’oggetto del desiderio è per noi veramente importante. Può rimanere latente per anni ma non sparire dall’organismo (dovrei dire meglio dall’anima) finché non viene affrontata e risolta alla radice. L’accontentite cessa già di fare danni quando si riprende a muoversi verso l’oggetto del desiderio. Non è necessario ottenerlo. Basta muoversi nella direzione giusta. Già questo fa diminuire drasticamente gli effetti negativi e deleteri della “malattia”. I sintomi sono: svogliatezza, stanchezza mentale e fisica, reflusso gastrico, stitichezza o il suo esatto opposto, problemi di concentrazione, rabbia improvvisa e inutile, immotivata, scarso o troppo appetito, con conseguente perdita o aumento di peso (come vedi possono manifestarsi alcuni sintomi e i loro opposti), apatia (questa è la peggiore, secondo me) generalizzata in tutti gli ambiti personali. L’accontentite arriva da un ambito della nostra vita e ci rovina anche gli altri (come un allagamento arriva da una perdita in uno degli ambienti della nostra casa invisibile e può rovinare la casa intera). Per esempio capita quando siamo con la persona sbagliata, ce ne rendiamo conto, non facciamo niente per cambiare la situazione. Ci accontentiamo di un partner sbagliato (non con qualche difetto, che abbiamo tutti, proprio sbagliato). Da qui l’insoddisfazione si ripercuote sul nostro fisico, la nostra mente e quindi sulla nostra resa anche al lavoro. Al contrario, se ci accontentiamo di un lavoro che è sbagliato per noi (non con un capo che ci stressa, ma proprio un lavoro artistico per una persona logica, o un lavoro logico per una persona artistica, un lavoro solitario per una persona estroversa, un lavoro sempre al contatto con la gente per un introverso). Una cosa è uscire dalla propria zona di comfort, ben diverso è fare un lavoro in cui dobbiamo usare solo i nostri punti deboli. Questo è innanzitutto masochismo. In secondo luogo, se smettiamo di cercare il lavoro giusto per noi, e ci accontentiamo, scatta la malattia, l’accontentite.


Cos’è Accontentite?

L’“accontentite” (mio neologismo) è una malattia grave, curabile ma degenerativa e a volte mortale (non scherzo).

Come si cura?

Come si cura l’accontentite? L’accontentite, come dicevo poco fa, svanisce non appena ci muoviamo verso il nostro obiettivo. Se l’obiettivo non lo abbiamo ancora chiaro, possiamo curare l’accontentite cercando, impegnandoci nella ricerca del nostro obiettivo (le tecniche le ho descritte nel capitolo del Perché). Molto molto semplice. Chiediti ogni tanto “è tutto quello che posso fare o posso fare meglio?”. Un altro ottimo metodo è di misurarci solo con noi stessi, non con gli altri.

Come si previene

Prevenire l’Accontentite è abbastanza semplice: basta ascoltarsi, capire quando qualcosa ci sta bene e quando invece non ci sta bene. E quando troviamo qualcosa, qualsiasi cosa che non ci sta bene, semplicemente, fare qualcosa per cambiare questa cosa. Si inizia dalle piccole cose per esempio il disordine in camera, poi il disordine mentale, per poi avere la chiarezza di obiettivi di chi poi li raggiunge.

Tolleratite

Molto simile all’accontentite. Stessi sintomi. Leggermente diversa la causa. In questo caso parte tutto quando si tollera qualcosa che non ci piace e questo inizia a diventare un’abitudine. Iniziamo a tollerare sempre. A quel punto si innesca la tolleratite. Una tolleranza cronica, quasi incondizionata, che diventa un’abitudine pericolosa. Ricordati: otteniamo ciò che tolleriamo. Se tollero cinque kg in più del mio peso forma, questo è quello che ottengo. Se ne tollero meno, ne ho cinque, vado a correre e mi metto a dieta. Se li tollero non faccio nulla e me li tengo. Idem per un capo che non mi piace, una relazione che non mi piace. Se non provo nemmeno a cambiare significa che mi va bene così. Mi accontento. Tollero. Me lo tengo. Se tollero significa che non dico niente, non faccio notare che questo o quel comportamento non mi piacciono. Risultato: sto insegnando all’altra persona (o alle altre persone) come trattarmi. Infatti non è detto che si siano accorti che quel particolare comportamento non mi piace, oppure se ne sono accorti e per loro va bene così. Questo vale anche con noi stessi, ci insegniamo quali sono i nostri standard. Lo stiamo insegnando agli inquilini del piano di sotto.

Quindi?

Vediamo meglio cosa succede se invece decidiamo di trovare scuse, dare colpa ad altri, fare/sentirsi vittima, avere opinioni su tutto soprattutto su ciò che non si conosce, credendo di aver sempre ragione.

Le "MAI STRATEGIE"

Ci sono atteggiamenti, azioni, modi di agire e pensare che vengono usati così spesso dalle persone che si può quasi pensare che servano a qualcosa, che abbiano un loro senso, che siano delle strategie per ottenere qualcosa. Per capirci, molte persone si lamentano, criticano, invidiano, come se fossero atteggiamenti dovuti, impossibile farne a meno. Infrangono i tre comandamenti di cui hai letto. Bene, io le chiamo le “MAI STRATEGIE”, perché? Semplicemente perché non portano MAI a qualcosa di buono, qualcosa che abbia un senso. Qualcuno potrebbe dire (l’ho sentita alla radio questa stupidaggine, te la riporto così) “mandare a quel paese la gente mentre si guida, gente che non rispetta le regole o che ci taglia la strada o peggio, è naturale e aiuta le persone a sfogarsi mentre vanno al lavoro o tornano a casa”. Dico, c’è stata anche una radio a dargli voce, a qualche pseudo psicologo che ha dato questa interpretazione di tutti i “vaffa” e le clacsonate che si sentono nel traffico di tutti i giorni. Va beh, quindi criticare, scrivere un commento acido sotto un post è tuo dovere? così ti senti meglio? hai diritto di pensare e dire cosa vuoi? Sì, e quindi? qualcuno se ne approfitta e passa da critiche costruttive (sempre le benvenute) a critiche per criticare, fini a se stesse. A cosa serve? a sentirti meglio? Ok, bene, gli idioti hanno bisogno che qualcuno faccia notare loro la realtà, che sono marroni, puzzano, e vanno bene per concimare l’orto. Quindi, cosa vogliamo fare? passare le nostre giornate a fare da specchio ai concimi? siamo proprio sicuri? Ho sentito qualcuno che dice che lo fa per qualche minuto al giorno, non per giorni! Certo, magari diciamo 10 minuti al giorno (bugiardo che sa di mentire), domenica pausa perché invece di criticare sui social fai altro, quindi diciamo 10 min sei giorni a settimana, fa un’ora a settimana. Lo hai già visto questo calcolo, ma repetita iuvant. Fine anno 52 settimane, [ingegneri e matematici controllino i miei calcoli] 52 ore... sei giorni e mezzo all’anno a criticare. Siamo sicuri che ne valga la pena? hai visto che stiamo parlando di giorni? Se io riuscissi anche a smettere di mangiare come un cavallo, con i miei 10 minuti al giorno di addominali (tra plank, sforbiciate e altro) in un anno avrei gli addominali di un modello (se ci vedremo in aula controlla, se mi giro di profilo, credo che la tartaruga sia ancora capovolta dal verso sbagliato AHAHHA, ma magari no). Quindi? Parlavamo delle MAI STRATEGIE. Ecco le mie top (che ho estirpato dalla mia vita, e quando tornano mi prendo a sberle da solo e le ri-estirpo). Cerca di pensare, per ognuna di queste a una persona che ne fa uso abbondante, e pensa che io poi mi rivolga a questa persona. Perché? Così se per caso su qualcuna pecchi anche tu, non ti offendere perché non è mia intenzione. E dovresti esserne contenta/o perché significa che hai ampi margini di miglioramento. Partiamo: GELOSIA (così capisce che tengo a lei/lui... sicuro? o forse capisce che sei una persona insicura e possessiva?) CRITICA (eccetto quelle costruttive) così mi sfogo... sicuro? o forse ti fai venire un fegato in carpione, e il più delle volte chi stai criticando nemmeno ti considera? 


- LAMENTELA (perché Caio mi ha fatto...): Ok, colpa di CAIO? Gli stai dando la FORZA. 

- INVIDIA (non sono invidioso, mi piacciono le cose giuste! E lui/lei non si merita (...riempi i puntini)… Ok, sei sicura/o? sai quanto ha faticato quella persona per avere (...riempi i puntini)? Quante notti insonni? Quanti weekend a lavorare? Quante ore di palestra a far pesi? Quanti appuntamenti fatti? Quanti “no” presi? Sicuro? Gli è andata di culo alla prima! Bene, buon per lui. Non ti piacerebbe che andasse di culo anche a te? Sì? Quindi, perché invidi? Dovresti essere contento che queste cose succedano... gnè-gnè-gnè sempre agli altri però (sigh sigh) e certo, a quelli che invece di fregnare fanno. 

- COLPEVOLIZZARE “entità tipo Dio, la Chiesa, il Governo, la Scuola, la nonna, la famiglia, il “sistema”... sì, ma ci plagiano, ci manipolano, ci indottrinano come vogliono. Sì, certo, tutte le entità qui sopra hanno le loro regole. Nessuna di loro ti costringe a fare niente. Dal momento che hai capito che “ti plagiano”, puoi non farti plagiare. Cambia canale, cambia religione, non ascoltare nonna e famiglia quando secondo te ti stanno manipolando, vai a votare con coscienza e poi ripensaci alle prossime elezioni, o mettiti in politica cerca tu di fare qualcosa e non rompere. Ma è il sistema che è sbagliato! Ok, o ti impegni a cambiarlo o vai avanti facendo a meno del sistema... non si può? sei sicuro? o sei troppo pigro per farne a meno? vuoi fare a meno dello stato? vai su un’isola deserta, coltivati quello che mangi, mangia quello che peschi, caccia quello che mangi e non stressare me, che voglio invece andare al ristorante in taxi. Voglio dirti cosa penso di te! Non mi interessa, grazie lo stesso. Te lo dico comunque… ok … sfilze di critiche non costruttive “grazie per il tuo feedback”. Punto (da un orecchio entra e dall’altro esce se non credo tu sia una persona autorevole in questo particolare argomento. Perché “Una tigre non perde tempo ad ascoltare cosa dice una pulce”. Questa frase l’ho sentita da Leonardo Leone, imprenditore e formatore, e non mi torna in mente tutte le volte che mi accorgo di dare troppo peso al giudizio altrui. Mi domando se c’è un rapporto “tigre pulce” e, se sì, la smetto di preoccuparmi e continuo per la mia strada (non ho trovato su internet altre “paternità” di questa frase bellissima quindi in tutta buona fede credo sia sua). 

- AUTOCOLPEVOLIZZARSI: ovviamente non va bene nemmeno darsi la colpa e sentirsi colpevoli. Ripeto, bisogna capire che responsabilità abbiamo e usare questa responsabilità per migliorare cosa abbiamo fatto male. Non si può più? E allora perché rimanere immobili a piangersi addosso? Andiamo avanti.

Lamentarsi

Lamentarsi fine a sé stesso non è MAI una strategia. Lamentarsi senza agire per cambiare la cosa di cui ci si lamenta è una strategia che porta sempre alla stessa soluzione, e cioè al sentirsi impotenti di fronte alla situazione stessa.

Metodo Ponte
Metodo Ponte
Come laurearsi senza rinchiocciolirsi