Capitolo 6
Dove siamo

Ora ti descriverò cosa sta succedendo, quello che vedo, che sento ascoltandoti e accennerò anche a due interpretazioni della stessa realtà. Ti sento “ma come… la realtà è una sola, oggettiva… cosa dobbiamo interpretare?” Seguimi ancora qualche paragrafo e capirai cosa intendo. Ti è mai capitato di parlare di qualcuno, un attore o un’attrice, un amico o un’amica con qualcuno e renderti conto che le altre persone non sempre la pensano come te? Magari a te quella persona piace, a qualcuno no, a te è simpatica, a qualcuno antipatica ecc. Credo proprio di sì. Bene, è completamente normale, perché ognuno di noi ha le proprie regole, le proprie credenze, i propri gusti. Bene, fin qui credo sia semplice. Adesso queste regole, credenze, gusti le possiamo sintetizzare in quello che possiamo definire un filtro. Un filtro attraverso il quale ognuno di noi vede e quindi interpreta anche inconsapevolmente la realtà. Premessa che questi filtri cambiano, evolvono continuamente, modificati dalle nostre esperienze, dalle esperienze di altri, da cosa leggiamo, ascoltiamo, proviamo. Il piccolo problema di questi filtri è che non sempre siamo consapevoli di averli. È come se vedessimo il mondo attraverso una lente: può farci vedere tutto più grande o più piccolo in base alla lente, può farci vedere tutto di un colore piuttosto che di un altro. Chiaro? Riprenderò il discorso più avanti, per ora mi basta che tu capisca il discorso generale. Questi filtri ci portano a sottolineare alcune informazioni e scartarne altre. Questo, ripetuto più volte sempre nello stesso modo, sempre seguendo le stesse regole, ci porta ad avere sempre una visione parziale della realtà che, volendo o no, è sempre di parte. Non c’è niente di strano e niente di male finché non si esagera. Come in tutte le cose. 

Veniamo quindi al perché di questa premessa: perché potrai incontrare due macro “interpretazioni” della realtà, di quella socio economica intendo, molto diverse tra loro, ed è doveroso prenderle come quello che sono: interpretazioni della stessa realtà vista attraverso due filtri completamente diversi. Quindi devi essere consapevole di queste interpretazioni, e potrai decidere autonomamente quale delle due scegliere come vera, o se crearne altre più verosimili per te, o più congeniali. [Vedremo più avanti cosa intendo quando dico che ognuno vive nella realtà che si crea, nel capitolo RODOLFO e RODOLFINO] 

Rimani ancora un attimo con me e capirai meglio di cosa sto parlando. Alla massa (alla stragrande maggioranza delle persone) mancano informazioni per poter prendere decisioni consapevoli, e crearsi ognuno il proprio destino. Questo è un dato di fatto, che lascia poco spazio a interpretazioni. Ti basta aumentare il tuo grado di consapevolezza per renderti conto che la maggioranza delle persone “vive altrove”, non sa dove sta andando, non sa cosa sta a fare al mondo e, soprattutto, nemmeno se lo domanda. Quello che invece lascia spazio alle teorie più strane è il motivo di questa ignoranza dilagante, questa dilagante mancanza di queste informazioni di cui stiamo parlando. Ora ti espongo queste teorie, e poi ti dirò la mia personale opinione su entrambe. La teoria del complotto e la teoria della responsabilità (non sono le uniche ma sono importanti entrambe).

La teoria del complotto 

La prima teoria molto di voga in questo periodo (intendo post Covid19, con la guerra in Ucraina che sembra non finire) è quella del complotto: secondo questa teoria esiste un ordine generale, un gruppo ristretto di persone che nel mondo detengono potere ricchezza e informazioni, queste persone non vogliono che la massa “attinga alle stesse risorse”. Vogliono tenere la massa allo scuro, per poter usare la massa ai propri scopi. Quali scopi? Lo scopo principale è di avere schiavi/servi inconsapevoli e ubbidienti. Persone che invece di impegnarsi per i propri sogni, si impegnano per realizzare i sogni del gruppo misterioso (lo chiamo così, vi basterà cercare su internet per trovare nomi più disparati per questo gruppo). Bene, come farebbe il gruppo a manipolare la massa? Lasciandola nella sua beata ignoranza, distogliendo l’attenzione dai veri problemi, grazie a “diversivi di massa/mezzi di disturbo di massa” in grado di attirare l’attenzione e imbrigliarla in spirali di pensieri inconcludenti, dei veri e propri “rintronatori di massa”. Questi disturbatori di massa sarebbero per lo più i media, e tutto ciò che impedisce alle persone di pensare con la propria testa, con la propria mente. Il verbo “rintronare” infatti significa assordare, confondere grazie al rumore, al frastuono. Dovremo aggiungere ai “rintronatori” di massa anche gli sport, che fanno bene a chi li pratica e molto meno a chi li segue seduto sul divano con birra e patatine, le serie tv (forse se ne salvano alcune che oltre a intrattenere insegnano qualcosa), il cinema, e tutto ciò che ci “ruba” il tempo oltre il necessario. Mi spiego meglio: se guardo 45 minuti di serie tv alla sera è un conto, se ci passo la notte è un altro. Su questo mi trovano d’accordo. Sembra proprio che molte cose siano fatte con l’unico scopo di intrattenerci troppo. Farci diventare quasi dipendenti. Un conto è essere dipendenti dalla corsa, che mi farà comunque bene al fisico, un conto è essere dipendenti da una serie tv che invece mi fa solo perdere tempo (sempre oltre il tempo normale e sano di un relax, di uno svago). Ovviamente le cose cambiano se studio cinema e di questo “strumento di rintronamento” ne faccio un lavoro anche se ovviamente divento, agli occhi dei complottisti, un ingranaggio del rintronamento. Sempre meglio precisare per evitare di essere fraintesi e generalizzare cose che non è mai possibile generalizzare. Tornando a noi, quindi ci sarebbe un gruppo di persone che ci strumentalizzano a loro piacimento. Lo strumento più potente che usano è la paura. Paura della crisi, paura del Covid, paura paura e paura. Avendo studiato marketing e vendite per più di un decennio, ti posso assicurare che la paura, usata a dovere, fa fare alle persone qualsiasi cosa. Comunque sia è uno “strumento” come un coltello: posso usarlo per tagliare l’insalata, posso darmi una coltellata o posso difendermi da un aggressore. Dipende tutto dall’uso che ne faccio. Idem i media, gli intrattenimenti, le emozioni. Quindi, se ben i media in sé non siano né buoni né cattivi, i complottisti affermano che siano per lo più usati come strumenti di rintronamento di massa. Prendiamo atto.

Complotto o complottati?

Complotti o complottati? Diciamo che tutto fa sembrare che ci siano delle volontà (di pochi potenti) atte a rubarci l’attenzione e farci “schiavi” in modi diversi, schiavi del sistema: pagare le tasse, obbedire, farsi opinioni simili e non poter cambiare niente, niente di quello che decidono questi potenti cattivi. Ma se guardassimo le cose dalla parte sbagliata? Se la stampa ci offre sofferenze e argomenti negativi, siamo sicuri che non sia perché noi (intendo la maggioranza delle persone) ci “nutriamo” delle disgrazie degli altri e abbiamo bisogno delle notizie negative? Perché quelle positive finirebbero per annoiarci? La maggioranza delle persone segue il proprio istinto di sopravvivenza, che, come vedremo più avanti, si traduce nell’evitare le novità ed evitare la fatica, cioè cercare il minimo sforzo possibile. Partendo da questo presupposto, la maggioranza non vuole realmente cambiare la situazione in cui si trova, nonostante a parole dicano tutti “voglio migliorare, guadagnare di più, pesare meno” poi in realtà ben pochi si impegnano perché vorrebbe dire fatica, cambiamento, sofferenza. Quindi (sempre seguendo questo ragionamento) la maggioranza ha proprio voglia di essere rintronata, non di essere “illuminata”. Non sarà che sia proprio io con le mie scelte a spingere i media a darmi certe informazioni, le aziende a inventare prodotti e servizi che mi tengono lì proprio dove io voglio rimanere? Dove? Nella mia “beata ignoranza”? Lo so, non è un tema semplice, ma il punto in cui voglio arrivare è questo: i complotti potrebbero essere semplicemente dovuti dalla necessità della maggioranza delle persone che non vuole migliorare, che si accontenta, che preferisce trovare scuse piuttosto che soluzioni, che è contenta quando può incolpare qualcuno dei propri problemi ma non ha nessuna voglia di alzare un dito per cambiare le cose. Ripeto, sono interpretazioni, modi di vedere il mondo e quello che succede da angoli differenti, con filtri differenti. Il tuo dovere di cittadino è di trovare il tuo angolo, creare il tuo filtro. Ascoltare tutti e farti le tue idee, le tue opinioni.

La teoria della responsabilità

E qui invece una teoria che non vuole dare colpe a nessuno, e che crede che ognuno sia responsabile del proprio destino, nella misura in cui siamo SEMPRE responsabili di come agiamo e reagiamo. Io la chiamo la teoria della responsabilità. La formula che definisce questa teoria è semplice, ce la riporta Jack Canfield nel suo libro “I principi del successo”: 


A + R = E 

Avvenimento + risposta = Esito. 


L’esito, il risultato, ciò che “mi succede” è sempre la combinazione di un evento (che posso considerare fuori dal mio controllo, come ad esempio la pandemia Covid 19) combinato con la mia risposta a questo avvenimento. Quindi la mia reazione, qualunque sia l’avvenimento, determina il risultato, l’esito, come va a finire la storia, la mia storia. 

Non posso controllare gli avvenimenti ma posso sempre controllare la risposta, la mia reazione a qualsiasi avvenimento. Quindi ho in mano “il risultato”. Dobbiamo anche renderci conto che gli avvenimenti, al 100% al di fuori del nostro controllo, sono veramente veramente rari. Questo porta anche più forza alla responsabilità che ho io sulla mia vita. Manca una persona cara, è un evento fuori dal nostro controllo. Mi lascia la fidanzata o il fidanzato... parliamone, se è anche questo un avvenimento sul quale non abbiamo controllo o non abbiamo “messo mano”. Chiaro? Se mi ha lasciato per qualcosa che dipende da me, è meglio che capisca alla svelta cosa ha portato a questo avvenimento, altrimenti si ripeterà. Giusto per capirci: se la mia ragazza mi ha lasciato perché sono insopportabile, o lo capisco e miglioro, o molto probabilmente mi lascerà anche la prossima, giusto? Non sono sfortunato, non capitano tutte a me, sono io che me le faccio capitare! Se mi manca una persona cara sta a me tirarmi su e continuare a vivere o rinchiocciolirmi su me stesso e piangermi addosso. Ovviamente, anche qui, sento che qualcuno sta pensando “se fossi nato in un paese sottosviluppato avrei poco da poter fare”, sì, avresti sicuramente molte più difficoltà, ma non staresti leggendo questo libro, o sbaglio? Quindi questi estremi li lasciamo dove sono e ci concentriamo sulla nostra situazione. Detto questo, c’è un’altra considerazione che voglio condividere con te, e che molto ben si presta ad avvalorare questa teoria della responsabilità, la prendo pari pari da chi me l’ha insegnata, Peter Krištofovič, investitore e business coach slovacco, 


"a chi dai la colpa dai la forza. "


Cosa significa nel dettaglio? Che forza do a chi incolpo di qualcosa? La forza di interferire con la mia vita, la forza di avere un potere su di me. La forza di cambiare le mie emozioni, di farmi arrabbiare, per esempio. No, ma io non mi arrabbio, semplicemente è colpa sua, di mio padre, se ho questo carattere. Ok, quindi credi che tuo padre sia la persona che ha forgiato il tuo carattere. Finché la pensi così, il tuo carattere rimarrà “in balia” di tuo padre. Tu non potrai cambiarlo perché dici che è colpa di tuo padre. E cosa ne diresti invece di smettere di dare la colpa a lui, (al Covid, al governo, alla crisi) e metterti a fare qualcosa per cambiare cosa non ti piace? Vedi che cambiano un po’ di cose? Prenditi la colpa tu, del tuo carattere, non darla a lui. E visto che la colpa non fa bene, trasformala in (vedila come) responsabilità. Allora sarai responsabile del tuo carattere, il potere di cambiare sarà tuo. Prendi l’esempio della crisi. Che arrivi o non arrivi non è sotto il tuo controllo, lo mettiamo tra gli “avvenimenti” di cui parlavamo poco sopra. Ok. Ma come reagisci alla crisi dipende da te, ed è la parte più importante dell’equazione. Se dai la colpa alla crisi, non farai altro che lamentarti. Se ti prendi la responsabilità della tua situazione economica, cercherai modi per fare in modo che rimanga come vuoi nonostante la crisi. Non per niente anche se la maggior parte delle persone ha perso denaro, lavoro, chiuso aziende, altri invece hanno fatto l’esatto opposto. A parità di situazione iniziale. Ho sentito un lettore pensare: “quelli che hanno guadagnato durante il Covid hanno avuto fortuna o hanno speculato”, così pensando diamo la colpa ancora a qualcosa al di fuori di noi, alla fortuna, al caso, oppure peggio ad azioni negative (speculare di una disgrazia). Stiamo guardando il negativo. Però pensaci bene: chi eticamente ha “approfittato” del Covid? Per esempio chi produceva mascherine. Ha speculato o ha aiutato? Se ha venduto a un prezzo equo ha sicuramente aiutato, e ha guadagnato molto di più perché ha venduto molto di più. [Ne approfitto per chiederti, cara lettrice e caro lettore, di scrivermi ogni volta che qualcuno dei miei ragionamenti non ti convince a pieno. Sarò molto lieto di sentire il tuo punto di vista e spiegarmi meglio (www.coachclaudio.it e sui social come @coachclaudio8020)]

Quindi in sintesi la scelta è tra A) Dare la colpa all’esterno e lamentarsi (aspettare che l’incolpato metta a posto le cose per noi) B) Prendersi la propria responsabilità e fare il possibile, impegnandosi per migliorare le cose

Andiamo più nel concreto e vediamo casi in cui nemmeno gli eventi sono così al di fuori del nostro controllo (e nonostante questo, c’è sempre qualcuno che non si prende le proprie colpe/responsabilità/controllo). Se sono sovrappeso è colpa mia, è mia responsabilità; se sono ignorante è colpa mia, è mia responsabilità; se lascio che “gli altri” mi sfruttino è colpa mia, è mia responsabilità, se sono sottopagato la responsabilità è mia, se sto con una persona che non mi merita è colpa mia. No ma è lui/lei che è str... ok, come è questa persona è colpa/responsabilità sua. Ma il fatto che ci stai ancora assieme non è certo colpa sua. Magari a lui/lei sta bene così. Se a te non va, tu devi cambiare. O no? Qualcuno potrebbe anche prendersela, ma c’è sempre l’importantissima altra faccia della medaglia: tutto ciò che “è colpa mia”, è mia responsabilità, e quindi, udite udite, non mi stancherò mai di ripeterlo, è sotto il mio controllo! 


"Tutto ciò che è sotto la mia responsabilità, è sotto il mio controllo. "


Tornando agli esempi di prima, dipende solo da me dimagrire, posso farlo; dipende da me diventare istruito, posso farlo; dipende da me se ho amicizie tossiche: posso cambiarle. Se ti sta passando per l’anticamera del cervello che non è sempre così perché sei nato (o qualcun altro è nato) in una famiglia disagiata, in un paese disagiato, in un contesto disagiato, bene. Vuoi cambiare queste situazioni o vuoi che rimangano così come sono? 

Sento qualcuno che brontola “a volte dobbiamo rimanere con una persona (marito/moglie) per amore dei figli”. Devo trattenermi dal diventare verde, e sintetizzo così: “mai fare dei nostri figli un alibi! I nostri figli imparano da quello che facciamo, e se non vogliamo insegnar loro che è giusto rimanere a soffrire in una relazione sbagliata, dobbiamo dare l’esempio. Non significa assolutamente non lottare per ricostruire una relazione, significa che quando ce la mettiamo tutta e non funziona, allora è il momento di cambiare”. Su questo ora taglio corto perché non è lo scopo di questo libro, ma sono sicuro di aver reso l’idea. 

Sì, ho sentito anche te: qualcuno ha problemi di nascita, dna e altro. Certo, non siamo tutti fortunati allo stesso modo, ci sono persone che nascono con handicap forti. Ciononostante, posso nascere senza braccia, decidere di diventare una ballerina e una pittrice e farlo. Non mi credi? Posso rimanere senza gambe in un incidente stradale, e continuare a seguire e vivere il mio sogno di essere un pilota da corsa, ed essere di esempio a tutti (Alex Zanardi). O cambiare sogno e iniziare a correre, ad amare la corsa, e vincere anche a Ballando con le stelle... con due nuove gambe in carbonio, come ha fatto Giusy Versace. Potrei continuare questo elenco ma credo che il punto sia chiaro. Cosa decido di fare con quello che mi ha dato Madre Natura, come decido di reagire a cosa mi è successo dipende solo ed esclusivamente da me. E fa tutta la differenza del mondo. 

Quando ho visto Simona Atzori la prima volta ero a Montecarlo a un evento di formazione con circa duemila persone. Ero arrivato in ritardo, e ho visto il “solito” corpo di ballo che si esibiva sul palco mentre gli ultimi ritardatari entravano in sala. Non mi piace arrivare in ritardo e stavo brontolando tra me e me dando la colpa al traffico, alla sveglia, al parcheggio non disponibile (all’epoca non avevo ancora capito quanto fosse inutile e stupido questo brontolio). Mi siedo in una delle ultime file e mi godo lo spettacolo di ballo. Sono molto lontano dal palco, vedo così così ma capisco che c’è qualcosa di strano nella prima ballerina, anche se non capisco subito cosa sia. Ah ecco, ha le braccia fasciate al corpo... strano... però che gambe! Che armonia nei movimenti. Uno spettacolo per gli occhi. Quel ballo cancella dalla mia mente il brontolio interno. Poi finisce il ballo, entra Roberto Cerè (era suo l’evento), rimane da solo con la prima ballerina mentre il corpo di ballo esce di scena e vengo folgorato. Simona non ha le braccia fasciate al corpo. Simona non ha le braccia. Simona Atzori, nata senza gli arti superiori, ci racconta come sia riuscita a vivere una vita meravigliosa, a realizzare i suoi sogni, diventare ballerina, scrittrice e pittrice. Mentre scrivo queste righe ho nuovamente quel brivido alla schiena che mi ha accompagnato per tutto il suo racconto. Spero venga anche a te che stai leggendo lo stesso brivido e ti consiglio vivamente di andare a seguire Simona. 

Questa teoria della responsabilità credo si sia capito che tra le due è la mia preferita, ed è comunque anche la più difficile. Non abbiamo scuse, non abbiamo la possibilità di prendercela con nessuno, nemmeno col destino. 

Alex Zanardi in un’intervista che non dimenticherò mai ha detto che, appena svegliato dopo l’operazione, appena si è reso conto di aver perso entrambe le gambe ha pensato 


"e adesso cosa posso fare con quello che mi resta?. "


Applicando un atteggiamento simile, credete che sarà più semplice o più complicata la vostra vita?

Fatica e impegno

"Possiamo faticare/impegnarci per raggiungere i nostri sogni, o faticare vivendo con il rammarico di non averci provato. "


Possiamo faticare/impegnarci per crearci la vita che vogliamo nonostante le difficoltà o possiamo usare le nostre energie cercando colpevoli e responsabili al di fuori di noi. Ok, diciamo che è colpa di... (destino, sfortuna, governo, covid… scegli chi vuoi). E adesso? Hai qualcuno da imprecare. E allora? Dove ti porta? Ti fa sentire meglio? Sul serio? Per quanto tempo?10 E cambia anche qualcosa? Nessuno dice che sia semplice e veloce raggiungere i propri obiettivi e realizzare i nostri sogni. Il punto è che sicuramente non lo è nemmeno vivere senza provarci, anche se molti credono che lo sia e si trovano mille scuse per “impegnarsi” a fare altro. Per paure che vedremo poi nel capitolo “Trappole”. Paura di fallire, paura del successo, paura del giudizio e tante altre ancora. Se vuoi continuare a leggere questo libro, e farne un buon uso, il mio consiglio è di accettare la teoria della responsabilità. Ti renderà più libera/o di quanto tu possa immaginare. E quindi? Quindi, sia che creda alla teoria del complotto, sia che non ci creda, secondo me, la via per i miei sogni è sempre quella della responsabilità. Se facciamo un momento il caso in cui io sia sicuro che c’è un complotto in atto, che forze più o meno oscure vogliono metterci in schiavitù. Cosa posso fare? Posso credere che siano più forti di me, che abbiano più impatto sul mio destino di quanto ne possa avere io, e mollare. Oppure, uso la responsabilità, mi informo per capire dove vogliono portarci, come vogliono incatenarmi, e faccio di tutto per non permetterglielo. Che ci sia un complotto o meno, per come la vedo io, con la responsabilità trovo la via per i miei sogni. Altrimenti trovo solo un altro modo per dare la responsabilità ad altri e non prendermela io. Rarissime eccezioni poi, tra chi vede complotti e comunque si prende la responsabilità, la piena responsabilità dei propri sogni. 

Potrei ad esempio vedere molti complotti attorno a me, voluti da persone più potenti di me. Potrei informarmi, capire come questi complotti vogliono impattare negativamente sulla mia vita e fare di tutto per impedirlo. Potrei andare su canali di informazione meno tradizionali, se credessi che la stampa tradizionale non sia affidabile. Potrei verificare notizie, fonti, testimonianze per scavare più a fondo. Farei di tutto credendo che, nonostante il complotto sia più grande di me, fuori dal mio controllo, di sicuro è sempre mia la responsabilità di cosa decido di credere, cosa decido di verificare, di approfondire e poi credere. Vedi, userei comunque la mia responsabilità, prima per informarmi meglio, poi per comportarmi di conseguenza.

La situazione attuale nel profondo

Riassumendo, cosa sta succedendo: siamo ogni giorno tenuti a fare scelte che possono portarci più vicini ai nostri sogni o più lontani. Il non scegliere è comunque una scelta, quella di rimandare. Ha senso nel caso in cui vogliamo valutare meglio la situazione, non ha senso quando è solo una scusa per non agire. Ci sono distrazioni di ogni tipo e genere che sembra facciano di tutto per catturare la nostra attenzione, appropriarsi del nostro tempo e delle nostre energie. Sta a noi capire come funzionano queste dinamiche e sfruttarle a nostro vantaggio. Dopotutto se vedi una buca sul tuo cammino puoi schivarla, giusto? È quando non la vedi, non te l’aspetti e ci cadi dentro che è un problema. Io ti aiuterò a vedere le buche, gli ostacoli sul tuo cammino in modo che tu possa schivarle, aggirarle, ripararle e proseguire verso i tuoi sogni, verso il futuro che decidi di costruirti. Ti aiuterò anche a uscirne quando ti renderai conto di esserci caduto, nella buca.

Metodo Ponte
Metodo Ponte
Come laurearsi senza rinchiocciolirsi