Capitolo 12
O = Osare, Obiettivo, Ostacoli

La seconda lettera del metodo Ponte è la O. Ci sono tre pilastri principali da considerare, con la lettera O: Osare, Obiettivo e Ostacoli. 

La lettera O è, prima di tutto, Osare, sognare in grande: il motivo è semplice, perché bisogna giocare sempre per vincere, se si vuole dare il massimo. Qui non si tratta di vincere contro qualcuno, qui si tratta di migliorarsi, di dare il meglio in modo sano. Osare significa darsi obiettivi importanti, sognare in grande, perché non esiste niente al mondo che non sia prima nato nella mente di un uomo, un uomo che ha osato sognare in grande. “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”, San Francesco D’Assisi. “Esiste ben poco di strettamente irrealizzabile, quando la mente umana si pone un obiettivo animata da una risolutezza che non conosce sconfitte”, (Napoleon Hill). Alla tua età potresti non avere un obiettivo chiaro, neanche un Perché chiaro. È assolutamente normale, poiché non hai provato abbastanza cose per capire cosa ti piace e cosa no. Nel prossimo capitolo ti chiarirò in che occasioni dire di no, quando ti serve sul serio. Ora invece facciamo una veloce carrellata di sì, per poi arrivare ai no. Intanto, la seconda parola della lettera O: Obiettivo: Senza un obiettivo chiaro, è come usare il navigatore senza la destinazione. Serve a poco. Inoltre, non abbiamo scelta: ci impegneremo comunque per un obiettivo. Se non per il nostro, sarà per quello di qualcun altro! “Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (Seneca). Fra poco ti insegnerò un modo per fissarti gli obiettivi in modo corretto, senza commettere errori, che ti aiuterà ad avere chiarezza e ti faciliterà il raggiungimento degli stessi obiettivi. Un po’ di pazienza. Quando non sai cosa ti fa battere il cuore, semplicemente non lo hai ancora trovato. La soluzione è semplice: cercare, provare cose nuove, immaginare percorsi diversi ecc. Quindi dire di sì a molte cose diverse. Fase 1, scoperta: inizia con dire tanti “sì”, a tante esperienze di studio o lavorative diverse. In questo periodo capirai cosa ti piace di più e cosa meno. Fase 2 stringere il cerchio: inizia a dire Sì con più discernimento, iniziando a dire NO a cose che, ormai lo sai, non ti piacciono16. Fase 3 focus: Un sì e centinaia di NO. Vedrai quando ti parlerò di pianificazione del lavoro, che quando arriva un imprevisto si sceglie in base a importanza e urgenza. Do precedenza alle cose che mi portano verso il mio obiettivo. Quando hai un perché forte, e un obiettivo ben posto, diventa anche molto più facile prendere decisioni.



Ti chiarisco con un episodio che mi è capitato proprio in questi giorni, mentre scrivo. Ho appena trascorso una settimana in giro per l’Italia quindi con poco tempo per dedicarmi al libro. Per questo motivo, nei miei piani, c’è questo weekend per scrivere una parte (specifica) del libro. Parlando con un’amica scopro che proprio questo fine settimana c’è il Salone del Libro a Torino. È importante? Assolutamente si, importantissimo. È anche urgente perché se non lo visito in questi giorni dovrò aspettare il prossimo anno. A questo punto il Salone passa in primo piano e prende il posto della scrittura. Poco dopo scopro che, proprio a Torino suonerà mio figlioccio Mario. Ora la scelta è tra un concerto con una piacevolissima serata e la scrittura. Dal momento che la scrittura l’ho trascurata per poter visitare il Salone da “futuro scrittore” *, rinuncio al concerto di Mario (che sicuramente capirà) e scrivo dopo cena, così recupero almeno una parte di ciò che mi ero prefissato di scrivere oggi. Perché ho scelto velocemente cosa fare, cosa posticipare, a cosa rinunciare? Perché ho chiaro il mio obiettivo, e il mio perché è così forte da voler finire questo libro al più presto possibile. Qualcuno potrebbe obiettare “ma per una sera in più …” certo, una questo fine settimana, una il prossimo, e alla fine del mese sono una settimana in dietro col programma. Quindi, Ricapitolando, ho detto SI a scrivere il libro, è arrivato imprevisto il Salone, ho detto SI al Salone, posticipato la scrittura e ho detto NO al concerto di mio figlioccio Mario.

[* Futuro scrittore ? Sono le due e mezza del mattino e sto scrivendo, quindi io mi considero già uno scrittore. Certo però che non ho ancora pubblicato un libro, solo una poesia a un concorso del Politecnico, quindi non so se posso anche scrivere che sono uno scrittore. Poi se ho voglia vado a vedere un po’ di dizionari che cosa raccontano. Vedrai al capitolo “Chi ti credi di essere” perché mi considero già uno scrittore. Tempo al tempo. Sono andato a controllare, e, dopotutto il vocabolario Treccani (e molti altri), a proposito di “scrittore” recita: “Chi si dedica all’attività letteraria; chi compone e scrive opere con intento artistico”. Quindi sono uno scrittore sul serio, indipendentemente dal fatto che il mio libro sia o non sia in libreria, sia o non sia pubblicato, sia o non sia venduto o letto. Fantastico, posso dormire sogni tranquilli, e sognare di diventare uno scrittore di Best-seller]. 

Ma torniamo al perché OSARE.

OSARE

Intanto, secondo te, perché prima di vedere come ci si pone un obiettivo, il primo passo da fare è osare e sognare in grande? Per aprire la tua mente alle possibilità che ci sono, alle possibilità che hai e che spesso non vedi perché pensare in grande non è un’abitudine molto comune, purtroppo. Osare non significa fare sempre cose azzardate, osare significa fidarsi delle proprie capacità, del proprio intuito, del proprio istinto. Significa spingersi sempre un passo avanti, sempre oltre. L’unico modo per vedere cosa siamo in grado di fare è cercare i propri limiti e provare a superarli. Un po’ come per un atleta che salta in alto, mette l’asticella sempre più in alto finché trova il suo limite, il suo limite del giorno, il limite che diventerà il suo nuovo obiettivo da superare. Ma perché dovresti puntare in alto? Secondo te? So che qui mi tirerò dietro parecchie critiche, ma questo libro è dedicato ai ragazzi come te, ai giovani studenti e non. Sei il futuro, il presente e il futuro. (Se sta leggendo qualcuno più avanti nel proprio percorso di vita, più avanti con gli anni, non cambia molto, è sempre una questione di scelte). Se oggi ti “siedi”, non potrai andare da nessuna parte. Se ti metti a camminare o correre, con i tuoi ritmi, potrai andare avanti e portare tutta la società avanti. E non parlo di progresso economico, scientifico, tecnologico. Parlo soprattutto di un progresso sociale e culturale. Una società di persone apatiche, senza sogni, senza ideali, senza stimoli e ancor meno stimolanti per gli altri non porterà a niente di buono. Al contrario una società in cui ognuno cerca la propria strada, costruisce i propri ponti al meglio, sarà una società migliore in cui vivere. Sono un pazzo idealista? Forse, ma se torni indietro al motivo di questo libro, mi capirai. 

Se senti già una vocina che ti dice “stai per leggere delle favole, non si può sognare in grande, non si deve sognare, sognare è illudersi”, ti capisco. Dopotutto molti dei dizionari definiscono in modo negativo i sognatori. Descrivono i sognatori come persone illuse, persone che si illudono. Il punto è che questa affermazione “sognatore = illuso” è sia vera sia falsa, tanto vera quanto falsa. Come può essere sia vera sia falsa? Semplice, dipende da come si comporta il sognatore dopo aver sognato, o oltre a sognare. Mi spiego meglio con un esempio: sogno di perdere i chili che ho di troppo. So che sono cinque. Ok, sogno di avere un fisico in forma. Bene, se oltre a sognare vado a mangiare tutti i gironi in un fast food ricco di fritti e grassi, sono un illuso. Concordo con la maggioranza dei dizionari di lingua italiana. Se invece oltre a sognare i miei addominali scolpiti, cambio dieta, mi metto a fare esercizi, mi cerco un personal trainer, chiedo a un amico che ha il fisico che vorrei e mi faccio dare dei consigli... allora sono tutt’altro che un illuso. Sono un Sognatore con la S maiuscola.

Qualche mese fa volevo andare a fare uno speech (a parlare in pubblico) in un liceo. Ho iniziato a prepararmi la mia presentazione del metodo Ponte adattata a degli adolescenti degli ultimi anni delle superiori. Mi sono chiesto quali fossero i punti fondamentali del metodo da spiegare a loro, e mi è venuto subito in mente proprio dell’OSARE e del sognare in grande. Perché? Perché è il primo passo nella direzione giusta per crearsi i propri ponti al meglio, per scegliere e pianificare il proprio futuro. Bene, ho iniziato a cercare definizioni di “sognatore” e mi sono imbattuto in questa bruttissima realtà: otto dizionari su dieci descrivono i sognatori in modo negativo, definendoli “illusi”. Questa cosa mi ha fatto perdere un po’ le staffe, devo essere sincero. Poi come dico sempre, chi cerca torva, ho continuato a cercare perché ero sicuro ci fosse qualcuno che la pensa come me. Dopotutto io non me la sono inventata questa storia del sognare in grande, l’ho letta su molti libri, uno su tutti “Dreamcrafting: The Art of Dreaming Big, The Science of Making It Happen” di Paul Levesque e Art McNeil, interamente dedicato al sognare in grande. Quindi cerca e ricerca, solo un paio di definizioni “neutre” del sognatore, per poi approdare alle frasi celebri riguardo il sognare. E finalmente eccola, la frase che sintetizza tutto, la frase che ogni volta riletta mi dà un’emozione sempre più forte, una carica in grado di farmi sopportare e superare tutte le avversità, una frase che non solo motiva ma “insegna” la fede, la fede in sé stessi. Eccola qui: "un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso" . BOOM! Esplosione in un enorme “AH ECCO!! Lo sapevo che avevo ragione!” e poi, una volta letto il nome di chi ha condensato questa grande verità in questa frase, tutto questo effetto bellissimo si è moltiplicato, in un’esplosione di sentimenti e di gioia e di sollievo allo stesso tempo: Nelson Mandela..

Nelson Mandela

Per chi non lo conoscesse, Nelson Mandela è stato il primo presidente di colore del Sud Africa. È diventato presidente dopo aver passato ventisette anni in prigione (sì, 27 anni in prigione) per le sue idee contro il regime segregazionista. E pensate che era stato condannato addirittura all’ergastolo. Era in carcere, avrebbe dovuto passarci il resto della vita, invece non si è fermato, ha continuato a portare avanti i suoi ideali, e finalmente nel 1990, dopo ventisette anni, è stato liberato per poi venire eletto presidente. Non per niente il film diretto da Clint Eastwood, che vede Morgan Freeman nel ruolo di Nelson Mandela si intitola “Invictus – L’invincibile” che non può essere sconfitto. Nel 1994 Nelson Mandela si aggiudicò il premio Nobel per la pace.

Un nobile obiettivo

Qui, visto che stiamo parlando di osare e di obiettivi, ti parlo del mio, sia del mio obiettivo, sia del mio osare. Voglio farti riflettere su una cosa: ti è mai successo di entrare in un negozio, a caso, o un ristorante, l’ufficio postale, un ospedale, ovunque e riconoscere una persona contenta del proprio lavoro? Contenta di quello che stava facendo? Di quali insegnanti ti ricordi? Di quelli più tremendi… ok, e avevano la luce negli occhi per quello che insegnavano? Erano tremendi e ti hanno lasciato qualcosa, o erano solo tremendi perché avrebbero voluto fare altro nella vita? I tremendi appassionati sono le persone di cui parlo. Anche degli appassionati e non tremendi, quelli che ti hanno trasmesso qualcosa, qualsiasi cosa facessero. Il mio sogno è quello di incontrare persone felici per quello che fanno. Il mio sogno è fare la coda in posta e vedere che allo sportello c’è una persona che sorride sul serio. Io voglio essere una persona che sorride, sempre contenta di quello che fa, e ci sto riuscendo. Anche se questo libro dovesse rivelarsi un fiasco, io ce l’ho messa tutta. Ce la metterò tutta per aiutare chi legge queste pagine o vede i miei video o mi incontra per strada. Mi sento vivo, mi sento bene, mi sento realizzato indipendentemente dal risultato. Questo è il mio successo. Domenica mattina, sulla terrazza, a scrivere perché mi piace. Oggi pomeriggio, lo so, avrò un sorriso diverso perché questa mattina so di aver fatto qualcosa di buono. Sicuramente qualcosa di buono per me, e spero proprio anche qualcosa di buono per voi. Capite cosa intendo? Non avrei quel sorriso se adesso stessi facendo un altro lavoro, un lavoro senza questo “fuoco sacro” (termine usato nel coaching per definire la passione per il proprio lavoro), senza questa missione. Quindi, concediti la possibilità di osare e fallo. Sogna in grande. Più avanti ti aiuterò a scoprire cosa potrebbe impedirtelo e come gestire questi ostacoli o trappole. Per ora, entra nell’ordine di idee che sognare in grande è un tuo diritto e soprattutto un tuo dovere. Nessuno potrà mai farlo per te.

OBIETTIVI SMART / SMART2 / MTO

Ok! Adesso come ti ho promesso, ti spiego nel dettaglio come fissarti obiettivi in modo intelligente, per essere sicuro di non commettere i principali errori che commettono la maggior parte delle persone, e di centrare gli obiettivi che ti fissi. Come saprai, puntualmente, le persone esprimono desideri e fanno la lista dei buoni propositi di inizio anno, ogni anno, per poi arrivare quasi tutti a marzo senza niente di fatto e abbandonare spesso tutto pensando “non sono in grado” o “non avevo considerato che avrei anche dovuto... lavorare, gestire la famiglia...” altre scuse e altri alibi. Questo problema molto diffuso è dovuto al non corretto processo usato per fissare gli obiettivi. Le tecniche che sto per insegnarti le puoi usare sia per i tuoi obiettivi scolastici, sia extrascolastici, e considera che vengono usate anche da aziende e persone di successo in ambiti completamente diversi. Veniamo al sodo: il metodo più usato al mondo per fissarsi gli obiettivi è il metodo SMART, che è un acronimo e sta per “Specific, Mesurable, Achievable, Relevant, Timed”, cioè Specifico, Misurabile, Raggiungibile, Ambizioso, Temporizzato. Adesso andiamo a vedere nel dettaglio ognuna di queste caratteristiche che deve avere un obiettivo per definirsi “ben definito”. Ti anticipo che invertirò i significati di A e R semplicemente per tenere un acronimo corretto con le lettere SMART nella lingua italiana, semplicemente invertendo A e R da Achievable Relevant a Ambizioso (sinonimo anche se un po’ forzato di Relevant) e Realistico (sinonimo di raggiungibile/Achievable). Dopo la spiegazione di questo metodo che potremmo definire “universale”, ti darò ancora due strumenti per amplificare la forza di questo metodo. Uno strumento che ci arriva da uno studio della Columbian University (lo chiamo SMART2 , uno smart al quadrato), e uno che ci aiuta a capire se stiamo andando nella direzione giusta o se stiamo mirando troppo in basso (MTI di Raymond Aaron). Andiamo a vederlo lettera per lettera, regola per regola.

S = Specifico

Per raggiungere un indirizzo ci serve la città, la via, il numero civico, e se c’è anche l’interno, giusto? Bene, non specificare l’obiettivo è come voler raggiungere una persona che abita a Pisa. Pisa e basta. O una persona che abita in via Roma. Di quale città? Non so, Via Roma 5, interno 3 scala A. Sì, va bene ma di che città? Rocchetta. Quale Rocchetta? (In Italia ne abbiamo più di una, Rocchetta a Volturno, Rocchetta di Sant’Antonio, Rocchetta Nervina... Quale?). Ok, quindi, obiettivo SPECIFICO significa espresso nel dettaglio. “Voglio perdere peso” non è specifico. Quanto peso? “Voglio perdere 5 kg”, questo è specifico. “Voglio guadagnare di più” non è specifico. Quanto di più? “Voglio guadagnare il 30% in più”, questo è specifico. “Voglio laurearmi” non è specifico “Voglio laurearmi in Psicologia, orientamento X” è specifico. NON sono ancora obiettivi SMART ma almeno sono Specifici. NOTA BENE: l’obiettivo deve essere scritto in positivo, esempio: “non voglio più debiti” non va bene, e nemmeno “non voglio più i 100.000 euro di debito che ho” o “non avere più il debito di X” perché scritti in negativo (“non”). In questo caso si potrebbe scrivere così: “portare in attivo di mille euro il mio conto corrente”. E vedi che l’obiettivo è positivo. È anche sparita la parola “debito” che in questo contesto era negativa, ed è stata sostituita con “attivo”. Un bel cambiamento di prospettiva. Dobbiamo concentrarci su cosa vogliamo, mai su ciò che non vogliamo, così siamo sicuri di mettere la nostra attenzione, il nostro focus nel posto giusto (vedremo meglio questo discorso nelle appendici Etichette: la forza delle parole e Focus: la forza delle domande).

M = Misurabili

Devo poter misurare cosa? Il raggiungimento dell’obiettivo, e soprattutto, durante il processo, il fatto che io mi stia avvicinando o allontanando dal mio obiettivo. Lo vediamo con gli esempi di prima: “Voglio perdere 5 kg” posso misurarlo? Sì, salgo sulla bilancia tutti i giorni e vedo a che punto sono. “Voglio laurearmi in Psicologia orientamento X” posso misurarlo? Sì, conto quanti esami ho dato e quanti ne devo ancora dare; “voglio guadagnare il 30% in più” anche questo è misurabile, guardo il mio stipendio o quanto sto guadagnando oggi, e controllo ogni giorno (o ogni mese, in base al tipo di lavoro/business) e controllo se mi avvicino o meno. Ovviamente diamo per scontato che una volta scelto l’obiettivo, ci muoviamo per raggiungerlo. Lo so è scontato, ma sempre meglio specificare. Ok, i nostri obiettivi ora sono sia Specifici sia Misurabili. Se vedi quelli che non erano specifici, nessuno di loro è nemmeno misurabile? Gli esempi non misurabili erano: “Voglio guadagnare di più, voglio perdere peso”. Certo posso misurare se vado verso l’obiettivo, cioè se sto guadagnando più del mese scorso, e se peso meno di ieri, ma non posso dire di aver raggiunto questi obiettivi, perché non ho fissato un numero, quanti Kg, quanto guadagno. È chiaro? Il punto è che migliorare non basta, vedere il miglioramento può durare all’infinito (soprattutto col guadagnare di più) ma se non posso dire “ho raggiunto il mio obiettivo”, già solo questo non poter dire “ho vinto” ci impedisce di impegnarci, perché non vediamo in che porta fare goal, non vediamo lo striscione d’arrivo. Questo psicologicamente ci fa perdere interesse nell’obiettivo. Non significa che il miglioramento continuo non sia un obiettivo. Lo è quando ci diamo degli step, degli obiettivi SMART lungo il percorso del miglioramento continuo. Vediamo la prossima caratteristica che deve avere un obiettivo.

A = Ambizioso

Ti metteresti d’impegno per perdere 30 grammi? Non credo, ti impegneresti a fare diete, rinunce, sport per trenta grammi in meno? Si vedrebbe qualcosa migliorare nel tuo fisico? No, vero? Infatti, questo non è un obiettivo ambizioso. Ambizioso è, rimanendo sulla dieta, arrivare al peso forma di Kg… (numero misurabile). Questo è ambizioso. Ambizioso significa che il pensiero di veder realizzato l’obiettivo ci deve far sentire molto bene, ci deve far esultare, deve essere un traguardo importante! Quanto importante? Abbastanza. Cosa vuol dire? Lo vediamo con la prossima regola. Ricordati di sognare in grande!

R = Realistico

Oltre a essere ambizioso, deve anche essere realistico, perché se credo di non poterlo raggiungere, non mi impegnerò nemmeno per provarci. A nessuno piace perdere, giusto? Se mi chiedi (o decido io) di allenarmi tutto l’inverno con l’obiettivo di vincere la prossima maratona di New York, a parte il chiederti che cosa hai bevuto o fumato, non mi ci metto nemmeno, perché non potrò certo alla mia età senza aver mai nemmeno partecipato a una maratona, vincerne la prossima. Quindi, il tuo obiettivo deve essere anche realistico, realizzabile. E Ambizioso. Non vanno una contro l’altra queste due regole, sono una il completamento dell’altra. Ma Realistico quindi... tutte quelle parole sul sognare in grande? Dove le mettiamo? Ah certo. Le mettiamo al loro posto. Il processo da fare si chiama “reverse engineering” cioè progetto a ritroso. Il sogno sarà obiettivo a lungo termine, questo va scomposto in obiettivi più piccoli e ognuno di questi deve essere SMART. Ovviamente anche l’obiettivo a lungo deve essere ambizioso e realistico, non dimentichiamocelo. Se non ho ancora messo gli sci ai piedi è irrealistico pormi come obiettivo le olimpiadi invernali, giusto? Adesso che ho il mio obiettivo di quest’anno, lo divido in dodici obiettivi mensili, questi in quattro obiettivi settimanali e così via. Ognuno di questi deve essere SMART. Se è irrealistico mangiare un elefante in un giorno, è realistico mangiare un etto di elefante al giorno, giusto? Così vedrai quanto ti ci vuole per mangiarlo tutto. Adesso lasciamo stare questo povero elefante (è sempre preso questo esempio ma io non lo mangerei un elefante, preferisco pensarlo scorrazzare nella savana), quindi, vediamo un altro obiettivo: correre la maratona. Se fino a oggi non ho mai fatto sport, Quanti anni ci metto per correre una maratona? Intanto, prima cosa, vado dal medico a farmi una visita completa, per capire se è realizzabile per me o no pretendere di allenarmi e correre una maratona. Se ho l’ok dai medici, inizio con un personal trainer che mi aiuterà a preparare il mio obiettivo, potrà essere realistico magari in due anni, magari in cinque, magari in uno, non lo so, ma devo farmi aiutare a capirlo, se non ho le capacità io per farlo. A questo punto, correre i miei primi 42,195 km sarà l’obiettivo finale, il sogno da realizzare. Da qui, ogni giorno al fast food... scherzo, ogni giorno i micro obiettivi, sempre smart. Correre la prima maratona domani, non è Realistico, quindi non è SMART. Correre la prima maratona tra due anni può essere realistico (dottori e trainer permettendo).

T = Temporizzato

Temporizzato, cioè, deve avere una data di scadenza. Il termine “temporizzato” si usa per lo più in tecnica, riferito a processi o macchinari che vengono collegati a timer, come ad esempio un irroratore che inizia a innaffiare a una certa ora e smette a un’altra ora. C’è chi in italiano traduce la T inglese “Time based” con “scadenziato”. A me piace più rimanere sulla T. Il significato è sempre quello: ogni obiettivo che si rispetti, che sia SMART, deve avere una scadenza. Ci deve essere una data entro la quale vogliamo raggiungere l’obiettivo in questione. Altrimenti rimane tutto campato per aria. Potrei dirti che voglio laurearmi in psicologia, dirtelo oggi, e dirtelo anche il prossimo anno e quello ancora dopo, e sentirmi “in pace” col mio obiettivo, e magari non ho nemmeno comprato i libri del primo esame. Se voglio perdere i miei famosi cinque chili e non mi do una scadenza, potrei averne persi due in due anni e dire “sto andando bene”... invece non sto andando da nessuna parte! Non mi sto impegnando. Sto continuamente rimandando, procrastinando, e quest’ultima regola del metodo ci aiuta proprio contro la procrastinazione, contro il rimandare. Ottimo, adesso se torni ai primi obiettivi di esempio, specifici e misurabili, vediamo se sono ambiziosi, realistici e temporizzati, ed ecco tre obiettivi ben posti. “Voglio perdere 5 kg”, “voglio guadagnare il 30% in più”. “Voglio laurearmi in Psicologia orientamento X”. Ambiziosi? I 5 kg in più ce li ho da anni, sarei proprio contento se me ne disfacessi una volta per tutte, quindi sì, è ambizioso. È realistico? Certamente, molte persone ci riescono, posso riuscirci anche io. Non è temporizzato, lo correggo e aggiungo: “entro il mio compleanno il 16 dicembre… di quest’anno ovviamente!”. Ok ho il primo obiettivo SMART. Avanti il prossimo: “voglio guadagnare il 30% in più”. Anche questo, come ti farebbe sentire? Ti gasa un 30% in più? A qualcuno sì, a qualcuno no. A chi no, cambiare e aumentare. A chi ispira un 30% in più, bene, è fattibile? Qualcuno ci è riuscito? Sì? Ok, è realistico. Adesso una scadenza: entro la fine dell’anno. Adesso, ti renderai conto che, se avessi detto entro domani, sarebbe stato irrealistico, vero? Ottimo, significa che una volta che sai quali sono le regole, le applichi e poi verifichi che sia tutto ancora verificato, cioè che non succeda, come in questo esempio, che la data di scadenza renda questo obiettivo irrealistico (guadagnare il 30% in più da domani), o al contrario non ambizioso (riuscirci entro i prossimi cinquant’anni). Ultimo esempio “Voglio laurearmi in Psicologia orientamento X” è ambizioso? Sì, mi sentirei proprio realizzata/realizzato con la laurea in Psicologia indirizzo X. Ok, quindi è ambizioso. Se non lo è abbastanza, aggiungi magari “a pieni voti” ed ecco già più ambizioso di prima, poi mi raccomando, è completamente assolutamente soggettivo questo tipo di valutazioni. Quindi se senti che non ti ispira, probabilmente non è la tua strada... torna a cercare il tuo Perché. Ottimo, è realistico? Bene, è realistico. Oppure: non so, perché lavoro e ho poco tempo libero. Vuoi comunque? Cerca chi lo ha fatto nelle tue condizioni e impara da lui/lei come ha fatto. Magari dovrai smettere di guardare tv, magari dovrai metterci più tempo di quanto hai previsto e così via. E datti una scadenza congruente con la tua situazione. Qui stiamo parlando di una laurea. Una volta presa è presa. Da lì in poi sarai Dottore, Dottoressa e se è quello che vuoi, vale la pena fare sacrifici e arrivarci nel tempo che puoi.

E dopo l'obiettivo?

V edrai tra poco che poi ti servirà fare le cose giuste, nell’ordine giusto, potrai prendere spunto da chi è già arrivato dove vuoi arrivare tu, potrai addirittura copiare le loro strategie. Tranquillo, nessuna persona di vero successo ha paura a svelarti i propri segreti. Per una persona di successo c’è sempre abbondanza. Non c’è mai scarsità. Questo non vuol dire chiedermi come fare i gelati se hai aperto la tua a venti metri dalla mia gelateria. Ma se sei in un’altra città, perché non svelarti i miei segreti? Potrei farti da consulente, mi paghi e siamo contenti e soddisfatti entrambi. E chissà che non diventiamo soci. Questi sono i pensieri di una persona di successo. Non “non ti insegno perché se mi rubi il mestiere mi rubi i clienti”, “eh no! adesso ti fai tutti gli errori che ho commesso io e ti arrangi! Vediamo come te la cavi”, assolutamente no. Tutti pensieri da perdenti e di perdenti. Se ti ritrovi in qualcuno di questi pensieri negativi, non preoccuparti. Puoi sempre cambiare. Non sono i tuoi pensieri a guidare la tua mente. È il contrario: non siamo i nostri pensieri, noi creiamo i nostri pensieri e possiamo sempre cambiarli.

SMART2

Come anticipato all’inizio del capitolo, che un obiettivo debba essere SMART per essere ben posto, lo diamo per scontato, e ora ti do altre regole da aggiungere allo smart, le mie “smart al quadrato”. Sono regole che seguono lo stesso acronimo. Semplicemente volevo aggiungere qualcosa di mio e ho trovato, tra tutte le letture che ho fatto riguardo gli obiettivi, trucchi/strategie che voglio condividere con te. Molte sono tratte da uno dei libri che considero tra i top di sempre “I principi del successo” di Jack Canfield (dovrei scrivere un altro libro solo per spiegarti quanto e cosa ha fatto Jack Canfield per la formazione). Quasi tutti questi strumenti sono stati studiati e verificati dalla Dominican University. Eccoci ai prossimi.

S = Scritto

Scrivi a penna su carta il tuo obiettivo. Non funziona lo stesso se scrivi su una tastiera o un tablet. Potrebbe funzionare scriverlo con una penna elettronica su un tablet, ma poi ti chiedo di appenderlo in bella vista, e non puoi certo appendere il tablet in bella vista con il tuo obiettivo, vero? Un po’ troppo scomodo; molto più comodo un pezzo di carta, un post-it, come preferisci. Perché scrivere a mano? Perché gli studi sul nostro cervello hanno dimostrato che scrivere con carta e penna attiva molte più sinapsi nel nostro cervello, per farla semplice è come se il nostro cervello impegnasse più strade per scrivere, e anche se è un po’ contro intuitivo, più strade usa per fare una determinata azione, più questa azione viene registrata. Ovviamente anche la ripetizione aiuta perché riutilizzare le stesse sinapsi, le stesse strade, ingrandisce le strade stesse. Come passeggiare sull’erba, a forza di passeggiare si forma un sentiero. Inoltre, nel cervello c’è molto molto molto spazio, non preoccuparti, non funziona come la memoria del PC. Sempre semplificando, attiviamo i muscoli della mano che scrive, gli occhi leggono e controllano che stiamo scrivendo bene e in contemporanea rileggono cosa stiamo scrivendo. I muscoli interessati sono molti di più di quelli interessati per la scrittura su tastiera. Nulla ti vieta, una volta scritto l’obiettivo su carta, di farne anche la versione digitale, l’importante è che tu lo scriva e poi lo metta in bella vista, in un posto in cui guardi più volte al giorno. Il potere di scrivere i propri obiettivi è stato dimostrato: aumentare significativamente il raggiungimento degli stessi obiettivi.17


Questo studio fornisce evidenza empirica dell’efficienza di tre strumenti di coaching: responsabilità, impegno18 e scrittura dei propri obiettivi, nello specifico: “The positive effect of written goals was supported: Those who wrote their goals accomplished significantly more than those who did not write their goals”. “Le persone (erano studenti!) che hanno scritto i loro obiettivi li hanno raggiunti significativamente di più rispetto a chi non li aveva scritti”.


M = Mio

Mio, cosa significa? Due cose: che è sempre meglio chiederci se l’obiettivo che ci siamo dati, e per il quale andremo a lavorare sodo, sia effettivamente il nostro, e non quello di qualcun altro, e che dipenda solo da noi non da altri. L’esempio più usuale di obiettivi che non sono i nostri è di quando prendiamo “a prestito” o “ereditiamo” obiettivi che in realtà sono dei nostri genitori. Non sempre ce ne accorgiamo, a volte invece è proprio palese. Troppo spesso sento dire “faccio giurisprudenza perché mio padre o mia madre hanno lo studio avviato, e prenderò il loro posto”. Va bene se i tuoi genitori ti hanno trasmesso la passione per il loro lavoro e tu vuoi proprio continuare le loro orme. Fantastico. Contenti tutti e per te forse qualche difficoltà in meno: non dovrai aprire uno studio da zero; o forse qualcuna di più: dovrai dimostrare a molti di meritarti il posto che hai “ereditato”, quindi dovrai superare diffidenze maggiori che non se aprissi da solo. Come vedi, c’è sempre un rovescio della medaglia. A parte questo, quindi, se la tua passione è la stessa dei tuoi genitori, ottimo, il tuo perché è forte, vai e non fermarti. Ma se credi che ereditare un lavoro, uno studio, un’attività, un’azienda sia un valido motivo per dedicarci tutta la TUA vita... pensaci bene. Sei sicuro di non avere altri perché, più tuoi? O te la stai raccontando? Pensi di non dover faticare e lavorare sodo solo perché hai tutto pronto? Perché è tutto avviato? Intanto una statistica: in Europa solo il 30% delle aziende sopravvive al passaggio alla seconda generazione, e solo il 10% sopravvive al passaggio alla terza.19


I motivi sono molti. Quello che ci interessa adesso è quello che succede quando qualcuno viene “costretto” a fare cosa non vuole. Alla fine succedono disastri. “Ma mio figlio è portato ANCHE per ...., potrebbe proseguire la tradizione di famiglia...” Come “anche”? Se tuo figlio ascolta musica, suona musica, balla musica tutti i giorni, ogni minuto che ha libero, ogni giorno di vacanza che ha, i suoi amici sono musicisti, sogna di fare il musicista... può ANCHE fare qualcos’altro, ma non sarà mai niente di diverso di un musicista, nel suo cuore. Se gli impedisci di studiare musica, rimarrà un musicista dentro e un altro tipo di professionista fuori. Non sarà mai soddisfatto. Né tantomeno felice. Non devi favori ai tuoi genitori che non siano il vivere la tua vita ed essere felice. Se un genitore non vuole questo per i propri figli, e cioè che trovino la propria strada e siano felici... mandateli al capitolo PONTE PER GENITORI. Devono cambiare prima di fare troppi danni. E se un figlio capisce di essere in questa situazione, pressato a fare qualcosa che non lo rappresenta, non gli fa battere il cuore, non lo appassiona... ha il DOVERE e il DIRITTO di farlo notare e prendere decisioni con la propria testa. Ognuno ha i propri valori, le proprie credenze, e in base a queste, prende le proprie decisioni e cerca la felicità in modo diverso. Nessun genitore, per quanto legato al proprio figlio o alla propria figlia, potrà mai sapere tutto del proprio figlio o figlia e sostituircisi per prendere decisioni importanti. Quindi, la nuova M bonus Smart è MIO. Una verifica che stiamo scalando la montagna giusta, che non si riveli poi un vulcano che ci scoppia in faccia non appena ci siamo sopra. 

L’altra verifica, è che l’obiettivo dipenda solo da noi, cioè, non può essere qualcosa del tipo “che Carla o Carlo si innamorino di me” oppure “che quell’azienda mi assuma”. Al massimo potrà essere “invitare Carlo o Carla a uscire entro la fine del mese” (sotto il nostro controllo) e “arrivare al colloquio con ABC con tutti i compiti fatti (aver studiato la loro storia, sentito cosa si dice, letto cosa si scrive su di loro, avere pronta la mia “arringa” e così via)”. È importante che non ci poniamo obiettivi che pretendano azioni di altri. Quello sarà sempre il risultato di qualcosa di nostro, sotto il nostro controllo. “Passare Analisi 1 con minimo 25 entro la sessione di giugno” è mio? Sì, so che sono io che devo studiare, ripassare, fare esercizi. “Ma il voto lo decide il professore”, certo, e in base a cosa? A quanto siamo o non siamo preparati, in base a quanto siamo o non siamo rilassati il giorno dell’esame. Lui semplicemente “misura” la nostra preparazione, quindi il voto è sotto il tuo controllo.

A = AD ALTA VOCE

Perché ripeterlo ad alta voce? Sempre per il discorso di imprimere l’obiettivo il meglio possibile nel nostro cervello. Più precisamente, l’obiettivo è farlo capire ai nostri inquilini del piano di sotto, il 95% della nostra mente che rappresenta il nostro subconscio. E lui, come già spiegato, ascolta tutto. Noi leggiamo, parliamo e ascoltiamo. Tre passaggi in uno. Avete presente la scena di Rocky Balboa (lo so, è un po’ datato come film per la vostra generazione, ma spero qualcuno lo abbia visto, un gran film) comunque, quando il pugile deve rialzarsi e ripartire contro un avversario che lo ha appena riempito di pugni, il suo coach continua a ripetergli, e fargli ripetere: 


"non fa male... non fa male... non fa male. "


Piccola parentesi, non so se sia dovuto alla traduzione dall’inglese, se vogliamo essere più efficaci, dovremmo esprimere il concetto al positivo, togliendo il “non” e “male” che sono due parole negative. Non credo di avere lo spazio in questo libro per spiegarvi questo nel dettaglio, ma sappiate che il nostro subconscio NON riconosce le negazioni. Se vi dico “Non pensare agli esami che sono andati male”... A cosa stai pensando? Agli esami andati male, poi cerchi di distogliere il pensiero e andare a pensare ad altro, vero? Se invece ti dicessi: “Pensa agli esami che sono andati meglio”, allora la tua attenzione, sicuramente non andrebbe a quelli andati male, e si concentrerebbe su quelli andati bene. Quindi, seguendo questo principio, Rocky e il suo coach avrebbero dovuto ripetere qualcosa del tipo: “Mi fa il solletico.. .mi fa il solletico .. mi fa il solletico” oppure “picchia come una femminuccia... picchia piano come una femminuccia...” Ok, ottimo. E per aumentare ancora di più l’effetto, oltre a dirlo a noi stessi, lo diciamo a un amico (qui fai solo attenzione a non dirlo a chi non può capirlo e rischia di diventare un “vola basso”, una persona che non fa il tifo per noi e cerca di farci abbassare l’asticella). Quando l’amico fa il tifo per noi, il fatto di condividere con lui il nostro obiettivo fa ulteriormente aumentare le possibilità di successo. È come se per non mancare della parola data (“voglio finire gli esami entro luglio”) ci impegnassimo ancora di più, fossimo in grado di fare quell’extra ora di studio, quella nottata in più sui libri. Sempre dalla Dominican University, infatti, la conferma: “those who sent their commitments to a friend accomplished significantly more than those who wrote action commitments or did not write their goals”. 


"Coloro che hanno condiviso il loro impegno con un amico hanno raggiunto significativamente più obiettivi di coloro i quali non l’hanno fatto. "


Terza magia, sempre sottolineata dallo studio della Dominican University, una volta che “confidiamo” il nostro obiettivo a un amico, il passo successivo è aiutarci a vicenda a mantenerci concentrati. In Inglese si parla di “accountability partner”, la persona che ci fa rimanere “responsabile”, nel senso che ci ricorda cosa vogliamo raggiungere, per quali obiettivi vogliamo impegnarci. È sufficiente impegnarci a mandare un report dei nostri progressi, a vicenda, per avere un significativo miglioramento dei nostri obiettivi. Al momento io ho due accountability partner, Juri Battaglia (Coach di imprenditori) e Flora C. Kim (Coach, International Real Estate Manager| Business Owner International Saes Manager of Team FK the Fighter!). Ogni lunedì alle 8.00 mando il mio report, un breve audio, a Flora, da lei in Corea è pomeriggio, e poi in serata mando il mio report, sempre audio a Coach Juri. Quando riusciamo ci sentiamo, quando non riusciamo, ci scambiamo gli audio. Personalmente trovo questo sistema veramente efficace e i motivi sono molti: mi aiuta a dover riordinare mentalmente quello che ho fatto durante la settimana scorsa, verificare le cose positive, i micro/macro obiettivi raggiunti, il lavoro che ho ancora da fare, il nuovo obiettivo settimanale e come intendo raggiungerlo. Quindi assolutamente chiarezza di dove sono e dove voglio andare. Inoltre, condividere la propria crescita, i propri obiettivi con persone che hanno la stessa attitudine non ti fa sentire solo. Non sono l’unico a sognare in grande, ci sono altre persone come me, io aiuto loro a rimanere concentrati sui loro obiettivi e ricevo lo stesso aiuto in cambio. Una collaborazione anche se a distanza. Vedremo ancora più nel dettaglio tutto nel capitolo “GRUPPO DEI PARI” e comunque chiudo con un’altra citazione, sempre dallo studio della Dominican University: “The positive effect of accountability was supported: those who sent weekly progress reports to their friend accomplished significantly more…” “È stato dimostrato l’effetto positivo della responsabilità: coloro che hanno inviato settimanalmente rapporti di avanzamento al loro amico hanno realizzato molto di più…”

R = RILETTO RIPETUTO RISCRITTO

Sempre riprendendo l’esempio di Rocky, non lo ha detto a voce alta una volta o due. Lo diceva in continuazione. Quindi ripeti, rileggi, riscrivi anche il tuo o i tuoi obiettivi se vuoi. L’ideale è rileggere a voce alta il proprio obiettivo tutti i giorni tre volte: al mattino appena alzati, alla sera prima di addormentarsi e un’altra volta durante la giornata. Perché? Perché è come ricontrollare la bussola, ricontrollare le coordinate nel navigatore. Potresti obiettare che il navigatore non cambia da solo le coordinate, certo, ma il nostro cervello invece lo fa più o meno da solo, più o meno sovente comunque le cambia. Non ci credi? 

 Prova domattina a decidere che programma fare, come trascorrere la tua giornata. Prova alcuni giorni pensandolo e basta. Poi i giorni seguenti scrivilo, al mattino. Non riguardarlo più e alla sera tira le somme di ciò che hai e non hai fatto. Non spaventarti se non hai fatto tutto e nemmeno se non hai fatto quasi niente. Poi ancora, fai una prova scrivendolo la sera prima di dormire, poi al mattino appena alzati, e poi a metà giornata. Sempre il programma del giorno. Vedrai la sera le differenze. Iniziamo con tutti i buoni propositi, poi arrivano le distrazioni, gli imprevisti, le telefonate, le notifiche. Se rileggiamo e ripetiamo (in luoghi isolati così da non dover dare spiegazioni inutili a nessuno), sarà come avere dei reminder, dei richiami ai nostri doveri. E dal momento che li abbiamo decisi noi, sono in realtà i nostri voleri. Quindi, motivo di più per rimanere concentrati e focalizzati. Se non credi che un film di pugilato possa essere un esempio attendibile, potresti avere ragione. Eccoti altri esempi. Chi ha fatto il liceo credo si ricordi che un metodo usato per imparare le declinazioni del latino era quello di scrivere e riscrivere, e ripetere ad alta voce (almeno ai miei tempi si faceva così), bene, è un esercizio meccanico e si fa semplicemente perché funziona. È il metodo migliore per imparare il latino? Non sono sicuro. Funziona? Sì. Con tutti? Sì. Ok, finché non trovo un metodo migliore, questo lo do per buono.

T = TEMPO/RITMO

Ed eccoci al TEMPO. In musica con la parola “tempo” si indica il ritmo, la velocità con la quale si deve suonare. Il ritmo è quello che ci serve per trasformare un’azione in un’abitudine, un ritmo è qualcosa che si ripete regolarmente, con lo stesso intervallo. Questo ci aiuta a ricordarci, a farla diventare un’abitudine. La scrittrice Caroline Buchanan, nel suo libro “La regola dei 15 min”, ci fa capire proprio l’importanza del ritmo nel fare cose nuove. Meglio 15 min al giorno tutti i giorni, piuttosto che una full immersion una volta ogni tanto, anche se la somma dei 15 min fosse minore del tempo passato in full immersion. Perché tutti i giorni ripetere un’azione la fa diventare un’abitudine, e poi va avanti in automatico. Non ci credi? Ti ricordi se questa mattina ti sei lavato i denti? E la faccia? Se hai acceso la macchina l’ultima volta che l’hai usata? Certo, altrimenti mica partiva! E ti ricordi di aver preso le chiavi nel solito posto? E di aver parcheggiato al ritorno? E di aver frenato a tutti i semafori rossi? Molto poco di tutto ciò, vero? Ma la prima volta che hai preso una macchina in mano, che ti sei seduto/a al volante, come è stato? Panico, accensione, frizione, start, luci di posizione… Livello carburante... un gran casino. Tutte queste azioni sono diventate abitudine, tanto che non te ne ricordi consciamente. Sono passate sotto il controllo dei 95 del piano di sotto20 (subconscio), un bel risparmio di energie mentali per noi. Ottimo. Adesso, finché facciamo qualcosa una volta ogni tanto, non diventerà mai un’abitudine e continuerà a costarci parecchie energie. Ripetere giornalmente crea una routine che ben presto (chi dice in 21 giorni, chi dice un mese, chi due) diventerà un’abitudine. Riparlo di questo concetto nel capitolo SANE ABITUDINI. Per lo studio, un ritmo che avevo preso e che potresti provare era: al mattino teoria, dopo pranzo esercizi (quando avevo meno brillantezza per la digestione), metà pomeriggio ancora teoria, sera esercizi. Così tutti i giorni. Alla fine sapevo che se andavo a studiare al mattino avrei fatto teoria. il pomeriggio in automatico prendevo anche i libri per gli esercizi. E stavo tutto il giorno fuori, prendevo tutto e comunque mattino teoria, primo pomeriggio esercizi e così via. Meno pensiamo a queste cose, più energia (diciamo più ram libera) abbiamo per dedicarci allo studio, nello specifico alla teoria e poi agli esercizi. Pensa che differenza se dovessimo decidere ogni giorno cosa fare, ogni ora decidere “adesso esercizi o ancora teoria?”. Tutto col pilota automatico e avanti come dei treni. Ritmo ritmo e ritmo.


Risolviamo due casi limite dello SMART

Raymond Aaron è l’ideatore del metodo MTO che elimina l’ultimo neo del metodo SMART, anzi gli ultimi due. Prima ti spiego questi due limiti, poi vediamo come il metodo MTO li risolve. 


Caso 1) Ho il mio obiettivo e non lo raggiungo questo mese, nemmeno il prossimo, fra tre mesi ci arrivo vicino ma non lo raggiungo. Ho fallito tre volte. Ci riprovo? Non ci riprovo? Dove è andato il mio morale? E la mia autostima? 

Caso 2) Ho un obiettivo per questo mese, lo raggiungo già il 12 del mese. Cosa faccio il resto del mese? Idem il mese successivo, lo raggiungo il 10 del mese e quello ancora seguente lo raggiungo il 13. Cosa faccio? Lavoro due settimane e poi vado in vacanza? Mi fermo? Continuo a lavorare lo stesso? 


Il punto qual è: magari nel caso 1) ho puntato troppo in alto, magari nel caso 2) ho puntato troppo in basso. E adesso? Come faccio a capirlo? Nel caso 1) ho perso tre volte, non ho mai raggiunto l’obiettivo. Nel caso 2) ho sempre vinto facile e probabilmente non ho poi dato il meglio per il resto del mese. Mr. Raymond Aaron dice che questo problema è dovuto al fatto che gli obiettivi SMART hanno una natura binaria, cioè o raggiungi o non raggiungi l’obiettivo. Non ne puoi raggiungere una parte. O è si o è no. Questo porta ad avere i due casi citati come problematici per i motivi spiegati. Mr. Raymond risolve così: lasciando l’obiettivo che ci siamo costruiti col metodo SMART come nostro target (T). Poi definiamo altri due obiettivi, uno minimo M che decidiamo non in base a cosa vogliamo ma all’attuale stato delle cose. Esempio, voglio correre 100 km in un mese. Sto correndo 40 km al mese (una volta a settimana corro 10 km). Bene, il mio Target sarà 100. Il minimo 40 (quelli che corro ora). E poi mi pongo un obiettivo super, esagerato, e metto 200. Un numero che mi fa girare la testa solo a pensarci. Io, Coach Claudio, consiglio che ci sia almeno una proporzione del doppio, tra il minimo e il Target, e lo stesso tra l’esagerato (O = outrageous) e il Target. Cosa succede? Succede che l’obiettivo minimo mi permette di “vincere comunque facile”, ed evito di regredire, nel caso dei 40 km, almeno corro come lo scorso mese. Ma se sono in forma e i 40 km li corro in quattro giorni, e corro i 100 in 10 giorni (per cortesia se sei un corridore lo so, ci vuole una pausa ogni tanto, ma non ti sto insegnando a prepararti per una maratona, solo a darti degli obiettivi, e mi serve fare conti semplici), dicevo, i 100 li corro in 10 giorni, allora scatta l’obiettivo esagerato. E mi metto a “rincorrere” quello. Non vado in vacanza, non smetto di correre solo perché ho raggiunto il Target. Vedo che posso fare di meglio e ci provo. Mi rendo conto che probabilmente avevo fissato un obiettivo troppo basso. Certo, qualcuno potrebbe fare notare che nel metodo SMART, A sta per Ambizioso (o R Relevant in inglese). Invece, in questo caso, 100 km/mese, se poi li faccio in 10 giorni, non era certo ambizioso. Beh, lo sembra, ma per esserne sicuro devi farli i 100 km. Hai semplicemente sottovalutato le tue capacità, ma nel momento in cui lo hai posto come obiettivo, lo hai considerato ambizioso. Con questo MTO elimini il problema dell’obiettivo di natura binario (o sì o no, o bravo o no). Inoltre, se estendi l’analisi a più mesi, vedrai che se non ti muovi dal minimo, c’è un problema. Cambia strategia perché non migliori. Se sei sempre all’esagerato, bene, alza l’asticella perché stai puntando troppo in basso. Esempio: di solito do un esame a sessione. Voglio darne tre. Obiettivo Target 3 esami la prossima sessione (date dal al). È un obiettivo SMART. Obiettivo minimo per la prossima è un esame. L’esagerato è 6 (o 5 o 7 come vuoi, vicino almeno al doppio del Target). Idem per le pagine da studiare, gli esercizi da fare.21 

Buoni obiettivi a tutti.


I nostri Numeri magici (o amici numeri)

Facciamo una premessa importante, i fondamentali del perché ci dobbiamo porre degli obiettivi:  “You do what you misure”,  “you can not improve without misure”  “Fai ciò che misuri”“Non puoi migliorare senza misurare”. Se sei un venditore, per esempio e non misuri quante telefonate fai, corri il rischio di non farle. Se sei uno studente e non conti quanti esercizi fai, corri il rischio di non farli. Se non lo misuri, non puoi vedere se sta crescendo o meno, non puoi capire se quello che stai facendo ha l’effetto che vuoi o no, o magari l’esatto opposto. Quindi, sì, ci servono dei dati, non molti ma quelli giusti. Lo abbiamo visto nel capitolo sugli obiettivi SMART, M sta proprio per misurabile. Vale per gli obiettivi e vale per qualsiasi cosa vogliamo fare, anche senza doverci fissare obiettivi precisi. Voglio guardare meno social e serie tv. Come faccio a sapere se ci sto riuscendo? Mi segno in una settimana quanti episodi ho visto, lo faccio per un’altra settimana e poi controllo che questo numero (episodi/settimana) diminuisca. Altrimenti il mio desiderio rimane in aria senza senso. Se poi voglio fare le cose ancora meglio, mi fisso un obiettivo SMART a riguardo, con MTO di “rinforzo”. (se non ti è chiaro torna al capitolo precedente). Perché li chiamo numeri magici o amici numeri? Perché a qualcuno l’idea di controllare dati e statistiche fa venire i brividi (vero Barbara?), quindi dal momento che dobbiamo farlo comunque, allora ci concentriamo su pochi numeri, proprio pochi (3-5) e li consideriamo “amici” e “magici”. Sono entrambe le cose, sono amici perché ci aiutano a migliorare, e sono magici perché ci permetteranno di raggiungere obiettivi mai sperati. Mi raccomando, si misura il processo, non solo il risultato. Si misurano le ore di studio, gli esercizi fatti, le pagine lette, quelle ripassate, che sono i numeri magici che ci portano, come risultato, a passare gli esami. Poi si misurano esami passati e voti. Ma senza misurare la strada che ci porta al risultato, siamo persi, non ci aiuta. Esami passati e media si misurano alla fine del processo di studio. Ma vediamo come applicare meglio questi concetti.

Mini metodo di studio

Applicando tutto allo studio, riprendendo la O di obiettivi, l’esempio del Tempo/Ritmo e altri spunti del libro, ecco come potrebbe essere un metodo di studio efficace: Voglio passare l’esame di Analisi alla prima sessione. Bene, che giorno c’è il primo appello? Giorno X, che giorno è oggi? Quanti giorni ci sono per studiare? Cosa devo studiare? 330 pagine libro di testo, 250 pagine di esercizi, 60 pagine di appunti. Diciamo che controllo per capitoli e argomenti, forse faccio meno confusione, e vedo che i capitoli (gli argomenti) sono 12. Posso decidere di studiare per capitoli o per numero di pagine. Mi tengo alcuni giorni “bonus” in caso arrivino imprevisti (diciamo ne tengo 3) e non possa studiare, o in caso alcuni argomenti siano più lunghi da studiare perché più complessi (decidi tu quanti giorni, più userai il metodo, più affinerai questi numeri e calcoli in base ai tuoi ritmi e alla tua velocità). Vedo che per dare l’esame ho trenta giorni. Ho 12 moduli, posso decidere di fare un modulo ogni due giorni e tenere i giorni che rimangono per ripassare. Mattina un modulo, pomeriggio esercizi di quel modulo. Prendo il calendario e inizio a dedicare i vari moduli ai vari giorni e vedo che se voglio i fine settimana liberi non ho più trenta giorni ma 22. Mi accorgo subito che ho due strade: o studiare più “velocemente” o studiare anche nel weekend. Questo è solo un’idea di come impostare lo studio, e non sono certo un esperto di metodi di studio. Comunque sia, se volessi essere sicuro di studiare nel modo più efficace possibile dedicherei i primi giorni allo “studio dello studio” cioè a studiare metodi di studio. Prima affilo l’ascia, poi taglio l’albero, prima mi lego le scarpe poi inizio a correre e così via.

Metodo Ponte
Metodo Ponte
Come laurearsi senza rinchiocciolirsi