Capitolo 23
Il nostro Iceberg e i 95 inquilini del piano di sotto

A

desso sempre parlando di trappole, ne vediamo alcune che sono dei veri e propri freni nascosti. Sono autosabotaggi così subdoli da sembrare completamente scollegati dal raggiungimento dei nostri obiettivi, e invece sono tra i peggiori ostacoli al loro raggiungimento. 

Per spiegarti come funzionano e dove si nascondono ti do alcune basi di psicologia, molto elementari. Immagina un iceberg, come tutti gli iceberg ha una parte emersa, sopra il livello dell’acqua, e una parte sommersa che non si vede. La parte sommersa è sempre più grande di quella emersa. Considera che la parte visibile rappresenta la tua parte conscia mentre la parte sommersa rappresenta l’inconscio. Ora, cosa contiene la parte conscia? I pensieri che facciamo consciamente, la parte logica, la capacità di esprimerci, muoverci e altre cosine. Nella parte inconscia c’è il resto: ci sono tutte le cose automatiche che facciamo senza pensare (è da qui che comandiamo il respiro e il battito cardiaco, per esempio) ci sono le emozioni, tutto ciò che logicamente non riusciamo a spiegare, c’è la memoria di tutto ciò che “non ci serve ricordare continuamente”. Bene, non me ne vogliano gli psicologi per questa grossolana divisione ed estrema semplificazione, dovuta all’obiettivo del testo. A questo punto, sempre a quello che chiamo “il piano di sotto” troviamo le credenze, le nostre amatissime credenze. Adesso torna a pensare all’iceberg che galleggia nel mare. Pensa a voler andare verso nord, ti metti a remare con tutte le tue forze per andare a Nord. Remi così forte da andare anche controvento se necessario. Come pensi che andrebbe a finire se, al piano di sotto, ci fossero delle correnti che spingono verso Sud? Male, vero? Ecco, se consideriamo che la parte conscia è all’incirca il 5%, e la non conscia è il 95%, sarebbe come giocare in 5 contro 95 al tiro alla fune. Se siamo fortunati e remiamo tutti nella stessa direzione, vogliamo fare goal nella stessa porta, andremo molto veloci e con poca fatica, altrimenti i 5 del piano di sopra non hanno scampo. Se gli inquilini del piano di sotto vogliono andare a Sud, tutto l’iceberg arriverà a sud, indipendentemente da quanta fatica possiamo fare noi 5 del piano di sopra. Non c’è proprio partita. 


Detto questo, non preoccuparti, si risolve tutto. Gli inquilini del piano di sotto vogliono andare nella direzione che è più giusta per noi, secondo loro, secondo quello che hanno imparato, sentito, risentito. Ci vogliono proteggere. Per questo motivo sono loro che “posseggono/gestiscono” le nostre credenze. 

Come abbiamo visto prima (come modificare le credenze) c’è quindi un modo per comunicare con questi inquilini per fare in modo che vadano dove vogliamo andare noi, in modo da essere un team di 100 che giocano la stessa partita, che corrono nella stessa direzione. La difficoltà più grande è capire cosa questi inquilini hanno imparato nel corso degli anni, e cosa hanno frainteso, in modo da modificare le credenze e i comportamenti che non ci servono e dar loro credenze comportamenti che ci aiutino. Ricordi che le abitudini sono cose automatiche? Che le facciamo senza rendercene conto? Bene, pensa a quando hai imparato ad andare in bici, o a guidare. All’inizio era tutto nuovo, tutto complicato, dovevi pensare a tante cose assieme: luci, freccia a sinistra, controllare lo specchietto, mettere la prima (o la leva del cambio automatico sulla D di Drive) frizione, gas e via. Una volta ripetuta questa combinazione di azioni, ormai ti viene tutto in automatico e a volte non ricordi nemmeno che percorso hai fatto per arrivare a casa. Giusto? Questo succede perché il guidare (tutto l’insieme di azioni) inizialmente era una cosa a cui dovevi dedicare la tua attenzione conscia. Una volta diventata un’abitudine è “passata” sotto il controllo dell’inconscio. Significa che non siamo consci quando guidiamo? In un certo senso sì, e comunque possiamo riprendere il controllo conscio tutte le volte che succede un imprevisto, l’auto davanti a noi frena bruscamente, attraversa un pedone ecc. Come respirare: se non ci pensi va in automatico. Se ci vuoi pensare e regolare il respiro lo fai subito. 

Perché questa spiegazione su conscio e inconscio? Perché ora andremo a scovare abitudini e/o altre credenze che possono nascondersi al piano di sotto e che rischiano di sabotare ogni nostro sforzo.

Invidia Materialista!

Facciamo un altro piccolo esercizio. Immagina di arrivare davanti alla tua università e di vedere una Maserati (o una Ferrari, una Rolls-Royce o qualsiasi auto per te significhi auto di lusso) parcheggiata vicino all’ingresso principale. Adesso senza pensarci scrivi di getto cosa ti viene in mente. Ti do qualche spunto: di chi è? Come lo ha comprata? Cosa fa nella vita? Usa l’immaginazione, non è un indovinello e non ci sono risposte giuste o sbagliate.

Secondo te di chi è la Maserati / la Rolls? Il proprietario l’ha rubata? o se l’è guadagnata? facendo cosa? lavorando come? quanto? aiutando chi a fare cosa? Il punto è: cosa hai pensato di chi ha parcheggiato la Maserati? Ti ha dato fastidio? hai avuto pensieri positivi o negativi nei suoi confronti? Adesso ti spiego perché di questo esercizio. Devi rileggere cosa hai scritto e capire se per caso hai dei pensieri limitanti cioè negativi sul denaro, sui ricchi, sulla ricchezza. Perché ad esempio se ti ritrovi ad aver provato invidia, gelosia, qualsiasi pensiero negativo in generale, questo è un freno nascosto molto forte. Ricordi quando abbiamo parlato di credenze? Del fatto che molte sono radicate nel nostro subconscio, dove ci sono i 95 amici del piano di sotto, giusto, proprio lì. Ecco, se la prima cosa che hai pensato quando hai immaginato chi guida la Maserati è stata una cosa negativa, un’emozione negativa, un pensiero negativo significa che hai dei pensieri negativi non su di lui (che non conosci) ma su chi guida una macchina costosa. Scavando ancora un po’, che la ricchezza è legata a qualcosa di negativo. Al contrario se hai avuto pensieri positivi, meglio per te, segui il ragionamento perché potrai usarlo in altri ambiti della vita. Torniamo ai pensieri negativi legati al denaro, alla ricchezza materiale. Tu potresti dirmi che comunque vuoi fare carriera, avere una vita agiata e ricca, e che i pensieri che hai su chi fa sfoggio di ricchezza non ti toccano personalmente, perché tu non lo farai, tu guiderai una utilitaria perché non hai bisogno di far vedere a nessuno di avere denaro, o semplicemente non hai bisogno di un’auto. Oppure ancora per te la Maserati è un’utilitaria perché solitamente in famiglia girate in Rolls. (Ok, mi raccomando, sto sempre facendo ipotesi). Bene, potresti pensare che non sia un problema pensare che chi fa sfoggio di ricchezza è... (accezione negativa). Il problema qual è? È che i nostri vicini del piano di sotto generalizzano, e generalizzano associando al denaro quelle accezioni negative che hai visto sono “spuntate” da un semplice commento, un pensiero nato dal vedere una persona guidare una macchina costosa. E cosa succede se i nostri amici del piano di sotto legano negatività al denaro? Che faranno di tutto per impedirti di avere queste negatività, quindi faranno di tutto per impedirti di accumulare ricchezza. Non ci credi? Hai mai visto persone sole dire “gli uomini sono tutti uguali” o “le donne sono tutte uguali” con disprezzo? Sono soli perché disprezzano o disprezzano perché sono soli? o si sono convinti che il mondo è così e si difendono da nuove delusioni semplicemente rimanendo soli? e hai mai visto qualcuno trovare finalmente l’anima gemella ma fare di tutto per mandare a rotoli il rapporto? Questo solo per farti riflettere su quanto siano forti i 95 del piano di sotto, e invisibili, soprattutto. Come li “scoviamo”? Noi coach li scoviamo con domande mirate, esercizi sulle credenze e lo puoi fare anche tu. Basta fare attenzione a come parli, a cosa credi, perché lo credi e capire se credere queste cose ti aiuta o meno. E se non ti aiuta, cambia credenza (vedi capitoli precedenti).

Gelosia

La gelosia è la paura di perdere qualcosa che si ha. Da Google possiamo trovare come significato: “Sentimento tormentoso provocato dal timore, dal sospetto o dalla certezza di perdere la persona amata a opera di altri”. Più legato a persone amate. In generale posso essere geloso anche del mio conto in banca, del mio lavoro, della mia casa. Questa è una forma di paura (infatti, definita “sentimento tormentoso provocato da timore”). Vedrai tra poco cosa comportano le paure, quali tipi sono positive e quali negative. Vale sempre la pena sottolineare che gli eccessi sono sempre pericolosi. Se sono geloso di quello che ho in casa e investo in una porta blindata, in un allarme, in telecamere di sicurezza può avere un senso. Se questo mi porta a vivere nell’ansia che arrivino i ladri, allora non vivo bene. Non mi fa bene. Ne ho più danni che benefici. Inoltre, il punto cruciale della gelosia è che parte da un senso di scarsità: scarsità di beni, scarsità di denaro. Si inizia a pensare “perché io diventi ricco, qualcuno deve diventare povero”. Non è vero, ne parlo meglio nel capitolo SCARSITÀ, per ora considera che se io credessi che più sei ricco tu, più posso essere ricco io, non avrei motivo di essere né invidioso di te, né geloso di quello che ho io.

Paure

Le paure sono tra i freni nascosti peggiori. La paura in generale è un sentimento molto utile, quando ci fa reagire a situazioni pericolose REALI. Non per niente è proprio radicata nel nostro subconscio, nel nostro istinto. Diventa un vero disastro però quando si “attiva” per problemi che non esistono. Per previsioni catastrofiche del futuro, per il non conosciuto. La paura in sé quindi è positiva, chi non ce l’ha, ha un serio problema. Rischia di farsi del male. Il problema non è la paura in sè, il problema è la paura insensata. Innanzitutto la paura ci fa consumare molte energie, aumenta i battiti cardiaci, la pressione sanguigna, il sangue va agli arti per attivare i meccanismi di combatti o fuggi. Quindi cosa succede se invece di attivarci in questo modo per scappare ad un pericolo reale, che sia una bestia feroce o un altro predatore, ci attiviamo in questo modo pensando all’interrogazione di domani? o all’esame del prossimo mese? Capisci bene che, oltre a consumare energia, ci mettiamo in una situazione con i muscoli pronti a reagire, quando invece dovremmo studiare e ossigeno, sangue ed energia andrebbero altrove, un po’ più in su tra le orecchie. Giusto? Senza parlare poi dell’ormone dello stress e dell’invecchiamento, sempre legato a queste paure più o meno prolungate. Vediamo ora alcuni tipi di paure che ci bloccano e che dovremo prima riconoscere e poi eliminare se vogliamo vivere più sereni e raggiungere i nostri obiettivi. Non farlo vorrebbe dire impegnarci a costruire i nostri ponti in cinque, con novantacinque “avversari” che hanno l’unico scopo di impedirci di costruirlo.

Paura del nuovo, dello sconosciuto

Questa è la paura primordiale per eccellenza, assieme a quella dei rumori improvvisi. Alla base di tutto c’è l’istinto di sopravvivenza, per cui tutto ciò che è sconosciuto è da evitare perché potenzialmente pericoloso. Quando vivevamo nelle caverne, nelle prime comunità, allontanarsi dalla tribù significava pericolo di morte, quando andavamo in posti sconosciuti potevamo incontrare belve feroci ed esserne divorati. Quando provavamo a mangiare cibi sconosciuti potevamo avvelenarci. E così via. Per rimanere vivi, sopravvivere e poi procreare quindi dar seguito alla specie dovevamo continuare a vivere dove eravamo sempre vissuti, facendo cosa avevamo sempre fatto. L’istinto alla conservazione era al sicuro grazie alla paura del nuovo, alla paura di tutto ciò che era sconosciuto. Ora la sentiamo ancora (impossibile non sentirla) se pensiamo a cambiare città, cambiare partner, cambiare scuola, cambiare facoltà, cambiare lavoro. Inutile dire che è un po’ eccessiva come paura, perché il pericolo è tutt’altro che mortale. Una volta conosciuto questo meccanismo, quando ci ritroviamo a temere le novità, possiamo razionalmente renderci conto che stiamo esagerando con i nostri sistemi di allarme e che dobbiamo invece elaborare e gestire diversamente la novità che si sta presentando. Altrimenti rischiamo di voler combattere un raffreddore con una chemio. Sì, so che è molto brusco questo esempio ma lo è di proposito, perché gli effetti della paura prolungata, a fronte di una situazione come quelle descritte qui sopra (senza pericolo reale di vita o di morte, senza belve feroci da cui fuggire o predatori su due o quattro zampe da cui difendersi) allora l’effetto collaterale dello stato di paura è assolutamente sproporzionato, così come quelli di una chemio per curare un raffreddore. “Vivo bene sotto stress” potrebbe obiettare qualcuno. Male. Gestire lo stress (quindi non farlo arrivare a soglie pericolose e dannose) è una cosa, sopportarlo invece fa male. Così come fa male a un motore rimanere sempre fuori giri. Resiste? Sì, per un po’, poi semplicemente si fonde, e non voglio che tu ti fonda. 

Certo che sembra quasi da eroi vivere sotto stress (purtroppo qualcuno la vede così) ma è una farsa, e non porta mai a niente di buono sul lungo periodo. Ci rivedi la vocina gracchiante del paperino?

Paura del giudizio

Essendo l’uomo un animale sociale è logico che il giudizio della tribù sia importante. Certo, anche nella già citata piramide di Maslow dei bisogni, una parte importante della soddisfazione dell’individuo passa per il contatto e l’interazione con i propri simili. Ci sono però due fondamentali aspetti da chiarire: una cosa è accettare le critiche costruttive (senza paura), un’altra ben diversa attitudine è evitare di fare per paura di essere giudicati. Giudicati poi da chi? Da persone che vogliono il mio bene o che sono invidiose? Da persone che capiscono esattamente cosa sto facendo o credono di capirlo? Da persone che sono dove voglio arrivare io, o persone che non sanno nemmeno dove voglio andare? Anche se mi giudicano per il mio bene, è il mio bene secondo loro, o secondo me? Qui la regola è semplice: accettare consigli da persone qualificate (che conoscono l’argomento in questione), lasciar perdere tutte le critiche inconcludenti, le paure degli altri (no che poi ti fai male! Poi ti stanchi!) e gestire le proprie. Un esercizio che puoi fare se ti senti pressato dal giudizio di qualcuno, per importante che sia, pensa a come la penserai a riguardo fra dieci anni, o fra venti. Meglio rischiare un giudizio negativo andando verso i propri sogni, che vivere col rimpianto di non averci mai provato!

Paura del fallimento

Questa, che non me ne voglia il sistema scolastico, ce l’hanno inculcata un po’ a scuola. Voti negativi in rosso, bocciature, rimandati a settembre, sono cose che insegnano che sbagliare è male, è da “asini” si diceva ai miei tempi. Chi veniva bocciato veniva additato. Spero che oggi si cerchi almeno di capire cosa ha portato una ragazza o un ragazzo a perdere un anno di scuola (che fra parentesi, nell’arco della vita può voler dire veramente poco). Pensa alla contraddizione: a scuola se mi promuovono tutti gli anni mi diplomo in tempo, sono bravo. Ho successo (scolastico). Nella realtà, nel lavoro, se non fallisco non imparo, non miglioro, non potrò mai avere successo “stabile”. Perché ho aggiunto “stabile”? perché statisticamente non esiste manager, lavoratore in qualsiasi settore che non abbia avuto e risolto problemi sul lavoro, non esiste imprenditore che non abbia passato i suoi tanti o pochi fallimenti. E, che non me ne vogliano gli imprenditori, coloro ai quali non è successo (se esistono) sono quelli che stanno per fallire. Prendi i migliori imprenditori che conosci, le migliori persone di successo in qualunque campo e chiedigli se hanno fallito. Temo che non troverai nessuno che non abbia passato i propri fallimenti per diventare chi è ora. Infatti, una delle caratteristiche delle persone di successo è quella di affrontare il fallimento come passaggio per crescere, come passaggio obbligato per fare grandi passi avanti. Sono rimasto stupito anni fa a vedere quante volte siano falliti Elon Musk, Jeff Bezos e company. E continuano a fallire. Non c’è verso. Dobbiamo passare da lì, e non è mai la fine. Mai. Mai? Quasi mai. È la fine quando decidiamo di dichiararci falliti (non nel senso economico finanziario, ma nel senso umano). È fallito chi smette di rialzarsi e riprendere il proprio cammino. È fallito chi smette di sperare, di lottare, di impegnarsi, di cambiare strategia, di cercarne una migliore. Se leggerai biografie di persone di successo, in qualunque campo, vedrai cosa hanno dovuto sopportare per arrivare a raggiungere i propri obiettivi e diventare chi sono diventati. (Scusa se faccio sempre esempi di imprenditori, ma questo è il mondo che conosco meglio). E quindi? Quindi aver paura di fallire è un po’ come voler giocare a Rugby, voler vincere e aver paura di prendere qualche botta. Come voler vincere un giro d’Italia in bicicletta e aver paura dell’acido lattico nelle gambe. Come voler fare frittate e aver paura di rompere uova. Spero di essermi spiegato. Prendiamo esempio dai giapponesi: citando sempre Zio Google: con il termine Shippai, infatti, in Giappone si fa riferimento al fallimento positivo o costruttivo, un concetto ben descritto anche dal celebre proverbio nipponico 


"cadi sette volte, rialzati otto. "


Ti ho sentito, non vuol dire che devi cadere, ma che devi essere pronto a rialzarti. Quante volte? Ancora una volta, sempre.

Sono un Fallitore

In Italiano possiamo usare un aggettivo molto poco usato “fallitore”, colui che fallisce, o “fallente” participio PRESENTE di fallire. Mi piace di più e rende l’idea. Io sono un fallitore/fallente, un fallitore/fallente seriale oserei dire. Perché fallisco continuamente e continuo, costantemente, a rialzarmi e rifare meglio quello che ho fallito, finché non trovo la strada giusta per non fallire. Poi continuo a fallire in cose più grandi, più difficili, più importanti, da capo finché anche in quelle non trovo la strada per “vincere” / raggiungere l’obiettivo, ottenere quello che voglio. Quindi “viva i fallitori, i fallenti, abbasso i falliti”, potremmo dire. Fallito è participio passato. Così è e così rimane. Per questo il senso del fallimento viene così demonizzato (in Italia, cosa completamente diversa negli Stati Uniti). Perché da un senso di etichetta fatta e finita. Posso essere furbo, scemo, intelligente, ignorante o fallito. Chiude il cerchio. Invece il fallitore/fallente dà il senso del presente, un presente che può cambiare (e infatti cambierà se non ci si ferma). Un senso del proseguire, dell’essere in movimento. Non trovi? Non mi piace fallire, ma non mi spaventa. Ho già fallito l’obiettivo di finire di scrivere questo libro due mesi fa, adesso lo centro. Non per questo demordo, non per questo smetto di scrivere. Non per questo mi sento male o con i sensi di colpa. So che ho fallito l’obiettivo perché non ho seguito la pianificazione che avevo fatto. 


Mi sono lasciato trasportare dall’entusiasmo e ho fatto passare troppi giorni senza scrivere una pagina, pensando “recupero domani” o “faccio una full immersion” nel fine settimana”, poi questa scusa, poi quell’altra, ho perso mesi preziosi. Non sono andato in vacanza, ma comunque ho dato precedenza a cose forse più urgenti ma molto probabilmente meno importanti. Capita. Imparata la lezione. Il prossimo libro farò meglio. Intanto questo lo finisco. Perché anche se ho fallito l’obiettivo nei termini di tempo che mi ero dato, voglio centrare il più importante, quello di scrivere il libro. Una volta scritto poco importa se ci avrò messo sei o dieci mesi. Rimarrà scritto per sempre. Come la tua laurea. Come la tua laurea. Non ti sto esortando a metterci più del dovuto, ma se rimani indietro, se sei rimasta/o indietro, il mio consiglio è riprendere e portare a termine cosa hai iniziato. Non so se hai notato ma ho scritto “ho fallito l’obiettivo”, non ho scritto “sono un fallito”. C’è una grande differenza. Quando manchi un obiettivo, è quello che hai fallito. Non c’entra niente con chi sei e cosa sei. Mi raccomando.

Paura del successo

Stranissima questa paura, nessuno che ne soffre lo ammette perché non se ne rende conto, è molto difficile da scovare. Paura di arrivare dove vogliamo arrivare. Invece c’è, sempre legata alla paura del nuovo, del cambiamento, di ciò che c’è al di fuori delle nostre abitudini. A volte purtroppo siamo così immersi nei nostri problemi, da non poterne quasi fare a meno. Ripensando agli amici del piano di sotto (il nostro subconscio) dobbiamo scoprire se e perché c’è questa paura e smantellarla, altrimenti ci boicotterà. Il primo passo è riconoscerla, il secondo passo è cercare e trovare le credenze sulle quali si basa questa paura, poi fare l’esercizio per 

SPACCARE LE GAMBE ALLE CREDENZE. 

Se non riesci da solo, fatti aiutare, come al solito. Se non da un coach, da una persona che voglia aiutarti e abbia ottime doti di ascolto. Questa paura potrebbe essere la conseguenza di una credenza limitante sul denaro, o sui ricchi, qualcosa del tipo “i ricchi sono stressati perché hanno paura di perdere i propri soldi, di essere derubati” e così andando. Basta avere una di queste credenze limitanti ed ecco che si traducono in paura del successo. Altra molto comune è “le persone di successo non hanno una vita privata” oppure “le persone di successo sono snob”. Se non voglio essere snob ecco fatto il danno. Gli inquilini del piano di sotto faranno di tutto per non farmi diventare snob. Come? Impedendomi di avere successo.

Paura del denaro

Piccolo discorso di approfondimento, data l’importanza e i legami che questo tipo di paura ha con la nostra realizzazione professionale. Cosa pensi del denaro? Se associ pensieri negativi al denaro, probabilmente lo stai allontanando dalla tua vita. Se pensi che sia la causa di tutti i mali, lo sterco del diavolo, lo strumento del diavolo o altre (passami il termine) “baggianate” del genere, questo ti impedirà di raggiungere successo economico. E dal momento che meglio lavori, meglio ti pagano... avere un freno a mano sul denaro è un problema, rischia di boicottarti la carriera, o di farti buttare via i soldi più velocemente di quanto ci metta a farli. Perché pensaci bene, come fai a tenerti i soldi se sono la causa di tutti i mali? se sono lo sterco del diavolo? Anche se volessi consciamente, ci penserebbero i 95 del piano di sotto a farti perdere il lavoro o la promozione, oppure a farti comprare cose inutili, scialacquare soldi in tutti i modi possibili e immaginabili. Anche per questa paura, lavora rileggendoti il paragrafo SPACCA GAMBE ALLE CREDENZE. Ti consiglio i libri di Robert Kijosaky “padre ricco padre povero”, Alfio Bardolla, “I soldi fanno la felicità” e “I segreti della mente milionaria” di T Harv Eker. Ne trovi altri nella bibliografia in fondo al libro.

Fatine presuntuose / Sirene / corvi neri

Dopo aver visto come funziona il nostro iceberg, come funzionano le nostre paure e i nostri autosabotaggi, ritorniamo a occuparci delle trappole esterne. Ora non parliamo di autosabotaggi ma di veri e propri sabotatori. Dal momento che sono di tre tipi principalmente, li ho divisi in tre gruppi, per farveli riconoscere meglio: Fatine presuntuose / Sirene / corvi neri. 


Cos’è una sirena tentatrice? Perché e come dirle di NO? Lo vediamo in questo capitolo. Una sirena tentatrice è qualcosa che ci attrae, ci abbaglia, ci promette di farci felici (ricchi il più delle volte) ma in realtà vuole solo catturarci e, come le sirene di Ulisse, mangiarci! Abbiamo visto nel capitolo degli oggetti luccicanti quanto sia importante cercare il proprio obiettivo e lavorare per questo, dicendo NO (o NO GRAZIE) a tutte le distrazioni, a tutti quegli obiettivi che possono sembrarci migliori, più luccicanti, più veloci ecc. Ti ricordo che avere un Perché forte ti aiuta molto a non cadere nella sindrome degli oggetti luccicanti, perché ti chiederai “cosa voglio fare? “e perché?” quindi difficilmente il nuovo corso online che promette lavoro subito strapagato potrà distoglierti dalla tua laurea in medicina se il tuo perché è salvare vite. Comunque sia, anche se hai un forte perché, è meglio che ti chiarisca cosa c’è “là fuori”. Chi sono i “ladri di tempo”. Quali sono fatine, quali sirene e quali corvi neri. Infatti, questa sindrome degli oggetti luccicanti è così popolare e diffusa che ha portato parecchie persone (aziende addirittura, che sono poi gruppi di persone) ad approfittarsene. Seguendo il principio che “più luccica, più attira, più distoglie chi sta lavorando duro per levigare tagliare e pulire il proprio diamante”, chi vuole la nostra attenzione ci ammalia con qualcosa che sia meglio, che appaia meglio di ciò che stiamo facendo, di ciò a cui ci stiamo dedicando. Adesso ti spiego almeno tre tipologie di soggetti che usano la nostra voglia di oggetti luccicanti, a loro vantaggio, e come riconoscerli.

Fatine presuntuose

Il primo tipo di persone che usano la nostra voglia di oggetti luccicanti sono quelle che io chiamo “fatine dei boschi”. Chi è una “fatina dei boschi”? La fatina dei boschi è una persona che fa cose straordinarie, magiche, quasi incredibili. La fatina dei boschi è magica ed è reale. Vuole veramente aiutarti. Vede che stai faticando per raggiungere qualcosa che, secondo lei, non è il meglio a cui puoi aspirare. Lo fa per il tuo bene, dice, ed è sincera. Ma pecca di una grande presunzione: crede di sapere lei meglio di te quale sia il tuo bene. Poi, sì, per carità, consapevolmente non farebbe male a una mosca. Sa come portarti a stare meglio, vivere più felice, più ricca/ricco, realizzata/realizzato, ma sempre con la presunzione di sapere lei cosa significhi per te raggiungere la felicità, la ricchezza e la realizzazione personale. So che ti stai un po’ confondendo ma adesso ti chiarisco con un esempio. Il migliore esempio di fatina presuntuosa è – non sempre ma molto spesso – la mamma (o il papà, ovviamente, il folletto presuntuoso in questo caso). Farà di tutto per “venderti” la sua strada alla felicità, convinta che sia la migliore per te. Ed è una strada che esiste, perché la conosce. È reale. Il posto fisso per i miei genitori, per esempio, è reale. Il mio lavoro invece è legato a una pericolosa P. IVA, ad una srl... molto più sicura la strada da dipendente, perché secondo lei funziona così. Parentesi: i miei genitori non hanno mai fatto con me fatina e folletto presuntuosi, li faccio presuntuosi solo in questo esempio in cui preferisco parlare dei miei piuttosto che parlare di genitori di altri. Ok, quindi mia madre farà del suo meglio per distogliere la mia attenzione da “manie di grandezza” da “business improbabili” da “lavoro precario” e tutto quello che secondo lei mi sta impedendo di trovarmi un lavoro normale e sicuro. Altri esempi di fatine presuntuose sono tutte le persone che ti propongono un business REALE, non una truffa, credendo che sia meglio di quello che stai facendo ora. Certo, se sono un neolaureato 


(Se sei un neolaureato fai molta attenzione ora), se sono un neolaureato in Ingegneria Gestionale e mio zio ha trovato l’annuncio di un’azienda metalmeccanica molto seria e conosciuta, che cerca un commerciale, vicino a casa, può sembrare ottimo per me. Ma se io: 1) voglio andare fuori città (trasferirmi o all’estero o a Milano dove vive la mia ragazza o a Napoli per chissà quale motivo); 2) Voglio mettere in pratica quello che ho studiato durante il mio orientamento in logistica... vedi che per quanto mi voglia bene mio zio, non sta pensando o semplicemente non conosce i miei desideri, i miei obiettivi, dove voglio portare il mio ponte. Non devo mica essere ingrato. Ringrazio lo zio, gli spiego cosa sto cercando, poi se lui insiste che “provi comunque” lo ringrazio ancora una volta per l’opportunità. E basta. Non mando un curriculum dove non voglio lavorare! Sia chiaro. Non fare queste follie suicide. Vediti il bonus ”Ponte per colloqui di lavoro”. In questo caso non devi proprio provare niente. L’unico caso in cui devi valutare se mandare il CV alla metalmeccanica vicino casa, è quando TUTTE le altre aziende di logistica di Milano o Napoli e dintorni hanno respinto i tuoi CV e non ti hanno selezionato ai loro colloqui. Allora potrai passare al piano B senza rimpianti. Ricordandoti costantemente di mandare CV a Milano e Napoli anche mentre lavori vicino a casa. Altrimenti, ti starai “accontentando” e questo potrebbe essere l’inizio di una grave gravissima malattia: l’“accontentite” della quale ho descritto tutti gli effetti collaterali nel capitolo “Accontentite”, se lo hai saltato, è il momento di tornare indietro a leggerlo.

Corvi neri

Questi non sono semplicemente in grado. A guardarli bene si vede che sono corvi che si nutrono (tra le altre cose) di vermi, larve, topi, carcasse morte. Queste persone non vogliono aiutare nessuno, solo se stessi. Si vogliono approfittare del tempo e dei soldi degli altri per i propri scopi. Qualcosa del tipo “tu ci metti il capitale, noi ci prendiamo gli utili” oppure “tu fai il lavoro, noi (i corvi neri) ci prendiamo i meriti”. Non fanno danni gravi perché sono abbastanza riconoscibili. Basta smettere di averci a che fare. Un corvo nero è un capo che ti fa lavorare tutto il giorno, ti sottopaga, non ti lascia il tempo per studiare (se stai studiando) e ti priva di tempo ed energie.

Sirene carnivore

Le sirene invece sono le più pericolose trappole esterne perché sono veramente brave ad ammaliare. Corpo di donna, in realtà mostri carnivori (quelle di Ulisse erano uccelli, poi nella storia diventati pesci) che attirano malcapitati per divorarli. Chi sono le sirene carnivore? Sono tutti coloro che ti promettono mari e monti, guadagni strepitosi in tempo zero, costo zero, mezz’ora al giorno e tralasciano di parlarti dei rischi. Il costo non è mai zero, il tuo tempo è molto prezioso, e chi guadagna di sicuro sono loro. Perché te ne parlo, se sei studente? Perché sono trappole molto pericolose. Magari sei un po’ in ritardo con gli esami, o fuori corso, inizi a voler guadagnare da solo senza dipendere dai tuoi genitori. Sei in una situazione delicata, hai bisogno di guadagnare. Devi aprire bene occhi e orecchie e capire chi ti sta proponendo un lavoro, e che lavoro ti sta proponendo. Se è troppo bello per essere vero, molto spesso non è proprio vero. C’è la fregatura sotto. Non tutti sono così, assolutamente no. Ma se devi dare il tuo tempo a qualcuno, in cambio di potenziali guadagni futuri, fai bene le tue ricerche. Molto molto bene. Non fermarti ai loro casi studio “Gino è diventato millionario” che più “lllll” che soldi. Cerca di capire se Gino esiste come ci è arrivato, a che prezzo, e se fa al caso tuo continua a cercare. Quanti Gino ci sono? e gli altri? Gino lo è diventato studiando. Ok, si è poi laureato? Quanto ci ha messo? in cosa? dove? Soprattutto, affidati al metodo Ponte: perché dovresti fare cosa fa Gino? Ti rispecchia? Ha qualcosa a che fare col tuo obiettivo? Dedicandoti a questo business potresti sviluppare il tuo talento? Ti dà energia, entusiasmo? O dovresti forse dire NO GRAZIE e continuare a cercare altri modi per risolvere il tuo problema? Attenzione alle sirene carnivore.

Ti ricordi dove eravamo rimasti con la mia storia? Giravo con la mia punto in giro per tutta la Rep. Ceca perché mi avevano detto che “si fa così” e che loro (le aziende per le quali lavoravo “avevano sempre fatto così”). Oltre alla traiettoria sbagliata, un altro problema era proprio che stavo ascoltando alcune sirene, e alcuni corvi neri. Una sola fatina presuntuosa. La fatina presuntuosa era quella per la quale in altri mercati almeno funzionava sul serio il famoso “abbiamo sempre fatto così”. Le sirene invece bluffavano, non funzionava da nessuna parte il loro sistema, ma non ne avevano altri, e quello per loro era gratis: la nafta della mia Punto la pagavo io! Così come il mio tempo e le mie telefonate, quando ancora erano un costo importante, soprattutto quelle internazionali, senza né tariffe speciali, né whatsapp, né tantomeno telefoni touch screen. La fatina presupponeva un po’ troppe cose: - che il mercato della Rep. Ceca fosse simile agli altri (da dare gli stessi risultati); - che io avessi risorse infinite per far partire il business (colpa mia che non ho messo abbastanza bene in chiaro la mia situazione); - che quello che avrei potuto guadagnare con loro mi sarebbe bastato (anche questo, colpa mia non aver fissato le mie aspettative). A parte i corvi neri impreparati, e la fatina che faceva il suo interesse, il problema è stata la sirena carnivora. Questa mi ha proprio ammaliato, e, scusa la volgarità “mi ha tolto anche le mutande”. Veramente brutta storia che ti risparmio. Fatto sta che quando parlo di fatine, corvi e sirene, so bene di cosa parlo. Attenzione attenzione e attenzione.

Metodo Ponte
Metodo Ponte
Come laurearsi senza rinchiocciolirsi