Matteo Martellone
Per concludere il libro in bellezza avevo deciso di mettervi alcuni degli esempi che da sempre mi hanno accompagnato: quelle persone a cui penso quando sono demotivato, stanco di affrontare ostacoli che sembrano sempre più grandi, quando ho bisogno di sapere che lavorare sodo paga, che si possono raggiungere grandi traguardi anche senza soffrire e soprattutto che, per realizzare i propri sogni, la cosa più importante è rialzarsi ad ogni caduta. I nomi che avevo in mente e le cui storie ti consiglio vivamente di cercare e approfondire, te li elenco brevemente, sono significativi soprattutto perché, visti da fuori, sembrano solo fortunati, talentuosi magari, ma ciò che non si vede sono le storie di difficoltà che hanno dovuto superare per arrivare dove sono.
Il primo è Silvester Stallone: finito a vivere sotto un ponte, lui e il suo manoscritto di Rocky 1, che ha rifiutato 15.000 e poi 50.000 $ che gli hanno offerto per i diritti, perché voleva assolutamente essere anche l’attore protagonista… Sotto un ponte… rinunciare a queste somme… il resto è storia. La saga di Rocky è diventata una delle saghe cinematografiche con i migliori incassi di sempre (parliamo di 2,9 miliardi di dollari). Non solo, il primo Rocky – citazione Wikipedia – “Si tratta della pellicola che ha reso Stallone, fino ad allora poco conosciuto, uno dei volti più amati di Hollywood[1] vincendo per di più tre premi Oscar tra cui quello per il miglior film e miglior regia; sempre grazie a Rocky Stallone diviene il terzo uomo nella storia del cinema dopo Charlie Chaplin e Orson Welles a ricevere la nomination all’Oscar sia come sceneggiatore che come attore per lo stesso film.”
La seconda è Tina Turner costretta a cantare in locali malfamati per quattro soldi, insistendo per anni senza nessun risultato, fino all’incontro con il proprio destino che l’ha fatta diventare la star del Rock mondiale che è. Detta così sembra semplice. Manca gran parte dell’iceberg sommerso. Basta leggere la sua autobiografia per vedere le sofferenze e le sfide che questa grandissima donna e grandissima artista ha affrontato e superato. Abusata dal marito, più volte ammalata gravemente al punto da rischiare la vita, ha avuto un ictus dopo il quale ha dovuto affrontare un lungo periodo di riabilitazione per riprendere a camminare. Ipertensione, insufficienza renale, cancro intestinale. Non si è mai arresa e anche grazie ad un trapianto ha superato tutto.
La parte visibile dell’iceberg? Qui una parte tratta da wikipedia “è nel 1984 che ottiene la definitiva consacrazione grazie all'album Private Dancer, un successo da oltre venti milioni di copie vendute in tutto il mondo che la rilancia come star internazionale. L'album ha prodotto numerosi singoli di grande successo, tra cui What's Love Got to Do with It, che ha toccato la vetta dei singoli più venduti della Billboard Hot 100 negli Stati Uniti, rimanendovi per tre settimane. Il brano è a tutt'oggi l'unico singolo di Tina Turner ad essere giunto alla prima posizione negli Stati Uniti, vincendo ben tre Grammy Awards.”
Avrei voluto anche approfondire la storia del Colonnello Sanders, il fondatore della catena di fast food KFC, che arrivato ai 65 anni è ripartito da zero, dopo aver dovuto chiudere il proprio ristorante. Non aveva altro che la sua ricetta per il pollo fritto, da offrire al mondo, e lo ha fatto girando due anni ristoranti in cerca di un Sì, per aprire il suo primo Franchising, “sì” che è arrivato al tentativo mille nove. Sì, 1008 rifiuti per arrivare al Sì che gli ha cambiato la vita. Mi raccomando però, non prendere da questa storia i 65 anni di Sanders come scusa per aspettare la pensione prima di fare qualcosa. :).
Vedi, questi e molti altri personaggi di successo hanno avuto vite veramente difficili, ma per loro “fortuna” avevano dei perché forti, un obiettivo chiaro, un’elevatissima resistenza ai NO e una chiara idea di cosa accettare e cosa rifiutare (Silvester Stallone ha detto NO GRAZIE ad offerte che, nelle sue condizioni, lo avrebbero sicuramente aiutato nel breve periodo, ma gli avrebbero precluso il vero successo sul lungo). Ognuno di loro ha sfruttato il proprio talento a discapito di cosa dicesse loro la gente e cosa dicessero i risultati del momento. Hanno gestito le trappole lungo il percorso, hanno usato tutte le loro energie mentali e fisiche e hanno raggiunto ognuno la propria felicità, il proprio successo, la propria eudaimonia: la propria felicità coltivando e vivendo i propri talenti.
Stavo iniziando a scrivere delle loro storie quando un post trovato su Facebook ha attirato la mia attenzione. Nella foto c’è un ragazzo con la corona di alloro, sorridente, evidentemente appena laureato. Scrivendo questo libro per matricole, studenti, laureandi e laureati mi sono incuriosito e ho letto il testo del post. Ringraziamenti vari poi… “Infine, un sentito ringraziamento va a me stesso per tutti i sacrifici svolti per arrivare a questo traguardo importante, ma anche a chi mi ha deriso e ostacolato, compresi i rappresentanti delle istituzioni, perché il vostro denigrarmi mi ha dato la forza di un leone affamato, mi ha dato la possibilità e la capacità di trasformare la rabbia in opportunità di coraggio, prima ai miei genitori e poi a me, e tutto ciò mi ha permesso di raggiungere obiettivi assolutamente eccellenti”.
Senza nemmeno aver capito di che tipo di ostacoli stesse parlando, nel post, ho capito che avrei dovuto conoscere Matteo. In quelle poche righe aveva espresso e sintetizzato alcuni dei principi cardine del mio metodo di insegnamento e coaching.
Non avrei mai sperato di trovare un esempio così palese, una prova inconfutabile di come funzionino le strategie che insegno nel metodo PONTE. Non avevo mai visto Matteo, l’ho conosciuto così, grazie a un post che già celebrava la costruzione di uno dei suoi ponti più importanti, la laurea in giurisprudenza. Leggendo poi tutta la sua storia ho scoperto che Matteo è diventato sordo per una presunta meningite all’età di tre anni.
Dopo un primo contatto su fb ci siamo conosciuti e sentiti più volte. Sì, hai letto bene, ci siamo “sentiti” perché abbiamo comunicato sia al telefono sia su zoom, e mi sono fermato più volte a riflettere sul fatto che io stavo parlando completamente incurante della sua difficoltà. Questo semplicemente perché Matteo mi rispondeva ed era scontato che mi capisse molto bene, nonostante il segnale ballerino, tutte le volte che lo chiamavo guidando in autostrada. Matteo mi ha dato la possibilità di scrivere di lui e della sua storia, che è anche la storia della sua famiglia, e ci ho trovato veramente ogni singolo pilastro del metodo PONTE eseguito alla perfezione. Matteo è l’esempio vivente di come funzioni il tutto. Per questo motivo lascio a te, se ne hai voglia, l’approfondimento delle storie di cui ho accennato, e ti racconto di Matteo. Perché Matteo? Perché tu ragazzo/a hai bisogno di esempi ed eroi dei tuoi giorni, che ti aiutino con le loro storie a credere nei tuoi sogni, nonostante le avversità, nonostante i problemi, nonostante anche gravi difficoltà (nel caso di Matteo la sordità che lo ha colpito all’età di tre anni e che gli ha impedito uno sviluppo del linguaggio regolare, per non parlare dell’indifferenza e dell’ignoranza che hanno accentuato la difficoltà fisica mettendo i bastoni tra le ruote a lui e alla sua famiglia).
Ogni successo duraturo è il risultato di impegno e sacrifici. Dietro ogni storia di successo c’è una storia di impegno, dedizione, rinunce, perseveranza. Questo deve rassicurarci, perché impegno e sacrifici ci saranno sempre e comunque, anche per vivere la vita che non vogliamo. Tanto vale vivere i nostri sogni, inseguire i nostri obiettivi, costruire i nostri ponti. Si può. Matteo è l’esempio vivente. Un ragazzo che ha vinto le difficoltà fisiche, ha vinto le ostilità, ha vinto le avversità e le ha trasformate in benzina per il suo motore, materiale da costruzione per il suo ponte. Come scrive lui
mi ha dato la forza di un leone affamato, mi ha dato la possibilità e la capacità di trasformare la rabbia in opportunità di coraggio.
Meriterebbe un approfondimento maggiore anche la sua storia, ma ti rimando al bellissimo libro che ha scritto a riguardo Monica, la mamma di Matteo: “Il figlio del silenzio” di Monica Tarola.
Per me è importantissima questa storia perché, a differenza delle precedenti, parla di un eroe della tua generazione, un super eroe tra i tuoi banchi di scuola. Un supereroe che, come nei migliori Marvell, a vederlo da fuori sembra proprio una persona comune, uno come te. E come tutti i supereroi ha tirato fuori i suoi superpoteri quando ne ha avuto bisogno, per sconfiggere la malattia, l’indifferenza delle persone, l’ignoranza, e raggiungere i propri obiettivi.
Da genitore non riesco a immaginare cosa devono aver passato Monica e Marco, i genitori di Matteo, avanti indietro da ospedali, logopedisti, insegnanti di sostegno, a combattere da soli la loro crociata “Matteo deve imparare come gli altri ragazzi” a costo di ore extra, impegno extra, supporto extra. La fede di Monica nel figlio, quel bimbo che fino a tre anni cresceva e comunicava come tutti gli altri, e che da un momento all’altro ha smesso di sentire, per chiudersi nel suo mondo incomprensibile e impenetrabile. La fede di Monica nel fatto che Matteo potesse imparare come gli altri bambini, senza rimanere indietro con i programmi, senza doversi accontentare di programmi ridotti, che sì, gli avrebbero reso la vita più semplice nel breve periodo, ma gli avrebbero precluso un futuro “normale”. Questa fede ha portato lei e Marco a sostenere enormi sacrifici fisici e psichici, quei sacrifici di chi viene additato come colui che vuole soffiare contro i mulini a vento, che non si accontenta, che non vuole accettare di avere un figlio diverso. Infatti così è stato, non si sono rassegnati, non si sono accontentati e hanno soffiato contro tutti i mulini a vento che hanno incontrato, uno dopo l’altro, finché il loro soffio non è diventato tanto forte da spazzare via ogni mulino. E come in ogni storia a lieto fine che si rispetti, tutti gli sforzi della famiglia Martellone sono stati ripagati.
Nel suo libro “Il figlio del silenzio”, Monica racconta nel dettaglio le emozioni, i sacrifici, le avversità che hanno vissuto. Io qui voglio rendere omaggio a Matteo e alla sua famiglia prendendo la loro storia come esempio e rianalizzandola passo passo, con i pilastri del metodo PONTE, perché, come ti anticipavo, sono la prova vivente che si può: si può costruire il nostro ponte per diventare chi vogliamo diventare e ottenere cosa vogliamo ottenere. A dispetto di cosa ci possano dire le apparenze, le opinioni degli altri, i risultati (o l’assenza di risultati) nel breve periodo.
P, Perché: Il perché di Matteo, arrivato all’università, era così forte da smuovere le montagne. Non era solo “voglio diventare avvocato”, il suo perché era ed è “Giustizia”. Una Giustizia con la G maiuscola. Non una giustizia per se stesso. Quella avrebbe potuto averla con qualsiasi altro tipo di laurea, la rivincita su tutti coloro che non hanno mai creduto in lui. La Giustizia che alimenta Matteo è la giustizia da difendere nelle aule di tribunali, la giustizia di chi vuole aiutare, la giustizia di cui si occupa un magistrato, il magistrato che Matteo ha deciso di diventare. La Giustizia che troppo spesso gli è stata negata è diventata il valore fondamentale per Matteo, la vera energia che lo alimenta. Un’energia pulita, quella voglia di fare che adesso non è nemmeno più voglia di rivincita, è semplicemente voglia di fare bene cosa gli piace. Nessun rancore, chi doveva capire di aver sbagliato ha capito sicuramente. La vita va avanti. Bisogna aiutare chi ha bisogno di giustizia adesso. Matteo è pronto, deve solo continuare e diventare magistrato. Il suo perché è così nobile e forte da spazzare via ogni ostacolo. È stato così forte da fargli fare tutto il necessario per recuperare negli anni il divario causato dalla sua sordità, nei confronti dei compagni. Così forte da decidere di iscriversi al liceo nonostante tutti gli insegnanti delle medie lo sconsigliassero, orientandolo a studi meno impegnativi.
A questo proposito, leggendo il libro di Monica non ho capito subito cosa avesse spinto Matteo a scegliere proprio il liceo, così l’ho chiesto a lui, e questa è stata la sua risposta, che merita di essere riportata alla lettera: “Ho scelto il Liceo Scientifico per dimostrare a tutti coloro che mi dicevano che non potevo frequentare una scuola difficile che invece i limiti non esistono, avendo le capacità per poterlo fare! In realtà quando mi dicono che non posso fare una determinata cosa è uno stimolo per far capire che puoi raggiungere tutti gli obiettivi e far vedere che sei arrivato alla vetta, alla faccia loro! Alle medie mi dissero che non ero in grado di andare allo scientifico, ma eccomi qui con il diploma del Liceo Scientifico e con una laurea in Giurisprudenza. Sono rimasti tutti in silenzio, e ho goduto tanto.
Ormai non mi ferma nessuno, vado avanti con nuovi obiettivi con costanza e impegno. ”
Che dire se non “Grazie Matteo, per il tuo esempio!”
O Obiettivo: l’obiettivo, con un perché così forte, non è stato semplicemente “laurearmi in giurisprudenza” ma “laurearmi in giurisprudenza nei cinque anni”, obiettivo chiaro (specifico), misurabile, ambizioso, realistico e con una scadenza (rivedi il capitolo sugli obiettivi, c’è tutto).
Ostacoli: L’ostacolo più grande, quello della sordità, è stato superato grazie all’impegno, grazie alla perseveranza e all’aiuto e il supporto dei genitori e della sorella Desiree.
N: I no che Matteo ha ricevuto sono così tanti, dal “non puoi avere programmi normali perché non sei normale” a “non puoi prendere lo scuolabus…”. Nessuno di questi NO ha fermato né Matteo né la sua famiglia (nel libro ci sono decine di pagine di tutti i NO che ha affrontato).
A quante cose ha detto no? Intanto a chi proponeva programmi facilitati a scuola. Se avesse ceduto, se Monica e Marco avessero accettato avrebbero sicuramente fatto la scelta più facile, invece si sono sobbarcati di ore extra di impegno con Matteo, di studio a casa, esercizi di logopedia, di pazienza e di perseveranza. Difficilissimo quando tutti attorno a noi ci dicono “lascia perdere, non può riuscirci”, “tempo perso”, “purtroppo è così”. Eppure a tutti questi “pseudo consigli” hanno detto NO e hanno continuato per la loro strada, per raggiungere i propri obiettivi.
T Talento: Che talento ha sviluppato intanto Matteo? Il talento e la passione innata per la giustizia, che gli fa brillare gli occhi quando parla del suo futuro da magistrato, che gli ha fatto finire la laurea senza intoppi, che continua a farlo sognare in grande, per essere di esempio per tutti i ragazzi, non solo per quelli che hanno le sue stesse difficoltà fisiche, ma per tutti, proprio tutti. Per questo motivo ha deciso di rendere pubblica la sua storia nonostante la sua timidezza.
Non è un caso che abbia scelto giurisprudenza, facoltà che gli permetterà di esprimere al meglio questo talento, questa passione, questo “fuoco sacro” che sente dentro e che gli ha permesso di usare le difficoltà come benzina per raggiungere i propri sogni. Altro talento è la perseveranza, dote molto spesso sottovalutata. Questa lo aiuterà a raggiungere qualsiasi cosa voglia, nella vita. Molte volte la perseveranza viene scambiata per testardaggine, e in effetti la differenza è molto sottile. In fondo la differenza si vede quando arrivano i risultati. Se ci sono allora sei stato perseverante, finché i risultati non si vedono sei solo testardo e cocciuto. Unica raccomandazione doverosa per i testardi come me: quando i risultati non arrivano nonostante l’impegno, continua a puntare ai tuoi obiettivi a patto che cerchi altre strade, altre strategie, altri metodi, altre traiettorie. Altrimenti facciamo la fine del testardo che si ostina a tirare testate al muro quando un po’ più in là ci sono delle porte aperte, per andare dove vuole. Possiamo sempre imparare da chi ha già raggiunto i traguardi che noi vogliamo raggiungere, o traguardi simili e imparare.
T Tempo: Monica e Marco (e ovviamente Matteo) si sono dati tempo, hanno perseverato anche quando i risultati non arrivavano. Monica mi ha detto di aver sempre creduto che Matteo ce l’avrebbe fatta, perché il suo angioletto fino a tre anni parlava e sentiva bene. L’operazione (la seconda a dire il vero) alla coclea era andata bene, quindi non c’era motivo che non imparasse ad ascoltare e parlare. Nonostante tutti i dottori dicessero che sarebbe stato meglio accontentarsi di programmi ridotti e del linguaggio dei sordi.
Matteo poi, nel suo obiettivo, ha fissato il tempo: 5 anni e laurea. E così è stato. Il ritmo lo ha scandito tra studio, calcio, famiglia, amici con un equilibrio che gli ha permesso anche di divertirsi durante questi anni di università.
T Trappole: Le trappole esterne erano sempre dietro l’angolo, ma era così allenato a riconoscerle e gestirle che niente e nessuno è riuscito a sabotare la sua autostima. E qui un plauso particolare a Monica e Marco: come genitori hanno fatto veramente un ottimo lavoro. Hanno insegnato a Matteo e a Desiree di avere fiducia in sé stessi, di non accontentarsi, di non ascoltare chi dice “vola basso”, di non ascoltare chi dice “chi ti credi di essere!”. Al contrario, hanno insegnato che con l’impegno e i giusti sacrifici si realizzano grandi cose. Grazie, siete un esempio per tutti i genitori.
Matteo ha anche avuto i suoi momenti di sconforto, ha sentito la sua voce “paperino antipatico” quella demotivante, depotenziante, ma ha ascoltato così tanto la “tigre buona” (l’anima vincente) che ormai è l’unica voce che sente. Sicuramente l’unica che ascolta.
E Energia: Matteo ha continuato a giocare a calcio, mantenendo in forma non solo la mente ma anche il fisico, ha trasformato le avversità in benzina. Entusiasmo: ha fatto la facoltà che voleva e per questo ha avuto i risultati che si era prefissato di avere. Quando parla della giurisprudenza e della magistratura lo fa con quella luce negli occhi che da poco adito a dubbi. È nato per fare il magistrato. Non parlo di dna, ovviamente, parlo della missione della sua vita.
Ha riconosciuto il suo talento (il demone secondo i greci) e lo ha assecondato, laureandosi in giurisprudenza, facoltà che gli ha permesso di dar sfogo alla sua ricerca e voglia di giustizia. L’Eudaimonia greca è pienamente rispettata da Matteo che, infatti, assecondando il proprio talento, raggiunge i propri obiettivi ed è un ragazzo felice.
Finisco questo capitolo con un augurio: che l’esempio di Matteo (per te studente) e di Monica e Marco (per noi genitori e per te quando lo diventerai) ci rimangano in mente, tutte le volte che la vita ci pone davanti a prove difficili, e ci dia la forza di prendere le difficoltà e farne la nostra benzina. Voglio finire proprio con le parole di Matteo augurandoti di avere la forza di un leone affamato…la possibilità e la capacità di trasformare la rabbia in opportunità di coraggio.
Buoni ponti a tutti,
Coach Claudio.