Ci vuole energia fisica, entusiasmo, energia mentale per raggiungere i propri obiettivi. Esistono sistemi per assicurarci l’energia che ci serve, da diete sane a “mens sana in corpore sano” ecc. Ci vuole esperienza, cioè dobbiamo imparare sempre, sia dagli errori sia dai successi (nostri e non). Eudaimonia, infine, significa felicità: dal greco “conosci bene il tuo demone”, cioè le tue passioni, i tuoi talenti. Secondo i Greci (Aristotele), la felicità può infatti essere raggiunta solo ascoltando se stessi, il proprio “demone” e facendo il possibile per assecondarlo. Non posso che essere d’accordo. Questo è il controllo finale, per essere sicuri che stiamo andando nella direzione dei NOSTRI sogni, per raggiungere i NOSTRI obiettivi, che sappiamo come farlo e cosa fare e lo stiamo facendo.
Questo vuol dire “godersi il viaggio”.
Capitolo 24
Energia, Entusiasmo, Eudaimonia. EVOLVERSI
Energia fisica
Il vecchio detto “mens sana in corpore sano” la dice tutta, ed è sempre più confermata dalla medicina moderna, dalle scienze, dalle neuro-scienze. Perché? perché la “macchina uomo” ha bisogno di energia, e il motore che produce energia è proprio il nostro corpo. Il carburante è cosa mangiamo. Il comburente è ciò che respiriamo. Per chi non fosse pratico o non avesse ancora studiato questi argomenti, un piccolo ripasso: una combustione è un fenomeno in cui si trasforma un combustibile (esempio benzina) unito a un comburente (aria) in energia (esplosione controllata dal motore). Senza aria la benzina non esplode. Come il fuoco che senza aria si spegne, così come si spegne se finisce la legna o il carbone. Chiaro? Spero di sì. Quindi, dicevamo, della “macchina uomo”, che per produrre energia ha bisogno di aria e cibo. Manca ancora qualcosa? Certo, manca l’acqua. Bene, e l’acqua dove la mettiamo? L’acqua la mettiamo sicuramente dentro, in abbondanza, perché è il sistema di raffreddamento (e non solo, ma per questo esempio la lasciamo così), che lubrifica tutto e ci aiuta a spurgarci dai rifiuti e mantenere il motore in ordine. Stiamo parlando di energia fisica. A questo punto però, il nostro motore è un motore un po’ particolare, tanto particolare da aumentare cilindrata e prestazioni se allenato, e allo stesso tempo è in grado di diminuire la propria cilindrata se non utilizzato. Lo so, un bel casino. Volere o no il nostro corpo cambia, e non parlo solo di invecchiamento. Qui andiamo a toccare un principio tra i più male interpretati e abusati della fisica, il principio di CAUSA ed EFFETTO di cui ho già ampiamente parlato nel capitolo “Causa effetto alla rovescia”. Intanto qui rimani concentrato sul corpo umano. Perché? Perché il nostro corpo funziona in modo contro intuitivo: più consumiamo energia (facendo attività fisica) più aumenta la nostra “energia interna"31. Sì, certo, ci stanchiamo e dopo un allenamento non siamo molto in forma nemmeno per studiare. Ma solo subito dopo, perché dobbiamo recuperare un po’ e dare il tempo al corpo di riassettarsi. La cosa interessante è che ogni volta che si “riassetta” dopo uno sforzo fisico, diventa più forte, più resistente. Come se il motore, dopo ogni gara, andasse ai box (riposo) e tornasse più forte più performante con la cilindrata maggiorata rispetto a prima. Sì, ma se non sono uno sportivo a cosa mi serve? Potrebbe obiettare qualcuno. Semplice: a evitare che il tuo motore si rimpicciolisca! Perché se non manteniamo almeno un minimo di allenamento, il nostro fisico (motore) inizia a rimpicciolirsi piano piano. Nessuno se ne accorge subito, ma iniziano ad aumentare i chili, diminuiscono gli scalini che si possono fare senza il fiatone, piano piano ci si ritrova stanchi e invecchiati. Questo che sembra influire solo sulla performance fisica influisce però anche su quella mentale. Eh sì, perché è proprio il cervello il più bisognoso di energia. Deve essere ossigenato e raffreddato costantemente per lavorare bene. Siamo una macchina sola, corpo e mente. Per fortuna questo allenamento è così fondamentale per la nostra sopravvivenza ed evoluzione che il corpo ha creato un sistema di auto-doping – possiamo chiamarlo così – per fare in modo che quando ci si allena ci venga sempre più voglia e bisogno di rifarlo. Infatti, lo sforzo fisico produce dopamina, che è un ormone che crea dipendenza fisica. Dipendenza positiva a qualcosa che ci fa bene. Poi, come in tutto, non si deve esagerare. Purtroppo è lo stesso ormone che producono le notifiche sui cellulari, che invece di aiutarci ad allenarci, ci spingono a perdere di vista la realtà perdendoci dentro le realtà (realtà? siamo sicuri?) di altri, perdendo l’unica risorsa veramente scarsa che abbiamo: il nostro tempo. Chiusa parentesi “attenti al digital”. Torniamo al nostro motore, quindi, anche se non vuoi fare sport per vincere qualcosa, o per migliorarti in qualcosa, dovresti farlo almeno per stare meglio. Una frase che mi sono fissato in testa, durante un corso di formazione con Roberto Cerè (uno dei primi formatori di coach in Italia) è qualcosa del genere: “che tu voglia o no dovrai faticare: puoi scegliere se faticare in palestra oggi, per avere un fisico sano e in forma domani, o rimanere sul divano a mangiare spazzatura oggi, per poi faticare a portarti il tuo culone pesante in giro domani. Sempre fatica è”.
Causa Effetto Bis
“Chi ha successo oggi è chi le cose difficili le ha già fatte ieri.32 Chi avrà successo domani è chi le cose difficili le sta facendo oggi”, Coach Claudio. O, se preferisci:
"Chi ha successo oggi è perché le cose difficili le ha già fatte ieri. Chi avrà successo domani è perché le cose difficili le sta facendo oggi"
, Coach Claudio.
Non ascoltare il paperino
Il punto qual è? Che causa ed effetto sono anche qui alla rovescia: Non vai in vacanza alle Maldive o giri in Bentley perché sei ricco, e non sei nemmeno ricco perché giri in Bentley o vai alle Maldive. Se Bentley e Maldive sono l’effetto, la causa NON SONO i soldi, quelli sono solo un mezzo. La vera causa sono le ore passate a curarsi della propria carriera, del proprio business, dei propri risparmi, dei propri investimenti, della propria formazione. Queste sono le vere cause. E chi giudica dicendo cose del tipo “va in giro in Bentley perché è ricco”, se crede questo, che si debba essere ricchi per andare in giro in Bentley, beh, o è ricco o non lo diventerà mai. È come dire: quello ha tutti trenta perché è fortunato, è nato intelligente. No, non è così. Ci sta che sia più intelligente di altri, ma se ha tutti trenta qualche libro lo avrà letto, o no? e qualche esercizio lo avrà fatto, o no? e qualche esame lo avrà magari ripetuto perché non gli piaceva il voto. Quindi, ha tutti trenta perché, oltre ad essere intelligente, studia fino al trenta. Vuoi trenta anche tu? studia da trenta. Ci metterai magari di più di chi – secondo te – è nato più intelligente, ma arriverai ugualmente ai trenta. Giusto per finire con una mia storiella:
non ho preso nemmeno un trenta in tutta la mia carriera al Poli. Uno solo ma era metà dell’esame di disegno tecnico, quindi non è rimasto sul libretto. Un po’ mi rode. Bene, se avessi voluto prendere un trenta, di disegno lo avrei potuto prendere senza problemi. Mi sarebbe bastato ristudiare la parte di esame che ho dato senza impegno e in cui ho preso 18. Diciotto senza aprire il libro, solo ascoltando alle lezioni. Qui avrei voluto rifarlo, poi una interferenza esterna mi ha persuaso a non farlo. Ho preferito dare la colpa a lui, mio padre in questo caso, che mi aveva invece solo espresso una sua opinione cioè “prendi il voto e prepara un altro esame, visto che sei indietro non poco”. È stato molto più facile non ristudiare, dare la colpa a mio padre (come se da Pigna avesse potuto impedirmi di ristudiare anzi studiare l’esame di disegno tecnico, legandomi alla scrivania a studiare altro! Mentre io ero a Torino...), e dare ragione al mio fastidiosissimo antipaticissimo paperino che mi ripeteva “non sei un tipo da trenta”. Avevo ragione, non ero da trenta? Mia la responsabilità, perché io ho ascoltato il paperino.
Energia mentale
Il 2% del nostro corpo consuma, a riposo, il 20% dell’energia consumata da tutto il corpo. Qual è questo 2% così “energicamente costoso”? Non pensate alle pari intime, ho precisato “a riposo”. Quindi? Qualcuno di voi avrà indovinato, complimenti, quel 2% è tra le orecchie. Il nostro cervello è la parte del nostro corpo con il più alto bisogno/consumo di energia. Pensare “costa”. Henry Ford diceva “Pensare è il lavoro più arduo che ci sia, ed è probabilmente questo il motivo per cui così pochi ci si dedicano”.
Entusiasmo
Entusiasmo: Dal dizionario Treccani
sentimento intenso di gioia, di ammirazione, di desiderio per qualche cosa o per qualcuno, oppure totale dedizione a una causa, a un ideale.
È quell’energia, quella forza, quella passione cha ti fa stare sveglio la notte, alzare presto al mattino e non ti fa contare le ore che passi a fare quello che ti piace, ciò che appunto ti entusiasma.
È uno stato d’animo col quale ci si sente invincibili. Ottimismo e focus sul risultato, sulle soluzioni, non sui problemi e le loro cause. Anche l’entusiasmo così come l’energia, è la prova che ci permette di capire se siamo sulla strada giusta, se stiamo costruendo il ponte giusto per noi. Se non c’è entusiasmo in quello che fai, probabilmente non è la tua missione. Il consiglio è come per la mancanza di energia, tornare a indagare sul vero perché, sul tuo vero perché profondo. Detto questo, rimanere sempre con un entusiasmo alle stelle è complicato, ci saranno dei sali e scendi e per questo ti do alcuni consigli per gestirlo al meglio.
Un ottimo esercizio per mantenere alto l’entusiasmo è quello di fare attenzione ai micro risultati, e ovviamente anche a quelli macro. Perché? Semplice: la nostra mente è solitamente molto attenta ai nostri errori. Molto distratta invece se si tratta dei nostri successi. Il paperino malefico è sempre allerta, sempre pronto a puntare il dito, per “proteggerci” da nuove sconfitte. La tigre sembra un po’ addormentata, non ha voglia di darsi delle arie. Invece, è proprio quello che deve fare, quello che dobbiamo fare. Non significa diventare arroganti e pieni di sé. Significa vedere i nostri piccoli risultati per renderci conto che quello che stiamo facendo sta avendo dei progressi. Serve a noi, non a gasarci e farci belli agli occhi degli altri, montandoci di ego con i mille discorsi che iniziano tutti con “io... io... e io...!” Questo no. Ma tra questo e il mettersi in disparte, vedere solo i nostri errori e per questo fare sempre un passo in meno, dire una parola in meno, provare una volta in meno, allora no! Questo significa mortificarci. Non va bene affatto. So di non essere ancora uno scrittore professionista. Sono probabilmente a pagina 110 del libro (lo sto scrivendo a blocchi, non dall’inizio alla fine, quindi non ho idea di che pagina rimarranno questi paragrafi). Non vado in giro a spacciarmi per scrittore, e a dire a tutti che ho già scritto 110 pagine del mio primo libro. Questo no. Potrebbero benissimo rispondermi “e allora?”. Però controllo tutti i giorni i miei progressi, e cerco di fare il massimo. Quando sono con un amico a cui tengo, e che so che mi sprona a fare bene, allora mi confido volentieri raccontando a che punto sono. Questo col resto del mondo. Con me stesso devo sempre essere onesto e mai ipercritico. Oggi ho lavorato meno di quanto avrei voluto, perché mi sono svegliato alle undici. Ieri sera ho scritto fino alle due, quindi ci sta. Oggi mi faccio i complimenti per le cose che ho fatto, riconosco che avrei potuto fare qualcosa meglio e imparo la lezione. Prima di andare a dormire, quando mi chiederò “quali sono le cinque cose positive di oggi?”, ci metterò i miei micro risultati. Probabilmente (per fortuna non oggi) saranno anche capitate delle cose non belle. Avrò perso delle sfide, sarò stato inefficiente, avrò commesso errori. Succede spesso. L’importante è che, almeno prima di dormire, mi concentri su quello che è andato bene. Non vuol dire “nascondere” gli errori sotto il materasso o sotto lo zerbino! Sono successe sia cose buone sia cose non buone. A che cosa ti serve ricordare quelle non buone prima di dormire? a flagellarti tutta la notte? Ci devi aver pensato, e ti devi essere chiesto “cosa posso imparare da questa lezione, per far meglio la prossima volta?”, poi basta. Avanti. Focus sui miglioramenti. Per guidare una macchina bisogna GUARDARE AVANTI, non nello specchietto retrovisore. Hai preso male la curva precedente e ne sei uscito a malapena, sgommando, rischiando di schiantarti nel muretto. Capito che la prossima volta devi frenare prima, per non arrivarci lungo e fartela sotto perché la macchina ti parte in curva, poi basta, devi impostare la prossima curva che arriva, e lo puoi fare solo se guardi avanti! Se continui a pensare alla precedente presa male, cosa credi che succederà? Altra sgommata, muretto, paura, e alla fine ti fermi perché hai paura di guidare. Inizi a pensare che guidare sia pericoloso. Vai a prenderti un taxi. E se il Taxista è un pazzo furioso ubriaco anglosassone (quindi con tendenze spericolate, suicide, tendente alla guida a sinistra)34? Meglio imparare a guidare una curva dopo l’altra. Non trovi? Quindi, tieni alto l’entusiasmo pensando al meglio e facendo attenzione ai miglioramenti e ai successi, anche a quelli micro. Sono proprio questi che ti diranno che stai andando nella direzione giusta. Ma sono pochi e lenti? Ok, cerca un modo per accelerare e averne di più. Vuol dire che cosa fai va bene e può/deve essere migliorato. Se non vedi micro miglioramenti, nonostante ti sforzi di cercarli, il mio consiglio è di farti aiutare da una persona esterna. Se neanche la persona esterna li vede, prendi atto del fatto che quello che stai facendo, il modo in cui lo stai facendo, gli strumenti con cui stai lavorando non stanno avendo risultati. Fermati, cambia qualcosa e riparti. Significa che qualcosa non funziona. Non è un problema grave, basta accorgersene e cambiare. Se hai deciso di costruire quel ponte, costruiscilo. Sì, la vita molte volte è fatta di tentativi. Di prove, aggiustamenti, errori, fallimenti, ripartenze. Funziona così. Senza entusiasmo sarebbe molto difficile gestire i no, e rialzarsi dalle inevitabili cadute. L’entusiasmo è la caratteristica principale della tua tigre buona. Allenala e lei ti aiuterà.
Il mio entusiasmo
Ci sono persone che mi conoscono e che, sicuramente, penseranno “ne ha sempre una, continua a cambiare lavori, aziende, prima l’ing. qui, poi lì, prima in Italia, poi in Rep. Ceca, poi termoidraulica, poi tubi, poi porte, poi piastrelle. Non riesce a tenersi un lavoro!... Eppure è sempre contento e inizia sempre da capo con entusiasmo!” Bene, a parte il fatto che chissenefrega di cosa pensano, se pensano che avrei dovuto continuare a fare l’ingegnere in fabbrica, buon per loro. Che vadano pure a viversi le proprie vite come meglio credono. Non ho certo tempo né voglia di spiegar loro perché ho fatto le scelte che ho fatto. (i miei amici lo sanno, a loro lo spiego sempre volentieri, e infatti non sono i miei amici che dicono frasi come quella sopra). Ma a vedermi da fuori tutte le obiezioni e le critiche alle mie scelte sono più che plausibili, logiche e fondate (fondate sulla visione di altri, della mia vita). Perché dovrei prendermela? Se avessero voglia di chiedermi queste cose, spiegherei perché ho scelto quello che ho scelto. A parte questo, nessuno credo potrà dire che tutte le volte che ho iniziato qualcosa non lo abbia fatto con entusiasmo, come fosse il business o il lavoro migliore che avessi mai fatto. Perché? Perché non faccio niente che non mi entusiasmi. Qualcuno potrà dire che sono fortunato. Io dico che semplicemente scelgo. Scelgo cosa mi entusiasma. Molte volte mi sono sbagliato e l’entusiasmo si è spento velocemente. E molte di queste situazioni non sono riuscito a chiuderle alla svelta. Alcune me le sono trascinate troppo a lungo, soffrendo, faticando, imprecando (davo ancora la colpa agli altri). Ho fatto tanti di quegli errori che posso dire di aver imparato veramente tanto. Sul campo. Pagando caro lezioni importanti. Ho imparato presto a ripartire. A riprendermi da delusioni, rialzarmi, ricominciare con entusiasmo. A volte iniziando con un sorriso tirato, ancora troppo dolorante, poi succede una cosa magica quando ci si sforza di ridere: se si resiste abbastanza, si inizia a ridere sul serio. Se vuoi capire come funziona questo meccanismo, studia PNL (programmazione neuro linguistica) e vedrai che c’è un collegamento a doppio senso tra il linguaggio, il corpo e le emozioni.
Breve accenno alla PNL
Ridiamo quando siamo allegri, giusto? Hanno scoperto che funziona anche il contrario: se ridiamo (ci sforziamo di ridere) non possiamo essere tristi nello stesso momento. E questa è una scoperta incredibile, perché ci dice che possiamo influenzare le nostre emozioni passando attraverso il controllo cosciente del corpo. Un esempio veloce. Quando sei ingobbito su te stesso, che emozione provi? quando hai la schiena ricurva e le spalle chiuse avanti, e la testa bassa? chiusura, tristezza, stanchezza anche, vero? e cosa provi quando stai dritto con la colonna vertebrale che sembra un razzo che punta al cielo? e la testa alta, mento fiero, sguardo avanti, spalle larghe? Sicurezza, orgoglio magari, o forza, energia. Giusto? È anche fisiologica questa cosa, perché con le spalle larghe e la schiena dritta, e il collo dritto respiriamo meglio, entra più ossigeno ai polmoni, siamo più attenti, con lo sguardo dritto avanti a noi. Tutto il contrario se guardiamo a terra, ingobbiti, chiudiamo la cassa toracica e respiriamo a fatica. Causa-effetto effetto-causa. Se corpo/fisico ed emozioni sono legate a doppio senso, usiamo questa cosa a nostro vantaggio. Non ti dico che se hai avuto una giornata nera, una notizia pessima, un lutto devi correre come se fosse tutto ok. No, (lo spiego perché so che c’è sempre la tendenza ad andare ad applicare queste cose a casi limite, o di farne regole generali da usare sempre). Anche la tristezza ha la sua ragione di esistere. Il punto è: ti hanno appena bocciato a un esame. Se rimani gobbo e triste studi meglio o peggio? Non studi proprio, mi verrebbe da dire.
Se ti alzi, saltelli, ti ossigeni, apri le spalle, ti bevi un bicchiere d’acqua e ti metti a studiare, va meglio o peggio? Se ti hanno bocciato serve più metterti a studiare o piangerti addosso? Ecco, hai una strategia pronta da essere provata, che spero non ti serva, da usare quando ti senti giù. Le persone partono con entusiasmo al primo tentativo, poi falliscono un paio di volte e finiscono l’entusiasmo. È un peccato. Poi additano quelli come me che partono mille volte sempre entusiasti! A parte il fatto che se non mi entusiasmo non parto, ma sul serio, perché partire se la cosa non ti entusiasma? lo devi fare? sul serio? non sai cosa ti entusiasma? Devi solo provare finché non trovi. Ma quando parti, anche se non sei sicuro sia la tua passione (e non hai ancora capito cosa ti appassiona), parti come all’inizio di una splendida avventura. Cosa hai da perdere? Preferisci partire cercando già cosa non andrà in questo viaggio? In questa relazione, in questo corso di studi? Caspita, se cerchi le buche per la strada le trovi per forza, e se non trovi le buche trovi la cunetta o peggio, il dirupo.
La Forza dentro
L’entusiasmo è una forza che abbiamo tutti, dentro di noi. Quella forza che ci fa fare un passo in più, una chiamata in più, un esercizio in più, ci fa stare alzati ancora un po’, si nutre di ottimismo, di micro risultati, di motivazione, di amici positivi. Si nutre in una casa invisibile in armonia. Si nutre di tutto ciò e alimenta tutto ciò allo stesso tempo.
L’ultima E: Eudaimonia
Si, è una parola antica che significa felicità. Detta così sembra anche semplice, bisogna essere felici, e chi direbbe mai il contrario! Il punto è però che Aristotele ha voluto aggiungere anche una parte importante, ha voluto aggiungere il “come”. Infatti secondo il filosofo la strada per raggiungere la vera felicità è il conoscere ed assecondare i propri talenti (demoni). Si potrebbe pensare di essere felici perché si hanno molti beni materiali, si potrebbe pensare di esserlo perché si ha successo e si è riconosciuti dalla comunità, ma entrambi questi tipi di felicità non ci garantiscono il vero “essere felici”. Sono più strumenti o mezzi e, soprattutto, dipendono dagli altri. Dipendono da un confronto con le altre persone che, pur essendo un buon stimolo a migliorare, non ci garantisce di migliorare in cosa a noi fa bene, in qualcosa che realmente ci renda felici. Secondo Aristotele, sul lungo periodo a noi fa bene esclusivamente l’assecondare i nostri talenti e vivere di conseguenza. Beni materiali e riconoscimento possono arrivare e possono anche non arrivare, dipende da noi. L’importante è fare cosa ci sentiamo di fare, quel qualcosa che ci fa stare bene ed essere felici semplicemente perché lo stiamo facendo, indipendentemente dai risultati. Un bambino che va in bicicletta si gode il vento sul volto e il senso di libertà, può gareggiare con altri o meno, poco importa. Lo stesso dovrebbe essere per noi adulti, dovremmo fare ciò che ci rende felici indipendentemente dagli altri. Come vedi, in questa parola e nell’interpretazione che ne da Aristotele ritrovi parecchi pilastri del Metodo: il perché e il talento su tutti. Considera che per molte persone di successo, l’Eudaimonia (più o meno parafrasata) è sempre una parte fondamentale nella ricetta del successo. Perché quando facciamo qualcosa che ci piace, allora non guardiamo orologi, non ci blocchiamo davanti a critiche e ostacoli, andiamo avanti per la nostra strada.
Ora che abbiamo visto passo per passo tutte le fasi del Metodo PONTE, ti lascio alcuni altri pilastri che potranno esserti utili nella costruzione dei tuoi ponti, e sottolineerò/collegherò tra loro alcuni principi già visti.
Metodo Ponte
Come laurearsi senza rinchiocciolirsi